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www.ildialogo.org Domenica 29a per annum – B – 21 ottobre 2012 –,di Paolo Farinella, prete

Domenica 29a per annum – B – 21 ottobre 2012 –

di Paolo Farinella, prete

La domenica 29a del tempo ordinario B che celebriamo oggi insiste nel farci conoscere sempre più la personalità di Gesù. Abbiamo visto le folle, i discepoli e gli stessi apostoli incapaci di riconoscere un Messia al di fuori dei canoni ufficiali e popolari. Mc oggi ci presenta il «Servo sofferente di Yhwh» come è dipinto dal 2° Isaia e col quale Gesù si identifica nelle parole e nella vita. La chiesa che nasce da Cristo non sarà né potrà mai essere una chiesa di successo o un sistema di potere perché essa deve annunciare al mondo l’«uomo dei dolori» che «offrirà se stesso in sacrificio di riparazione (Is 53,3.10; 1a lettura). Quando la Chiesa si allontana dalla logica del «Servo» e rincorre il successo e il potere o soltanto tollera che al suo interno ve ne sia la possibilità, essa diventa una «struttura di peccato» che appartiene a quel «mondo» per il quale Cristo non ha pregato (cf Gv 17,9).

Il potere in qualsiasi forma e la sete di dominio di qualunque specie non appartengono alla dimensione evangelica e allo stile di vita dei suoi discepoli, i quali se vogliono essere all’altezza del loro Maestro, devono ribaltare ciò che il mondo offre e i potenti pretendono:

« 42 “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43 Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44 e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45 Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”» (Mc 10,42-45).

E’ la logica delle beatitudini e del Magnificat che diventano programmi di vita personale, ecclesiale e sociale. Nessun sistema può accettare questo invito, nessuna democrazia può realizzare questo stile, solo in una comunità eucaristica che vive all’ombra della croce ciò è possibile, perché parte del presupposto del «bene comune» che si radica nel concetto di comunione, che è l’opposto contrario dell’interesse di parte o peggio ancora individuale. Chi ha la responsabilità di governo nella comunità civile e nella Chiesa non si dovrebbe ammantare degli ammennicoli del potere, ma si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugamano, se lo cinge, versa dell’acqua in un catino e comincia a lavare i piedi dei discepoli con l’asciugamano di cui si era cinto (cf Gv 13, 4-5). Chi comanda deve avere coscienza di essere «servo» (religiosamente), «dipendente» (laicamente) di coloro che guida per scelta o per elezione. Ogni forma di potere, poi, per definizione è «pro tempore» e nessuno deve considerarsi eterno, ma solo strumento di cui dovrà rendere conto.

Oggi nella Chiesa, in modo particolare in buona parte del clero e della gerarchia vi è troppa vanagloria che sfocia nel culto della personalità. Una delle piaghe più gravi che deturpa il volto della Chiesa «casta», rendendola «meretrix»1 è la sete di carriera del personale ecclesiastico: la carriera è il vitello d’oro che inquina il pozzo dell’acqua della Parola di Dio, deturpa l’attesi di Cristo e allontana gli uomini e le donne dall’incontro con il Signore. Una Chiesa che distribuisce titoli onorifici è una chiesa mondana. Chi aspira ad un titolo ecclesiastico e chi lavora per un posto al sole nella vigna del Signore è un disadattato, affettivamente immaturo con una sessualità disturbata o non risolta.

Il missionario che sceglie di lasciarsi scegliere dal Cristo nudo in croce ha una sola pretesa: avere gambe buone e scarpe da montanaro per camminare lungo le strade del mondo alla ricerca dei suoi fratelli e sorelle che attendono la Parola che gli è stata promessa in Abramo, in Isacco, in Giacobbe dai profeti e infine da Dio stesso nel volto e nelle parole del Figlio suo Gesù Cristo. Ben triste deve essere quell’uomo che si mette al seguito di Cristo per scalare la vetta del potere a scapito della sua libertà, della sua dignità, della sua integrità morale e fisica2. Chi cerca la carriera, è disposto, ovunque e comunque, a vendersi al migliore offerente. Nella logica del Regno, c’è una parola che ci appartiene di diritto: «quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (cf Lc 17,10). Siamo solo servi, soltanto dipendenti del popolo di Dio. Tutto il resto viene dal maligno (Mt 5,37).

La seconda lettura ci presenta il Cristo come sommo sacerdote che si offre in espiazione dei peccati. Nel giorno di Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione) in Israele il sommo sacerdote offre due sacrifici: uno in espiazione dei peccati suoi e della sua famiglia e l’altro in espiazione dei peccati del popolo, simbolicamente caricati sul dorso di un montone che viene mandato a morire nel deserto. Noi non dobbiamo più offrire un sacrificio per l’espiazione, perché Gesù ha offerto se stesso «una volta per tutte», riscattandoci da noi stessi. Egli ora è mediatore tra noi e Dio presso il quale ci accredita come figli minori comprati a caro prezzo (cf 1Pt 1,18-19).

In aramaico «figlio di papà» si dice «bar-abbà» (al plurale «ben-abbà»). Gesù ha dato la vita sua in cambio della vita dei «figli del Padre». Giovanni espone questa teologia attraverso i nomi, quando Pilato offre ai Giudei la scelta tra Gesù «Bar-Abbà» cioè Figlio del Padre e «Barabba», rappresentante di tutti i «figli di papà», cioè «ben-abbà» (al singolare «bar-abbà» (cf Gv 18,39-40).

Quando la Chiesa s’immerge nel mistero del Figlio venuto per scambiare la sua vita con quella di tutti i Barabba della terra, allora i criteri mondani del potere e del dominio volano via come la polvere e resta l’anelito di portare al mondo il «vangelo di Barabba» al quale Gesù non chiese se fosse pentito e non gli pose condizione: perché «Barabba era un brigante» (Gv 18,40) e aveva commesso «un omicidio» (Mc 15,7; Lc 23,19). Questa è la caratteristica dell’unico potere possibile nella Chiesa: impegnarsi con la vita a stare dalla parte di chi non ha parte senza chiedere credenziali.

Entrando nel cuore dell’Eucaristia e ascoltando la Parola che oggi è tagliente come una spada a doppio lama (cf Eb 12,4: 2a lettura di domenica scorsa), lasciamoci spogliare da ogni sovrastruttura clericale per essere degni di stare in fondo al tempio come il pubblicano della parabola lucana (cf Lc 18,13). Lo Spirito che invochiamo sia il balsamo per la nostra consolazione e con la sua forza, facciamo nostro l’anelito del salmista di oggi (Sal, 33/32,20): «L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo».

[Le risposte sono in ebraico, greco e latino]

Spirito Santo, tu ci guidi all’incontro con il Servo sofferente di Yhwh, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci sveli il mistero del Servo che conosce il patire, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu applichi a noi l’espiazione del Figlio Bar-Abbà, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu porti nel mondo la giustificazione del Giusto e del Santo, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu riempi la terra della grazia che genera la giustizia , Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu accompagni la nostra attesa del Signore che viene, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu sei nostro scudo e nostro aiuto nello confronto col male, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu susciti in noi la professione di fede in Gesù Signore, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu presenti le nostre infermità a Gesù sommo sacerdote, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci doni la fiducia che ci conduce al trono della grazia, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci liberi da ogni sete di potere e di dominio, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci sostieni nel nostro lavoro per la Gloria di Dio, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci animi perché sappiamo sempre quello che chiediamo, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci presenti il calice della passione che beviamo con Gesù, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci battezzi nella passione, morte e risurrezione del Signore, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci conformi a Gesù venuto a servire e non ad essere servito, Veni, Sancte Spiritus.

Il potere è sempre in agguato come tentazione nella vita degli uomini di Chiesa. Il vero vitello d’oro di oggi è la ricerca del potere come via di realizzazione di sé, mentre le conseguenze negative ricadono sui poveri e sulla collettività. La sete di potere è il mondo per cui Gesù non ha pregato. Tutto ciò si aggrava ancora di più quando accade dentro la Chiesa che dovrebbe essere il «servizio» allo stato puro. Occorre discernimento e consuetudine con la Parola di Dio per non diventare ingranaggio di un sistema maledetto da Dio. La nostra misura di riferimento è «il Servo di Yhwh» di cui ci parla il profeta Isaia nella 1a lettura. Vogliamo chiedere la grazia del servizio al mondo intero sull’esempio stesso di Gesù per testimoniare che egli è morto per amore e solo per amore. Lo facciamo

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

Amen.

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Gesù è l’«uomo dei dolori che ben conosce il patire» (1a lettura), il quale si è fatto carico dei peccati di tutta l’umanità senza chiedere in cambio nulla. Chiedere perdono a Dio significa regalarsi a lui senza riserve e impegnarsi a gestire la vita secondo la sua volontà. Gesù intercede per noi come sommo sacerdote che immola se stesso e non un capro espiatorio. Esaminiamo la nostra coscienza e lasciamo che lo Spirito verifichi il nostro grado di adesione al Signore.

[Le prime tre risposte sono in ebraico, le altre in greco]

Signore, tu dài l’esempio del Maestro che lava i piedi ai discepoli, Ha’adôn, channènu [Signore, pietà]

Cristo, tu ci mandi nella vigna del mondo come operai del vangelo, Yeshuàch, shemachènu [Gesù, ascoltaci]

Signore, tu ci chiedi di bere il calice della croce insieme con te Hammashiàch, chazrènu [Messia, aiutaci]

Cristo, tu sei il Dio che serve i suoi figli e non si lascia servire, Christe, elèison.

Signore, servo dei servi purifica la tua Chiesa perché impari da te Kyrie, elèison.

Cristo, liberaci dallo spirito del mondo che ci separa da te e dal Regno, Christe, elèison.

Dio onnipotente, servo di Yhwh e dei servi del Signore che non ha considerato un tesoro la sua divinità, ma si fatto pane che si spezza e vino che si versa perché tutti potessero la vita, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati, specialmente quelli di omissione e ci conduca alla vita eterna. Amen.

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente [breve pausa 1-2-3]

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). Dio della pace e del perdono, tu ci hai dato in Cristo il sommo sacerdote che è entrato nel santuario dei cieli in forza dell’unico sacrificio di espiazione; concedi a tutti noi di trovare grazia davanti a te, perché possiamo condividere fino in fondo il calice della tua volontà e partecipare pienamente alla morte redentrice del tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna nell’unità dello Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 53,2.3.10-11. I riti di espiazione sono una caratteristica comune a tutte le religioni. Anche Israele perfeziona una liturgia che mette in luce il valore della sofferenza accettata e offerta a Dio perché offra in cambio la sua protezione. Un evento inatteso però modifica e travolge questa concezione: il Servo di Yhwh, uomo-simbolo misterioso, non offre più capri espiatori, ma la sua stessa vita a beneficio dei suoi simili. Egli è l’anti-Adamo: non pretende di essere «come Dio», ma sottopone se stesso alla volontà di Dio, che assume come propria, che vuole la salvezza di coloro che ha creato. La croce di Gesù di Nàzaret svelerà il mistero dell’identità del Servo nell’«ora della gloria» che è il fallimento della logica umana e il trionfo di un Dio che si fa prossimo di ciascuno nel pane e nel vino, la mensa dell’Eucaristia, a cui attraverso di noi, tutta l’umanità è invitata.

Dal libro del profeta Isaia Is 53,[2.3].10-11

[2Il Servo del Signore è cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. 3Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire.]

10Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. - Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

Salmo responsoriale 33/32, 4-5; 18-19; 20.22. Inno didattico, il salmo inizia con un invito alla lode di Dio (vv. 1-5) usando una terminologia tipica militare: al v. 3 [qui assente] l’espressione «con arte … acclamate» era in origine un urlo di guerra, simile al moderno «hurrà», per salutare Yhwh re e capo militare (Nm 23,21; Sof 1,14; 1Sam 10,24). Dopo l’esilio di Babilonia, questo rituale acquista un significato cultuale e liturgico in vista del combattimento spirituale tra il bene e il male. Inneggiare a Dio con lode e strumenti musicali è motivato da tutta la creazione (vv. 6-9) e dalla storia degli umana che poggiano la loro consistenza sulla sapienza di Dio e la sua Provvidenza che la guidano verso il compimento del Regno (vv.10-11.16-19). Il salmo si conclude con un atto di fiducia in Dio sul cui amore il cuore del credente si riposa (vv. 20-22).

Rit. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

1. 4Retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.

5Egli ama la giustizia e il diritto;

dell’amore del Signore è piena la terra. Rit.

2. 18Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

19per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame. Rit.

3. 20L’anima nostra attende il Signore:

egli è nostro aiuto e nostro scudo.

22Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo. Rit.

Seconda lettura Eb 4,14-16. La situazione che vivono i primi Giudei che accolgono il Cristianesimo come coronamento della tradizione biblica, è drammatica: la persecuzione li obbliga a lasciare il tempio e Gerusalemme. Ad essi si rivolge l’autore della lettera, un sacerdote del tempio divenuto cristiano. Egli dimostra che i profughi e gli esiliati nulla hanno perduto del sacerdozio del tempio perché ovunque siano lo possono celebrare attraverso l’umanità risorta del sommo sacerdote che è Gesù Cristo. C’è una grande differenza però: nel tempio era necessario offrire sacrifici di espiazione giorno per giorno, mentre ora il Figlio di Dio ha offerto se stesso una sola volta perché in lui mediatore, vittima e sacerdote s’identificano. Quello che scrive l’autore della lettera agli Ebrei, noi lo viviamo ogni domenica nel sacramento dell’Eucaristia.

Dalla lettera agli Ebrei Eb 4,14-16

Fratelli e Sorelle, 14poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 15Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. 16Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. - Parola di Dio.

Vangelo Mc 10,35-45. Il brano del vangelo di oggi riporta il 3° annuncio della passione che Gesù stesso comunica ai suoi. I primi due annunci (Mc 8,31-33 e 9,30-32) avevano prodotto reazioni negative e tentativi di acquisire privilegi personali. Ancora oggi gli apostoli pensano di fare carriera nel nuovo Regno, ma comprendono anche che devono pagare un prezzo alto bevendo il calice e ricevendo il battesimo, che nell’AT sono simboli del giudizio di Dio (cf Os 5,10; Ger 6,11; 25,28; Lc 12,49-50ecc.). Anche gli apostoli saranno associati al loro Maestro e per lui daranno la vita: è necessario però che prima il Figlio di Dio assuma il compito del Servo di Yhwh per distruggere in se stesso il male che governa il mondo e dare inizio ad una umanità nuova. Bere il calice ed essere battezzati nel vocabolario della nuova alleanza significa servire (Mc 10, 41-45) e servire altro non è che dare la vita come Gesù. Servizio è il nome nuovo dell’Amore.

Canto al Vangelo Cf. Mc 10,45

Alleluia. Gesù Cristo è venuto per servire / e dare la sua vita per la salvezza di molti. - Alleluia.

Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,35-45

In quel tempo, 35si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: 37«Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». 41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono ad indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù, li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; 44ma chi vuol diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». - Parola del Signore.

Spunti di omelia

Nel vangelo di oggi troviamo il 3° annuncio della passione3 che come i due precedenti provocano reazioni scomposte da parte degli apostoli, come se volessero esorcizzare e allontanare il momento della prova. Addirittura due di loro pensano di cambiare la situazione a loro favore: vogliono fare carriera. Gesù usa due immagini per descrivere la sua passione: il calice e il battesimo4 con le quali l’evangelista dimostra che Gesù aveva piena coscienza di quello a cui stava andando incontro. Le due immagini sono connesse strettamente perché nell’AT esse sono il simbolo dell’ira di Dio, cioè del giudizio sui peccatori.

Al v. 38 Gesù fa una domanda ai suoi: «Potete bere il calice che io bevo o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Essa esige grammaticalmente una risposta negativa, mentre gli apostoli ne danno una affermativa: «Gli risposero: “Lo possiamo”» perché sono ubriachi della sensazione di potere che immaginano e non si rendono conto che essi non potranno mai imitare il loro maestro e nemmeno somigliargli. Essi infatti al primo momento della prova si dilegueranno abbandonandolo (cf Mc 14,50) e Pietro che avrebbe dovuto essere «la roccia» della stabilità, non solo lo rinnegherà tre volte (cf Gv 18,18.25-27), ma dichiarerà formalmente di non conoscerlo: [traduzione letterale] «Non conosco quello là» (Mc 14,71;Mt 26,72.74). Gli apostoli però saranno associati lo stesso al martirio e alla sofferenza del Maestro fino alla fine del mondo perché quando diventeranno annunciatori del vangelo, compiranno nella loro carne ciò che manca ai patimenti di Cristo (cf Col 1,24), cioè la sofferenza del mondo.

In questo modo troviamo qui una dimensione di senso per la sofferenza che il cristiano incontra nella sua vita. Essa non è voluta da Dio, ma è una realtà che appartiene all’esistenza come la gioia e la serenità. Ogni volta che la vita ci presenta un calice da bere, noi non ci possiamo rifiutare di assaporarlo fino in fondo. Abbiamo solo due possibilità: o lo rendiamo inutile, impiegandoci sul lamento di come siamo «disgraziati»; oppure possiamo assumerlo, offrendolo a Dio come partecipazione al dolore del mondo redento nel sangue di Cristo. Ogni sofferenza regalata alla Trinità è un atto di condivisione con quell’umanità schiacciata e senza forze che aspetta da noi un piccolo sostegno per stare in piedi.

Spesso noi vanifichiamo la parte migliore della nostra vita buttandola nella spazzatura del superfluo, mentre Dio può trasformare la nostra impotenza e la nostra inutilità in benedizione e calice di vita. Stare ai piedi della croce significa imparare a scrutare l’orizzonte della vita dando valore a ciò che realmente conta. Nessuna sofferenza è inutile, piccola o grande che sia, perché se lo vogliamo può diventare strumento di salvezza per il mondo intero. Accanto a questa sofferenza che potremmo chiamare «naturale» vi è l’altra sofferenza, più intima e grave che nasce dal rifiuto, dall’emarginazione, dal giudizio degli altri, dal fallimento, dal tradimento: è la sofferenza che tocca la dignità e l’onorabilità. Quando a motivo delle idee, si è messi in condizione di marginalità, è allora che la croce diventa un faro che illumina e una ragione di vita.

L’episodio dei due fratelli in carriera si comprende meglio alla luce di questo contesto generale ed è ancora più chiaro nella redazione di Matteo (Mt 20,20-28), dove Gesù ha appena detto che essi giudicheranno le tribù d’Israele (Mt 19,28) come ministri di Dio giudice (Mt 25,31). Già il profeta Daniele aveva previsto che Dio avrebbe delegato il potere di giudicare i pagani al Figlio dell’uomo (Dn 7,9-10). In questo atto finale, il Figlio dell’uomo sarebbe stato attorniato da un tribunale di magistrati assisi sui troni del giudizio, descritti dall’autore dell’Apocalisse (cf Ap 4,4.10 et passim). Gli apostoli pensano di essere loro questi assessori giudicanti e la conferma si trova nella domanda dei figli di Zebedèo a Gesù. In Mt invece è la madre dei due apostoli a rivolgersi a Gesù per impetrare un posto d’onore per i figli (Mt 20,20-21).

Nota. Le madri (= l’autorità) spesso sono un impedimento serio alla crescita dei figli perché non solo gestiscono il presente, ma organizzano anche il futuro dei figli. La colpa delle madri è quella di considerare i figli sempre minorenni, sempre bambini sempre bisognosi del loro aiuto che esse giudicano insostituibile. Ciò è il segno che le madri hanno bisogno dei figli per non sentirsi orfane: esse modificano il ruolo naturale perché diventano figlie degli stessi figli. Diventa tragico quando questo atteggiamento si trasferisce dall’ambito familiare all’ambito della comunità o del lavoro. Chi governa da immaturo non vuole che i suoi dipendenti crescano e siano autonomi perché ha paura di perdere una quota del suo potere: per esistere ha bisogno di comandare e di avere dei sottoposti. E’ ciò che sta avvenendo oggi nella Chiesa nel rapporto tra gerarchia e laicato. La prima ha paura del secondo e infatti lo teme con un concorrente, nonostante un concilio in tutta la sua solennità abbia affermato l’autonomia del laicato nelle questione di sua competenza5. Si direbbe che la gerarchia abbia paura di un laicato adulto e fa di tutto perché si adegui ad un ruolo di laico-chierichetto sempre pronto ad «ubbidir tacendo».

Il v. 45 del vangelo di oggi è uno dei versetti più importanti di tutto il NT: «Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» perché contiene due idee fondamentali nella nuova economia che devono essere caratteristiche della Chiesa: il servizio e il riscatto. Il servizio è l’atteggiamento proprio di chi crede in Dio e non si ritiene padrone di nulla: un parroco o un vescovo che dicono qui comando io e si fa come dico io, sono poveracci tisicucci e malfermi in salute spirituale perché non sanno che loro passano, mentre il loro popolo resta. Essi non rappresentano il Servo che muore sulla croce, ma solo se stessi come presuntuosi detentori di un potere che hanno travisato: «fra voi però non è così» (Mc 10,43). Gesù non dice «tra voi non sia così», quasi solo un augurio e nulla più. Il testo greco usa il verbo essere al tempo presente indicativo per indicare un’azione o uno stato permanente e duraturo. Questa forma contiene in sé un obbligo morale che ha il peso di un comandamento: «fra di voi “non deve mai” essere così». Servire vuol dire che più si ha autorità, più si deve essere servo, più si è in alto e più ci si deve abbassare.

L’idea di riscatto è più articolata e più teologica e si trova nella 2a parte del versetto: «dare la propria vita in riscatto per molti». In ebraico riscatto si dice «ghe’ullàh» (da cui deriva go’èl che significa redentore/vendicatore) e ha in sé l’idea di uno scambio sotto garanzia. Nel NT, questa missione redentiva è assunta direttamente da Dio che attraverso Gesù di Nàzaret dona se stesso come pegno per la realizzazione della pienezza di della vita dell’umanità. Nel vangelo di Gv, questo compito è svolto dallo Spirito-Paràclito6.

Nota. Nella tradizione biblica quando una persona veniva portata in giudizio e gli anziani si riunivano alla porta della città poteva essere assolta o condannata, in base alle prove che a volte potevano non essere schiaccianti. Se uno dell’assemblea (anche uno dei giudici) persona stimata per la sua dirittura morale da tutta la comunità, si alzava e si metteva in silenzio accanto all’accusato, il tribunale in forza della presenza di questo «go’èl» o vendicatore che impegnava tutta la sua autorevolezza e la sua dignità a favore dell’accusato, sospendeva il giudizio e dichiara la non procedibilità. Il termine «vendicatore» è forte e si comprende nella cultura orientale: il «go’èl» con il suo gesto «vendica» l’innocenza, cioè distrugge l’accusa ingiusta e la mostra in tutta la sua mostruosità. Egli è colui che riporta le cose alla loro proporzione, cioè al loro «principio». Gesù sulla croce svolge questo compito di «go’èl». Lasciandosi inchiodare sulla croce come un malfattore, egli si è assiso a fianco dell’umanità accusata di peccato e non si è limitato a dichiararne l’innocenza che non c’era, ma ha fatto qualcosa di più: ha chiesto che la condanna spettante all’umanità ricadesse su di lui.

L’uomo nella sua condizione non ha nulla da offrire perché la morte tutto consuma e alla morte non c’è scambio possibile: chi si offre in cambio della morte? San Paolo lo dice espressamente (cf Rom 5,7-8) e risponde che solo Dio può presentare un riscatto (cf Sal 49/48,9.15; Is 52,3): è questo il senso della missione del «Servo di Yhwh» (Is 53,10). Egli dà la vita, cioè la offre volontariamente a favore non di pochi ma di «molti» che, in greco, ha il senso dell’universalità. Il giorno in cui nella Chiesa questa prospettiva del «Servo di Yhwh/Gesù» diventerà il programma pastorale del popolo e della gerarchia, quel giorno sarà l’inizio del riscatto di tutta l’umanità, il primo giorno della pace universale e l’anticipo degli ultimi tempi.

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

[Pausa: 1-2-3]


Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. [Pausa: 1-2-3]

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. [Pausa: 1-2-3]

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera dei fedeli [intenzioni libere]

MENSA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani il sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte): Donaci, o Padre, di accostarci degnamente al tuo altare perché il mistero che ci unisce al tuo Figlio sia per noi principio di vita nuova. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA V/c «Gesù modello di Amore»

Il Signore sia con voi E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

E veramente giusto renderti grazie, Padre misericordioso: tu ci hai donato il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro fratello e redentore.

Egli è cresciuto come un virgulto davanti a te e come una radice in terra arida, uomo dei dolori che ben conosce il patire (cf Is 53,2-3).

In lui ci hai manifestato il tuo amore per i piccoli e i poveri, per gli ammalati e gli esclusi. Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli.

A te Signore è piaciuto prostrarlo con dolori, ma quando offrirà se stesso in riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la tua volontà di salvezza (cf Is 53,10).

Con la vita e la parola annunziò che tu sei Padre e hai cura di tutti i tuoi figli. Per questi segni della tua benevolenza noi ti lodiamo e ti benediciamo, e uniti agli angeli e ai santi proclamiamo la tua gloria:

Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Kyrie elèison, Christe elèison. Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto nel nome del Signore colui che viene. Christe elèison, Pnèuma, elèison.

Ti glorifichiamo, Padre santo: tu ci sostieni sempre nel nostro cammino soprattutto in quest’ora in cui il Cristo, tuo Figlio, ci raduna per la santa cena. Egli, come ai discepoli di Emmaus, ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.

«Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa» (Eb 4,15).

Ti preghiamo, Padre onnipotente, manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue.

Presso di te, o Padre, noi abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli: è il Signore Gesù, nel quale manteniamo ferma la professione della nostra fede (cf Eb4,14).

La vigilia della sua passione, mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia (cf Eb 4,16)

Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Il Signore ha detto: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete» (Mc 10,39).

Fate questo in memoria di me.

«Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per la moltitudine» (Mc 10,45)

Mistero della fede.

Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione e attendiamo il tuo ritorno, Signore Gesù!

Celebrando il memoriale della nostra riconciliazione annunziamo, o Padre, l’opera del tuo amore. Con la passione e la croce hai fatto entrare nella gloria della risurrezione il Cristo, tuo Figlio, e lo hai chiamato alla tua destra, re immortale dei secoli e Signore dell’universo.

«L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo» (Sal 33/32,20.22).

Guarda, Padre santo, questa offerta: è Cristo che si dona con il suo corpo e il suo sangue, e con il suo sacrificio apre a noi il cammino verso di te. Padre di misericordia, donaci lo Spirito dell’amore, lo Spirito del tuo Figlio.

Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce: insegnaci a servire, insegnaci ad amare, insegnaci tu l’unità.

Fortifica il tuo popolo con il pane della vita e il calice della salvezza; rendici perfetti nella fede e nell’amore in comunione con il nostro papa …, il vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare …, specialmente coloro che si affidano alla nostra preghiera e solidarietà.

«Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuoi essere il primo tra voi sarà il servo di tutti» (Mc 10,44).

Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa’ che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti.

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati i perseguitai per la giustizia perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3.10).

La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo.

Gesù, chiamati a sé, suoi discepoli «disse loro: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così» (Mc 10,42).

Ricordati anche dei nostri fratelli che sono morti nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede: … ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella risurrezione; concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna, dove tu ci attendi.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio… Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,9.5).

In comunione con la beata Vergine Maria, con gli Apostoli e i martiri, e tutti i santi innalziamo a te la nostra lode nel Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria. O santa Trinità, non ti offriamo oro, incenso e mirra, ma colui che in questi santi doni è significato, immolato e ricevuto: Gesù Cristo nostro Signore e Redentore. Per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla comunione (Mc 10,45): «Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Dopo comunione

Credo di don Michele Do (1918-2005) in M. Do, Per un’immagine creativa del Cristianesimo, a cura di Clara Gennaro, Silvana Molina e Piero Racca, edito in proprio [s.c.], [s.d.] (2009?), quarta di copertina.

Credo in un solo Dio che è Padre,

fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bellezza, di ogni bontà.

Da Lui vengono e a lui ascendono tutte le cose.

Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo.

Immagine visibile e trasparente dell’invisibile volto di Dio;

immagine alta e pura del volto dell’uomo

così come lo ha sognato il cuore di Dio.

Credo nello Spirito Santo,

che vive ed opera nelle profondità del nostro cuore,

per trasformarci tutti a immagine di Cristo.

Credo che da questa fede fluiscono

le realtà essenziali della nostra vita:

la Comunione dei Santi e delle cose sante che è la vera Chiesa;

la buona novella del perdono dei peccati,

la speranza della Resurrezione

che ci dona la certezza che nulla vada perduto della nostra vita,

nessun frammento di bontà e di bellezza,

nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato,

nessuna lacrima e nessuna amicizia. Amen.

Da Annalena Tonelli (1943-2003), Pensiero del 30 Novembre 2001

«La vita mi ha insegnato che la mia fede senza l’Amore è inutile, che la mia religione cristiana non ha tanti … ma ne ha uno solo, che non serve costruire cattedrali o moschee, né cerimonie né pellegrinaggi ... che quell’Eucaristia che scandalizza gli atei e le altre fedi racchiude un messaggio rivoluzionario: “Questo è il mio corpo fatto pane perché anche tu ti faccia pane sulla mensa degli uomini, perché, se tu non ti fai pane, non mangi un pane che ti salva mangi la tua condanna”. L’Eucaristia ci dice che la nostra religione è inutile senza il sacramento della misericordia: è nella misericordia che il cielo incontra la terra. Se non amo, Dio muore sulla terra. Che Dio sia Dio io ne sono causa, dice Silesio, se non amo, Dio rimane senza epifania, perché siamo noi il segno visibile della Sua presenza e lo rendiamo vivo in questo inferno di mondo dove pare che Lui non ci sia, e lo rendiamo vivo ogni volta che ci fermiamo presso un uomo ferito. Alla fine, io sono veramente capace solo di lavare i piedi in tutti i sensi ai derelitti, a quelli che nessuno ama, a quelli che misteriosamente non hanno nulla di attraente in nessun senso agli occhi di nessuno. Luigi Pintor, un cosiddetto ateo, scrisse un giorno che non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi. Così è per me. È nell’inginocchiarmi perché stringendomi il collo loro possano rialzarsi e riprendere il cammino o addirittura camminare dove mai avevano camminato che io trovo pace, carica fortissima, certezza che tutto è grazia. Vorrei aggiungere che i piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d’acqua nell’oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre. I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all'immaginazione di ciascuno di noi. Inventiamo e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita”».

Preghiamo. O Signore, questa celebrazione eucaristica, che ci ha fatto pregustare le realtà del cielo, ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente e ci confermi nella speranza dei beni futuri. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Benedizione e saluto finale

Il Signore risorto è con voi. E con il tuo spirito.

Ci benedica Cristo, Benedizione del Padre. Ora e sempre, in vita e in morte.

Il Signore rivolga su di voi il suo sguardo e vi dia la sua pace. Venga la tua Pace, Signore.

Il Signore ponga il suo Nome si di voi e vi dia il suo sigillo. Venga su di noi il sigillo dello Spirito.

Il Signore sia sempre davanti a voi per guidarvi. Il Vangelo di Cristo è la nostra guida.

Il Signore sia sempre dietro di voi per difendervi dal male. La croce di Cristo è il nostro scudo.

Il Signore sia sempre accanto a voi per confortarvi e consolarvi. Amen. Ora e sempre.

E la Benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio,

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen. Per la gloria di Dio.

Termina l’Eucaristia come sacramento, inizia ora l’Eucaristia della vita, come storia e testimonianza.

Rendiamo grazie a Dio e andiamo in Pace nella forza dello Spirito di Gesù Risorto.

_______________________________

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Domenica 29a del Tempo Ordinario – B – Parrocchia di S. Maria Immacolata e San Torpete – Genova

Paolo Farinella, prete – 21-10-2012

APPUNTAMENTI

Chiesa di San Torpete in Genova

MERCOLEDI 24 OTTOBRE 2012, ORE 17,30, a Genova in San Torpete, Piazza San Giorgio, Incontro della popolazione con il Municipio Genova-Est. Dopo il fallimento della precedente legislatura con un Municipio (gestione Siri) assente, il nuovo si sta muovendo con fatica per recuperare il tempo perduto e per essere «prossimo» ai cittadini. Mi pare che dobbiamo approfittarne e, messa da parte ogni ferita, anzi proprio per questo, vogliamo con i «nuovi» capire e vedere la nostra realtà e i nostri problemi. Conosco alcuni membri del Municipio e garantisco della loro onestà e volontà di operare per il bene comune.

L’INVITO E’ RIVOLTO A TUTTI GLI ABITANTI DI GENOVA CENTRO-EST. VOGLIAMO FARE UNA PANORAMICA A TUTTO CAMPO PER UN PIANO CONDIVISO D’INTERVENTI.

GIOVEDI 1 NOVEMBRE 2012, ORE 10.00 FESTA DI TUTTI I SANTI – Messa Concertata eseguita dall’Accademia dei Virtuosi Luca Franco Ferrari, Direttore Ciclo Sacro-Profano. Contaminazioni, “travestimenti” e citazioni dal Cinquecento a oggi. 1. Il madrigale Musiche di J. Des Prez.

GIOVEDÌ 8 NOVEMBRE 2012 ALLE ORE 21,00 A PONTEDECIMO GENOVA, presso la sede del Gruppo «Koinè», nella Casa della Beata Chiara (ex Capitanato del Popolo), presentazione del romanzo «Habemus papam di Paolo Farinella, prete. Conversazione con l’Autore, immaginando la Chiesa del futuro.

MERCOLEDI 21 NOVEMBRE 2012 ore 20,00 a CAGLIARI presso la Comunità La Collina di Don Ettore Cannavera, presentazione del romanzo «Habemus papam di Paolo Farinella, prete. E’ presente l’autore con la dott.ssa Maria Cristina Pantone (contatti: Loc S’Otta, 09040 Serdiana CA Tel: 070.743923 -070.742430 e-mail: comunitalacollina@tiscali.it ).

SABATO 24 NOVEMBRE 2012, ORE 17,30 nella Chiesa San Torpete, Piazza San Giorgio, Genova, Ring Around Quartet (Vera Marenco, Soprano – Manuela Litro, Contralto – Umberto Bartolini, Tenore – Alberto Longhi, Baritono) e Enseble 400 (Marcello Serafini – Aimone Gronchi, Viella Maria Notarianni, Arpa, Organo portativo): Ring Around 20 - “Tutte frottole”; Musiche di J. Des Pres, N. Broco, Anonimo (XVI sec.), G. e L. Fogliano, R. Mantovano, Peregrinus da Cesena.

GIOVEDI 29 NOVEMBRE 2012, ORE 17,00 Colloquio con il Prof. EMILIO COSTADURA, TESTIMONE DELLA RESISTENZA «Senza memoria non c’è futuro», come dimostrano le cronache del tempo presente che sembra fagocitare resistenza e democrazia in nome di uno sviluppo che non arriva mai perché non è neanche partito. Resistenza, democrazia, avere dato la vita per i diritti di tutti hanno ancora senso o è stato un inganno?

SABATO 1 DICEMBRE 2012 ORE 16,00 MILANO, su iniziativa del Guado, NSC e altrui gruppi, presentazione del romanzo di Paolo Farinella, prete «Habemus Papam». Relatori e luogo ancora da definire.

GIOVEDI 6 DICEMBRE 2012 ORE 17,00 nella Chiesa di San Torpete in Piazza San Giorgio a Genova, presentazione del libro L’eresia cristiana di Pier Paolo Pasolini, Edizioni Mimesis, Sesto San Giovanni MI 2010, pp. 184, € 16,00. Presenta l’Autore, Alessio Passeri, che illustrerò gli aspetti salineti della sua ricerca. E’ presente anche il musicologo, prof. Marco Jacoviello, che illustrerà il rapporto di Pasolini con la musica, commentando alcuni “pezzi” del Vangelo secondo Matteo e relativa colonna sonora.

INCONTRI DEL GRUPPO PICCAPIETRA

Martedì 23 ottobre 2012, ore 17.30: Genova, Quadrivium con entrata da Piazza S. Marta 2 - Gianfranco BOTTONI, responsabile del Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi di Milano: «Nella crisi attuale, la crisi della fede: dubitare, interrogarsi, discernere»

Martedì 20 novembre 2012, ore 17.30: Genova, Quadrivium con entrata da Piazza S. Marta 2 - Alberto SIMONI OP, Direzione della rivista Koinonia, Convento di S. Domenico, Pistoia «Il Vaticano II fra dinamismo della fede e anticoncilio».

1 Cf Sant’Ambrogio, Commento al Vangelo di Luca, III, 17-23, PL XV: 1681; cf Cesario di Arles, Sermo 116, PL XLVII: 759; San’Agostino, Quaestionum in Heptateuchum libri septe, Lib. 6, Quaestio Iesu Nave, 2, PL XXXIV:775; San Girolamo, Tractatus LIX in Psalmos, Psalmus 86, PL XXVI:1150.

2 Il card. Severino Poletto, arcivescovo di Torino, parla del rischio che i seminari diventino «cliniche» dove si rifugiano giovani che hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo, in una parola uomini falliti o delusi che diventeranno forse vescovi e, a volte, anche cardinali: «Recentemente un mio collaboratore mi ha chiesto: “Dobbiamo proprio pensare che il seminario diventi una clinica?”» (la Repubblica, venerdì 29 settembre 2006, p. 37).

3 Riportiamo in nota i tre annunci che abbiamo già descritto nell’omelia della dom. 25a del tempo ordinario B:

1° annuncio Mc 8,31:«E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere». 2° annuncio Mc 9,31:«Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: “Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”». 3° annuncio Mc 10,33-34:«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Cf La coupe et le Baptême de la passion, in Rev Bibl. 1967, 256-391.

4 Del calice parla espressamente il profeta Isaia: «Svégliati, svégliati, àlzati, Gerusalemme, che hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua ira; la coppa, il calice della vertigine, hai bevuto, l’hai vuotata» (Is 51,17) e il profeta Geremia: «Così mi disse il Signore, Dio d’Israele: “Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio, 16perché ne bevano, ne restino inebriate ed escano di senno dinanzi alla spada che manderò in mezzo a loro”» (Ger 25,15). Il calice deve essere bevuto fino alla feccia (Ger 25,28; Ez 23,31-34) perché non è facoltativo, ma è la strada obbligata attraverso cui deve procedere il Messia nella cui esperienza il calice acquista anche un valore scarificale (Nm 4,14; 7,23; 19,25; Zc 9,15). L’aspetto sacrificale oggi è espresso dalla 1a lettura che è un brano del 4° canto del «Servo di Yhwh» e che descrive l’aspetto sacrificale-espiatorio della sua vita: «Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione» (cf Is 53,10). Gesù nell’ultima cena ribalta questa condizione: «Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: “Questo è il mio sangue della alleanza che è versato per molti[= tutti]”» (Mc 14,23-24). Prendendo su di sé il giudizio dell’ira di Dio fino alla conseguenza estrema della morte, Gesù trasforma l’ira in alleanza. L’altra immagine, quella del battesimo, è sulla stessa linea e ha lo stesso significato di giudizio senza appello (cf Lc 12,49-50), ma sotto l’aspetto più propriamente cosmico: l’acqua, il vento e il fuoco sono altri elementi della natura che sovrastano il cosmo e simboleggiano il giudizio di Dio sul creato che è così solidale al destino di morte del genere umano (Rom 8,20-23). Gesù si sostituisce al mondo materiale prendendo su di sé la distruzione che questi elementi portano: «Tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati» (Sal 42/41, 8). Egli si immerge nella maledizione dell’ira di Dio manifestata dall’acqua per fare emergere la vita rinnovata di un mondo nuovo (cf Is 43,18) e di una nuova umanità (cf Ef 4,22-24).

5 Cf Concilio ecumenico Vaticano II, Decreto «Apostolicam actuositatem» (Sull’apostolato dei laici), specialmente il n. 7, in EV, vol. 1/937. La costituzione pastorale «Gaudium et Spes» (su Chiesa e mondo) usa parole esplicite contro quei cristiani (e dovremmo dire anche chierici) che presi dalla loro ottusità non vogliono riconoscere questa autonomia, ponendosi così al di sopra dello stesso Creatore: « A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali [quondam animi habitus], che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro» (n. 36, in EV, vol. 1/1431).

6 Il go’el nella Scrittura, è colui che esercita un diritto di prelazione su cose e/o persone, per es. un parente prossimo che riscatta una vedova o un terreno. Il riscatto (ghe’ullàh) non c’entra nulla con il concetto di «vendetta» che ha la nostra cultura, ma esprime la salvezza offerta in vista di compito, una missione (cf. Rut 4,1-11). Per la funzione dello Spirito/Paràclito, v. La liturgia della solennità di Pentecoste.




Mercoledμ 17 Ottobre,2012 Ore: 15:40
 
 
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