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www.ildialogo.org Domenica 3a di Pasqua B - 22 aprile 2012,di Paolo Farinella, prete

Domenica 3a di Pasqua B - 22 aprile 2012

di Paolo Farinella, prete

3° compleanno incompiuto di Ludovica Robotti

Oggi è la 3a domenica di Pasqua che contiamo a partire dalla veglia del Sabato Santo. E’ il terzo «giorno ottavo» che ci convoca qui dalle nostre individualità per radunarci nel contesto dell’Assemblea che è il «luogo» principe dove Dio si rende presente e ci rende la coscienza di essere comunità che sceglie il vangelo come metodo di vita. Come è nostro costume celebriamo questa memoria con gravità e austerità, sapendo che la nostra responsabilità ci colloca nel cuore del mondo per essere segno di quel Dio in cui diciamo di credere. E’ facile dire «Io credo in Dio» che diventa una bestemmia, se poi la nostra vita ordinaria è la negazione diretta e indiretta di questa Presenza la cui luce intende restituirci la coscienza della profezia che oggi viviamo e professiamo.

Essere profeti significa essere preda della Parola e vivere necessitati da essa che diventa esigenza, coerenza, verità, profezia di vita e di risurrezione. Questa 3a domenica del tempo pasquale ci aiuta ad assaporare la Pasqua nella dimensione del «dopo» la morte. Non è un caso che in questo periodo si legge il libro degli Atti che narrano la presenza di Gesù «dopo la morte e risurrezione» e in questo senso completano il Vangelo che narra la presenza di Gesù durante la sua vita terrena, ma anch’essi scritti dopo e alla luce della Risurrezione. Se i vangeli sono la raccolta essenziale di ciò che Gesù ha detto e ha fatto durante la sua vita, gli Atti sono ciò che Gesù ha detto e fatto dopo la sua morte, anche attraverso la vita degli apostoli, dei discepoli e delle donne della prima generazione che resta per sempre la generazione «tipo», il modello apostolico di ogni tempo. Il libro degli Atti può essere definito anche come il «Vangelo dello Spirito Santo», così come il vangelo può essere definito gli «Atti di Gesù». Non è per caso che Luca scriva sia il 3° vangelo sia gli Atti, databili dopo l’80 d.C. da subito (150 ca.) vengono abbinati e pubblicati insieme per la continuità ideale, storica e teologica che c’è tra loro. Il brano degli Atti di oggi riporta il 2° discorso missionario di Pietro ai Giudei dopo la guarigione del paralitico al Tempio (At 3,1-11), Non è Pietro che guarisce, ma Pietro «nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno» (v. 6) per dimostrare che «quel» Gesù è ancora vivo e operante nella vita del popolo d’Israele.

Se noi veniamo a cercare nell’Eucaristia una consolazione sentimentale o per compiere un dovere necessario perché vi siamo obbligati dalla «legge», noi siamo ancora nel vecchio mondo, anzi siamo morti noi stessi e restiamo incapaci di cogliere la novità della storia e cioè che «il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù» (v.13). Oggi siamo qui per un atto d’amore libero e gratuito: un bisogno interiore che ci fa dire come i martiri di Abitène «senza la domenica noi non possiamo vivere/sine dominico non possumus» (Atti dei Martiri, XII) perché qui è la Parola, il Pane, il Vino, il Perdono, la Fraternità, l’Universalità. In un soffio: qui è il Cristo condiviso.

Nel Vangelo di Luca, Gesù si manifesta agli apostoli nella notte dello stesso giorno di Pasqua. Gli apostoli sono frastornati, pieni di dubbi, turbati e impauriti (cf Lc 24,37-39). Non possono essere loro gli inventori del Vangelo perché non avrebbe senso questa presentazione negativa di coloro che di lì a poco dovranno dare testimonianza anche con la vita. Gli apostoli sono i primi a non capire e fuggono: essi si rifugiano nella paura che li costringe a stare insieme come bambini che avendo paura del buio si stringono a vicenda per sperimentarsi vivi. Sono insieme, ma non fanno comunità, sono raccolti, ma per difendersi dai fantasmi (cf Lc 24,39). Sono insieme, ma soli, soli e immobilizzati nel terrore di una presenza che non avevano nemmeno immaginato.

Il Signore deve fare un’opera di persuasione dolce e suadente, invitandoli con dolcezza a toccarlo, a vedere, a verificare. Non riuscendo a vincere la loro paralisi, li invita a cena: mangiamo, portate quello che avete. Quando si mangia insieme, anche le paure più profonde si incrinano: portano pesce fresco (cf Lc 24,42-43). L’evangelista sottolinea che Gesù «lo prese e lo mangiò davanti a loro» (cf Lc 24,43).

Gesù mangia «davanti» non «con» loro. Mangiava «con loro» durante la sua vita terrena, ora da risorto mangia «davanti a loro». La differenza non è da poco e non è una questione banale. Con questo comportamento, l’evangelista ci costringe a prendere atto che il Gesù di «dopo» è lo stesso di «prima», ma completamente «diverso»: non è più l’uomo che cammina per le strade, egli ora il Dio Invisibile, ma Presente, il Dio che vive una dimensione di vita diversa che non appartiene più all’esperienza delle fisicità, ma che si staglia sul crinale della divinità per fare dell’umano un «luogo» di esperienza divina. Questo «luogo» per noi è l’Eucaristia, il sacramento dove «vediamo e tocchiamo» che è Lui: vediamo pane, ma contempliamo il suo Corpo, vediamo il vino, ma assaporiamo il suo sangue, cioè la sua vita. In una parola ora possiamo sperimentare perché vediamo con gli occhi della fede, cioè siamo posti in una dimensione di vertigine perché non capiamo più nulla e possiamo solo cadere in ginocchio e nutrirci della sua risurrezione, mentre con il cuore e la labbra «confessiamo» con Tommaso: «Mio Signore e Mio Dio» (Gv 20,28).

Spirito Santo, tu ci riveli il volto del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu insegni a glorificare il «Servo» Gesù davanti al Dio dei padri, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci preservi dal rinnegare nella vita «il Santo e il Giusto», Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu susciti in noi la vocazione alla testimonianza del Risorto, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la luce del Volto di Dio che risplende su di noi, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei il nostro riposo che ci addormenta nella tenerezza di Dio, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci mostri la via di Dio per non peccare consapevolmente, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu testimoni in noi che Gesù è il Giusto, vittima di espiazione, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci insegni la conoscenza dei comandamenti per essere perfetti, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu porti alla chiesa e al mondo il dono messianico della «Pace», Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci guidi alla esperienza dei chiodi per vedere e toccare Gesù, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu alimenti la mensa di quanti mangiano in comunione con Lui, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu nutri la nostra mente all’intelligenza delle Scritture, Veni, sancte Spiritus!

Ascoltiamo uno dei discorsi missionari degli apostoli. Qualcuno potrebbe dire che noi non ne abbiamo bisogno perché siamo battezzati e credenti. Così non è perché se vogliamo essere missionari dobbiamo a nostra volta essere evangelizzati. Nell’esortazione «Evangelii Nuntiandi» (1975), Paolo VI afferma che «evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa» (n. 15). Lasciamo dunque che l’annuncio risuoni nei nostri cuori per poterlo condividere con tutta l’umanità nel segno della Santa Trinità:

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Amen.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

 «Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At 3,19). Sono queste le parole che concludono sempre i discorsi missionari degli apostoli. Giovanni a sua volta ci presenta Gesù come «vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 2,2) e nel vangelo, Lc ci ricorda il mandato di Gesù risorto che invia gli apostoli perché «nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47). Tutta la liturgia della Parola ha questo filo di unione: la conversione e il perdono dei peccati che noi possiamo, dobbiamo porre davanti a Dio che è l’unico che li può trasformare in grazie e amore. Riconosciamoci peccatori davanti al «Santo e Giusto» (At 3,14) ed egli ci trasformerà in segni viventi della sua risurrezione.

[Esame di coscienza]

Signore risorto, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, abbi pietà di noi Kyrie, elèison!

Cristo Gesù, Dio di Ludovica, Simone, Elena e dei giusti, abbi pietà di noi Christe, elèison!

Signore Gesù, che spesso ti crediamo solo un fantasma, abbi pietà di noi, Pnèuma, elèison!

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo,

Dio Padre onnipotente. [breve pausa 1-2-3]

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del

mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del

Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). O Padre, che nella gloriosa morte del tuo Figlio, vittima di espiazione per i nostri peccati, hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri il nostro cuore alla vera conversione e fa’ di noi i testimoni dell’umanità nuova, pacificata nel tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura At 3 ,13-15.17-19. Il brano di oggi fa parte di un complesso di passi che riportano i «discorsi missionari» degli apostoli sia agli Ebrei che ai Greci1: più precisamente è un estratto del 2° dei sei discorsi riservati agli Ebrei e pronunciato da Pietro il giorno di Pentecoste. Pietro intende convincere i Giudei basandosi sulle Scritture: vi troviamo un riferimento al titolo di «Servo» attribuito a Cristo che richiama il Servo di Yhwh di Isaia (v. 13 con Is 52,13) e un altro riferimento è alla qualifica del «Servo»definito «Giusto» (v. 14 con Is 53,11). Fondare la risurrezione sulla Scritture significa dichiarare che la morte e risurrezione di Gesù è l’ultima tappa della predicazione dei profeti e l’inizio di una nuova salvezza della storia, nella quale Dio interviene direttamente. Come corrispondere da parte nostra? Con la «metànoia/conversione». Ascoltiamo dunque il progetto della nostra stessa vita.

Dagli Atti degli apostoli At 3 ,13-15.17-19

In quei giorni, Pietro disse al popolo: 13«Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; 14voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. 15Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. 17Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. 18Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. 19Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati». - Parola di Dio.

Salmo responsoriale 4, 2.4-6. 7.9. Salmo di fiducia del salmista grato a Dio, fondamento della sua felicità. I vv. 5 e 9 sono utilizzati nella Liturgia delle Ore a fine giornata nell’ora di Compieta per cui questo salmo diventa il salmo della preghiera della sera per eccellenza: chi prega chiede che «la luce del tuo volto», cioè la Presenza di Dio non l’abbandoni mai.

Rit. Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

1. 2Quando t’invoco, rispondimi,

Dio della mia giustizia!

Nell’angoscia mi hai dato sollievo;

pietà di me, ascolta la mia preghiera. Rit.

6Offrite sacrifici legittimi

e confidate nel Signore. Rit.

3. 7Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,

se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

2. 4Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;

il Signore mi ascolta quando lo invoco.

9In pace mi corico e subito mi addormento,

perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare. Rit.

Seconda lettura 1Gv 2,1-5a . Per Gv il sacrificio di Cristo sull’altare della croce è il fondamento della purificazione nel regime dell’alleanza nuova. Nel brano di oggi ci descrive a quali condizioni possiamo accedervi. Tre condizioni di fondo: non peccare, osservare i comandamenti e osservare la Parola. Il modo di pensare è squisitamente ebraico: non peccare significa non somigliare ad Adam che accecato dall’orgoglio e dall’egoismo finisce per annullare sia il comandamento che la parola di Dio, cioè la sua volontà di salvezza che lo genera figlio. Come fare ciò? Attraverso la «conoscenza» sperimentale che noi viviamo qui ed ora nel sacramento dell’Eucaristia, la vera scuola dell’obbedienza.

Dalla prima lettera di Giovanni apostolo 1Gv 2,1-5a

1Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. 2È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. 3Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. 4Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. 5Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. - Parola di Dio.

Vangelo Lc 24,35-48. Il brano di oggi è la versione lucana del vangelo delle apparizioni del Risorto agli apostoli corrispondente alla versione di Giovanni che abbiamo proclamato domenica scorsa (Gv 20,19-31) e che abbiamo messo in sinossi. Queste descrizioni di apparizioni si definiscono «racconti apologetici» perché si preoccupano di fornire prove alla predicazione che deve annunciare la risurrezione di Gesù. Gli stessi apostoli sono pieni di dubbi e non hanno creduto subito (vv. 38 e 41) e quindi sono smarriti: addirittura scambiano Gesù per un fantasma (v. 37) e Gesù «deve» lasciarsi toccare mani e piedi (v. 39) e mangiare davanti a loro (vv. 42-43), quasi che Gesù stesso sia preoccupato di fare loro verificare la sua corporeità «reale». L’obiettivo del racconto è che la risurrezione è un avvenimento reale e non una suggestione: Cristo risorto è la chiave per aprire la comprensione del mondo e dell’umanità.

Canto al Vangelo Cf. Lc 24,32

Alleluia, alleluia. Signore Gesù, facci comprendere le Scritture; / arde il nostro cuore mentre ci parli. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca Lc 24,35-48

In quel tempo, 35i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane. 36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: 46«Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni». -Parola del Signore.

Spunti di omelia

Il brano del vangelo odierno appartiene alla tradizione lucana delle apparizioni del risorto che domenica scorsa abbiamo messo in parallelo con il brano corrispondente di Gv 20, 19-31, dicendo che i due evangelisti, Lc e Gv con ogni probabilità attingono ad una medesima fonte orale (e/o parzialmente scritta) perché riportano gli stessi temi che però ognuno rielabora secondo la propria personale prospettiva cristologia.

In questo brano che è espressamente collegato all’esperienza dei «discepoli di Emmaus» (cf Lc 24,35, qui il 1° versetto del brano odierno), Lc ha una evidente preoccupazione apologetica perché si preoccupa di offrire ai suoi lettori le prove della risurrezione di Gesù. Ciò che risalta in questo brano è la totale mancanza di fede degli apostoli e la brutta figura conseguente (cf Lc 24,38 e 41). Se vogliamo, questo potrebbe essere un indizio della «veridicità» dei vangeli dal punto di vista storico: gli apostoli non possono essere gli «inventori» della risurrezione perché non avrebbero scritto mai una pagina come questa che li presenta in preda allo spavento di fronte a quello che credevano un fantasma (cf Lc 24,37), con un atteggiamento infantile. Cristo deve tranquillizzarli riguardo alla sua corporeità e quindi ripetutamente li invita a toccarlo (v. 39) e si presta all’esperimento di mangiare davanti a loro (cf Lc 24,42-43) perché lo vedessero bene, senza equivoci.

Una caratteristica del «dopo risurrezione» riguarda il comportamento di Gesù che non mangia più «con loro» come faceva prima quando era «uno di loro»2, ma ora nel suo nuovo stato di «risorto», egli mangia «davanti a loro – enòpion autôn» (cf Lc 24,43). Gesù sta al cospetto di loro, anche contro la loro incredulità perché non vi fossero dubbi sulla sua presenza «corporea» che si staglia sullo sfondo del terrore e dello sgomento dei discepoli. Essi erano convinti che tutto era finito con la morte di Gesù e non immaginavano nemmeno la possibilità di una risurrezione: come spiegare altrimenti terrore e sgomento? Se se l’aspettavano non sarebbero stati colti da sorpresa e non avrebbero reagito con un comportamento infantile. L’evangelista si preoccupa di dire che Gesù è «veramente» vivo e presente, ma non ci spiega «come», cioè non spiega le ragioni del suo nuovo modo di essere. La liturgia di oggi è molto importante perché ci assicura sulla verità della risurrezione che non è una fantasia di uomini o una invenzione di un gruppo interessato, visto che essi stessi sono increduli e pieni di dubbi. Gesù risorto non è un ricordo degli apostoli, ma la chiave di lettura di tutta la storia della salvezza sia sul versante dell’umanità (antropologico) sia su quello del mondo (cosmico).

Un’altra caratteristica di questi discorsi missionari è il collegamento del peccato con la risurrezione (cf Lc 24,47; cf Mc 16,15-16; Gv 20,23; 1Gv 2,1-2). Secondo la mentalità religiosa del tempo di Gesù, il peccato è una frattura insanabile con Dio perché viene a turbare l’ordine stabilito dal creatore. La conseguenza di questa frattura è il castigo della morte che è il prezzo che noi paghiamo alla nostra fragilità. E’ inevitabile quindi che la risurrezione dalla morte diventi anche opposizione al peccato, cioè vittoria sulla morte. Noi oggi non pensiamo più la morte nei termini in cui pensava Gesù e la cultura del suo tempo. Noi riteniamo oggi che la morte è un fenomeno biologico inerente la vita stessa, fa parte dello stato costitutivo del vivente: noi moriamo perché viviamo e non può esserci vita senza l’orizzonte della morte. La morte e la vita sono due sorelle siamesi che vivono insieme, respirano insieme, stanno insieme e non può esistere l’una senza il sostegno dell’altra. La morte non è più una conseguenza di un comportamento (im)morale. Vivere in un certo modo, alla luce di determinati criteri può condurre ad una morte piuttosto che ad un’altra perché una cosa è certa: la morte è la rivelazione suprema della vita; anzi è il punto più alto dell’esistenza, l’atto e il frutto più maturo della vita vissuta.

La catechesi cattolica parla di morte morale dell’anima e quindi di peccato mortale, quando si avvera una frattura decisa, scelta e voluta in opposizione al progetto di alleanza proposto da Dio. In fondo sono pallidi tentativi per spiegare il senso della morte e della fragilità umana che ripete spesso gli stessi errori e dal suo passato non impara nulla. L’uomo moderno, più agnostico che credente, non tiene conto di queste categorie, che, anzi ritiene puerili, perché egli si ritiene nuovo Adam, autosufficiente e bastante a se stesso. Il clero oggi non sa più parlare ai suoi contemporanei perché non ne capisce i bisogni, non ne comprende il linguaggio, non possiede gli strumenti adeguati per comunicare. La gerarchia parla oggi come parlava cento anni addietro e usa parole e simboli che sono muti per l’intelligenza e l’esperienza dell’uomo di oggi. Si pone il problema di metodo: è possibile presentare oggi l’associazione biblica tra risurrezione e remissione del peccato in termini accettabili per la persona moderna?

La risposta è semplice se si considera e si vive la fede come una «relazione» tra due persone. Ogni relazione ha in sé un modulo di accettazione o rifiuto dell’altro. Ognuno di noi ha fatto l’esperienza, per qualche motivo, del rifiuto passivo (subito) o attivo di un’altra persona. Chi si pone in relazione si mette a rischio di essere rifiutato o di essere accettato. Essere accettati dagli altri è la base della propria autostima perché ci si sperimenta proiettati verso una esperienza di comunione che fa esplodere tutte le potenzialità interiori di ciascuno. Se uno si sente rifiutato, inevitabilmente si chiude in sé e si estranea da mondo esterno per crearsene uno proprio. Alla luce di questo vediamo cosa succede sul piano della fede: la morte è la realtà più inaccettabile che vi sia e tutti ne abbiamo timore; cerchiamo infatti in ogni modo di esorcizzarla, rimuovendola dal nostro orizzonte di vita quotidiana. Noi non pensiamo mai che possiamo morire oggi, domani, dopodomani, all’improvviso. Di fronte ad un terremoto, ci commoviamo, commiseriamo coloro che lo hanno subito, ma difficilmente pensiamo che poteva o potrebbe succedere a noi. Esorcizzare la morte, non significa però eliminarla: quando essa arriva siamo impreparati e allora ne restiamo schiacciati. La nonna, il papà, il figlio, l’amica, il parente che magari non vedevamo o non cercavamo perché sapevamo che c’erano, all’improvviso diventano «abissi di vuoto» incolmabili. La risurrezione è tutta qui: Gesù, che non doveva morire, ha preso su di sé per amore questa realtà inaccettabile della morte, ma se n’è fatto carico diventando lui stesso «inaccettabile» (cf Is 53,5) da temere anche l’abbandono di Dio (cf Mc 15,34).

Dio Padre però accetta l’offerta del Figlio Unigenito che si fa riprovevole per l’inaccettabile carico di morte a motivo del suo ludibrio che si fa addirittura «peccato egli stesso» (cf 2Cor 5,21), lui che è «senza peccato» (Eb 8,28). Accettando il Figlio in questa condizione di ribrezzo e di morte senza senso, il Padre lancia la nuova alleanza all’umanità intera: nessuno può più considerarsi escluso o morto perché il Padre accoglie ogni morte e accetta ogni peccatore perché si converta e viva (cf Ez 33,11). Questo atteggiamento del Padre diventa così il fondamento della considerazione che ciascuno di noi deve avere di se stesso, superando un falso concetto di umiltà inculcato per secoli e perseguendo invece l’orgoglio cristiano di essere figli di Dio. Nessuno può dire: io non valgo alcunché perché con la morte di Cristo ogni individuo vale il suo sangue e la sua vita. Se Dio mi accetta anche morto, vuol dire che io valgo molto per lui: valgo la vita del Figlio Unigenito.

Siamo partiti dal concetto di «relazione» come veicolo per parlare del peccato e della morte nella cultura di oggi che è segnata dalla mancanza di relazione vitale, mentre è piena di avvicinamenti occasionali o provvisori che non lasciano il segno. Non è facile sapere vivere la dimensione di dipendenza che ogni relazione comporta e pertanto è necessaria la comunità eucaristica dove prendiamo coscienza dei nostri limiti e degli obiettivi di Dio. E’ facile perdonare i peccati degli altri, ma è più difficile riconoscersi e accettarsi perdonati da un Altro. E’ facile fare doni o meglio regali, ma è più difficile accettarne uno perché il dono accettato svela il grado di dipendenza di chi lo riceve. In termini astratti, il dono fatto esprime un potere, il dono ricevuto una sottomissione. Non così in una relazione d’amore dove non esistono il «dare e ricevere» perché l’amore rifugge dal concetto di reciprocità, ma accetta solo il processo di gratuità che diventa un circuito di uno stesso e identico movimento: la dipendenza dell’io e del tu si annullano per diventare solo rivelazione del «noi», fusione di una unica dipendenza di crescita. Amare vuol dire dipendere da chi si ama e quando si accetta questa dipendenza si vive e si sperimenta la totalità della libertà perché non c’è maggiore libertà di quella di colui o colei che la regala per amore. Senza pretendere o chiedere nulla in cambio.

In questo contesto, il peccato diventa la cartina di tornasole della nostra capacità di volere dipendere da Dio come sorgente di libertà e di autonomia, per cui ci sentiamo custoditi e amati non per i nostri atteggiamenti o ciò che facciamo, viviamo, pensiamo, ma unicamente per noi stessi: noi valiamo la vita stessa di Dio. Per questo vogliamo vivere la risurrezione che comporta la remissione del peccato che è il ristabilimento della signoria di Dio sul mondo e sulla nostra vita. L’Eucaristia che celebriamo è la celebrazione di questa «mistagogìa» (v. domenica 2a dopo Pasqua-B) che apre noi all’esperienza di Dio e Dio alla nostra esperienza in un processo di comunione di vita dove Gesù risorto non mangia più «davanti a noi», ma ora non solo mangia «con noi», ma addirittura è lui stesso che si offre come cibo di vita che ha sconfitto la morte: egli scompare in noi per apparire risorto nelle nostre scelte, nelle nostre parole, nei nostri gesti, nella nostra vita di testimonianza.

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

[Pausa: 1-2-3]

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. [Pausa: 1-2-3]

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. [Pausa: 1-2-3]

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera universale3 [Intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTIACA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE

 Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Accogli, Signore, i doni della tua chiesa in festa, e poiché le hai dato il motivo di tanta gioia, donale anche il frutto di una perenne letizia. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA II

(detta di Ippolito, prete romano del sec. II)

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. É cosa buona e giusta.

Prefazio  Cristo, Agnello Pasquale

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo giorno nella quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.

Offriamo sacrifici di giustizia e confidiamo in te, o Signore (cf Sal 4,6)

È lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita.

Risplende su di noi la luce del tuo volto, o Agnello immolato che prendi su di te i peccati del mondo.

Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l’umanità esulta su tutta la terra, e con l’assemblea degli angeli e dei santi canta l’inno della tua gloria:

Benedetto nel Nome del Signore colui che è, che era e che viene. Il Santo di Dio: a lui la gloria e la lode.

Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Dio lo ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni (At 3,15).

Egli, nella notte in cui, tradito, fu consegnato alla morte, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie,lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Tu sei vittima di espiazione per i nostri peccati e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo (2Gv 2,2).


Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Alzeremo il calice della salvezza e invocheremo il tuo nome, o Signore Dio di salvezza (Sal 116/115, 13).

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

Osserviamo la tua parola, o Signore e in noi il tuo amore è veramente perfetto (2Gv 2,5).

MISTERO DELLA FEDE.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della sua venuta.

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.
Guardiamo le tue mani e i tuoi piedi: sei proprio tu, Signore Gesù! Nella santa Eucaristia noi ti tocchiamo e ti riconosciamo crocifisso e risorto (cf Lc 24,39-40).

Ti preghiamo: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Apri la nostra mente alla intelligenza delle Scritture perché sappiamo riconoscere il Lògos della vita (Lc 24,45)

Memoria dei Volti e dei Nomi sulla terra

Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: e qui convocata nella notte gloriosa della risurrezione del Cristo signore nel suo vero corpo: rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro Papa …, il Vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare … N.N. … e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Noi siamo testimoni che il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome siamo mandati ad annunciare a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati (Lc 24,46-48).

Memoria dei Volti e dei Nomi nella Gerusalemme celeste

Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza … N.N. … ammettili a godere la luce del tuo volto. Insieme ricordiamo tutti i morti di violenza in ogni parte del mondo.

L’eterno riposa dona loro, Signore, e splenda ad essi la tua luce perpetua.

Memoria dei credenti di ogni tempo

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNITA DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra.

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona di comunione (Lc 24,46-47): «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno,  e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme».

Dopo la comunione

Ytzhak Katzènelson: Canto del popolo ebraico massacrato:

Sorgi, popolo mio. Tendi le braccia / da quelle fosse così profonde dove strato dopo strato / fosti coperto di calce e bruciato. / Sorgi dall’ultimo, più profondo strato. // Venite tutti, da Treblinka, da Sobibor, da Auschwitz, / venite da Belzec, da Ponary e dagli altri campi, / con gli occhi spalancati e mute grida di terrore. / Venite dalle paludi, affogati nel fango, imputriditi nel muschio... // Venite, voi disseccati, voi stritolati, voi frantumati, / disponetevi in cerchio intorno a me fino a formare un grande anello: / nonni, nonne, padri, madri con i bambini in collo. / Venite, ossa di ebrei ridotte in polvere e cenere. // Alzatevi, mostratevi. Venite tutti, venite, / voglio vedervi. Voglio guardarvi, voglio / contemplare in silenzio il mio popolo massacrato. / E canterò... sì... datemi l’arpa... Ecco, io suono! //.

Henry Morgenthau, avvocato ebreo, ambasciatore nel 1915 degli Stati Uniti a Istanbul tentò inutilmente di evitare la deportazione e il massacro della popolazione armena. Dal suo diario (Ambassador Morgenthau’s Story/Diariodell’Ambasciatore Morghenthau) Fonte: Henry Morgenthau, The murder of a Nation.

Villaggi dopo villaggi e città dopo città, furono spogliati della loro popolazione armena. Durante questi sei mesi, da quanto si può sapere, circa 1.200.000 persone furono indirizzate verso il deserto della Siria. ‘Pregate per noi’, dicevano, abbandonando i focolari che 2.500 anni prima avevano fondato i loro avi. ‘Non torneremo mai più su queste terre, ma noi ci ritroveremo un giorno. Pregate per noi!’. Avevano appena abbandonato il suolo natale che i supplizi cominciavano; le strade che dovevano seguire non erano che dei sentieri per muli dove procedeva la processione, trasformata in una ressa informe e confusa. Le donne erano separate dai bambini, i mariti dalle mogli. I vecchi restavano indietro esausti, i piedi doloranti. I conduttori dei carri trainati dai buoi, dopo avere estorto ai loro clienti gli ultimi quattrini, li gettavano a terra, loro e i loro beni, facevano dietro front e se ne tornavano ai villaggi, alla ricerca di nuove vittime. Così, in breve tempo, tutti, giovani e vecchi, si ritrovavano costretti a marciare a piedi; e i gendarmi che erano stati inviati, per così dire, per proteggere gli esiliati, si trasformavano in veri carnefici. Li seguivano, baionetta in canna, pungolando chiunque facesse cenno di rallentare l'andatura. Coloro i quali cercavano di arrestarsi per riprendere fiato, o che cadevano sulla strada esausti, erano brutalizzati e costretti a raggiungere al più presto la massa ondeggiante. Maltrattavano anche le donne incinte e se qualcuna, e ciò avveniva spesso, si accovacciava ai lati della strada per partorire, l'obbligavano ad alzarsi immediatamente e a raggiungere la carovana.

Preghiamo. Guarda con bontà, o Signore, il tuo popolo, che hai rinnovato con i sacramenti pasquali, e guidalo alla gloria incorruttibile della risurrezione. Per cristo nostro Signore. Amen.

Benedizione

Il Signore risorto è con tutti voi. E con il tuo spirito.

Il Signore risorto ci benedica ora e sempre. Amen.

Il Signore risorto ci nutra del suo amore.

Il Signore risorto ci sveli il suo cuore.

Il Signore risorto aumenti la nostra fede.

Il Signore risorto sia sempre davanti a noi per guidarci.

Il Signore risorto, testimoniato dai martiri, sia dietro di voi per difendervi dal male.

Il Signore risorto sia sempre accanto a voi per confortarvi e consolarvi.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo discenda su di voi, sui vostri cari e vi rimanga sempre. Amen.

Finisce l’Eucaristia celebrata come sacramento e memoriale del Signore risorto, comincia ora la Pasqua della testimonianza nella vita di ogni giorno. Andiamo nella Pace di Gesù Alleluia, alleluia.

Ti rendiamo grazie, Signore Risorto, perché resti con noi ogni giorno. Alleluia, alleluia.

Antifona del Tempo pasquale

Regina dei cieli, rallegrati, alleluia; / Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia, / È risorto, come aveva promesso, alleluia. / Prega il Signore per noi, alleluia. Rallegrati, Vergine Maria, alleluia. / Il Signore è veramente risorto, alleluia. Preghiamo. O Dio, che nella gloriosa risurrezione del tuo Figlio hai ridato la gioia al mondo intero, per intercessione di Maria Vergine concedi a noi di godere la gioia della vita senza fine. Per Cristo nostro Signore. Amen.

LUDOVICA ROBOTTI UNA PRESENZA VITALE

DOMENICA 22 APRILE FESTA A SAN TORPETE

di Paolo Farinella, prete

Celebriamo il 3° Complenno INCOMPIUTO di LUDOVICA ROBOTTI, figlia di Valeria e Emilio Robotti, morta a 9 mesi e mezzo e a cui abbiamo intitolato l’Associazione fondata appositamente per perpetuarne la memoria e il sorriso: ASSOCIAZIONE «Ludovica Robotti-San Torpete» che ormai opera da quasi 2 anni, aiutando bambini, adolescenti, studenti, famiglie. I campi d’intervento riguardano le necessità primarie della vita:

 

  1. Impedire che le persone in difficoltà perdano la casa.

  2. Arredare le case di chi ne riceve una dal Comune.

  3. Risistemare abitazioni fatiscenti.

  4. Allacciare utenze.

  5. Latte per neonati.

  6. Borse di studio per studenti.

  7. Sostegno a chi, senza lavoro e pensione, è in attesa dell’uno e dell’altra.

  8. Accompagnare le persone fino alla soluzione delle difficoltà.

 

In questa attività NON FACCIAMO DISTINZIONE tra nati in Italia o all’estero, non guardiamo alla nazionalità, non ci interessa se hanno permesso di soggiorno o documenti in regola.

UNICA NOSTRA REGOLA: GUARDIAMO FISSE LE PERSONE NEGLI OCCHI E INCONTRIAMO IL LORO CUORE E IL LORO BISOGNO. E’ l’imperativo che ci impone la COSTITUZIONE, è il comandamento che ci prescrive il VANGELO.

In questa occasione dopo la Messa delle ore 10,00 INAUGURIAMO LA SEGRETERIA DELLA ASSOCIAZIONE restaurata con il contributo di tanti amici che finalmente ci hanno permesso di cominciare ad operare in modo dignitoso e con una sede accogliente e funzionale.

Negli stessi locali vi è una stanza che diventa la segreteria DELL’ASSOCIAZIONE MUSICALE «Sant’Ambrogio Musica» che organizza i concerti e le attività culturali, dando così voce e struttura a due momenti essenziali nella vita di una Città e di una Comunità: La SOLIDARIETA’ con i più deboli e la CULTURA come dimensione dello spirito. Le due esigenze di vita devono camminare di pari passo e con la stessa intensità.

Tutto questo avviene in nome di una BIMBA che non ha mai detto una parola, ma è stata capace di stampare a fuoco sulla nostra carne e sul nostro cuore il suo SORRISO vitale e sofferente. Come una meteora LUDOVICA ha attraversato veloce come la LUCE la nostra esistenza obbligandoci a mettere in moto un sistema di SOLIDARIETA’ CHE FORSE SENZA DI LEI NON AVREMMO NEMMENO PENSATO. Forse è venuta solo per questo! Svolto il suo compito, se ne è andata, anzi è rimasta per essere presente in ogni gesto, in ogni aiuto, in ogni persona che viene da noi e che noi accogliamo con rispetto e trepidazione.

Abbiamo ricevuto una donazione di € 20.000,00 da una famiglia di nostri cari amici, finalizzata esclusivamente all’aiuto alle persone: impegno che abbiamo assunto e che manteniamo scrupolosamente. Insieme a questo significativo intervento (è la seconda volta di seguito che questi cari amici donano parte dei loro ricavi da lavoro), da diversi soci riceviamo contributi mensili, piccoli come tante gocce d’acqua che alimentano il flusso continuo del fiume di richieste che ormai superano le possibilità nostre di risposte.

Per questo in occasione di questa festa, chiediamo ai nostri soci e ai nostri amici, ovunque siano e che ne abbiamo la possibilità, di aiutarci con una sottoscrizione straordinaria perché i nostri fondi si stanno esaurendo a vista d’occhio e non vogliamo essere costretti a dire di «no!», quando invece bisogna dire di «sì!». E’ un tempo di crisi, una crisi pilotata e voluta per diminuire la democrazia, per ridurre gli spazi di volontariato e per costringere le persone a chiudersi in se stesse. E’ tempo di crisi, cioè è tempo di opportunità, di scelte, di valutazione, di discernimento. Forse dobbiamo spezzare il pezzo di pane che mangiamo e che è appena sufficiente per noi in più parti perché lo esige la giustizia, perché lo chiede la testimonianza del Vangelo: «dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti» (Is 58,7).

A QUESTO SCOPO CHIEDIAMO AI NOSTRI AMICI, SOCI E SIMPATIZZANTI DI FARE UNO SFORZO STRAORDINARIO, UNA SOTTOSCRIZIONE PRIMAVERILE per alimentare la nostra piccola fontana con la quale dissetiamo quanti hanno fame e sete perché non hanno né acqua né pane, né casa né strumenti per attingere da soli. Ecco i soliti strumenti con cui si può alimentare la sorgente di «LUDOVICA ROBOTTI-SAN TORPETE» in Genova.

Ricordiamo che NON POSSIAMO RILASCIARE RICEVUTE VALIDE FISCALMENTE PERCHE’ NON SIAMO ONLUS. Solo le aziende, ditte, imprese con partita Iva possono eventualmente fare un’offerta liberale alla Parrocchia che poi rilascia ricevuta e trasferisce quanto raccolto alla «Ludovica Robotti».

Associazione Ludovica Robotti (non può rilasciare ricevute per detrazione fiscale)

Vico San Giorgio 3-5 R, 16128 Genova

  • Banca Etica: Iban: IT87 D050 1801 4000 0000 0132407 (Bic: CRTIT2T84A)

  • Banca Poste: Iban: IT10H0760101400000006916331 (BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX)

  • Conto Corrente Postale N. 6916331: Intestato a: Associazione Ludovica Robotti San Torpete

  • Rivolgersi direttamente in Sacrestia

[Parrocchia S. M. Immacolata e San Torpete. P.za San Giorgio 16128 Genova – CF 95019590108

CODICE IBAN: IT49P0306901400100000032248]

CON LUDOVICA ANCHE SIMONE ED ELENA

di Paolo Farinella, prete

Insieme con Ludovica ricordiamo SIMONE COSTA-CAVALIERE DI TORINO, vissuto appena due anni, un po’ di più di Ludovica, rubato dallo stesso male. A lui, d’accordo con i genitori e i nonni abbiamo dedicato una borsa di studio come strumento per costruire il futuro di un ragazzo promettente. CON LUDOVICA E SIMONE sentiamo viva la presenza e attiva di ELENA HARMALÀOS IN ORSOLINO, greca di nascita, genovese di vita, rubata al marito, al figlio e alla famiglia da un cancro. Il marito Paolo ha devoluto mensilmente la pensione di reversibilità alla nostra Associazione con queste parole belle e toccanti: Cara Ludovica, Elena ha voluto porsi al tuo fianco per essere presente con ciò che rimane del frutto del suo lavoro. E' un piccolo cero che illuminerà di speranza i momenti difficili di alcune persone fino a quando il soffio di Dio non lo spegnerà chiamando a Sé e a Lei colui che l'ama e che l’ha sempre tanto amata. Sei nel mio cuore. Firmato: Paolo, marito di Elena.

Così Elena vive e continua ad essere mamma che accudisce Ludovica e Simone da par suo perché Elena è anche pedagoga e innamorata dei bambini. Sono certo che Dio le abbia dato in cielo un nido e una scuola materna da gestire direttamente. Con la sua pensione Elena, anche dalla soglia della morte continua a vivere sostenendo una bambina di quattro anni, violentata nella sua stessa casa che invece di proteggerla, nascondeva il lupo cattivo con le sembianze di agnello. Questo vuol dire anche che i morti vivono e danno senso alla nostra vita.

UN GRANDE GRAZIE ALL’ARCHITETTO ENRICO POZZOLINI che gratuitamente ci ha dato idee, tempo e la sua opera per arredare la segreteria, progettare la porta con il logo e la targa esterna murale. La sua passione e il suo entusiasmo sono ancora di più uno stimolo per essere degni della fiducia che riceviamo.


____________________________________

Domenica 3a di Pasqua – B – Genova 22-04-2012 – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Paolo Farinella, prete – Genova

1 Nel libro degli Atti sono registrati otto discorsi: sei agli Ebrei (2,14-35; 3,12-26; 4,9-12; 5,29-32; 10,34-43; 13,16-41) e due ai Greci (14,15-17; 17,22-31). Quegli agli Ebrei hanno un canovaccio comune: esordio con contesto; descrizione della morte e risurrezione di Gesù, fondata sulle Scritture; intronizzazione del Cristo Messia; appello alla conversione.

2 Gesù mangia con i discepoli nell’ultima cena (cf Mc 14,18); Gesù mangia con i peccatori e i pubblicani (cf Mt 9,10 e Lc 15,2)

3 Aprile è mese di ricorrenze, oltre la Pasqua che abbiamo celebrato nella notte dell’11-12: il 24 aprile gli Armeni ricordano Metz Yeghern (il Grande Male), che designa lo Sterminio di un milione e mezzo di civili Armeni, deciso dal governo dei «Giovani Turchi» durante la prima guerra mondiale e di cui il mondo civile non ha mai voluto prendere coscienza. Il 25 aprile per noi italiani è il giorno della liberazione dalla dittatura del nazismo e dal fascismo, evento che si concluse due anni dopo con la promulgazione della Costituzione definita «una fra le più aperte, innovative, libere e ricche di valore sociale del mondo».



Giovedì 19 Aprile,2012 Ore: 14:37
 
 
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