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www.ildialogo.org SIATE DONO,p. Ottavio Raimondo, missionario comboniano

Domenica 14 aprile 2010
SIATE DONO

p. Ottavio Raimondo, missionario comboniano

Venivano aggiunti credenti al Signore, uomini e donne (I lettura: At 5,12-16)
Ero morto, ma ora vivo per sempre (II lettura: Ap 1,9-11a.12-13.17-19)
Otto giorni dopo venne Gesù (III lettura: Gv 20,19-31)
 
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
 
Siamo di fronte a due elementi in forte contrasto tra loro: la sera e il primo giorno dopo il sabato. Da una parte l’entrare nella notte, nelle tenebre. Dall’altra l’invito ad accorgersi della novità della Vita.
Il loro cuore è chiuso. La tomba dov'era stato sepolto Gesù è aperta e vuota, mentre la casa dove si trovano i discepoli è chiusa e piena di tristezza, di paura, di morte.
Giovanni non parla di apostoli ma di discepoli per dirci che quest'esperienza di paura e di scoraggiamento è di tutti coloro che scelgono di seguire Gesù in ogni paese ed epoca.
La paura blocca i discepoli e non si accorgono che la paura rompe la comunità e impedisce la relazione con l’altro.
 
venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”.
 
Gesù sta al centro, in mezzo come una lampada che viene messa al centro della stanza per fare luce a tutti. Al centro della stanza, al centro del cuore dei discepoli. Come Gesù è entrato nella morte, nel sepolcro per liberare la Vita, così ora entra nella tomba in cui si trovavano i discepoli e li libera, li fa risorgere. Lo farà anche con Tommaso e continua a farlo con ciascuno di noi.
Una nota triste è quella della comunità che fallisce nell’annuncio di Gesù risorto fatto a Tommaso, il Didimo. Perché fallisce? Perché la comunità non amava Tommaso il quale forse non era presente nel primo momento proprio perché non si sentiva a suo agio nella comunità. E quando la comunità annuncia che aveva visto il Signore, Tommaso non ci crede. Non si può credere a un annuncio che non è preceduto e accompagnato dall’amore e dall’accoglienza. Proprio per questo oggi ci sono troppi Didimo che non credono al nostro annuncio perché non si sentono amati.
La pace non è solo il normale saluto ebraico (shalom) o musulmano (salam). La Pace che dà Gesù non è  quella che offre il mondo (la 'Pax Romana' imposta dalle armi e che consisteva nel fare quello che il dittatore diceva). È la Pace dell'amore che vince l'odio e che accoglie. È la Pace che libera e dà fiducia e armonia.
 
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
 
Gesù si rivela mostrando mani e fianco, su cui sono impressi i segni della passione. È proprio lui, il Verbo incarnato che ha assunto in tutto e per tutto la nostra umanità. Le sue ferite sono la sorgente della pace e dell’unità.
Mostra le mani: nelle mani di Gesù il Padre ha messo tutto e tutti. I discepoli sanno che quelle mani sono forti d'amore e che nulla li potrà strappare via.
E mostra poi il fianco. Dal fianco uscì sangue ed acqua, segni di vita e di fecondità. Da quel fianco squarciato sulla croce è uscito un fiume che avvolge i discepoli e li colma di gioia.
Gesù dice loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi”.
Gesù rinnova il dono della pace ai suoi discepoli: i loro cuori sono riscaldati dalla sua presenza, la pace è con loro e si esprime nella gioia.
Ma come ogni dono, anche questa gioia, questa pace non sono fine a se stesse. E Gesù li invia affidando loro la stessa missione che il Padre aveva affidato a lui. I discepoli non possono restarsene chiusi: devono testimoniare e condividere, fino all’estremità della terra, la pace e la gioia che portano nel cuore.
 
p. Ottavio Raimondo, missionario comboniano 348-2991393 oraimondo@emi.it


Giovedì 08 Aprile,2010 Ore: 15:47
 
 
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