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www.ildialogo.org SOLENNITÀ SAN GIOVANNI BATTISTA-2012,di Paolo Farinella, prete

SOLENNITÀ SAN GIOVANNI BATTISTA-2012

di Paolo Farinella, prete

(Domenica 12a Tempo Ordinario-B) -24 giugno 2012-


Nel sec. IV, quando il cristianesimo diventa religione dell’impero, una delle solennità liturgiche più coltivate è il Natale del Signore. Si sentì allora la necessità di affiancare al Natale anche la celebrazione della nascita di Giovanni Battista, il Precursore. Uniti nella vita e nella morte, Gesù e Giovanni non potevano essere separati nella liturgia. Poiché Natale fu fissato al 24 dicembre, cioè al solstizio d’inverno1, fu naturale stabilire la data della memoria del Precursore: il 24 giugno, solstizio d’estate.

Giovanni è descritto con le caratteristiche del profeta Elia (Ml 3,23-24: Sir 48,10) perché come lui deve «preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1,17). Giovanni è la «lampada» posta sul lucerniere (Lc 11,33) per fare strada al Lògos che «era presso Dio» (Gv 1,1) e che viene nel mondo per illuminare ogni uomo (Gv 1,9-10). Per questo Giovanni anticipa Gesù anche nella liturgia.

Giovanni annunzia, Gesù compie. Giovanni è la premessa, Gesù la promessa. Giovanni predispone alla luce, Gesù è la luce vera che viene nel mondo (Gv 1,9). Giovanni indica l’Agnello di Dio, Gesù è l’Agnello che prende su di sé il peccato del mondo (Gv 1,35-42). Giovanni chiude l’AT, Gesù apre il NT. Giovanni chiude la profezia annunciata, Gesù è la profezia compiuta. Giovanni è l’amico dello sposo che custodisce la sposa, Gesù è lo sposo che celebra le nozze (Mt 9,15); Giovanni «deve diminuire», Gesù «deve crescere» (Gv 3,30; 5,35).

Nel vangelo di Lc i primi due capitoli sono chiamati «vangelo dell’infanzia» perché parlano di Gesù bambino, la cui esistenza è però letta e riletta alla luce della Pasqua: si sa già che quel bambino è il Signore morto e risorto. Lc dipinge un dittico delle nascite, le cui due pale rappresentano Giovanni il battezzante da una parte e Gesù dall’altra. Giovanni e Gesù sono descritti in parallelo, quasi di pari passo, ma con una sproporzione: il racconto di Giovanni è più lungo, mentre di Gesù è più corto. Un rapporto inversamente proporzionale all’importanza: Gesù che è la pienezza ha bisogno di meno parole, Giovanni che è la preparazione ha bisogno di più parole. E’ ciò che accade nella vita: nel tempo dell’innamoramento si parla fino alla logorrèa, nel tempo dell’amore, il silenzio è la parola più densa di una relazione.

La sua vocazione richiama quella di Geremia, lo stile della sua vita richiama quello dei «nazirèi», uomini cioè che si votavano a Dio o per tutta la vita o per periodo determinato (At 18,18). Nello sviluppo della sua missione Giovanni somiglia ad Elia di cui è incarnazione anche per il Signore Gesù (Gv 1,17; Mt 11,14). Gesù che è suo cugino in seconda, ne ha grande stima e forse in un primo tempo è stato suo discepolo. Con ogni probabilità Giovanni battista ha conosciuto e frequentato i dissidenti della Comunità di Qumran che in termini moderni costituiva una «comunità di base» ante litteram: in opposizione e in alternativa alla religione ufficiale troppo compromessa con il potere politico sia di Erode sia dei Romani.

Egli ha il privilegio di battezzare il Signore nelle acque del fiume Giordano senza mai perdere la consapevolezza della sua piena identità. Ha coscienza della sua vocazione e rimane sempre fedele a se stesso: ha ricevuto un compito che ha fatto suo: essere la voce che precede, il dito che indica, l’amico fedele. Fino alla morte. Una caratteristica di Giovanni, come dopo anche di Gesù, è la sua contrapposizione al potere con il quale non accetta compresso di sorte, fino all’inevitabile conseguenza: morire a causa del suo messaggio e della sua testimonianza. Di fronte alla tracotanza del potere che viola le leggi egli grida: «Non ti è lecito» (Mc 6,18).

Molto abbiamo da imparare come singoli e come Chiesa da Giovanni il Battezzante perché ci richiama alla coerenza nella verità che non si adatta mai al letto di Procuste, secondo le convenienze. Quando la Chiesa cerca o accetta un qualsiasi connubio con il potere sente su di sé la voce di Giovanni che grida: «Non licet!». Abbiamo sempre bisogno di un precursore che ci indichi la direzione e ci parli del Signore senza permettere che ci fermiamo a lui. Il vero profeta non è colui che fa proseliti, ma colui che porta alla sorgente della Parola, anzi alla Parola stessa. I grandi profeti sono stati profondamente soli, mai solitari. Essi hanno vissuto lo strazio dell’anima di essere contemporaneamente fedeli a Dio e fedeli al loro popolo annaspante e pigro: lacerati, strappati e strabici perché devono guardare allo stesso tempo in due direzioni opposte. Giovanni il Battezzante è il «più grande tra i nati di donna» perché è stato il «più piccolo nel regno di Dio» (Lc 7,28).

Nelle chiese ortodosse Giovanni ha un posto particolare nell’iconostasi: la porta centrale, detta «porta regale» è sovrastata dall’icona del Cristo glorioso che ha a destra la Madre e a sinistra Giovanni. In tutta l’arte gotico-rinascimentale europea nelle raffigurazioni di Gesù bambino vi è Giovanni accanto ad un agnello e vestito di pelli per dire che l’incarnazione e il vangelo sono inconcepibili senza la figura di questo gigante della rivelazione.

Solo di Giovanni oltre che del Signore e della Madre, la liturgia celebra oltre la morte (29 agosto) anche la nascita e la liturgia riporta come per le grandi solennità, anche il formulario proprio per la vigilia. Accostiamoci come compagni di viaggio e lasciamoci indicare da Giovanni la via che porta all’«Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo» (Gv 1,29.36).

Spirito Santo, tu hai chiamato il Servo di Yhwh prima di formarsi nel seno materno, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu pronunzi il nome di ciascuno di noi davanti al trono della Gloria, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu ci convochi al servizio di Dio, non a servirci di Dio come arma, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu sei al luce che illumina le nazioni perché vedano il Cristo di Dio, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu ci scruti e ci conosci più di quanto noi non conosciamo noi stessi, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu conosci i nostri pensieri prima ancora di concepirli nella mente, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu ci tessi ogni giorno con la Parola di Dio per essere giusti e veri, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu hai suscitato Davide come re perché fosse pastore dell’Israele di Dio, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu chiamasti Giovanni il precursore perché disponesse i cuori al Messia, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu continui a genere figli di Abramo che vanno incontro al Signore, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu hai compiuto il tempo di Elisabetta perché desse vita al Precursore, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu presiedesti il rito di circoncisione e dell’imposizione del nome, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, hai ispirato Elisabetta a proclamare che in Giovanni Dio ha fatto grazia, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu sciogliesti la lingua di Zaccaria donandogli l’abbondanza della Parola, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu hai suscitato la meraviglia dei vicini che assistettero alla nascita, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu hai educato e cresciuto e fortificato Giovanni per essere il Precursore, Veni, Sancte Spiritus! Spirito Santo, tu ci convochi oggi a celebrare la memoria di Giovanni il nuovo Elia, Veni, Sancte Spiritus!

Ognuno di noi è «precursore» di qualcuno, perché nessuno nasce da solo o peggio da sé. Anche la persona più isolata è sempre in relazione, magari conflittuale, con gli oggetti che lo circondano. Noi annunciamo qualcuno e qualcun altro annuncia noi, di generazione in generazione. Siamo precursori quando anticipiamo il bisogno dell’altro o quando semplicemente ne condividiamo la vita, il lavoro, la missione. Tutti i grandi personaggi della storia e della santità, uomini o donne, hanno sempre avuto qualcuno che li ha preceduti o seguiti (è la stessa cosa) in segreto o apertamente, camminando accanto o stando in disparte. C’è sempre qualcuno è sempre prima di noi. Questa convinzione ci deve porre in uno stato di tranquilla pace perché c’impedisce di diventare superbi e ossessivi. Tutti siamo necessari e nessuno è superfluo, ma ognuno deve seguire la propria vocazione e il proprio percorso. La liturgia in memoria della nascita di Giovanni il Battezzante ci aiuti a trovare la dimensione radicale della nostra vita. Lo chiediamo al Signore nel Nome della santa Trinità:

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Amen.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

Sia Giovanni che Gesù prima di iniziare la loro missioni hanno trascorso quasi tutta la loro vita a prepararsi. Vissero nel silenzio e nel nascondimento. Nelle cose della vita la preparazione formativa è più importante di ciò che si vuole realizzare.Il mondo è malato di frettolosa realizzazione e di norma quelli che seguono distruggono le realizzazioni di chi li ha preceduti. Solo la consapevolezza di essere parte di un tutto, momento essenziale di un disegno che ci sovrasta, può impedirci di ubriacarci di protagonismo. Chiedere perdono al Signore significa non perdere mai il contatto con le proprie proporzioni e il proprio limite.

Signore, hai voluto farti precedere da una voce che annunciasse la conversione, pietà di noi Kyrie, elèison!

Cristo, in Giovanni ci hai dato l’esempio della coerenza al proprio mandato, pietà di noi, Christe, elèison!

Signore invii sempre un profeta a rischiararci la coscienza di figli e fratelli, pietà di noi, Pnèuma, elèison!

Cristo che sei l’Agnello immolato sul mondo e indicato da Giovanni Battista, pietà di noi, Christe, elèison!

Dio onnipotente che porta a compimento la storia d’Israele con l’annuncio di Giovanni il Precursore e apre i tempi nuovi del Regno con la sua predicazione di conversione, per i meriti di tutti i santi profeti dell’AT e per i meriti anticipati dei profeti del NT, ci consoli nella celebrazione della natività di Giovanni profeta, precursore e battezzante, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI… e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. [Breve pausa 1-2-3]

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [Breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [Breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). O Padre, che hai mandato san Giovanni Battista a preparare a Cristo Signore un popolo ben disposto, allieta la tua Chiesa con l’abbondanza dei doni dello Spirito, e guidala sulla via della salvezza e della pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 49,1-6. La liturgia riporta il 3° canto del Servo di Yhwh di Isaia in cui gli esegeti distinguono due tradizioni: una esprime la natura universalistica del Servo (vv. 1-3.5b-6), mentre l’altra è un racconto di investitura profetica (vv. 4-5a). La figura del Servo di Yhwh nasce in un momento di crisi, quando le speranze deposte in Ciro il persiano si infrangono contro la sua idolatria: egli nello stesso momento in cui ricostruisce il tempio di Yhwh, restaura i culti di Marduk, dio mesopotamico. Il profeta guarda in avanti e annuncia un nuovo messaggero che la tradizione patristico-cristiana identificherà nel Signore Gesù. La liturgia applicando la figura misteriosa del Servo a Giovanni ne mette in risalto l’universalità del messaggio, la natura profetica e la missione di servizio: un modello per tutti i tempi.

Dal libro del profeta Isaia Is 49,1-6

1 Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. 2 Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. 3 Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». 4 Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». 5 Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele - poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza - 6 e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra». - Parola di Dio.

Salmo responsoriale 139/138, 1-3; 13-14ab; 14c-15. Il salmo 139/138 è una meditazione su Dio che tutto conosce e scruta fin dal 1° versetto: «Signore, tu mi scruti e mi conosci». E’ la consapevolezza di essere sempre alla Presenza di Dio da cui nulla ci può sottrarre perché Dio conosce i nostri pensieri prima ancora che li concepiamo (è questo il senso dell’avverbio ebraico merachôq – da lontano del v. 2). Eppure la nostra libertà di scelta può contrastare questa Presenza: è il mistero di essere al contempo creature e creature libere. In Cristo questo mistero svanisce perché la libertà diventa un dono da offrire e non un privilegio da custodire. Il salmo infine ci consola dicendo che Dio è sempre con noi.

Rit. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda

1. 1 Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2 tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,

3 osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie. Rit.

2. 13 Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.

14 Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda. Rit.
3. Meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l'anima mia.

15 Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
ricamato nelle profondità della terra. Rit.

Seconda lettura At 13,22-26. La 2a lettura riporta un brano della predicazione di Paolo nella sinagoga dei Giudei della diaspora abitanti in Antiochia di Pisìdia (l’attuale Yalvaç) nella provincia turca di Isparta. La scelta di questo brano è motivato unicamente perché vi si nomina Giovanni il Battezzante (vv. 24-25) che da Paolo viene inserito nella storia messianica da Davide al Gesù. Nessuno incontra Dio da solo: c’è sempre qualcuno che parla di lui ad un altro come Giovanni, come Paolo. Ognuno di noi deve cercarci un «precursore» che indichi la via per giungere all’Agnello e nello stesso tempo, dobbiamo può essere il precursore per coloro ai quali riusciamo a manifestare il volto di Dio. Mentre cerchiamo Giovanni prendiamo coscienza che Giovanni siamo noi oggi e qui.

Dagli Atti degli apostoli At 13,22-26

In quei giorni, [nella sinagoga di Antiochia di Pisìdia,] 22 Paolo diceva: 22 «Dio suscitò per i nostri padri Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”. 23 Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. 24 Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d'Israele. 25 Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”. 26 Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza». - Parola di Dio.

Vangelo Lc 1,57-66.80. Il nucleo centrale del brano del vangelo di oggi è «l’imposizione del nome» (v. 63) che l’angelo aveva già anticipato a Zaccaria (v. 13). Il «nome» nella cultura orientale indica la natura intima della persona che lo porta segnandone la vita. Esso è imposto dal padre in segno di autorità. Nel brano di oggi, vi è un capovolgimento come preludio di molte altre novità. Si invertono i ruoli: il padre è muto e non può esercitare il suo diritto, mentre la moglie che non ha diritto dà al figlio il nome scelto dall’angelo (v. 13). La logica umana e le tradizioni sono sconvolte quando Dio irrompe per portare la novità che una èra nuova sta cominciando e viene portata da un bambino che così diventa il segno della fragilità stessa di Dio.

Canto al Vangelo Lc 1,76

Alleluia. Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo / perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,57-66.80

57 Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58 I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. 59 Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. 60 Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». 61 Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». 62 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63 Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. 64 All'istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. 65 Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66 Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. 80 Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele. - Parola del Signore..

Sentieri di omelia

Per comprendere il brano del vangelo di oggi, incentrato sulla circoncisione-imposizione del nome, sarebbe opportuno leggere interamente i due primi capitoli di Lc che sono strutturati in modo omogeneo e secondo una precisa logica dell’autore. Questi capitoli tecnicamente detti «vangelo/i dell’infanzia» non sono un’opera storica nel senso moderno del termine perché la preoccupazione dell’evangelista non è di fare una cronistoria dettagliata. Egli scrive degli eventi di Gesù bambino, ma dopo la risurrezione e quindi alla luce della pasqua. Se avesse fatto un film si direbbe che ha usato il genere della «retrospettiva»: alla luce di quello che è diventato, si rilegge la vita precedente. Il passato riletto dalla prospettiva del futuro. Questo criterio è in uso ancora oggi, nella compilazione delle agiografie o delle memorie.

Lc inoltre legge gli avvenimenti «nuovi» alla luce dell’AT, di cui imita spesso lo stile nella versione della Bibbia greca detta LXX che era la Bibbia dei Giudei della diaspora che non conoscevano l’ebraico e dei primi cristiani2. Il confronto è fatto in modo particolare con Daniele 8, 9 e 10 da cui, per esempio nel brano di oggi, desume il vocabolario. Diamo solo due assaggi3:

Daniele

Luca

10,16-17

io aprii la bocca e parlai

v. 64

gli si aprì la bocca…, e parlava

10,7

e un grande timore ricadde su tutti

v. 65

e avvenne su tutti i vicini un timore

I vv. 65b e 66a devono essere letti insieme «65b per tutta la regione montuosa della Giudea si discuteva di tutte queste parole/di tutti questi fatti 66a  e tutti gli ascoltatori le posero nel loro cuore». L’espressione «tutte queste parole/fatti» è precisa in greco (panta ta rhêmata tàuta èthetō) dove il termine «rhêmata» traduce l’ebraico «dabàr» che significa sia «parola» sia «avvenimento/fatto/cosa»4. Per questi testi Lc usa diverse fonti: Gen 17,11 (Lxx), 1Sa 21,13, Dan 7,28 (Lxx) e anche Dan 1,8 nella versione greca di Teodozione5. Lo stesso si deve dire per l’espressione «nel loro cuore» che si ritrova negli stessi testi, tranne Gen 17,11. Anche l’espressione «la mano del Signore» del v. 79 è una imitazione dello stile semitico perché traduce l’ebraico «yad Adonài» nel significato di «forza/potenza»6 (cf At 11,21; 13,11).

Da questi pochi accenni si comprende come la Scrittura non sia facile da maneggiare e ciò suppone un lento, paziente, profondo lavoro di ricerca e di approfondimento. Con la Bibbia non bisogna mai essere superficiali: è meglio dire che non si sa a sufficienza (e chi potrebbe sapere abbastanza?) piuttosto che fare i saccenti e inventare contenuti che non vi sono. Il brano della liturgia di oggi è evidente che non è un brano autonomo, cioè non esiste per sé come racconto di cronaca, ma è in funzione del racconto della nascita di Gesù. Se infatti mettiamo le due nascite a confronto vediamo una perfetta somiglianza simmetrica (v. appendice).

Fatta questa breve, ma necessaria premessa per alimentare in noi non la paura della Bibbia, ma il «timore» di fronte alla Parola di Dio, un timore che suscita venerazione, attenzione, ascolto e deposito nel cuore, ci limitiamo a poche sottolineature del testo in modo sapienziale, oseremmo dire esistenziale, cercando di leggerla indipendentemente dal suo contesto storico (sappiamo che c’è), dalla formazione del testo (sappiamo che c’è), ma solo come testo così come è: è Parola di Dio oggi qui per noi nel contesto della nostra vita.

Testo greco letterale: «57 Per Elisabetta poi giunse a compimento il tempo di partorire e generò un figlio».

Il tempo del compimento significa «il tempo della pienezza». In greco due sono i verbi del compimento della Parola di Dio, dei profeti: «pleròō – io porto a compimento/pienezza» e «pìmplēmi – io riempio/compio/porto a compimento». Qui si usa il 2° quasi a dare l’idea che la gestazione di Elisabetta è una pienezza stracolma che sfocia in una sovrabbondanza in due momenti: partorire e generare. Nessuno giunge a pienezza di vita per se stesso o in funzione di sé, perché la pienezza della vita porta inesorabilmente all’apertura di sé oltre se stessi. Bisogna «partorire». In greco si usa il verbo specifico riservato alla donna «tìktō – io partorisco» e nello stesso tempo si usa sempre riferito ad Elisabetta/donna il verbo riservato all’uomo «gennàō – io genero». E’ l’unica volta che nella Bibbia si usano i due verbi distinti per femmina e maschio riferiti alla sola donna. Possiamo tentare un’applicazione, anche di natura psicologica.

Ognuno di noi ha dentro di sé un aspetto materno e paterno e nelle diverse circostanze della vita prevale ora l’uno ora l’altro, ma tutti e due si manifestano e si identificano nel momento supremo della «pienezza», quando cioè siamo consapevoli di avere raggiunto la dimensione dell’armonia che unifica dentro di noi il pensiero e l’azione, la preghiera e il gesto, la parola e il fatto. Il senso della vita è tutto qui: lavorare per raggiungere l’unità di noi stessi se vogliamo cogliere «la parola/il fatto» di Dio e se vogliamo poi anche «custodirlo nel cuore» non per racchiuderlo egoisticamente, ma per farne un tesoro da condividere con gli altri.

Dio non si trova a buon mercato né lo si vince alla lotteria. Dio è la mèta finale di un lungo e spesso faticoso cammino verso noi stessi, perché è nel più intimo del più profondo di noi, là dove forse nemmeno noi siamo mai scesi ad abitare. Dio non abita il superficiale e il banale o l’esteriore: egli ama il profondo, il vero, il bello, l’uno, l’autentico, l’armonico, la pienezza. Se non abbiamo piena consapevolezza di noi stessi non possiamo incontrare Dio e nello stesso tempo se non abbiamo un intimo rapporto con lui non possiamo incontrare noi stessi perché siamo «immagine e somiglianza» di lui. Sta qui il senso del partorire e del generare. Dobbiamo partorire noi a noi stessi e solo così sapremo di essere generati da Dio per generare a nostra volta gli avvenimenti di Dio.

«58e udirono i vicini e i parenti di lei che il esaltò il Signore la sua misericordia su di lei e congioirono con lei».

Non capita tutti i giorni di avere vicini e parenti che «congioiscono». Noi facciamo spesso l’esperienza dell’invidia, della gelosia, dell’odio per tutto ciò che di bene capita agli altri. Il cristiano, cioè la persona adulta e matura che cresce nella pienezza della fede, è colui che «congioisce» delle riuscite e dei successi degli altri e ne ringrazia il Signore. Questo aspetto della vita è un passaggio obbligato per cominciare ad essere cristiani: quando cominceremo a pregare ringraziando il Signore per i benefici che elargisce ai vicini, ai lontani, ai peccatori, ai reprobi, ecc. piuttosto che a noi, allora e solo allora possiamo dire di avere cominciato il nostro noviziato cristiano. Il testo greco dice che «il Signore fece grande/esaltò la sua misericordia» e si usa la parola «èleos - misericordia» da cui deriva «elèison – abbi misericordia/pietà» ed «elemosina» che non è il gesto neutro di soccorso all’indigente. «Èleos» è il movimento dell’anima che si protende verso l’altro e lo trasforma in parte di sé. Anche in italiano la parola «misericordia» ha in sé il termine «cordia-cardìa-cuore», quasi a volere dire che ogni relazione, anche la più disastrosa e distruttiva è sempre una relazione d’amore vissuta secondo le proprie possibilità e con i mezzi a disposizione. Una persona angosciata amerà con angoscia e saprà dare il meglio di sé che in questa condizione esistenziale può essere una tragedia per chi è amato. Non bisogna mai giudicare unicamente in base al proprio punto di vita, ma è necessario valutare gli eventi sempre alla luce di chi li vive o li subisce.

«59All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria».

Il giorno ottavo è una cadenza liturgia e nella tradizione giudaico-cristiana (v. commenti al 1 gennaio: Madre di Dio) è il giorno del Messia perché è la pienezza assoluta espressa dalla formula «7+1» dove il «7» indica la totalità e «1» indica la sovrabbondanza. All’ottavo giorno il bambino è circonciso con un’operazione chirurgica sull’organo sessuale come segno di appartenenza al popolo e sigillo di consacrazione al Signore. L’«ottavo giorno» è un appuntamento con una prospettiva di vita e la circoncisione è un sigillo di sangue che segna tutta la vita in modo irreversibile. Infine in questa circostanza s’impone il «nome» che non è un cartellino d’identificazione, ma la dimensione della propria identità. Avere un «nome» significa esistere per sé e per gli altri da cui si è chiamati.

Ognuno di noi deve identificare il proprio «giorno ottavo» cioè l’appuntamento con la propria prospettiva di vita. Se non sappiamo ciò che siamo e ciò che vogliamo, noi brancoliamo nel buio e camminiamo a tastoni. Siamo consapevoli che la morte è sempre in agguato per cui fare progetti in termini di assoluto è superfluo e inutile, ma proprio perché abbiamo consapevolezza della nostra mortalità, è necessario avere una prospettiva e4 una meta spirituali. Non si può camminare a zonzo per tutta la vita.

Il profeta Giovanni oggi c’insegna che nulla accade per caso e noi non siamo frutto del destino perché in noi accanto al dna fisico abbiamo un genòma spirituale che ci guida verso il «sapere» la nostra identità per sperimentare il nostro tempo come preparazione al «giorno ottavo» e vivere la propria esistenza come l’evento più importante che ci consacra in una missione. Nel disegno della Provvidenza, ciascuno di noi è essenziale, necessario e a volte determinante per coloro che incontriamo sul nostro cammino. Anche se non ne siamo coscienti, siamo sempre «precursori» perché nessuno di noi è neutro o indifferente: con le nostre parole, i nostri gesti, le nostre valutazioni noi possiamo indirizzare gli altri verso il bene o verso il male, verso la pienezza o verso il vuoto. Noi diamo agli altri solo ciò che noi siamo, per questo è determinante sapere chi siamo.

Giovanni, che in ebraico significa «Dio ha fatto grazia» ci predispone ad avere noi per primi rispetto della nostra dignità e unicità: siamo unici perché Dio ci ha pensato in modo esclusivo, ma questa «singolarità» è anche frutto della nostra libertà e delle scelte che facciamo e Dio nulla fa senza o contro di noi. Egli conosce il nostro «nome», il nostro «giorno ottavo» e sa anche se siamo o no circoncisi nell’anima e nel pensiero, ma il suo «sapere» è nulla senza la nostra adesione e la nostra decisione di volere essere come lui ci chiama ad essere. Ogni giorno la vita deve essere scelta e programmata e progettata come se fosse l’ultimo giorno, l’ultimo programma, l’ultima scelta. Per arrivare a questo traguardo è necessario prepararsi a lungo, a volte per tutta la vita, come è accaduto a Giovanni e a Gesù che hanno dedicato circa 30 anni della loro vita per un anno appena di missione.

Sulla soglia dell’eternità saremo capaci di valutare se ne valeva la pena oppure no, ma quando c’è Dio di mezzo, nonostante le contraddizioni e le insufficienze e le paure e i limiti che ci avvolgono e a volte travolgono, ne siamo certi, ne vale sempre la pena. Sempre. Comunque.

Professione di fede

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
[breve pausa 1-2-3]

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.

[breve pausa 1-2-3]

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.

[breve pausa 1-2-3]

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.

Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTIACA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE

 Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiera (sulle offerte). Accogli, o Padre, i nostri doni nel solenne ricordo della nascita di san Giovanni il precursore, che annunziò la venuta e indicò la presenza del Cristo Salvatore del mondo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA III

Prefazio proprio: Il precursore del Signore

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. È cosa buona e giusta.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

«Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome» (Is 49,1).

Noi ti lodiamo per le meraviglie operate in san Giovanni Battista, che fra tutti i nati di donna hai eletto e consacrato a preparare la via a Cristo Signore.

Il Signore mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele (cf Is 49,5).

Presentendo la sua venuta, egli sussultò di gioia nel seno materno, e nella nascita prodigiosa preannunziò la gioia della redenzione, e, solo fra tutti i profeti, indicò finalmente l’Agnello del nostro riscatto.

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli.

Egli battezzò nelle acque del Giordano lo stesso tuo Figlio, autore del Battesimo, e sigillò la sua testimonianza a Cristo con l’effusione del sangue.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Kyrie, elèison, Christe, elèison.

E noi uniti agli angeli e ai santi, cantiamo senza fine l’inno della tua lode:

Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. Christe, elèison, Kyrie, elèison. Osanna nell’alto dei cieli.

Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura.

Signore, tu ci scruti e ci conosci, tu sai quando sediamo e quando ci alziamo (cf Sal 139/138,1-2)

Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l'universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all'altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.

Penetri da lontano i nostri pensieri, tu ci scruti quando camminiamo e quando riposiamo Noi ti lodiamo o Dio di Gesù Cristo annunciato da Giovanni (Sal 139/138,2-3).

Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.

Dalla discendenza di Davide, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù (At 13,23).

Nella notte in cui fu tradito, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse:

PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
«Diceva Giovanni: “Ecco, viene dopo di me uno al quale io non sono degno di sciogliere i sandali”»(At 13,25).


Dopo cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse:

PRENDETE E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Noi siamo figli della stirpe di Abramo: a noi è stata mandata questa parola di salvezza (At 13,26).

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.


«Ecco l’Agnello di Dio ecco colui che prende su di sé il peccato del mondo» (Gv 1,29).

Mistero della fede.

La tua morte annunziamo, Signore, la tua risurrezione noi celebriamo, la tua venuta noi attendiamo pellegrini nel mondo che tu ami.

Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell'attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.
«Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei» (Lc 1,57-58).

Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito.

«Apri, Signore la nostra bocca e sciogli la nostra lingua perché possiamo lodare il tuo Nome (cf Lc 1,64).

Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi, nostri intercessori presso di te.

Coloro che udivano le meraviglie di Dio, le serbavano in cuor loro e dicevano: «Che sarà mai questo bambino?» (cf Lc 1, 66).

Per questo sacrificio di riconciliazione, dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell'amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa …, il Vescovo …, il collegio episcopale, il clero e il popolo che tu hai redento.

«Noi sappiamo e proclamiamo che Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti (cf 1Cor15,22).

Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza. Ricongiungi a te, padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.

Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele (Lc 1,80).

Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.

«Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede» (1Cor 15,16-17.13).

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in aramaico o in greco:

[Dossologia conclusiva: il momento più importante dell’Eucaristia, il vero offertorio]

Tutti: PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO PADRE ONNIPOTENTE,

NELL’UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA

PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

Padre nostro in aramaico

Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra.

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla comunione Lc 1,60.66 «Giovanni è il suo nome». Davvero la mano del Signore stava con lui.

Da Efrem di Nisibi nella [Mesopotamia settentrionale] (306-373)

Signore della mia vita, / allontana da me lo spirito dell’ozio, / della tristezza, dell’amore per il dominio / e le parole vane. // Accorda al tuo servo / lo spirito di temperanza, di umiltà, / di perseveranza e la carità / che non verrà mai meno. // Sì, mio Signore e mio re, / concedimi di vedere i miei peccati / e di non giudicare il fratello. // Perché tu sei benedetto / nei secoli dei secoli. / Amen.

 

Preghiamo. Esulti, Padre, la tua Chiesa, che si è nutrita alla cena dell’Agnello, e riconosca l’autore della sua rinascita nel Cristo che la parola profetica del precursore annunziò presente in mezzo agli uomini. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Benedizione e saluto finale

Il Signore che ha inviato Giovanni a preparare i cuori d’Israele, ci colmi della sua fortezza, Amen.

Il Signore che manda i profeti ad anticipare il arrivo ogni giorno, ci doni la sua pace,

Il Signore che scruta il cuore, le reni e i nostri pensieri, ci rafforzi nella fedeltà a noi stessi,

Il Signore che si fa riconoscere da Giovanni come Agnello di Dio, ci doni lo spirito di profezia,

Il Signore sia sempre davanti a voi per guidarvi.

Il Signore sia sempre dietro di voi per difendervi dal male.

Il Signore sia sempre accanto a voi per confortarvi e consolarvi.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

La messa come rito «è compiuta» nella testimonianza della vita. Andiamo incontro al Signore nella storia.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

_______________________________

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Domenica 12a del Tempo Ordinario – B, Solennità di San Giovanni Battista

Paolo Farinella, prete – 24/06/2012 – San Torpete – Genova

Note

1 Vedi spiegazioni nel commento alla liturgia di Natale.

2 Quasi tutte le citazioni dell’AT che si trovano nel NT provengono dalla LXX.

3 Riportiamo meglio che possiamo il testo in una nostra traduzione letterale, ma la relazione si nota meglio in greco perché si hanno quasi le stesse parole.

4 L’intuizione che c’è alla base è straordinaria: la «parola», ogni parola che noi pronunciamo è un «fatto», cioè una realtà vivente. Ogni volta che parliamo noi realizziamo eventi. Questo spiega anche perché la «Parola» è centrale nel cristianesimo fino al punto da farsi sperimentare nella sua corposità fisica: «Il Lògos carne fu fatto» (Gv 1,14) e «Ciò che le nostre mani hanno toccato, cioè il Lògos della vita» (1Gv 1,1).

5 La Bibbia di Teodozione è una versione della Bibbia ebraica fatta in lingua greca da un giudeo del sec. II d. C., seguendo la versione della Lxx ma che probabilmente si riallaccia ad un testo più antico perché parti identiche si ritrovano anche a Qumran (sec. I a.C.-sec. I d.C.). Accanto a questa Bibbia vi sono altre due versioni greche della Bibbia: Aquila che è una versione alla lettera dall’ebraico e Simmaco che scrive in un greco chiaro ed elegante, ma spesso si prende libertà sul testo.

6 Sul piano letterario si parla di figura retorica detta «metonìmia» (metà = oltre e ònoma = nome») per significare la sostituzione di un nome con un altro, o un oggetto per un’idea: qui si usa «mano» al posto di «forza/potenza» (es. ascolto Mozart per dire ascolto musica di Mozart; vado a Messa per dire vado in chiesa dove si celebra la Messa, ecc.)



Mercoled́ 20 Giugno,2012 Ore: 17:06
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
luigi torre Celenza Valfortore 03/7/2012 15.01
Titolo:Grazie
Grazie Paolo Farinella di Dio,i profeti e le persone alte Dio li regala ancora al mondo,grazie che ci sei.Un abbraccio Luigi

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