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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Domenica 9a Tempo Ordinario-B - Solennità della Ss. Trinità – 3 giugno 2012 –,di Paolo Farinella, prete

Domenica 9a Tempo Ordinario-B - Solennità della Ss. Trinità – 3 giugno 2012 –

di Paolo Farinella, prete

Con la festa di Pentecoste di domenica scorsa si è chiuso il tempo pasquale ed è iniziato quello ordinario, interrotto all’inizio della Quaresima. Dopo la Pasqua e il suo compimento che è la Pentecoste, la liturgia ci presenta i diversi aspetti della fede che diluisce nel «tempo ordinario», iniziando dalla natura stessa di Dio. Durante la Pasqua e il tempo pasquale, leggendo in prevalenza il vangelo di Gv, ci siamo interrogati sulla «personalità di Gesù», cercando d’individuarla attraverso le sue parole e i suoi gesti. Ora ci interroghiamo sul volto e l’identità del Dio «che nessuno ha mai visto, ma che il Figlio ha raccontato» (Gv 1,18). Nella domenica dopo la Pentecoste, davanti a noi si staglia l’ebbrezza dell’identità di Dio, la Trinità, inconcepibile per la ragione, comprensibile solo per rivelazione.
Trinità e Unità in Dio stanno solo a significare che il Dio di Gesù Cristo non è un «motore immobile»1 di aristotelica memoria, ma semplicemente «una relazione», compiuta, completa e perfetta in se stessa. Così perfetta che può permettersi di limitarsi e di relativizzarsi, assumendo il processo di vita delle cose create, finite e limitate. La Trinità non è un «mistero» nel senso occidentale e razionalistico del termine di cosa sconosciuta, al contrario, la Trinità è l’«epifania» di Dio che solo Gesù poteva manifestare. Dall’esperienza di Gesù sappiamo che egli, il Padre e lo Spirito «siamo una cosa sola» (Gv 17,22; cf Gv 14,26; 15,26) ma esprime e manifesta un indirizzo, una tensione, una mèta.
Essa definisce l’orizzonte di Dio che inizia e si consuma nella relazione che a sua volta non è fine a se stessa, ma per sua natura è «generativa»: una relazione d’amore. Dio nasce come Creatore e finisce come Amore. Il Creatore è distinto dal creato, l’Amore si fonde con chi ama. E’ questo il progetto che la liturgia di oggi ci prospetta. Se non siamo capaci di relazioni con noi stessi, con gli altri, nella chiesa e nel mondo, è difficile che possiamo essere credenti secondo la rivelazione compiuta in Gesù Cristo. Oggi siamo invitati a valutare la natura e la profondità della nostra capacità di relazione, cioè la qualità e la natura della nostra vita. Domenica prossima rifletteremo sul «Corpus Domini» che potremo definire come l’identità trinitaria di Dio che si fa progetto di comunione. Nel senso che la relazione d’amore «si fa carne», è sperimentabile; quasi a dire che Dio prende corpo per «essere siile a noi». Nella creazione siamo noi ad essere creati «ad immagine di Dio», dopo Gesù Cristo è Dio che si fa «a nostra immagine». A questo punto riprenderemo il ciclo delle domeniche del tempo ordinario con la lettura sistematica del vangelo di Matteo. C’introduciamo con una breve nota storica sulla solennità di oggi.
Nota storico-liturgica
Il monaco anglosassone Alcuino (Ealhwine 730 ca - Tours 804), fondatore della «Scuola palatina» alla corte di Carlo Magno, compilò per la prima volta una Messa votiva in onore del mistero della Santissima Trinità, forse su invito di san Bonifacio, evangelizzatore della Germania. La Messa nacque come devozione privata, ma ben presto si estese a tutta la Germania. Nel 1022 fu approvata dal Concilio di Seligenstadt.
Nel 920 il vescovo di Liegi, Stefano, istituì la festa solenne della Trinità con Ufficio proprio. Il successore Richiero mantenne la festa che si estese sempre più tanto che l’Ordine monastico la fece propria e all’inizio del sec. XI per impulso di Bernone, abate di Reichenau, era divulgata in molti monasteri. In un «ordinario» liturgico di Cluny (monastero cistercense) del 1091 si trova nominata la festa come istituita già da un certo tempo.
Papa Alessandro II (Anselmo da Baggio, 1061-1073), in una sua decretale prende atto che la festa è diffusa in molti luoghi, ma spiega che la chiesa di Roma non l’ha accettata perché ogni giorno l’adorabile Trinità è invocata con le parole: Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto e con altre simili formule di lode. La festa però continua a diffondersi sempre più come attesta anche l’abate Ruperto (sec. XII):
«Subito dopo aver celebrato la solennità della venuta dello Spirito Santo, cantiamo la gloria della Santissima Trinità nell’Ufficio della Domenica che segue, e questa disposizione è molto appropriata poiché subito dopo la discesa di quel divino Spirito cominciarono la predicazione e la fede e, nel battesimo, la fede e la confessione del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Dei divini Uffici, l. xii, c. i).
Nel sec. XII la festa della Trinità si diffonde in Inghilterra per opera del martire san Tommaso di Canterbury e nel sec. XIII anche in Francia, dove il concilio di Arles (1260) non solo approva la festa, ma vi aggiunge il privilegio di una ottava come Pasqua e Pentecoste. Nel 1230 la festa è istituita in tutti i monasteri dell’ordine cistercense. Nel 1334 papa Giovanni XXII approvava la festa della Santissima Trinità e la estendeva a tutta la cattolicità.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare la vita personale della Divinità nella forma trinitaria e infatti nessuna religione è in grado di ammetterla. Il Giudaismo, che pur gli ha dato i natali, accusa il Cristianesimo di idolatria e il Musulmanesimo che nasce dal Cristianesimo, lo accusa di apostasia. Tra tutte le religioni rivelate e tra tutte le religioni esistenti sulla terra, il Cristianesimo è l’unica che afferma di credere in una contraddizione logica: Dio è al tempo stesso una sola Divinità che si esprime in tre Persone distinte e uguali. Da qui il passaggio all’accusa di politeismo è breve. «Dio nessuno lo ha mai visto» (Gv 1,18). Questa affermazione categorica risuona nel momento supremo in cui il Figlio di Dio si rende visibile, uomo tra gli uomini, per aprire uno squarcio alla nostra conoscenza e farci contemplare il volto di Dio: «il Figlio unigenito lo ha rivelato» continua Gv 1,18, dove il verbo rivelare ha il significato etimologico di spiegare e tradotto alla lettera diventa: «Nessuno ha mai visto Dio, proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui ne ha fatto l’esegesi».
L’Eucaristia è l’esegesi trinitaria fatta alla chiesa, perché di essa viva e si nutra per essere nel mondo il segno trinitario di una vita indivisa di comunione. Entriamo in questo santuario, segnandoci con il segno che anteponiamo ad ogni azione liturgica. Introduciamoci nel cuore della Trinità prendendo in prestito una parte dell’inno della Chiesa ortodossa, nella cui liturgia, la Trinità beata occupa un posto privilegiato di onore e di adorazione, facendo nostre le parole dell’antifona d’ingresso: «Sia benedetto Dio Padre, e l’Unigenito Figlio di Dio, e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi».
Ogni azione liturgica e ogni attività di vita nella Chiesa sono sempre sotto il sigillo trinitario che così diventa la misura di ogni alito di vita. Lo facciamo anche noi all’inizio di questa Eucaristia e lo facciamo nella lingua «sacramentale» di Gesù, l’ebraico:
(ebraico)
Beshèm
ha’av
vehaBèn
veRuàch
haKodèsh.
Amen.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e dello Spirito
Santo.
Entriamo nella rivelazione della natura di Dio attraverso le invocazioni della liturgia ortodossa.
Trisàghion della liturgia ortodossa
O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale,
Abbi pietà di noi.A Te lode, a Te gloria, a Te grazie nei secoli, o beata Trinità.
Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo.I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Gloria al Padre a al Figlio e allo Spirito Santo.Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale,
Benedetta la Santa Trinità, che crea e governa l’universo,benedetta ora e sempre.
Gloria a te, o Santa Trinità,Tu ci doni misericordia e redenzione.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Con la fine del tempio di Gerusalemme, luogo per eccellenza dei sacrifici di comunione, ognuno di noi diventa «tempio dello Spirito», tabernacolo della Trinità. Il «Luogo» di Dio è l’umanità nella interezza della sua fragilità. Fare l’esame di coscienza significa entrare nella dimensione relazionale con Dio e con i figli e figlie di Dio per stabilire e, se necessario, ristabilire la capacità di amore offuscato o forse infranto, sapendo che Dio è sempre più grande di qualsiasi nostro peccato contro l’amore.
[L’esame di coscienza sia reale con congruo tempo e non meramente simbolico]
Atto penitenziale
Santa Trinità, unico Dio, Kyrie, eleison!
Santa Trinità, sorgente di relazione, Christe, eleison!
Santa Trinità, fondamento di dialogo, Pnèuma, eleison!
Santa Trinità, modello di accoglienza, Christe, eleison!
Santa Trinità, vita di Padre, di Figlio e di Spirito, Kyrie, eleison!
Santa Trinità, mèta della vita della Chiesa, Pnèuma, eleison!
Santa Trinità, accolta da Abramo alla Querce di Mamre, Christe, eleison!
Santa Trinità, Padre del Figlio che dona lo Spirito Santo, Kyrie, eleison!
Santa Trinità, Shekinàh discesa su Maria di Nàzaret, Pnèuma, eleison!
Santa Trinità, prendi dimora presso chi ascolta la Parola,Christe, eleison!
Santa Trinità, unico Dio in tre Persone, Kyrie, eleison! Christe, eleison! Pnèuma, eleison!
Dio onnipotente, Padre del Signore nostro Gesù Cristo che sulla croce ha effuso il suo Spirito su di noi, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
[Oggi il Gloria lo proclamiamo dopo la Comunione]
Preghiamo (colletta). O Dio altissimo, che nelle acque del Battesimo ci hai fatto tutti figli del tuo unico Figlio, ascolta il grido dello Spirito che in noi ti chiama Padre, e fa’ che obbedendo al comando del Salvatore, diventiamo annunziatori della salvezza offerta a tutti i popoli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo. Per tutti i secoli dei secoli. Amen.
MENSA DELLA PAROLA
Prima letturaDt 4,32-36.39-40. Il brano è tratto dal libro del Deuteronomio (dal greco Seconda Legge) che è il quinto e ultimo del Pentatèuco (dal greco Cinque Custodie/Rotoli/Libri). Esso riporta tre discorsi di Mosè dopo l’uscita dall’Egitto e prima di entrare nella terra promessa (1° disc. 1-4; 2° disc. 5-11 e 26,18-28; 3° disc. 29-30). Il brano odierno appartiene al 2° discorso e fa parte di una serie di esortazioni sul monoteismo, cioè sul 1° comandamento dedicato all’unicità di Dio. Anche Israele è unico perché scelto tra i popoli per annunciare a tutti il Nome dell’unico Dio. In termini moderni si può dire che il brano è una riflessione sulla teologia della storia della salvezza, fondata su tre fattori: la promessa ai patriarchi (v. 32; cf Dt 1,10; 26,5), l’uscita dall’Egitto (vv. 32-37; cf Dt 4,20; 5,6; 7,8; 9,26) e il possesso della terra di Cànaan con la proclamazione della Toràh (v. 31 [l’alleanza]: qui manca; cf 4,21; 12,9). L’unità di Dio è il primo passo verso la comprensione della Trinità come vita di relazione.
Dal libro del Deuteronomio4,32-36.39-40
Mosè parlò al popolo dicendo: « 32 Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità dei cieli all’altra, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? 33 Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? 34 O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i vostri occhi? 39 Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n’è altro. 40 Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti dò, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore tuo Dio ti dá per sempre». Parola di Dio.
Salmo responsoriale 33/32, 4-6.9.18-20.22 Il Salmo è un inno didattico che insegna a lodare Dio, creatore di ogni cosa con potenza che con la sua Provvidenza sostiene le sue creature che riconoscendo la presenza del Signore nella loro rettitudine e giustizia elevano un canto di lode che diventa una liturgia processionale che si presenta a Dio nel tripudio di una festa. Il salmo inizia con un invito alla lode di Dio (vv. 1-5) utilizzando una terminologia militare: l’espressione «con arte acclamate» del v. 3 (qui assente) in origine era un urlo di guerra (simile al moderno «hurrà») per salutare Yhwh re e capo militare (Nm 23,21; Sof 1,14; 1Sam 10,24). Dopo l’esilio di Babilonia, a questo rituale subentra un significato cultuale e liturgico in vista del combattimento spirituale. Il salmo prosegue con l’esaltazione della creazione (vv. 6-9) e della sapienza di Dio che diventa Provvidenza per i suoi figli (vv.13-19). Si conclude con un atto di fiducia in Dio (vv. 20-22) perché è un Dio fedele che non viene mai meno alla sua parola, qui celebrata in forma solenne (v. 6). L’Eucaristia sintetizza tutta la creazione perché celebra la «signoria» di Dio e la sua Provvidenza: noi vi partecipiamo consapevoli che la Parola diventa Carne per nutrire il nostro bisogno di giustizia e di rettitudine. Proclamiamo il Salmo dedicandolo a tutti i popoli della terra e a i giusti che ovunque sorgono come virgulti di Dio.
Rit. Beato il popolo che appartiene al Signore

 

1. 4 Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5 Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra. Rit.
2. 6 Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
9 perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste. Rit.
3. 18 Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
19 per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. Rit.
4. 20 L’anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21 In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
22 Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo. Rit

 

Seconda letturaRom 8,14-17. Paolo ha appena finito di illustrare il contrasto «carne-spirito» e ora mette in luce che sullo sforzo della volontà umana prevale la grazia dell’azione di Dio: le opere della «carne» non possono salvare, mentre l’uomo è vivificato dalla forza dello Spirito di Dio. «Carne» è sinonimo di fragilità, caducità, mortalità e di presunta autosufficienza da Dio. «Spirito» invece è sinonimo di trasfusione di vita tra Dio e l’uomo che a lui si affida.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,14-17
14 Infatti tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. 15 E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”. 16 Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. 17 E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. – Parola di Dio.
Vangelo Mt 28,16-20. Il brano si legge nella festa dell’Ascensione del ciclo A. La litirugia lo riporta oggi per il suo tratto trinitario evidente su cui l’evangelista fonda la missione universale della Chiesa che deve spiegare a color che evangelizza in che modo possono incontrare il Signore risorto che si è sottratto alla loro esperienza fisica. La comunità di Mt ci insegna che possiamo «vedere» il Risorto nella Parola, nei sacramenti e nella missione. liberi da ogni particolarismo, superiamo ogni confine culturale e spaziale perché ora «il velo del tempio» si è rotto definitivamente (Mt 27,51), aprendo l’umanità intera alla relazione con Dio che si manifesta come Padre, che invia il Figlio, il quale a sua volta invia lo Spirito perché resti sempre con noi..
Canto al Vangelo cf. Ap 1,8
Alleluia.Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito santo: / a Dio che è, che era, e che viene. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Matteo28,16-20
16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. - Parola del Signore.
Appunti di omelia
Parlare della Trinità è un’impresa ardua, se Sant’Agostino dopo avere scritto il 15° volume su di essa, ha concluso dicendo: con capisco nulla! Eppure dobbiamo parlarne perché è il fondamento della nostra fede e anche la sorgente e la mèta della nostra vita. Come abbiamo detto all’inizio dei questa liturgia, nessuno avrebbe potuto mai immaginare l’esistenza di una Divinità-trina all’interno della unicità di Dio. Noi infatti l’abbiamo potuto conoscere per rivelazione perché solo Dio poteva manifestarsi in questa dimensione. Mai la ragione avrebbe potuto arrivare a tanto. Oggi, invece di commentare i tre brani della Scrittura che riportano ognuno un aspetto del mistero di fede trinitaria o quanto meno aprono uno spiraglio su di esso, preferiamo fare una sintesi della teologia della Trinità come la presenta la Bibbia. Il monoteismo biblico è la spina dorsale di tutto l’AT ed è diventato anche l’anima della preghiera d’Israele, espressa dallo «Shemà Israel»: Shemà Israel, Adonai Elohènu, Adonai EchadAscolta, Israele, Il Signore nostro Dio, il Signore è Unico (Dt 6,4). Tutto l’AT può essere definito come una lotta per combattere il politeismo e l’idolatria, molto diffusi in Israele e per affermare e diffondere l’unicità di Dio, anzi un Dio geloso della sua unicità (Es 34,14).
Il fondamento della fede cristiana è l’unicità e la trinità di Dio. Noi non sappiamo come stanno le cose, possiamo solo dire ciò che abbiamo visto e sperimentato: che Gesù di Nazaret, cioè, è venuto tra noi e ci ha parlato di Dio come «Padre» di cui si è accreditato «Figlio», lasciandoci in eredità nell’atto di morire lo «Spirito Santo-Paràcleto/Consolatore» come pegno e garanzia della sua presenza e del suo insegnamento (gv 19,30). Egli si pone sullo stesso piano del Dio dell’AT, attribuendosi le stesse caratteristiche, ma dicendosi sempre sottomesso al volere del Padre (Gv 10,30).
Apprendiamo così per rivelazione che Dio non è un Dio solitario, adorabile nel suo isolamento, ma è un Dio Padre-Madre che si prende cura dei suoi figli oppressi, interviene nell’esodo, cioè s’incarna come Dio della storia e degli eventi: egli è il Dio che ha scelto Israele e ha inviato i profeti e che in Maria di Nazaret ha preso corpo umano, diventando in tutto uomo tra gli uomini. San Proclo di Costantinopoli (411-485) chiamava Maria «Sanctae Trinitatis domicilium – dimora della Santissima Trinità» (Oratio VI, 17). In un contesto come quello ebraico, Gesù era blasfemo e meritava la morte per essersi dichiarato «Figlio di Dio» (Mt 23,63-65). La rivelazione sconvolgente, che distingue la religione cristiana da qualsiasi altra forma religiosa esistente, è che Dio in se stesso è «relazione». Forse non riusciamo nemmeno a immaginare la portata di questa affermazione e cioè che in Dio non c’è l’immobilità dell’essere aristotelico o dei filosofi, ma in Dio regna la comunicazione che è esclusivamente relazione d’amore. Il Padre è tale in rapporto al Figlio che genera e questi in quanto generato è aperto al Padre: questo mutuo rapporto generante di Padre e Figlio è una presenza vitale e vivente che si chiama Spirito Santo. Il Padre genera il Figlio, il Figlio è generato dal padre e questo amore di Padre e di Figlio è lo Spirito.
Noi di questa realtà che sovrasta ogni ragione possiamo solo sperimentare il suo evolversi storico, cioè possiamo conoscere Dio nel suo manifestarsi a noi nella storia. Noi non possiamo salire al cielo perché non abbiamo accesso alla divinità, noi possiamo solo conoscere ciò che sperimentiamo all’interno della nostra storia e infatti Dio ha scelto l’unica strada possibile per farsi conoscere: si è incarnato in molti modi e infine nella persona del Figlio perché solo facendosi uomo poteva farsi conoscere riconoscere da noi. Coloro che esaltano la divinità di Dio fino a mettere tra parentesi la sua umanità compiono un’operazione pericolosa: rischiano d’impedire l’incontro degli uomini con Dio sull’unico terreno per questi possibile: l’umanità. Non bisogna avere paura dell’umanità di Dio perché più si esalta questo versante della natura divina più noi siamo in grado di stabilire un rapporto e una relazione d’amore con Dio che conosciamo nel volto umano di Gesù di Nazaret e attraverso di lui entriamo in un dinamismo d’amore con il Padre e lo Spirito Santo, cioè con la santa Trinità.
Se guardiamo l’Eucaristia che celebriamo tutte le domeniche, scopriamo che ha una dimensione trinitaria dall’inizio alla fine.
  • Iniziamo l’azione liturgica nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
  • L’atto penitenziale è una triplice invocazione alla Trinità (Kyrie, Christe, Kyrie, eleison!).
  • La conclusione della colletta è sempre una formula trinitaria: Per Cristo nostro Signore che è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo.
  • Il Gloria a Dio ha una dossologia finale trinitaria: Tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre.
  • Il Credo ha una ripartizione trinitaria: Credo in Dio Padre… Credo in un solo Signore Gesù Cristo… Credo nello Spirito Santo
  • Il trisaghion isaiano Santo, Santo, Santo (Is 6,3) nella liturgia acquista una dimensione trinitaria.
  • Tutte le anafore eucaristiche sono trinitarie con una o due epiclèsi cioè invocazioni allo Spirito Santo, prima e dopo le parole dell’istituzione eucaristica.
  • La dossologia finale, il momento culminante dell’eucaristia, è trinitaria: Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a Te, Dio Padre onnipotente nell’unità dello Spirito Santo ogni onore e gloria.
  • L’invocazione Agnello di Dio è triplice prima della comunione, cioè la Trinità che abita in noi.
  • La benedizione finale è trinitaria e si ricongiunge all’inizio perché anch’essa avviene nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
La conclusione che possiamo ricavare è semplice: l’Eucaristia è il sacramento della comunione che si fa intimità perché avviene nel segno del banchetto dell’ascoltare e del mangiare insieme a cui siamo invitati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, un banchetto a cui non partecipiamo da soli, ma insieme ad una grande famiglia nella quale esprimiamo noi stessi come persone, cioè immagine e somiglianza di Dio che relazione di comunione cioè capacità generante amore. Oggi apprendiamo che solo una vita di relazione nell’amore è una vita che somiglia a Dio che è Unità e Trinità d’Amore.
PROFESSIONE DI FEDE. Rinnoviamo le promesse battesimali che hanno una struttura trinitaria come il «credo» niceno-costantinopolitano.
Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.
Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Credo.
Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo.
Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede che noi ci gloriamo di professare per i meriti dei Patriarchi e delle Matriarche, degli Apostoli e delle Apostole in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.
Preghiera universale dei fedeli [Intenzioni libere]
LITURGIA EUCARISTIACA
Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:
«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),
Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.
Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.
[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE
 Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
Preghiamo (sulle offerte). Invochiamo il tuo nome, Signore, su questi doni che ti presentiamo: consacrali con la tua potenza e trasforma tutti noi in sacrificio perenne a te gradito. Per Cristo nostro Signore. Amen.
PREGHIERA EUCARISTICA III2 - Prefazio della Santissima Trinità
Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. É cosa buona e giusta.

E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo Signore, non nell'unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza.
Sappiamo e conserviamo bene nel nostro cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n’è altro» (cf Dt 4,39)
Quanto hai rivelato della tua gloria, noi lo crediamo, e con la stessa fede, senza differenze, lo affermiamo del tuo Figlio e dello Spirito Santo.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre nei secoli dei secoli.
E nel proclamare te Dio vero ed eterno, noi adoriamo la Trinità delle Persone, l’unità della natura, l’uguaglianza nella maestà divina.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Santo Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. Osanna nell’alto dei cieli.
Gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, non cessano di esaltarti uniti nella stessa lode:
Benedetto colui che viene Nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli.
Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura. Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.
«Dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità dei cieli all’altra, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? (Dt 4,32)
Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.
Il popolo udì la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’abbiamo «vista» noi, e rimase vivo (Dt 4,33).
Nella notte in cui fu tradito, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
«Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20)
Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
«Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
Quanto il Signore ha ordinato, noi faremo e ubbidiremo (cf Es 24,7)
Mistero della fede.
Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell'attesa della tua venuta.
Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.
«Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera perché egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste» (Sal 33/32, 6.9).
Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito.
«Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame» (Sal 33/32,18-19).
Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi, nostri intercessori presso di te.
«Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. » (Rom 8, 16-17).
Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa …, il Vescovo …, il collegio episcopale, il clero, le persone che vogliamo ricordare … e il popolo che tu hai redento.
Abbiamo ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!” (cf Rom 8,15).
Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza nel giorno in cui il Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale.
Gloria al Padre a al Figlio e allo Spirito Santo, unico Dio Santa Trinità.
Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.
«Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, o beata Trinità» (cf Ord. Messa).
Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; ricordiamo tutti i defunti … concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.
«L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo nome. Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo» (Sal 33/32,20-22).
Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell’unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Padre nostro in aramaico:
Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:
Padre nostro che sei nei cieli
Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi i nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male.
ellà pezèna min beishià. Amen!
Antifona di Comunione (cf Gal 4,6): Voi siete figli di Dio: egli mandò nei vostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!
Dopo la Comunione
Grande Dossologia  Ortodossa 
Gloria a Dio nelle altezze e pace sulla terra tra gli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa! Signore, Re celeste, Dio Padre onnipotente, Signore, Figlio unigenito Gesù Cristo e Spirito Santo! [pausa: 1-2-3]
Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi, tu che togli i peccati del mondo accogli la nostra preghiera, tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi, perché tu solo sei il Santo, tu solo il Signore, Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre. Amen. [pausa: 1-2-3]
Ogni giorno ti benedirò e loderò il tuo Nome nei secoli e per sempre.
In questo giorno degnati, o Signore, di custodirci senza peccato. Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri Padri, degno d’ogni lode e gloria è il tuo Nome nei secoli. Amen.
Venga su di noi, Signore la tua misericordia, perché abbiamo sperato in Te! [pausa: 1-2-3]
Benedetto sei tu, Signore, insegnami la tua volontà!
Benedetto sei tu, Signore che insegni le tue vie!
Benedetto sei tu, Signore che hai posto la tua Shekinàh in noi! [pausa: 1-2-3]
Sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione, o Signore! Ho detto: «Signore, abbi pietà di me, sana la mia anima, perché ho peccato contro di te!». Signore, presso di te ho trovato rifugio, insegnami a fare la tua volontà, perché tu sei il mio Dio. Presso di te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce: su quanti incontreremo sul nostro cammino estendi la tua bontà e il tuo «Amen»! Amen! Amen!

 

Inno TE DEUM
1. Noi ti lodiamo, Dio * ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, * tutta la terra ti adora.

2. A te cantano gli angeli * e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo * il Signore Dio dell'universo.

3. I cieli e la terra * sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;

4. le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, * e lo Spirito Santo Paràclito.

5. O Cristo, re della gloria, * eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell'uomo.

6. Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.*
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

7. Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria * nell'assemblea dei santi.

8. [*] Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli. Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.

9. Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.

10. Pietà di noi, Signore, * pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, * non saremo confusi in eterno.

 

Preghiamo. Signore Dio nostro, la comunione al tuo sacramento e la professione della nostra fede in te, unico Dio in tre persone, ci sia pegno di salvezza dell’anima e del corpo. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Benedizione e saluto
Il Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo sia con tutti voi. E con il tuo spirito.
Il Signore unico Dio che ha scelto Israele come suo popolo, Ci benedica e ci protegga.
Il Signore Gesù che è venuto in mezzo a noi, Ci custodisca nella sua gloria.
Il Signore che ci consegna il suo Spirito, Ci santifichi con la sua benedizione,
Venga l’unico Dio, e ponga la sua dimora nel nostro cuore e nelle nostre relazioni.
Venga la Santa Trinità e sia sempre davanti a noi per guidarci alla pienezza di vita.
Venga la Santa Trinità e sia dietro di voi scudo sicuro per difenderci da ogni male,
Il Padre del Signore Gesù che invia lo Spirito sia accanto a noi per confortarci e consolarci.
E la benedizione dell’onnipotente tenerezza della Trinità Santissima, Padre e Figlio e Spirito Santo sia con tutti voi e con voi rimanga sempre. Amen
Termina la celebrazione del sacramento dell’Eucaristia, inizia ora l’Eucaristia nella vita, come segno trinitario di ciò che abbiamo celebrato. Andiamo in pace.
Andiamo e portiamo a tutti frutti di risurrezione e di pace, rendendo grazie a Dio.
_______________________________
© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica
Domenica 9a del Tempo Ordinario – B, Solennità della Santissima Trinità
Paolo Farinella, prete – 03/06/2012 – San Torpete – Genova
DA QUEST’ANNO E’ POSSIBILE DARE
IL 5X1000 A MASSOERO 2000 ONLUS
dei senza dimora di Genova CF. 95057470106
MARTEDI’ 19 GIUGNO 2012, ORE 17.00 A GENOVA,
PALAZZO DUCALE, SALA DEL MUNIZIONIERE
CON DON ANDREA GALLO e FRANCO MONTEVERDE (la Repubblica)
presentazione del romanzo
HABEMUS PAPAM.
La leggenda del papa che abolì il Vaticano
di Paolo Farinella,Gabrielli editori, 2012
ISBN: 978-88-6099-134-8; Formato: 14x21; Pagine 280; € 18,00
Romanzo storico-teologico che evoca con forza un utopico papato modellato sulla figura di Francesco d’Assisi, un libro di grande fascino che scalda il cuore del lettore e lo avvince dalla prima all’ultima pagina.
Nell’ultimo conclave, ambientato idealmente nel giorno di Natale, strumenti inconsapevoli della potenza dello Spirito, i cardinali eleggono un semplice prete della diocesi di Genova che assume il nome di Francesco. Nel discorso Urbi et Orbi di fronte al mondo attonito e allo sconcerto ecclesiastico, in piazza San Pietro, Francesco I si spoglia di tutti i suoi averi, abolisce di fatto il Vaticano per restare semplicemente un uomo pellegrino sulle strade del mondo che indica la via del futuro: il ritorno alle sorgenti evangeliche e alle fonti dell’umanità…. Con un colpo di scena finale.
Il romanzo è una provocazione cosciente. L’autore è convinto che Papa Francesco I sarà inevitabile ed ineluttabile. Vive nel ventre della storia in attesa che cessi un certo modo di essere Chiesa oggi: stanca, ripiegata su se stessa e pregna di sé, una Chiesa troppo interpretata come gerarchia e potere… In realtà, il desiderio forte dell’Autore, e con lui di molti, è che tutta la Chiesa si conformi al Vangelo di Gesù Cristo, l’autentico Volto di Dio.
Con tutto il lerciume che sta venendo fuori in forma documentale da oltre le mura del Vaticano, questo romanzo, aggiornato ad oggi, che sarà nelle librerie ai primi di giugno 2012, è profetico e necessario. Con esso espongo l’unica via possibile perché la Chiesa torni ad essere Chiesa, lasciando alla logica del mondo la diplomazia, il potere, il malaffare, i reati e la vendetta di bande. Nel romanzo il segretario di Stato si chiama Tarcisio Burlone e il prefetto del Sant’Uffizio Joseph Patzinger (logicamente ogni riferimento a persone e fatti, è assolutamente voluto e non casuale). Le notizie di oggi ci dicono che ci troviamo di fronte ad un centro mafioso che ha smarrito Dio e che Dio ha abbandonato a se stesso. Non è solo un covo di ladri, ma il Vaticano è anche una succursale dell’inferno in terra se non la sua Reception.
Con questo romanzo/giallo propongo le primarie per il prossimo conclave che, secondo il cardinale pifferaio di Palermo, Paolo Romeo, il quale parla di un progetto per uccidere l’attuale papa, dovrebbe essere vicino. Il romanzo si legge d’un fiato, anche senza aver fatto le scuole classiche e il seminario. E’ una zampata. Quanto raccontato è inevitabile. Deve accadere perché è stato pensato e ciò che può essere pensato non solo è possibile, ma è anche necessario.

Il nostro Fabrizio Zunino ha messo in ordine e in rete il seguente link
Il sito, da consultare per orientarsi a Genova, è una bussola per chi ha bisogno.
A Genova ci sono posti dove si può ricevere aiuto e accoglienza.
A Genova ci sono luoghi dove si può aiutare ed essere accoglienti.
Nel sito vi sono tutti i dati forniti gentilmente dalla Caritas, dal Centro Banchi e dalla Comunità di S. Egidio di Genova.
Alcuni indirizzi potrebbero risultare non più validi, come è normale in questo genere di attività.
Appendice
L’icona della Santissima Trinità di Andrej Rubliëv (sec. XV)
(Dal sito internet: < http://www.orthodoxworld.ru/italiano/icona/10/index.htm >)
L’icona è una delle più celebri e misteriose espressioni della pittura mondiale. Il soggetto dell’icona si basa sul capitolo 18 del libro della Genesi, dove si descrive Dio che, in forma di tre angeli, appare ad Abramo e a Sara sotto la quercia di Mamre. Molti santi Padri (S. Cirillo d'Alessandria, S. Ambrogio di Milano, S. Massimo il Confessore) erano convinti che in questo testo dell’Antico Testamento si parli dell’immagine della Santissima Trinità. Però prima di Rubliëv, i pittori di icone dipingevano soltanto la scena della vita quotidiana: i tre angeli ospiti di Abramo e Sara, seduti a tavola all’ombra di una grande guercia. Rubliëv che per gli Ortodossi è il «santo pittore Andrej» ha saputo invece incarnare nell’icona il dogma più importante del cristianesimo! Rubliëv ha manifestato il suo straordinario genio. Rubliëv ha tolto le figure di Abramo e di Sara. Il ricco allestimento della mensa è stato sostituito da una sola coppa, indicata dall’angelo che sta in mezzo. La grande quercia si è trasformata in un piccolo albero. Così l’icona si può riconoscere, ma da essa sono scomparse tutte le cose temporali, lasciando posto a quello che è eterno.
Dio-Padre, Dio-Figlio, Dio-Spirito Santo. Nell’insegnamento ortodosso la Santissima Trinità è chiamata: consustanziale, indivisibile, fonte di vita e santa. Come rappresentare la Trinità in un’icona, senza perdere nessuno di questi nomi-concetti? Alcuni pittori d’icone dopo di Rubliëv disegnarono l’angelo di mezzo con la croce dentro l’aureola, come nelle icone del Salvatore. Però indicando il Dio-Figlio perdevano un’altra caratteristica: la consustanzialità della Trinità. Capendo che non si può disegnare l’angelo di mezzo differente dagli altri due laterali, altri pittori dipinsero le croci nelle aureole di tutti e tre, però questo peggiorava soltanto l’errore, perché la croce nel nimbo è assolutamente inammissibile nelle immagini di Dio-Padre e di Dio-Spirito Santo.
Rubliëv trovò la soluzione. La consustanzialità è trasmessa nella sua icona con il fatto che le figure degli angeli sono dipinte nella stessa maniera, e tutte e tre hanno la stessa dignità. Ognuno degli angeli porta nella mano lo scettro, simbolo del potere divino. Gli angeli però non sono uguali: hanno diverse pose, diverse vesti. I vestiti dell’angelo di mezzo (la tunica rossa, il manto azzurro e la fascia) sono simili ai vestiti del Salvatore. Due degli angeli seduti a tavola con la testa ed il movimento del corpo sono rivolti verso l’angelo seduto alla sinistra. La testa di quest’ultimo non è chinata, il suo corpo non è in movimento, e il suo sguardo è rivolto verso gli altri due angeli. Il colore tiglio chiaro del suo vestito testimonia la sua dignità regale. Tutte queste cose indicano la prima persona dalla Santissima Trinità. Infine, l’angelo a destra porta un vestito di colore verde. Questo è il colore dello Spirito Santo, chiamato Datore di vita. Con pennellate leggere e impercettibili, il gran maestro ci mostra i volti della Santissima Trinità, ma facendo questo, non infrange il dogma della sua consustanzialità.
Anche l’indivisibilità è trasmessa nello stesso modo geniale. L’angelo di mezzo mostra la coppa sulla mensa. Se l’inclinazione del capo ed il movimento dei due angeli verso il terzo, quello a sinistra, li uniscono tra loro, i gesti delle loro mani sono rivolti verso la coppa eucaristica con la testa dell’agnello sgozzato, messa sulla mensa bianca, come su di un trono. Vediamo che gli angeli sono tre, ma la coppa una sola: essa crea il centro composizionale e sensibile dell’icona. E qui vediamo che i tre angeli dell’Antico Testamento si trovano in una conversazione senza parole, il cui contenuto è la sorte del genere umano, in quanto la coppa del sacrificio è simbolo del volontario sacrificio del Figlio! L’icona, in cui non c’è né azione, né movimento, è piena d’ispirazione e di una pace solenne. Il pittore ha presentato qui la grandezza dell’amore sacrificale. Il Padre manda il Suo Figlio a soffrire per l’umanità, e il Figlio, Gesù Cristo, è disposto ad andare a soffrire e dare se stesso come sacrificio per gli uomini. Nell’icona ci sono alcuni altri simboli: l’albero, il monte e la casa. L’albero, la quercia di Mamre, è trasformato da Rubliëv nell’albero della vita e mostra che la Trinità è la fonte della vita. Il monte incarna la santità della Trinità, e la casa il fatto che Dio è il primo Costruttore di tutto. La Casa infatti si trova alle spalle dell’angelo con i tratti del Padre (Creatore, Iniziatore della Costruzione), l’Albero alle spalle dell’angelo di mezzo (il Figlio è la Vita) e il Monte alle spalle del terzo angelo (lo Spirito Santo).

NOTE
1 È evidente, dunque, da quello che è stato detto, che esiste una sostanza immobile, eterna e separata dalle cose sensibili. E risulta pure che questa sostanza non può avere alcuna grandezza, ma che è senza parti ed indivisibile. (Essa muove, infatti, per un tempo infinito, e nulla di ciò che è finito possiede una potenza infinita; e, poiché ogni grandezza o è infinita o è finita, per la ragione che s’è detta, essa non può avere grandezza finita, ma nemmeno una grandezza infinita, perché non esiste una grandezza infinita). Risulta, inoltre, che essa è impassibile ed inalterabile: infatti tutti gli altri movimenti sono posteriori al movimento locale» (Aristotele, Metafisica, 1073a 3-14 Rusconi, Milano, 19942, 567; cf anche 1071b 3-22, pp. 557-559; Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I, 2, ad 3).
2 La Preghiera eucaristica III è stata composta ex novo su richiesta di Paolo VI in attuazione alla riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Non ha un prefazio proprio, ma mobile e per questo, forse, ha finito per essere scelta, nella pratica, come la preghiera eucaristica della domenica.


Mercoled́ 30 Maggio,2012 Ore: 17:09
 
 
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