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www.ildialogo.org Domenica 1a Avvento–C / 2 dicembre 2012 –,di Paolo Farinella, prete

Domenica 1a Avvento–C / 2 dicembre 2012 –

di Paolo Farinella, prete

Oggi inizia il nuovo anno liturgico con il «tempo forte» dell’Avvento che ci prepara alla venuta di Gesù Cristo. Avvento deriva dal latino adveniovengo/arrivo ed è riferito al duplice «Adventus Domini – La venuta del Signore». La prima venuta è l’incarnazione del Verbo nel grembo di Maria e la seconda venuta è il ritorno visibile di Cristo alla fine del mondo, quando verrà per giudicare l’umanità e per concludere la parabola della creazione con la fine della storia (Ef 1,10). Siamo ancora in attesa di questa seconda venuta. L’Avvento si estende per quattro settimane e nella liturgia è simboleggiato dal colore viola, riservato ai tempi di attesa (Avvento e Quaresima) e di dolore (morte).

Nel sec. V. d. C. il periodo precedente il Natale in Francia iniziava l’11 novembre, festa di san Martino protettore della città di Tours il cui vescovo, Perpetuus di Tours, nel 490 stabilì un digiuno di tre giorni ogni settimana fino a Natale. Tra san Martino e Natale intercorrono esattamente 40 giorni che corrispondono ai 40 giorni della Quaresima. Ciò spiega perché il tempo di Avvento fu anche chiamato Quadragesima Sancti Martini/Quaresima (Digiuno di 40 giorni) di san Martino. Si venne così a creare questa simmetria: come la Pasqua era preceduta dalla Quaresima di penitenza, così anche il Natale era preceduto dalla Quaresima di San Martino. Non stupisce che anche le letture furono prese in prestito dal tempo di Quaresima.

Le somiglianze tra l’Avvento e la Quaresima, in questo periodo, sono molteplici: durano ambedue quaranta giorni, il digiuno praticato era totale e severo allo stesso modo e, infine, nella 3a domenica di Quaresima e nella 3a di Avvento (a metà circa dell’uno e dell’altra) vi è una sospensione del digiuno di cui c’è traccia nella liturgia: la 3a domenica di Quaresima si chiama infatti «Missa Laetare – Messa Gioisci» e la 3a di Avvento è detta «Missa Gaudete – Messa Rallegratevi» dalle prime parole dell’antifona d’ingresso. In queste due domeniche non si sospendeva solo il digiuno, ma si faceva festa perché si era ormai giunti a metà cammino sia verso la Pasqua di risurrezione che verso il Natale. In Avvento come in Quaresima non si canta né si recita il Gloria a Dio nell’alto dei cieli, mentre in Avvento a differenza della Quaresima, si mantiene il canto dell’Alleluia.

Un secolo dopo (sec. VI) anche a Roma viene introdotto il tempo di Avvento, che assume non un carattere penitenziale, ma una dinamica gioiosa perché si sviluppa di più l’aspetto di preparazione al Natale che non quello penitenziale proprio dell’Avvento gallicano. Si ebbe così una strana situazione:

  1. in Gallia prima di Natale vi era un tempo penitenziale di 40 giorni caratterizzato dal digiuno;

  2. a Roma, invece, vi era un tempo più corto (30 gg. ca), caratterizzato da un clima di festa.

Nel sec. XIII, in pieno Medio Evo si raggiunse un compromesso che combinò i due aspetti mettendo insieme i testi dell’Avvento gallicano a carattere penitenziale e il ciclo più breve, a carattere festoso dalla tradizione romana. Si spiega così lo stridore che ancora oggi si sente nella liturgia che oscilla tra penitenza e gioia. La liturgia dell’Avvento è rimasta sostanzialmente inalterata per sette secoli, fino al Concilio Vaticano II, quando la riforma liturgica di Paolo VI volle mantenere un qualche legame con la tradizione secolare della Chiesa e non toccò i testi di Avvento e Quaresima, che sono rimasti quelli della riforma di Pio V, avvenuta nel sec. XVI per impulso del Concilio di Trento. Paolo VI comunque riformò anche l’Avvento e la Quaresima, aggiungendo ai testi tradizionali mantenuti nell’anno liturgico «A» nuovi testi assegnati all’anno «B» e «C». L’Avvento di oggi, come lo celebriamo noi, conserva l’impianto del sec. XIII, ma inserito nel ritmo ciclico triennale con una più ricca disponibilità di letture e qualche piccolo cambiamento per sottolineare gli aspetti propri dell’Avvento. Con la prima domenica di Avvento di oggi inizia il Ciclo C delle letture che nel tempo ordinario in modo particolare, avrà come filo conduttore il vangelo di Luca, con alcune eccezioni.

Nei tempi forti di Avvento e Quaresima vi sono letture «ballerine», che non seguono cioè lo schema della lettura quasi continua del vangelo Luca, ma i testi sono sparsi in funzione del tema particolare che si tratta in quel giorno. Il periodo pasquale, invece, ha un andamento tutto suo perché privilegia il vangelo di Giovanni e la lettura preponderante degli Atti degli Apostoli. Solo nel Tempo Ordinario, che inizia dopo Natale per interrompersi in Quaresima e riprendere dopo Pentecoste, inizierà una lettura abbastanza continua del vangelo di Luca, il vangelo del discepolo, di chi cioè ha frequentato il catecumenato di Marco per accingersi ora ad essere più intimi di Gesù, diventando suoi discepoli. Lo schema letterario infatti del terzo vangelo è lo schema del «viaggio»: con Gesù saremo sempre in cammino, sempre sulla «via»1.

Lo Spirito Santo che veglia sull’Avvento di Cristo, invocato da noi come maestro, ci riveli la sapienza dell’ascolto e il ministero della veglia affinché possiamo entrare nel sacramento dell’Eucaristia per riconoscere il volto di Dio e il volto dei fratelli e delle sorelle. Con fiducia e senza paura, andiamo incontro «al Signore che viene» (Sal 96/95,13) bambino per condurci al suo Regno preparato fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,34): «A te, Signore, innalzo l’anima mia, mio Dio, in te confido: che io non sia deluso! Non trionfino su di me i miei nemici! Chiunque spera in te non resti deluso». (Sal 25/24,1-3)

Spirito Santo, tu sei la promessa del Padre realizzata in Gesù, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu sei il germoglio di giustizia che abita in noi, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu sei la Sapienza e il giudizio di Dio che viene, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu sei la tranquillità e la pace di Gerusalemme, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci fai conoscere i sentieri dell’amore di Dio, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci istruisci e ci guidi a tutta la Verità, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu convochi i peccatori alla mensa del perdono, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu susciti la conoscenza per vedere il Signore, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu rendi i cuori saldi e irreprensibili nell’amore, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci conduci a Cristo che viene tra i santi, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu illumini le nostre scelte per piacere al Signore, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu sei lo scudo che ci protegge da ogni male, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu domini le potenze celeste che si sconvolgono, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci apri alla nostra liberazione che è vicina, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu preghi con noi ogni momento, ora e sempre, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu vegli la nostra anima che vigila nell’Avvento, Maran-athà! Veni, Sancte Spiritus.

Inizia l’Avvento che si protrarrà per quattro domeniche: poniamo un segno visibile che ci ricordi questo percorso: accendiamo una candela oggi, un’altra domenica prossima e così di seguito fino alla quarta. Ciascuna di colore diverso. Vedendo ogni domenica questa fiammella che arde, si consuma e che aumenta di numero, ci ricorderemo che siamo in cammino e nello stesso tempo che durante la settimana vogliamo ardere della luce della speranza e del fuoco dell’amore. Preghiamo insieme:

Preghiera davanti al cero «simbolo di Cristo che viene in Avvento»

 

1. Signore,

il cero è segno dell’Avvento atteso.

E’ luce che illumina

nelle difficoltà e nelle decisioni.

E’ fuoco che brucia impurità,

egoismo e orgoglio.

2. Come questo cero si consuma nel rito,

sacramento di fuoco interiore,

allo stesso modo, finita la celebrazione,

vogliamo continuare ad ardere

per le strade della vita insieme a te,

insieme ai fratelli e sorelle del mondo.

3. Donaci lo Spirito dell’attesa escatologica

che c’insegni a bruciare

nelle due tendenze del cuore,

perché nel bene e nel male

possiamo amarti sempre, amando

quanti incontriamo sul cammino.

4. E’ Avvento! Il tuo tempo, Signore!

La nostra eternità. Amen! Amen!

 

Nella prassi della chiesa tutto ciò che ha un inizio, anche le piccole azioni sono sempre sotto il segno della Trinità nella quale siamo immersi anche se non sempre ne abbiamo coscienza. Poniamo anche questo piccolo segno di Avvento sotto il suo sigillo. Il nuovo anno liturgico inizia all’insegna della luce, all’ombra della santa Trinità e pertanto facciamo insieme la nostra professione di fede

(greco)2

Èis to ònoma

toû Patròs

kài Hiuiû

kài toû Hagìu Pnèumatos

Amèn.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e del Santo Spirito

Iniziare un nuovo anno liturgico significa domandarsi anche quante volte nella nostra vita abbiamo cominciato lo stesso anno. Ci domandiamo: a che punto siamo della nostra storia della salvezza personale? Dove mi trovo all’inizio del nuovo anno? Nel NT oppure sono ancora nell’AT? Sono con Adam o con i profeti? Sono in esilio o tra i reduci che rientrano da Babilonia? Sono con Gesù al Giordano, o sul Calvario, sepolto o risorto? Che cosa vuol dire «vigilanza» per me? So cogliere i comandamenti di Dio negli avvenimenti che vivo o sono un superficiale che naviga a vista nella banalità dell’ovvio? Esaminiamo la nostra coscienza e lasciamoci modellare dallo Spirito Santo come la creta nelle mani del vasaio (Ger 18,6; Sir 33,13): egli sa prepararci all’incontro con il Signore, Padre e Redentore che viene per me, per noi.

Signore, noi attendiamo il tuo Avvento: insegnaci ad aspettarti e ad accoglierti, Kyrie, elèison!

Cristo, sei Lògos fatto carne: trasforma la nostra fragilità in forza del Regno, Christe elèison!

Signore, modella la nostra anima e il nostro cuore nella forma che tu vuoi, Pnèuma, elèison!

Cristo, che ci chiami alla comunione di vita che supera ogni divisione, Christe elèison!

Signore, tu sei nostro Padre e nostro Redentore, squarcia i cieli e discendi, Kyrie, elèison!

Cristo, nostro fratello e Maestro, mostraci il volto del Padre di misericordia, Christe elèison!

Preghiamo (colletta). Padre santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell’umanità oppressa da tanti mali e apri i nostri cuori alla speranza, perché sappiamo attendere senza turbamento il ritorno glorioso del Cristo, giudice e salvatore. Egli è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Ger 33,14-16. Il profeta Geremia visse nel sec. VII a.C. Il brano di oggi è stato inserito nel suo pensiero alla fine del sec. VI o all’inizio del V a.C. quando cominciano a tornare in patria i primi esiliati. Il testo si ispira al profeta Zaccaria (4,1-14). Il compositore di questo brano vuole commentare un passo di Geremia (23,5-6), ma ne cambia il significato: mentre Geremia maledice la discendenza di Ieconìa (22,24-30) preannunciando un germoglio a Davide da un ramo diverso da quello del re maledetto (Ger 23,5), l’anonimo autore del brano di oggi sviluppa la teologia del «germoglio» che nel frattempo ha assunto una valenza messianica (cf Zc 3,8; 6,12): è la primizia del «resto» sopravvissuto che darà inizio ad una nuova èra messianica, ad un futuro di speranza3.

Dal libro del profeta Geremia Ger 33,14-164

14Ecco verranno giorni — oracolo del Signore — nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda. 15In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.16In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: «Signore-nostra-giustizia». - Parola di Dio.

Salmo responsoriale 25/24, 4bc-5ab; 8-9; 10.14. Il salmo 25/24 è alfabetico, cioè ogni versetto è preceduto da una lettera dell’alfabeto ebraico. Il genere letterario è un’antologia senza ordine e senza logica: vi si trovano lamentazione, supplica e riflessioni sapienziali senza un nesso diretto tra loro. Si direbbe che è un salmo centone per molti usi. Noi lo facciamo nostro come preghiera di comunione con tutti gli Ebrei e i cristiani che lo hanno pregato lungo la storia della salvezza, memori che anche Gesù e Maria sua madre lo hanno pregato nella sinagoga di Nazareth.

Rit. A te, Signore, innalzo l’anima mia: in te confido

1.4Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnaci i tuoi sentieri.
5Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza. Rit.

9guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie. Rit.

3. 10Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia
per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.

2. 8Buono e retto è il Signore,
la via giusta addita ai peccatori;

14Il Signore si rivela a chi lo teme,
gli fa conoscere la sua alleanza. Rit.

Seconda lettura 1Ts 3,12-4,2. Nell’anno 51 Paolo si trova ad Atene (1Ts 3,1) dove ha appena sperimentato il fallimento del discorso «culturale» che aveva tentato all’areopàgo (At 17,22-34). Nonostante le buone notizie portate da Timoteo, egli è preoccupato per la comunità di Tessalonica (oggi Salonicco, in Macedonia) che aveva fondato l’anno precedente, durante il suo 2° viaggio. Egli teme per le infiltrazioni di falsi fratelli (cristiani giudaizzanti che combattono Paolo) e le persecuzioni a cui sono soggetti i cristiani. Il brano di oggi, malamente diviso dalla liturgia, comprende parte della preghiera con cui Paolo chiede a Dio di concedergli la gioia di rivedere i suoi amatissimi Tessalonicesi.

Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Tessalonicesi 3,12-4,2

Fratelli e Sorelle, 12Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell'amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, 13per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. 1 Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio - e così già vi comportate -, possiate progredire ancora di più. 2Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. - Parola di Dio.

Vangelo Lc 21,25-28.34-36. Il brano di Lc (compresi i passi paralleli Mt 24,37-44; Mc 13,33-37) deve essere collocato nel contesto della distruzione di Gerusalemme che abbiamo commentato domenica scorsa. Applicando ad un fatto storico come la caduta di Gerusalemme il linguaggio dell’apocalittica per descrivere l’escatologia giudaica5, l’autore riesce a caricarlo di un senso più ampio e lo usa come anticipo della fine del mondo. La venuta del Figlio è descritta come la «teofania» del Sinai (nube, potenza, gloria grande del v. 27). Alla fine della storia però Dio non dà più la Toràh, ma viene a chiedere conto di come il popolo l’ha vissuta e custodita. Il destino di Gerusalemme, di cui si è appena descritto l’assedio (Lc 21,20-24), assume la misura di una catastrofe cosmica che coinvolge tutto il creato. L’Eucaristia che celebriamo è entrare nella misura di Dio che è l’amore per annunciarlo al cosmo intero perché Dio viene non per distruggere il mondo, ma per redimerlo (Gv 12,47). E’ tempo non di paura, ma di missione.

Canto al Vangelo Sal 84,8 - Alleluia. Mostraci, Signore, la tua misericordia / e donaci la tua salvezza. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. 34State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro cline abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo. - Parola del Signore.

Spunti di omelia

Per capire il senso del brano del vangelo di oggi, bisogna ritornare a quanto abbiamo detto nelle due ultime domeniche del ciclo B. Nella penultima (dom. 33a) abbiamo accennato alle correnti di pensiero come l’apocalittica e l’escatologia che dominavano la cultura e la fede al tempo di Gesù. Faceva da sfondo anche il contesto del discorso di Gesù sulla distruzione di Gerusalemme. Nella precedente (dom. 34a) abbiamo meditato sul senso e sul significato del «tempo» nella prospettiva di Cristo re, pastore e giudice. Anche i brani dei vangeli di oggi trattano della fine del mondo (cf anche Mt 24,37-44 e Mc 13,33-37) e hanno come contesto lo stesso scenario: caduta di Gerusalemme, su cui Gesù pronuncia parole durissime quasi blasfeme:

Mt 23,37-38: «37Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38 Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta!» (cfr. Ger 22,5; cfr. Ez 11,22-23).

Mt 24,1-2: «1Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: “Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta”».

Lc dirà più puntualmente che «Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti» (Lc 21,24). Il linguaggio apocalittico è in linea con i profeti quando parlano di Gerusalemme ridotta a «desolazione» (Is 64,9; Ger 25,18). Questi discorsi di Gesù ripresi a distanza di 40 o 50 anni, vengono riletti e proiettati in avanti su scala universale: la caduta di Gerusalemme diventa il paradigma della fine del mondo, descritta con lo stesso scenario e la stessa tragedia. Non è la descrizione «materiale» di come avverrà la fine del mondo, ma la riflessione sulla caducità del mondo che giungerà alla sua fine come la città santa che tutti giudicavano eterna. La fine del mondo è descritta prendendo in prestito immagini e sensazioni da un evento terribile, vissuto e subìto come un trauma irreversibile: la profanazione e la distruzione con incendio del Tempio e della città santa di Gerusalemme. Nessuno poteva immaginare che il Tempio sarebbe stato distrutto e che i pagani vi avrebbero costruito un altare agli idoli. Il popolo d’Israele vedeva Gerusalemme e il tempio come la garanzia della protezione divina contro la quale nessuna potenza avrebbe potuto vincere. Quando la struttura, anche la più sacra, diventa così esorbitante da sostituirsi addirittura a Dio nella presunzione di essere intoccabile e al sicuro (cf Mt 3,9; Lc 3,8) giunge allora il momento in cui Dio parla il linguaggio degli avvenimenti che sconvolgono schemi e ragionamenti precostituiti e scontati. Nel regime della fede nulla è scontato. Gli Ebrei non hanno saputo leggere gli eventi che accadevano perché si erano chiusi nel sistema religioso basato sull’osservanza materiale della Toràh divenuta un impedimento ad incontrare Dio per la maggior parte della popolazione: ritualità e abluzioni, divieti e norme anche banali erano diventati «idoli», escludendo Dio dall’orizzonte della vita (cf Mt 15,3.6; Mc 7,9). Non era più Dio che si cercava, ma si adeguava la realtà e la stessa Parola di Dio all’immagine che l’istituzione si era fatta di Dio.

Oggi nella Chiesa cattolica stiamo vivendo lo stesso rischio: «E’ sensazione diffusa che, dopo la stagione profetica del primo post-concilio, la comunità ecclesiale italiana stia attraversando una fase di normalizzazione»6. La Chiesa è destinata a finire perché essa appartiene alla categoria del «tempo» e quindi non può appartenere all’ordine «dei fini», ma solo a quello degli «strumenti, dei mezzi». Questo costituisce il fondamento della provvisorietà che chiunque nella Chiesa dovrebbe avere, mentre spesso troviamo funzionari che pensano di essere eterni e che dopo di loro verrà il diluvio. Non solo non entrano loro nel regno di Dio, ma ne impediscono l’accesso anche a chi vorrebbe entrarvi (Mt 23,13). La Chiesa appartiene a Cristo e lo Spirito Santo la conduce per vie che non sono le nostre (Is 55,8): all’inizio dell’avvento dovremmo prenderne coscienza, impegnandoci alla conoscenza più approfondita della Parola di Dio, l’unico strumento che abbiamo per crescere nella volontà di Dio che si manifesta nella nostra vita e nella storia. La Parola di Dio è l’alfabeto con cui parlare la lingua nuova della Presenza di Dio e della fede in lui. Per gli Ebrei lo studio della Toràh dispensava sia dal lavoro che dall’osservanza dei precetti perché lo studio della Scrittura era paragonato ad un giogo impegnativo e pesante7, ma addirittura aveva un valore espiatorio e sacrificale8. Gesù presenterà il suo messaggio come «un giogo buono/facile[da portare] e leggero» (Mt 11,30).

Nessun passo della Scrittura può e deve essere letto al di fuori del contesto prossimo (ciò che precede e segue), del contesto remoto (libro) e del contesto globale (tutta la Bibbia) se si vuole cogliere il senso genuino di una parola, espressione o brano. Il contesto globale non può che essere quello della salvezza e della redenzione per cui Gesù è venuto appositamente; quello remoto è il contesto del vangelo di Lc che descrive la missione di Gesù come un viaggio che sta per giungere alla fine e quello prossimo è il contesto della caduta di Gerusalemme, avvenuta quaranta/cinquanta anni prima che l’evangelista riprende come paradigma per il capitolo finale della sua teologia della storia. Lo schema che Lc usa è quello della «catastrofe cosmica» a cui partecipa tutto il creato come avvenne sul Sinai, quando Dio si manifestò tra «lampi, tuoni e nube densa sulla montagna» (Es 19,16). Il quadro di riferimento è la classica apocalisse giudaica che legge la distruzione di una città come la venuta «del giorno del Signore» che arriva improvviso, grande e terribile, spaventoso e come un ladro nella notte (Is 13,6-10; Ger 4,23-28; Ez 30,3; Gl 2,1.11; 4,14; Am 5,18.20; Ml 3,23; 1Ts 5,2; 2Ts 2,2; 2Pt 3,10). La caduta di Babilonia, di Samaria, di Gomorra e ora di Gerusalemme è il simbolo di una fine più grande e più universale.

Da questo punto di vista, possiamo dire che l’evangelista, vero teologo della storia, non vuole dire quando e come il mondo finirà, ma solo che gli avvenimenti che accadono nella nostra storia e di cui noi siamo testimoni sono soltanto una tappa nel cammino verso la conclusione della storia stessa, le cui modalità sono conosciute solo da Dio: infatti quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno li consoce, nemmeno il Figlio, ma solo il Padre (Mc 13,32). Lo schema dell’apocalisse è un genere letterario che, diversamente da quanto appare superficialmente, vuole rafforzare la speranza e consolidare la fortezza dei cristiani che debbono affrontare le sfide della vita. Non vi è paura in questi testi, ma solo consolidamento della fiducia. Il Figlio dell’uomo che viene sulle nubi del v. 27 è certamente quello descritto da Daniele (7,13-14) come giudice delle nazioni che sono così convocate non per assistere alla distruzione del mondo, ma per partecipare ad una nuova creazione in sostituzione di quella antica (cf Is 65,17; Gl 3,1-5; Ag 2,6). La venuta del Messia vista come «nuova creazione» è comune nella mentalità biblica: Gv nel prologo descrive l’incarnazione del Lògos come una «ri-creazione» e usa lo stesso linguaggio del libro della Genesi: «In principio» (Gv 1,1).

Lo stesso fa il salmista o il profeta quando annunciano la fine dell’esilio come un ritorno trionfale attraverso il deserto trasformato in nuovo giardino di Eden (Sal 107/106,33.35; Is 41,18; 43,20). In Lc la venuta del Figlio dell’uomo come giudice delle nazioni coincide con la caduta di Gerusalemme perché ora non è più la città santa che attende il raduno dei popoli, ma è la Chiesa che va in mezzo ai popoli in un processo costante di simbiosi per cui credenti e non credenti s’incontrano e lavorano per cambiare la disumanità del mondo in una avventura di disponibilità tesa all’incontro finale con il Figlio dell’uomo. Noi siamo riuniti «nell’attesa del suo ritorno» come acclamiamo nella Messa e dunque l’Eucaristia è una tappa in questo cammino che finirà quando Dio vorrà, ma si concluderà nella visione dell’amore che esploderà per trasformarci in un solo popolo nelle braccia di un solo Dio. Vivere l’Avvento è assumere l’atteggiamento eucaristico che ci educa a spezzarci con e per gli altri, dando così un senso all’«attesa del suo ritorno». Quando una persona innamorata ha un appuntamento d’amore, il tempo dell’attesa è vissuto con una intensità e profondità maggiori dell’incontro stesso. L’attesa è una travolgente tempesta satura di emozioni che si acquieta e si risolve nella pace dell’incontro.

Nell’attesa si coagulano e si combattono tutti i sentimenti possibili e immaginabili: si è irrequieti e pacificati, tesi e sereni, agitati ed entusiasti, seduti e in piedi, fermi e sempre in movimento. La persona amata non c’è ancora, ma la sua presenza non visibile, ma reale gestisce e coordina tutta la nostra vita perché noi viviamo in funzione di essa. Tutto ha senso perché siamo proiettati all’incontro che assaporiamo già, ma senza averlo ancora realizzato. C’è tutto e tutto sembra mancarci. Aspettare chi si ama è la dimensione del paradiso in terra. Avvento è aspettare amando e sospirando. Con l’aiuto dello Spirito di Dio.

Professione di Fede (rinnovo delle promesse battesimali)

All’inizio dell’avvento, ritorniamo alla sorgente del nostro battesimo e rinnoviamo le promesse della nostra fede perché il nostro cammino verso il Natale e la seconda venuta del Signore alla fine della storia sia segnato dalla fiaccola della fede che illumina i nostri passi e dalla decisione che vogliamo vivere coerenti con ciò che abbiamo ricevuto e che vorremmo tramandare. Lo facciamo in comunione con i milioni di cristiani che oggi in tutto il mondo rinnovano la stessa professione di fede.

 

Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.

Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Credo.

Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo.

Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa fede noi ci gloriamo di professare in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.

 

Preghiera universale [Intenzioni libere]

MENSA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Accogli, Signore, il pane e il vino, dono della tua benevolenza, e fa’ che l’umile espressione della nostra fede sia per noi pegno di salvezza eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA V/c - «Gesù modello di Amore»

Prefazio dell’avvento I/A: Cristo, signore e giudice della storia

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

E’ veramente giusto renderti grazie e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode, Padre onnipotente, principio e fine di tutte le cose.

«Ecco verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda» (Ger 33,14).

Tu ci hai nascosto il giorno e l’ora, in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giudice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore.

In quei giorni e in quel tempo il Signore farà germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra (cf Ger 33,15).

In quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova.

Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison!

Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno.

Benedetto colui che viene Nel nome del Signore. Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison!

Nell’attesa del suo ultimo avvento, insieme agli angeli, ai santi e alle sante del cielo e della terra proclamiamo unanimi l’inno della tua gloria:

Osanna nell’alto dei cieli. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria della tua santità. Lodate il Signore popoli tutti, Christe, elèison! Kyrie, elèison! Pnèuma, elèison!

Ti glorifichiamo, Padre santo: tu ci sostieni sempre nel nostro cammino soprattutto in quest’ora in cui il Cristo, tuo Figlio, ci raduna per la santa cena. Egli, come ai discepoli di Èmmaus, ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.

In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla e sarà chiamata: “Signore-nostra-giustizia”. (cf Ger 33,16).

Ti preghiamo, Padre onnipotente, manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue.

Facci conoscere, Signore, le tue vie, insegnaci i tuoi sentieri (cf Sal 25/24,4).

La vigilia della sua passione, mentre cenava con loro prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

«Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza» (Ger 33,14).

Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA

ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

«Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato» (Pr 9,5) dice la Sapienza.

Fate questo in memoria di me.

Guidaci nella tua verità e istruiscici, perché sei tu il Dio della nostra salvezza (cf Sal 25/24,5).

Mistero della fede.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta.

Celebrando il memoriale della nostra riconciliazione annunziamo, o Padre, l’opera del tuo amore. Con la passione e la croce hai fatto entrare nella gloria della risurrezione il Cristo, tuo Figlio, e lo hai chiamato alla tua destra, re immortale dei secoli e Signore dell’universo.

Il Signore ci faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti (cf 1Ts 3,12).

Guarda, Padre santo, questa offerta: è Cristo che si dona con il suo corpo e il suo sangue, e con il suo sacrificio apre a noi il cammino verso di te. Dio, Padre di misericordia, donaci lo Spirito dell’amore, lo Spirito del tuo Figlio.

Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce per rendere saldi e irreprensibili i nostri cuori nella santità (cf 1Ts 3,13).

Fortifica il tuo popolo con il pane della vita e il calice della salvezza; rendici perfetti nella fede e nell’amore in comunione con il papa …, il vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare… N.N. ... specialmente coloro che incontreremo in questa settimana

Il Signore rivolga su di loro il suo volto e conceda loro pace (Nm 6,26).

Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa’ che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti.

«Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Lc 21,26 e Mt 5,3)

La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21,28).

Ricordati anche dei nostri fratelli che sono morti nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede… N.N. …ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella risurrezione; concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna, dove tu ci attendi.

Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di comparire davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi (cf 1Ts 3,13).

In comunione con la beata Vergine Maria, con gli Apostoli e i martiri, e tutti i santi innalziamo a te la nostra lode nel Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.

[Pausa] - Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

Padre nostro in greco (Mt 6,9-13)

Idealmente riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo, dicendo:

Padre nostro, che sei nei cieli,

Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,

sia santificato il tuo nome,

haghiasthêto to onomàsu,

venga il tuo regno,

elthètō hē basilèiasu,

sia fatta la tua volontà,

genēthêtō to thelēmàsu,

come in cielo così in terra

hōs en uranô kài epì ghês.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,

e rimetti a noi i nostri debiti,

kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,

come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn

e non abbandonarci alla tentazione,

kài mê esinènkēs hēmâs eis peirasmòn,

ma liberaci dal male.

allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

Antifona alla comunione (cf Lc 21,36) «Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Preghiamo (dopo la comunione). La partecipazione a questo sacramento, che a noi pellegrini sulla terra rivela il senso cristiano della vita, ci sostenga, Signore, nel nostro cammino e ci guidi ai beni eterni. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Dopo la Comunione - Da Card. Joseph Bernardin, Il dono della pace9

Poco prima dell’intervento, molte persone mi chiedevano di dire loro quello che pensavo di fronte a simile malattia. Dicevo: “Sono stato sacerdote per 43 anni, dei quali 29 come vescovo. Ho sempre detto agli altri di mettersi nelle mani del Signore. Ho consigliato molta gente che affrontava quello che ora affronto io. Ora è tempo per me di praticare quello che predico”. In quel periodo pregai Dio di darmi la grazia di affrontare l’intervento ed il trattamento postoperatorio con fede, senza amarezza od ansia eccessiva. Il dono speciale che Dio mi ha dato è stata la capacità di accettare difficili situazioni, specialmente la falsa accusa mossa contro di me, e poi il cancro. Il dono speciale che mi ha riservato è stato il dono della pace. Per altro verso, il mio dono speciale per gli altri è quello di condividere con loro la pace di Dio, di aiutarli ad affrontare la malattia ed i momenti di pena. Parlando della mia pace interiore, spero che la gente possa vedere che nelle preghiere e nella fede c’è molto di più che semplici parole. In realtà Dio ci aiuta a vivere pienamente perfino nei tempi peggiori. E la capacità di fare precisamente ciò, dipende dall’approfondimento della nostra relazione con Dio per mezzo della preghiera.

Benedizione e saluto finale

Il Signore è con voi. E con il tuo spirito.

Vi benedica l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine.

Il Signore siede Re in eterno: benedice noi, suo popolo, nella pace.

Sia benedetto il Nome del Signore invocato su di noi.

Rivolga il Signore il suo Nome su di noi e ci doni il suo Spirito.

Rivolga il Signore il suo Volto su di voi e vi doni la sua Pace.

Sia sempre il Signore davanti a noi per guidarci.

Sia sempre il Signore dietro di voi per difendervi dal male.

Sia Sempre il Signore accanto a noi per confortarci e consolarci.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen!

La messa finisce come rito, continua nella testimonianza. Andiamo incontro al Signore che viene.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

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Domenica1a del tempo di Avvento –C – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Paolo Farinella, prete – 02/12/2012 – San Torpete,Genova

APPUNTAMENTI NOVEMBRE - DICEMBRE 2012

GIOVEDÌ 29 NOVEMBRE 2012, ORE 17,00 nella Chiesa di San Torpete in Piazza San Giorgio Colloquio con il Prof. EMILIO COSTADURA, TESTIMONE DELLA RESISTENZA «Senza memoria non c’è futuro», come dimostrano le cronache del tempo presente che sembra fagocitare resistenza e democrazia in nome di uno sviluppo che non arriva mai perché non è neanche partito. Resistenza, democrazia, avere dato la vita per i diritti di tutti hanno ancora senso o è stato un inganno?

SABATO 1 DICEMBRE 2012 ORE 16,00 MILANO, Via Soperga 36 (vicina alle stazioni della Metropolitana Centrale, Loreto e Caiazzo), su iniziativa del Guado, NSC e altrui gruppi, presentazione del romanzo di Paolo Farinella, prete «Habemus Papam». Insieme all’autore interverrà Vittorio Bellavite, Leggeranno alcune parti del testo Paolo Orsolino e Maria Cristina Pantone.

GIOVEDÌ 6 DICEMBRE 2012 ORE 17,00 nella Chiesa di San Torpete in Piazza San Giorgio a Genova, presentazione del libro  L’eresia cristiana di Pier Paolo Pasolini «Edizioni Mimesis, Sesto San Giovanni MI 2010, pp. 184, € 16,00». Presenta l’Autore, Alessio Passeri, che illustrerà gli aspetti salienti della sua ricerca.  E’ presente anche il musicologo, prof. Marco Jacoviello, che illustrerà il rapporto di Pasolini con la musica, commentando alcuni “pezzi” del Vangelo secondo Matteo e relativa colonna sonora.

CAUSA INGORGO DI FESTE SABATO 8 DICEMBRE NON C’E’ MESSA.

MENTRE C’E’ DOMENICA 9 DICEMBRE ALLE ORE 10,00

LUNEDÌ 10 DICEMBRE 2012 ORE 16,30, BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI GENOVA, «Vaticano II: continuità o rottura? La svolta irreversibile». Colloquio sul concilio nel 50° anniversario del suo inizio di Paolo FARINELLA, prete e don Giampiero BOF, teologo di Savona.

MARTEDÌ 11 DICEMBRE 2012 ORE 17,00 in San Torpete, Piazza San Giorgio Genova, INCONTRO INTERELIGIOSO tra Ebraismo (Rav Dott. Giuseppe Momigliano), Islam (Imam Salah) e Cristianesimo (Paolo Farinella, prete). L’incontro è organizzato dal Dott. Gianni Testino del centro alcologico dell’Ospedale di san Martino.

GIOVEDÌ 13 DICEMBRE 2012 ORE 17,30 in San Torpete, Piazza San Giorgio Genova, Franca Fioravanti legge  PIER PAOLO PASOLINI dal progetto «PAESAGGI PERDUTI». Nel 90° anniversario della nascita di PASOLINI, LETTURA di  TESTI dalle sue opere. Il reading è un omaggio al complesso universo di Pier Paolo Pasolini, un itinerario emozionale che esplora e ricorda la sua poesia civile e la sua poesia della memoria. La profonda passione di Pasolini, attraverso i campi espressivi da lui indagati, è sempre indirizzata verso un fine sacrale dell’arte e della vita, protesa verso una dimensione etica delle relazioni e delle cose. La poesia di Pier Paolo Pasolini si fonde nella  voce di Franca Fioravanti. Il reading è stato elaborato dal drammaturgo Marco Romei. Il lavoro su Pier Paolo Pasolini è stato presentato al 18°Festival Internazionale di Poesia, e nella Notte della Poesia. Il video sul progetto «Paesaggi perduti» è visibile in rete:  http://www.youtube.com/watch?v=k8QypaiepEI

LUNEDÌ 24 DICEMBRE 2012 ORE 21,00 in San Torpete, Piazza San Giorgio Genova,

MESSA DELLA VEGLIA DI NATALE.

MARTEDÌ 25 DICEMBRE 2012 ORE 10,00 in San Torpete, Piazza San Giorgio Genova,

MESSA DEL GIORNO DI NATALE.

MERCOLEDÌ 26 DICEMBRE 2012 SANTO STEFANO: NIENTE MESSA.

INCONTRI DEL GRUPPO PICCAPIETRA

MARTEDÌ 20 NOVEMBRE 2012, ORE 17.30: Genova, Quadrivium con entrata da Piazza S. Marta 2 - Alberto SIMONI OP, Direzione della rivista Koinonia, Convento di S. Domenico, Pistoia «Il Vaticano II fra dinamismo della fede e anticoncilio».

MARTEDÌ 11 DICEMBRE 2012, ORE 17.30: Genova, Quadrivium con entrata da Piazza S. Marta 2 - Lectio divina nel Tempo di Avvento, guidata da Francesco CAVALLINI SI, Genova.

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Nel sito: http://www.musicaeculturasantorpete.com/

si trova il programma della VII edizione (2012-2013) de «I concerti di San Torpete»

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Nel sito: www.paolofarinella.eu/ : il «Pacco», la Liturgia della domenica e l’archivio dei tre anni.

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FINE

1 Secondo gli Atti, nei primissimi anni del cristianesimo con l’espressione «la Via» s’indicava il nuovo movimento iniziato da Gesù (At 19,9; 24,14.22), che a sua volta si era autodefinito «Via»: «Io-Sono la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6).

2 La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.

3 Il testo di Geremia che l’autore posteriore vuole commentare è Ger 23,5-6: «6 Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia». Il nome simbolico Signore-nostra-giustizia contiene forse un’allusione al re Sedecìa («Il-Signore-è-giustizia»). In questo modo si sottolinea che il futuro re, a differenza di Sedecìa, realizzerà veramente la «giustizia», che ha la sua sorgente solo nel Signore. Il possessivo «nostra» rimanda alla fede del popolo, che il messia in qualche modo rappresenta. Geremia aveva maledetto la discendenza del re di Gerusalemme Ioachìn e di suo figlio Ieconìa (Ger 22,24-30). Nessuna maledizione però può mettere in dubbio la discendenza dinastica nella linea davidica perché verrebbe meno la promessa di Yhwh (cf 2Sam 7,8-16; Is 7,10-14, ecc.). Il riferimento al «germoglio» davidico si colloca in questa prospettiva di ripresa (Ger 23,5). Alla fine dell’esilio, il commentatore della scuola di Zaccaria riprende la profezia, che nel frattempo ha assunto una dimensione messianica marcata (cf Zc 3,8; 6,12), e sviluppa il tema del «germoglio» come nuovo inizio per il «resto» sopravvissuto alle prove della deportazione. Seguono altri confronti tra i due testi sul ritratto del re che porta la «giustizia» e il raduno delle tribù disperse d’Israele (cf G. H. Cramer, «The Messianic of Jeramiach», in BS 1959, 237-246).

4 Questo oracolo (Ger 33,14-26) si basa su altri passi di Geremia (cf Ger 23,5-6; cfr. Ger 31,35-37). L’oracolo non si trova nell’antica versione greca, detta della LXX, ed è probabilmente un’aggiunta alle profezie di Geremia. Ger 33,15-16 dove si parla di Signore-nostra-giustizia riprende Ger 23,5-6, con una differenza: il nuovo nome qui non è più per il discendente regale, ma per la città di Gerusalemme.

5 Per apocalittica ed escatologia cf domenica 33a del tempo ordinario B. Apocalittica è parola greca composta dalla preposizione «apò – sotto» e «kalýptō – nascondo», assumendo il significato di «rivelazione/manifestazione delle cose nascoste». Escatologia è parola greca composta da «èschata – cose ultime/finali/estreme» e «lògos – discorso/studio/spiegazio-ne/parola». E’ la dottrina che si occupa della fine della storia e quindi del destino ultimo dell’uomo. Essa legge il presente alla luce della fine del mondo: la fine della Storia come chiave d’interpretazione della Storia attuale.

6 B. Sorge, s.i., «Tra profezia e normalizzazione – La Chiesa italiana da Roma 1976 a Verona 2006», in Aggiornamenti Sociali, 2[2006] 115-126, qui 116.

7 «Rabbi Ne’hounia ben Hakàna disse: A colui che accetta il giogo della legge, saranno risparmiati il giogo del Regno ed il giogo delle preoccupazioni del mondo» (Pirqè Avot/Massime dei Padri III,5).

8 «Colui che si dedica allo studio della Toràh è come se avesse offerto lui stesso un olocausto, una offerta o un sacrificio per la remissione della colpa» (Talmud Babilonese Menahot 110a ). «Studiare la Torah è più grande che salvare vite umane» (Talmud Babilonese Megilla 16b).

9 Joseph Bernardin, nel 1996 annuncia in conferenza stampa di avere un tumore al pancreas, dicendo: «Possiamo vedere la morte come un nemico o come un amico. Come persona di fede vedo la morte come un amico, come passaggio dalla vita terrena alla vita eterna». Di lui riportiamo un pensiero espresso poco prima di morire di cancro.




Mercoledì 28 Novembre,2012 Ore: 16:06
 
 
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