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www.ildialogo.org SABATO SANTO – NOTTE DI VEGLIA,di Paolo Farinella, prete

SABATO SANTO – NOTTE DI VEGLIA

di Paolo Farinella, prete

SABATO SANTO – NOTTE DI VEGLIA

Anno A – B – C – San Torpete- Genova

Introduzione alla Veglia

1. Questa notte facciamo «memoria»1 della morte e risurrezione di Gesù, il cuore della fede cristiana e la ragion d’essere della vita dei credenti. Da sempre essa si celebra nella veglia notturna che la tradizione chiama «Madre di tutte le veglie». Il calendario riformato di Paolo VI (1970) prescrive: «L’intera celebrazione della Veglia pasquale si svolge di notte: essa quindi deve o cominciare dopo l’inizio della notte, o terminare prima dell’alba della domenica». In questa notte si accende il Cero, simbolo di Cristo Risorto e della colonna di fuoco che guidò gli Ebrei, proteggendoli dalla persecuzione degli Egiziani: «La colonna di nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte» (cf Es 14,19-20). Per noi è simbolo attualizzante del passaggio del Mare Rosso che a sua volta è immagine del battesimo che nei primi secoli era conferito solo in questa notte2. Questa notte, infatti, l’acqua ha un posto centrale nella celebrazione: è simbolo dell’acqua della creazione (cf Gen 1,2), del Mare Rosso (cf Es 14,22), dell’acqua della roccia che dissetò gli Ebrei nel deserto (cf Es 17,5-7), dell’acqua del battesimale del Giordano, ma principalmente simbolo dello Spirito Santo (cf Mc 1,8-11; cf Gv 1,33; 3,5). Seguendo la tradizione giudaica, grande posto occupano le Scritture che spiegano il senso di ciò che celebriamo.

2. A Pasqua ogni ebreo si sperimenta contemporaneo dell’Esodo, l’evento centrale della vita d’Israele. Quando al mattino si alza, l’ebreo dice a se stesso: «Prepàrati, Israele, all’incontro con il tuo Dio» (cf Es 12,1-28; 19, 1-15; Am 4,12). Ogni singolo Israelita rappresenta l’intero popolo e ha coscienza di essere responsabile di tutta la nazione e per questo ogni giorno della settimana si prepara allo ShabàtSabato come anticipo della vita eterna. La preparazione però acquista un significato più radicale e forte a Pasqua sia perché è Dio stesso a chiedere di purificarci per andare all’incontro con lui (cf Es 12,15-28; 19,10-11), sia perché a Pasqua nasce la libertà da ogni schiavitù: a Pasqua è abolita la prevaricazione di chiunque su chiunque perché a Pasqua ogni singolo individuo è dichiarato «proprietà di Dio», valore assoluto, limite invalicabile.

3. A Pasqua ognuno di noi diventa contemporaneo di Dio e decisamente importante per Dio stesso (v. più avanti, spunti di omelia). A Pasqua bisogna porre un segno radicale di rinnovamento, un segno profetico: bisogna eliminare ogni cosa lievitata. Secondo i rabbini il lievito (ebr.: chamètz) è simbolo degli istinti dell’egoismo, mentre il pane àzzimo (ebr.: matzàh) è simbolo dell’istinto buono di semplicità, di umiltà e di verità. Qual è il lievito che corrompe la nostra vita e che ci impedisce di rinnovarci e di ritrovare noi stessi? Ognuno di noi sa esattamente che cosa deve buttare via per intraprendere un cammino di liberazione e di risurrezione. Questa è la notte della novità, la notte d’amore in cui amando noi stessi fino allo spasimo, possiamo incontrare Dio che è al fondamento della nostra unità e della nostra ricerca. Questa è la notte per scegliere e amare ed essere fecondi di vita per noi e per quelli che incontriamo. Se restiamo apatici e indifferenti sia nella vita religiosa, sia in quella sociale e civile, noi siamo indegni di vivere e la vita stessa ci rifiuta negandoci ogni respiro di risurrezione. Il mondo intero dipende dalle nostre scelte e noi siamo responsabili della sua sorte perché il Signore lo ha affidato alle nostre cure e alla nostra custodia.

4. Per celebrare la Pasqua bisogna essere almeno in numero di dieci. Se in casa non si raggiunge questo numero, bisogna uscire fuori e chiedere ai vicini o andare per le strade finché non si raggiunga il «numero minimo» di dieci. Ciò significa che bisogna essere «comunità» perché Pasqua non è un rito individuale, ma un’esperienza comunitaria che, o si vive insieme, o non è. A Pasqua si fa comunità, aprendosi al di fuori di sé: è impossibile chiudersi in sé e pensare solo a sé stessi, perché Dio è comunione e Agàpē (cf 1Gv 4,8).

5. L’Eucaristia è il culmine e il ver­tice di tutta la veglia: in essa riviviamo la passione, la morte e la risurre­zione del Signore, diventando suoi con­tempora­nei, perché Dio è sempre con noi fino alla fine del mondo (cf Mt 28,20), presente più di quanto noi non lo siamo a noi stessi3. Il suo Nome è Shekinàh, cioè Dimora/ Presenza. Ci prepariamo attraverso un viaggio ideale e reale: il viaggio della salvezza che si fa storia nella nostra storia. Ripercorriamo le tappe principali della storia d’Israele dalla creazione, quando Adam ed Eva scelsero di non «somigliare» al Lògos/Verbo/Sapienza, fino a Gesù Cristo, il Lògos/Verbo/Sapienza che viene a cercare i discendenti dei progenitori per ricondurli al «principio» da cui si sono allontanati, cioè a Dio Padre.

Quattro sono le tappe che in questa notte di Veglia percorriamo, rivisitando quattro notti determinanti:

  1. La notte della creazione: ritorniamo nel giardino di Eden, per riprenderci l’immagine e la somiglianza di Dio (cf Gen 1,27).

  2. La notte dell’alleanza: riviviamo la notte stellata di Abramo, la notte del Patto per sempre (cf Gen 15 e 17).

  3. La notte della fede: risaliamo il monte Mòria con Abramo chiamato a sacrificare l’unigenito Isacco, mettendo a dura prova la fede del padre e del figlio (cf Gen 22).

  4. La notte della Pasqua: bisogna fare in fretta perché il Mare Rosso attende di essere attraversato in vista del Sinai, la mon­tagna della Legge di libertà (cf Es 12; 14,15-30; 19)4.

Due sono i protagomisti di questa notte:

1) La Parola di Dio che interviene a spiegare i gesti e gli eventi e a dare loro un significato interiore.

2) Noi stessi perché con coscienza entriamo nella storia che Dio ci propone come avventura di alleanza e liberamente decidiamo che diventi la nostra storia, oggi come ieri. Da quando l’esodo del popolo ebraico è stato assunto da Gesù nella sua morte e risurrezione, noi non abbiamo paura perché nessun faraone può sopraffarci se restiamo sempre e dovunque contemporanei di Dio perché lui è sempre nostro contemporaneo.

6. Questa notte è la notte più importante dell’anno e non può essere banalizzata in un rito veloce e approssimativo. Ho accettato di diventare prete solo per questo: potere celebrare la Notte della Veglia pasquale che diventa così lo scopo, il punto di arrivo e di partenza di tutta la mia vita di credente. Un prete esiste solo in vista di questa notte perché qui è: «il principio e fondamento» del suo ministero profetico. Per questo non mi adatterò mai al ritualismo da precetto, smistando un servizio morto per anime morte. Noi possiamo celebrare l’Eucaristia ogni domenica perché troviamo qui, in questa notte, la ragione unica della passione di Dio per noi e perché da qui partiamo per rinnovare ogni otto giorni quello che questa notte ci fa vivere e celebrare. Senza questa notte, tutto quello che si fa nella Chiesa come atti e gesti di fede, diventano rappresentazioni religiose, atti e gesti di magìa superficiale e superflua. Senza questa notte, la religione trionfa come «un oppio» che addormenta le coscienze invece di svegliarle e attrezzarle alla responsabilità del mondo.

La liturgia della Veglia di memoriale si svolge privilegiando tre momenti:

  1. Il Cero pasquale, simbolo liturgico di Cristo Risorto: Lumen Christi, Lumen Gentium [Luce di Cristo, Luce delle Genti].

  2. L’ascolto della Parola che è il Lògos incarnato: «Il Lògos-carne/fragilità fu fatto» (Gv 1,14).

  3. Il rinnovo delle promesse battesimali come condizione per attraversare il Mare Rosso che questa notte riviviamo insieme al popolo d’Israele e alla Chiesa.

Facciamo spazio al Lògos, al Verbo di Dio, che «era in principio» (Gv 1,1) e che viene a noi per camminare con noi da ogni nostro stato individuale di sottomissione alla «libertà della gloria dei figli di Dio» (Rom 8,21). Accendiamo la luce della conoscenza, per accedere al tesoro della Parola di Dio che ci guida lungo i sentieri della storia che diventa salvezza e della salvezza che diventa la nostra storia.

«Io-Sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20,2-3). «Quando tuo figlio un domani ti chiederà: “Che signifi-ca ciò?”, tu gli risponderai: “Con la potenza del suo braccio il Signore ci ha fatto uscire dall’Egit-to, dalla condizione servile» (Es 13,14). «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne» (Es 12,14).

[Alle invocazioni che seguono rispondiamo in italiano, ebraico e greco, per non dimenticare che veniamo dall’Oriente:].

Signore, nostro Dio, ci crei nell’Eden con i nostri padri, Adam ed Eva.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!

Signore, nostro Dio, ci convochi con Abramo nella notte dell’Alleanza.

Barùk, ’attàh, Adonai, ’elohè ’avotènu [Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!].

Signore, nostro Dio, ci perdoni per i meriti Isacco profeta del Cristo.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!

Signore, nostro Dio, ci fai passare il Mare Rosso segno del battesimo.

Euloghētòs Kýrios, ho theòs tôn patèrōn hēmôn! [Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!]

Signore, nostro Dio, re dell’universo, ci crei per celebrare la Pasqua.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri! [Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!].

Signore, nostro Dio, re dell’universo, ci liberi dalle nostre schiavitù.

Euloghētòs Kýrios, ho theòs tôn patèrōn hēmôn! [Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!].

Signore, nostro Dio, re dell’universo, che ci doni il precetto della Pasqua.

Barùk, ’attàh, Adonai, ’elohè ’avotènu! [Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri!].

I - LITURGIA DELLA LUCE (Lucernario)

[Si spengono le luci della chiesa. In luogo adatto, si prepara un fuoco].

Sorelle e Fratelli, in questa santissima notte, nella quale Gesù Cristo nostro Signore passò dalla morte alla vita, la Chiesa, diffusa su tutta la terra, chiama i suoi figli a vegliare in preghiera. Rivivremo la Pasqua del Signore nell’ascolto della Parola e nella partecipazione ai sacramenti; Cristo risorto confermerà in noi la speranza di partecipare alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre.

La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre, e la comunione dello Spirito Santo è con voi.

E con il tuo spirito.

Benedizione del fuoco nuovo e preparazione del Cero pasquale

Preghiamo. O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo, fa’ che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno. Per Cristo nostro Signore. Amen.

[Il fuoco nuovo e la luce del cero sono simboli di Gesù risorto che vince le tenebre del male. Il sacerdote incide una croce sul cero pasquale per configurarlo a Gesù Cristo; poi incide l’alfa e l’oméga, prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, per indicare che Cristo è il principio e la fine di tutte le cose; infine incide le cifre dell’anno per significare che Gesù - Signore del tempo e della storia - vive oggi per noi. Nel compiere tali gesti il sacerdote dice:]

Il Cristo ieri  e oggi: Principio e Fine, Alfa e Oméga.

A lui appartengono il tempo e i secoli. A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno. Amen.

Per mezzo delle sue sante piaghe gloriose, ci protegga e ci custodisca il Cristo Signore. Amen.

[Al fuoco nuovo il sacerdote accende il cero pasquale, dicendo:]

La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito.

Lumen Christi! [La Luce di Cristo!] Tutti: Deo gratias [Rendiamo grazie a Dio!].

Annuncio pasquale

Il prete canta o proclama il «preconio» pasquale, databile sec. IV: tutti i presenti stanno in piedi e tengono in mano il cero acceso.

Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste: un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto. Gioisca la terra inondata da così grande splendore; la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo. Gioisca la madre Chiesa, splendente della gloria del suo Signore, e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa.

Tu sei la luce, tu sei la vita: gloria a te, Signore.

E voi, fratelli e sorelle carissimi, qui radunati nella solare chiarezza di questa nuova luce, invocate con me la misericordia di Dio onnipotente. Egli che mi ha chiamato, senza alcun merito, nel numero dei suoi ministri, irradi il suo mirabile fulgore, perché sia piena e perfetta la lode di questo cero.

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

E’ veramente cosa buona e giusta esprimere con il canto l’esultanza dello spirito, e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente, e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.

Egli ha pagato per noi all’eterno Padre il debito di Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica.

Questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello, che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.

Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri, dalla schiavitù dell’Egitto, e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.

Questa è la notte in cui hai vinto le tenebre del peccato con lo splendore della colonna di fuoco.

Tu sei la luce, tu sei la vita: gloria a te, Signore.

Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, li consacra all’amore del Padre e li unisce nella comunione dei santi.

Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro. Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti.

Tu sei la luce, tu sei la vita: gloria a te, Signore.

O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio! Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!

O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi.

Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia.

Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti. Dissipa l’odio, piega la durezza dei potenti, promuove la concordia e la pace.

O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore! In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode, che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri, nella solenne liturgia del cero, frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.

Riconosciamo nella colonna dell’Esodo gli antichi presagi di questo lume pasquale che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio. Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore, ma si accresce nel consumarsi della cera che l’ape madre ha prodotto per alimentare questa preziosa lampada.

Tu sei la luce, tu sei la vita: gloria a te, Signore.

Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne. Salga a te come profumo soave, si confonda con le stelle del cielo. Lo trovi acceso la stella del mattino, questa stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti fa risplendere sugli uomini la sua luce serena e vive e regna nei secoli dei secoli.

Tutti (calmo): A-a-a-a-A-a-a-a-men.

 

II. INTRODUZIONE ALLA LITURGIA PASQUALE

NEL GRANDE CONTESTO DELLA TRADIZIONE GIUDAICA

1. Ascoltare non significa solo udire con gli orecchi, ma, in ebraico, significa essere presente/custodire/osser-vare. Presenti alla Parola per custodire la sua eco come Maria che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cf Lc 2,19) e osservare le profondità della Parola perché, ogni parola che Dio parla ha «settanta significati» perché gli antichi ritenevano che il mondo fosse abitato da 70 popoli, per cui ogni Parola singola di Dio ha in sé un significato per ogni popolo che vive sulla terra (cf Gen 10;At 2,1-13)5 . Questa sera di veglia, la Parola di Dio avrà un significato per ciascuno di noi, un «significato per me» se avremo cuore e orecchi circoncisi per ascoltare con l’anima. Notte d’amore, notte di silenzio giacché nell’amore il silenzio è la parola più alta e profonda tra due innamorati: il silenzio d’amore, il silenzio di contemplazione che assapora l’altro perché è la parte migliore dell’anima amante. Solo gli innamorati sanno ascoltare col cuore e sanno lasciarsi possedere dalla vita. Nessun altro interesse che non sia l’ascolto ci distragga da questa intimità d’amore6.

2. Nell’ottavo giorno della Pasqua ebraica, in sinagoga si legge il rotolo (ebr.: meghillàh) del Cantico dei Cantici. Nella tradizione giudaica, l’innamorata del Cantico è Israele e il giovane amante è Yhwh. Nella tradizione cristiana la sposa è la Chiesa che ascolta la Parola d’amore del suo Sposo, il Signore Gesù. Ascoltiamo la Parola d’amore di Dio con lo spirito e l’atteggiamento degli innamorati del Cantico dei Cantici:

«Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore … Dimmi, o amore dell’anima mia … Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene … Ora l’amato mio prende a dirmi: Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l’inverno è passato, … i fiori sono apparsi nei campi … O mia colomba … mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso incantevole … Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia … Quanto sei bella, amica mia, quanto sei bella!» (Ct 1,2.7; 2,8.10.11.12.14; 3,1; 4,1).

Questo è il senso della preghiera cristiana: non siamo noi che preghiamo Dio, ma è Dio che ha bisogno di vederci e contemplarci oranti perché Dio non può fare a meno di ciascuno di noi. Da innamorato, Dio vuole vedere il nostro volto e ascoltare la nostra voce di figli amanti, vuole contemplare il volto trasfigurato dell’Assemblea orante. Sì! Dio è innamorato di te.

3. Il giorno ebraico comincia al tramonto e finisce al tramonto successivo. Al tramonto del venerdì, quando inizia lo Shabàt-Sabato, prima di cominciare la cena, in ogni famiglia, alla madre è riservata l’accensione della candela che illumina la mensa. Può sembrare banale, ma presso gli Ebrei ha un significato di grandissimo valore perché al momento in cui la madre accende la candela, Dio concede ai figli d’Israele un «supplemento d’anima» o «seconda anima - Neshamà Yeterà» perché un’anima sola non è sufficiente a celebrare la Pasqua o lo Shabàt: non si può celebrare come capita, bisogna avere un’anima rafforzata. Il privilegio dell’accensione è riservato alla donna perché è lei che dà alla luce i figli d’Israele e in questo compito somiglia a Dio creatore. Come Dio creò la luce della creazione, così la donna accende la luce della Pasqua che illumina la fede del popolo d’Israele. Al termine di Pasqua o di Shabàt, Dio si riprende il supplemento d’anima e lo conserva per il prossimo appuntamento.

In Mt 26,17 leggiamo: «Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?”». Mangiare la Pasqua è sinonimo di celebrare la Pasqua, il cui momento culminante è l’immolazione dell’agnello nel tempio di Gerusalemme. Nel rito familiare l’agnello è mangiato insieme alle erbe amare e al pane azzimo per fare memoriale dell’irruzione liberatrice di Dio a favore di Israele, ricordando l’amarezza dell’oppressione in Egitto e la fretta con cui sono andati incontro alla libertà, senza avere nemmeno il tempo di far lievitare il pane. Insieme all’agnello si beve «vino rosso», mentre il pane azzimo (matzàh) è intinto in una salsa rossa (harossèt) ricavata da un misto di vino rosso, fichi e datteri, in memoria della miseria degli Ebrei, costretti a fabbricare mattoni rossi per il Faraone.

Quando tutto è pronto per iniziare il Sèder PesàchRito di Pasqua, il bambino più piccolo dell’assem-blea rivolge al capo famiglia la domanda cruciale: «Ma nishtanà ha-lailà hazèh micòl ha-leilòt? – Cosa distingue questa notte da tutte le altre notti?». Qui comincia l’haggadàh, cioè il racconto della liberazione d’Egitto che nel rito cattolico prevede le letture della storia della salvezza. Il Sèder Pesàch prevede anche quattro coppe di vino rosso che hanno acquistato una lunga serie di simbologie fino a diventare un segno tra i più importanti di tutto il rito. Ci soffermiamo su queste coppe perché esprimono tutta la storia della salvezza e la cui simbologia è spiegata in vari modi dalla tradizione giudaica:

    1. Per il Talmùd di Gerusalemme (Yerushalmì) i quattro bicchieri di vino corrispondono alle quattro volte in cui viene citata la coppa del Faraone nei sogni interpretati da Giuseppe in prigione (cf Gen 40,11.21). Sono perciò collegati all’esilio, di cui la storia di Giuseppe costituisce l’inizio.

    2. Lo stesso Talmùd di Gerusalemme riporta un’altra interpretazione: le quattro coppe sono in memoria dei quattro verbi di «redenzione» pronunciati da Yhwh che irrompe a liberare Israele dalla schiavitù d’Egitto (cf Es 6,6-8):

«Perciò dì ai figli d’Israele: ‘Io-Sono il Signore e vi farò uscire da sotto le oppressioni dell’Egitto, e vi salverò dal loro lavoro e vi redimerò con braccio disteso e con grandi giudizi (castighi). E vi prenderò per Me come popolo e sarò per voi come YHWH, e voi saprete che Io-Sono il Signore che vi fa uscire da sotto le oppressioni dell’Egitto. E vi porterò alla terra per la quale ho alzato il mio braccio (= ho giurato) di darla ad Abramo, Isacco e Giacobbe. E la darò a voi in possesso: Io-Sono il Signore.’». «Da dove [impariamo che dobbiamo bere] i quattro bicchieri [di vino] a Pesàch? Disse R. Jochannàn ‘In rapporto alle quattro redenzioni: vi farò uscire, vi salverò, vi redimerò, vi prenderò.’» (TJ Pesachim 10, 1)7.

    1. Per il Talmùd di Babilonia (trattato Sotàh) le quattro coppe simboleggiano le quattro madri d’Israele che ispirarono le mogli degli Ebrei in Egitto: ebbero il merito di rendersi desiderabili agli occhi dei mariti, truccandosi nonostante la stanchezza, allo scopo di avere altri figli e ingrandire il popolo ebraico. Le Madri d’Israele sono Sara, moglie di Abramo, Rebecca sposa di Isacco, Rachele e Lia mogli di Giacobbe/Israele: le Sante Matriarche8.

    1. Un’altra tradizione (Targùm Onkelos a Es 12,42), forse la più importante, dice che le quattro coppe simboleggiano le quattro notti dell’alleanza che sono all’origine della storia delle salvezze (al plurale) come dice Sal 116/115,13: «Alzerò la coppa delle salvezze (kos ye shuòth) e invocherò il nome del Signore». Le notti sono:

    1. La prima notte quando il Signore si manifestò sul mondo per crearlo: «Il mondo era deserto e vuoto e la tenebra si estendeva sulla superficie dell’abisso, ma il Verbo del Signore era la luce e illuminava. Ed egli la chiamò: notte prima» (Qiddùsh, prima coppa; cf Lc 22,14-18) . [E’ la prima coppa].

    2. La seconda notte quando il Signore si manifestò ad Abramo all’età di cento anni, mentre Sara sua moglie ne aveva novanta, affinché si compisse ciò che dice la Scrittura: «Certo Abramo genera all’età di cento anni e Sara partorisce all’età di novant’anni» (Targùm a Gn 18,12). Isacco aveva trentasette anni quando fu offerto sull’altare. I cieli si abbassarono e discesero e Isacco ne contemplò le perfezioni e i suoi occhi rimasero abbagliati per le loro perfezioni. Ed egli la chiamò: notte seconda. [E’ la seconda coppa].

    3. La terza notte quando il Signore si manifestò contro gli egiziani: nella notte di fuoco, la sua mano uccideva i primogeniti d’Egitto e la sua destra proteggeva i primogeniti di Israele per compiere la parola della Scrittura: «Israele è il mio figlio primogenito» (Es 4,22) Ed egli la chiamò: notte terza. [E’ la terza coppa].

A E’ questa la coppa che prese Gesù nell’ultima cena. A

Tutta la tradizione giudaica insiste sulla redenzione. Gesù con i suoi gesti dichiara che questa redenzione si compie nella sua persona e nel suo sacrificio. Durante l’ultima Cena prende la terza coppa e la distribuisce ai suoi discepoli, modificando ancora una volta le parole del Sèder Pesàch: «Questa coppa è la nuova alleanza nel mio sangue che è sparso per voi» (Lc 22,20; 1Cor 11,25); «Questo è il mio sangue dell’alleanza versato per tutti» (Mt 26,28; Mc 14,24). Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia e beviamo alla coppa del vino, noi non solo facciamo memoria di Gesù, ma rinnoviamo anche l’esodo di liberazione che è un processo ancora in corso perché tre quarti di umanità attende di essere liberata dalla schiavitù della fame, della sete, della casa, del lavoro, della dignità. Gli Ebrei attendono ancora il Messia, noi lo abbiamo incontrato e con lui celebriamo la Pasqua di redenzione. Gesù, infatti, muore sulla croce alle tre del pomeriggio (Mc 15,34), l’ora in cui il Sommo Sacerdote nel Tempio sacrificava l’«agnello Tamìd – l’agnello perpetuo» per la remissione dei peccati del popolo.

La terza coppa, secondo il Talmud di Gerusalemme, è la coppa della redenzione perché ad essa corrisponde il terzo verbo «vi redimerò» (cf, sopra, nota Errore: sorgente del riferimento non trovata).

    1. La quarta notte quando il mondo giungerà alla sua fine per essere redento. Le sbarre di ferro saranno spezzate e le generazioni degli empi saranno distrutte. E Mosè salirà dal deserto e il re messia dall’alto: l’uno camminerà alla testa del gregge e l’altro camminerà alla testa del gregge e il suo Verbo camminerà in mezzo a loro ed essi cammineranno insieme [il testo è incompleto, ma possiamo immaginare Mosè da un lato, Elia dall’altro e il Messia (il Verbo/la Parola) tra i due, come riferisce Lc nel racconto della trasfigurazione (9, 30-31)]. È la notte di Pasqua nel nome del Signore, notte predestinata e preparata per la redenzione di tutti gli Israeliti in ogni loro generazione» [E’ la quarta coppa].

Israele alza le quattro coppe, cantando l’Hallèl, cioè il grande inno pasquale ebraico che comprende i Salmi dal 113 al 118 più il Sal 136. Anche Gesù ha cantato l’Hallèl pasquale dopo la Cena, dopo avere bevuto le quattro coppe, come testimoniano gli evangelisti Marco e Matteo che riportano: «Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi» (Mc 14,26; Mt 26,30). Ancora oggi, la cena pasquale ebraica si conclude in silenzio dopo avere gustato la quarta coppa, la coppa d’Elia, tenendo in cuore il desiderio di vedere il giorno del Messia e di partecipare alla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. Per questo prima di lasciarsi ogni ebreo, dovunque nel mondo, conclude la cena pasquale con l’augurio per sé e per tutti gli Ebrei della diaspora: Hashanàh haba’à beYerushallàyim – l’anno prossimo a Gerusalemme.

«Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dalla terra d’Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione» (Es 12,42).

Ripercorriamo anche noi le notti delle salvezze, ascoltando la Parola di Dio, memori del rimprovero di Gesù ai suoi discepoli che si addormentano nel cuore della notte di passione e amore che cambia la storia e la sorte dell’umanità e di Dio: «Non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?» (Mt 26,40).

III. MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Gen 1,1-2,2: La notte della creazione.

Al principio, quando nemmeno il tempo esisteva, era la notte della vita. Dio irrompe nelle tenebre e crea l’universo e la terra. Per cinque giorni prepara il giardino, lo orna di luce, di cielo, di terra, di alberi e cibo, di pesci e uccelli e animali selvatici. Il sesto giorno crea l’uomo e la donna a sua immagine, a sua somiglianza. E’ la coppia di uomo e di donna l’immagine di Dio, che può esprimere insieme il volto creatore di Dio. In questa notte prima scoppia la vita. Il racconto è solenne e drammatico nella sua monotonia orientale. Immaginiamo Dio come un sommo sacerdote che celebra la liturgia della vita. L’universo è il suo tempio e il popolo è rappresentato dalla cose create che partecipano con un ritornello, come di salmo responsoriale: E fu sera e fu mattino giorno primo, secondo … terzo … quarto … quinto … sesto. Il giorno settimo è riservato a Dio perché senza questo giorno, anche gli altri sei si perdono nel nulla e si smarriscono nel vuoto. Oggi impariamo che senza la domenica, per il cristiano non ha senso la settimana che segue, perché Dio è il principio e il fine, il Signore e creatore, custode del tempo.

1° Lettore

Dal libro della Genesi 1, 1 2,2 [ i primi tre versetti sono tradotti alla lettera dall’ebraico].

1Nel principio del «Creò Dio il cielo e la terra», 2quando la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque, 3disse Dio: «Sia la luce!». E la luce fu.

4Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. 5Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.

6Disse Dio: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». 7Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. 8Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: giorno secondo.

9Disse Dio: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. 10Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. 11Disse Dio: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. 12E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: giorno terzo.

14Disse Dio: «Ci siano fonti di luci nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni 15 e siano fonti di luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: 16E Dio fece le due fonti di luci grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. 17Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. 19E fu sera e fu mattina: giorno quarto.

20Disse Dio: «Le acque brùlichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». 21 Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brùlicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. 22Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23E fu sera e fu mattina: giorno quinto.

24Disse Dio: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne: 25Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. 26Disse Dio: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

27E creò Dio Adam a sua immagine; / a immagine di Dio lo creò; / pungente e perforata li creò.

28Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». 29Disse Dio: «Ecco, io vi dò ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. 30A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io dò in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: giorno sesto. 1Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2Dio, nel giorno settimo, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel giorno settimo da ogni suo lavoro che aveva fatto. – Parola di Dio.

Salmo responsoriale 104/103, 1-2.5-6.10.12-14.24. Inno a Dio creatore. Il salmo si compone di 35 versetti, ma la liturgia ne riporta solo alcuni. E’ ricco di immagini poetiche diffuse in composizioni simili del vicino Oriente antico. Qui l’inno si ispira a Gen. 1, appena proclamato, e celebra la bellezza del creato, affidata alle cure dell’umanità che la deturpa quando si allontana da Dio. Lontani da Dio ci si sente padroni del mondo, capaci anche di distruggerlo come vediamo quotidianamente. In questa notte di amore e di passione, impariamo che la creazione non è un mezzo finalizzato all’individuo, ma l’ambiente sacro dove noi ci realizziamo insieme nel Nome di Dio.

2° Lettore. Rit. Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

1. 1Benedici il Signore, anima mia!

Sei tanto grande, Signore, mio Dio!

Sei rivestito di maestà e di splendore,

2avvolto di luce come di un manto. Rit.

2. 5Egli fondò la terra sulle sue basi:

non potrà mai vacillare.

6Tu l’hai coperta con l’oceano come una veste;

al di sopra dei monti stavano le acque. Rit.

3. 10Tu mandi nelle valli acque sorgive

perché scorrano tra i monti.

12In alto abitano gli uccelli del cielo

e cantano tra le fronde. Rit.

4. 13Dalle tue dimore tu irrighi i monti,

e con il frutto delle tue opere si sazia la terra.

14Tu fai crescere l’erba per il bestiame

e le piante che l’uomo coltiva

per trarre cibo dalla terra. Rit.

5. 24Quante sono le tue opere, Signore!

Le hai fatte tutte con saggezza;

la terra è piena delle tue creature.

Benedici il Signore, anima mia. Rit.

Seconda lettura Gen 22,1-18: La notte della prova e dell’alleanza.

Nel 2° millennio a. C. è diffusa la pratica dei sacrifici umani. Il Dio di Israele rifiuta questo culto perché lui dà la vita, non la toglie. Mette alla prova Abramo, chiedendogli di sacrificare la garanzia del suo futuro: «Prendi tuo figlio, il tuo unico che ami, Isacco…e offrilo in olocausto». Mai padre si era trovato in questa angoscia. Come ubbidire? Il figlio che Dio gli ha dato nella vecchiaia, ora lo chiede indietro. Dio è così crudele … Per avere una posterità deve uccidere il figlio. Se Dio esiste non può volere la morte dell’innocente!

Abramo si fida di Dio e sa che anche se «adesso» non capisce, Dio non può venire meno alla sua parola e si abbandona totalmente alla sua volontà, dove incontra quel Dio incomprensibile che «ora» gli restituisce il figlio generato due volte. Isacco ora è anche figlio dell’obbedienza e della fede. La tradizione ebraica dice che Isacco avesse 37 anni al momento del suo sacrificio e mentre il padre lo lega come un agnello per il sacrificio, lo supplica di legarlo bene perché non accada che per paura possa mettersi a scalciare e rendere nullo il sacrificio. Il figlio unigenito incoraggia il padre a legarlo per ubbidire al Signore che sa quello che fa. Isacco legato alla legna del sacrificio sull’altare di pietra, sul monte Mòria, dove secoli dopo sorgerà il Tempio di Gerusalemme, è simbolo di Cristo, il Figlio Unigenito, legato al legno della croce e sacrificato sull’altare dell’espiazione all’età di 37 anni. Abramo dice a Dio: quando in futuro i figli di Isacco ti pregheranno e ti chiederanno qualunque cosa, tu li ascolterai, ricordandoti dell’aqedàh/legatura di Isacco. Per i meriti del figlio Isacco, Abramo riceve l’alleanza da Dio. Per i meriti di Cristo legato alla croce, noi siamo salvati. Questa sera, se qualcuno pensa che per lui non vi sia salvezza, questa notte pecca contro lo Spirito Santo.

3° Lettore

Dal libro della Genesi 22,1-18

In quei giorni, 1Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 2Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». 3Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. 4Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. 5Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». 6Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. 7Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». 8Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. 9Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. 10Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 11Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 12L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». 13Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. 14Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore vede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». 15L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta 16e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, 17io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». – Parola di Dio,

Salmo responsoriale 16/15: Salmo di fiducia incrollabile in Dio.

Il salmo esprime esprime la fiducia profonda dell’orante nel suo Signore e il rifiuto di cadere nell’illusione dell’idolatria. Il credente nutre la certezza di venire liberato anche dalla morte, qui descritta con le immagini comuni del tempo di inferi e fossa, (cf v. 10), e pregusta la gioia di stare per sempre alla presenza di Dio. A questo salmo si ispirerà il NT nel presentare la risurrezione di Gesù (cf At 2, 25-31; cf At 13, 35-36). Noi lo proclamiamo in nome del patriarca Isacco che liberamente si offrì in sacrificio al Dio di Israele per adempiere l’obbedienza del Padre davanti ad un Dio contradditorio ed esigente. Egli è l’immagine anticipata di Gesù che sale sulla croce per compiere la volontà del Padre.

4° Lettore

Rit. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

1. 5Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:

nelle tue mani è la mia vita.

8Io pongo sempre davanti a me il Signore,

sta alla mia destra, non potrò vacillare. Rit.

2. 9Per questo gioisce il mio cuore

ed esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

10perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Rit.

3. 11Mi indicherai il sentiero della vita,

gioia piena alla tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra. Rit.

Terza lettura Es 14,15-15,1: La notte dell’esodo: la salvezza attraverso l’acqua

E’ la lettura chiave di questa notte. E’ il punto di partenza. In questa notte Dio libera Israele dall’oppressione della schiavitù per introdurlo alla libertà del servizio. In questa notte Dio dichiara illegittima ogni autorità dispotica e oppressiva e afferma il diritto di ogni persona e di ogni popolo a vivere nella dignità di individuo e di nazione. Nessuno può sopraffare un altro. Questa notte terribile e stupenda è segnata dal sacrificio dell’agnello, dal sangue dell’agnello che protegge la vita dei perseguitati, dalle acque minacciose del Mare Rosso pronto a inghiottire, dalla Parola di Dio che guida attraverso il profeta Mosè, armato solo del bastone di Dio. Durante l’ultima cena, Gesù celebra questo evento, prende la terza coppa di vino e pronuncia la benedizione della nuova ed eterna alleanza, dichiarando così che l’esodo d’Israele si compie nel suo sangue, di agnello sacrificato. La croce è la nuova arca di Noè che traghetta l’umanità dalla morte alla sponda della risurrezione. Anche noi, in questa notte, beviamo la terza coppa, la coppa del Messia.

5° Lettore

Dal libro dell’Esodo 14,15 15,1

14Il Signore disse a Mosè : «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. 16Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. 17Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. 18Gli Egiziani sa­pranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi ca­valieri».19L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. 20Andò così a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. 21Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. 22Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. 23Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. 24Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. 25Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». 26Il Signore disse a Mosè : «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». 27Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello con­sueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. 28Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. 29Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. 30In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; 31Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo te­mette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo. Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:

Salmo responsoriale Es 15,1-2; 3-5; 6-7; 17-1: Cantico di Miriam dopo il passaggio del mare Rosso.

Dopo la notte memorabile della liberazione e il passaggio avventuroso del Mare Rosso, dopo «le gesta di Dio», la prima voce che si leva dalla comunità per fissare la storia, secondo la tradizione, è la voce di una donna, di Miriam, sorella di Mosè, che invita il popolo a inneggiare a Dio liberatore, descritto in modo antropomorfico come un guerriero che si schiera dalla parte dei deboli e non esita a schiacciare il sopruso del forte. Questa non inneggiamo a Dio guerriero, ma al Dio che nel volto di Gesù si umilia fino a dare la vita per gli altri, per tutti. Questa è la forza di Dio: dare sé stesso senza esitazione.

6° Lettore

Rit. Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria.

1. 1Voglio cantare al Signore,

perché ha mirabilmente trionfato:

cavallo e cavaliere

ha gettato nel mare.

2 Mia forza e mio canto è il Signore,

egli è stato la mia salvezza.

E’ il mio Dio: lo voglio lodare,

il Dio di mio padre: lo voglio esaltare! Rit.

2. 3Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome.

4I carri del faraone e il suo esercito

li ha scagliati nel mare e i suoi combattenti scelti

furono sommersi nel Mar Rosso. Rit.

3. 5Gli abissi li ricoprirono,

sprofondarono come pietra.

6La tua destra, Signore, è gloriosa per la potenza,

la tua destra, Signore, annienta il nemico. Rit.

4. 17Tu fai entrare il tuo popolo e lo pianti

sul monte della tua eredità,

luogo che per tua dimora,

Signore, hai preparato,

santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato.

18Il Signore regni in eterno e per sempre! Rit.

Quarta lettura Ez 36,16-28: La notte dell’esilio.

Israele non è stato fedele all’alleanza e ha preferito allontanarsi dal Dio di Abramo e Isacco, ritrovandosi in terra straniera, in esilio, di nuovo schiavo. E’ il sec. V a .C. A Babilonia, tra gli esiliati c’è il profeta Ezechiele, che invita a guardare verso l’orizzonte della storia: anche se i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto, Dio è più forte perché solo lui può perdonare e ad una massa di ossa aride può ridare la vita e il respiro. E’ necessaria però la conversione, il cambio di direzione, il capovolgimento del pensiero perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, dice il Signore. Solo Dio converte e dalla dispersione raduna nell’unità; solo lui può purificare con l’acqua che sgorga dal costato di Cristo, immagine del battesimo; solo lui può fare il trapianto del cuore: da quello di pietra a quello di carne. Credere è solo una questione di cuore. Domani sera Gesù rimprovererà i due discepoli di Èmmaus di essere stolti perché «tardi (lenti) di cuore a credere alla parola dei profeti» (Lc 24,25), ma dopo averlo incontrato nell’Eucaristia, essi potranno esclamare: «ardeva il nostro cuore mentre ci spiegava le Scritture» (Lc 24,32).

7° Lettore

Dal libro del profeta Ezechiele 36,16 17a.18 20

16Mi fu rivolta questa parola del Signore: 17«Figlio dell’uomo, la casa d’Israele, quando abitava la sua terra, la rese impura con la sua condotta e le sue azioni. 18Perciò ho riversato su di loro la mia ira per il sangue che avevano sparso nel paese e per gli idoli con i quali l’avevano contaminato. 19Li ho dispersi fra le nazioni e sono stati dispersi in altri territori: li ho giudicati secondo la loro condotta e le loro azioni. 20Giunsero fra le nazioni dove erano stati spinti e profanarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: “Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese”. 21Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che la casa d’Israele aveva profanato fra le nazioni presso le quali era giunta. 22Perciò annunzia alla casa d’Israele: “Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, casa d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni presso le quali siete giunti. 23Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio –, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. 24Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. 25Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli; 26vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. 27Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. 28Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”». – Parola di Dio,

Salmo responsoriale Sal 42/41,3.5b. 43/42,3-4: Salmo di fiducia dell’esiliato che torna a rivedere Gerusalemme. Un levita è costretto a stare lontano del tempio di Gerusalemme, forse si trova in esilio, in procinto di essere liberato e di tornare in patria. Il suo struggente desiderio della casa del Signore gli fa elevare questo lamento pieno di viva nostalgia. La «sete» (v. 3) è sinonimo di sofferenza e simbolo della lontananza da Gerusalemme, mentre «vedere il volto di Dio» (v. 3) indica il pellegrinaggio che ogni Ebreo sogna verso il tempio di Gerusalemme. L’immagine della cerva che vaga nel deserto alla ricerca di corsi d’acqua (v. 2) esprime bene poeticamente il dolore e la sofferenza del distacco, che diventa un desiderio strozzato e impotente. Nella liturgia che commemora i Defunti, questo salmi esprime bene l’anelito del volto Dio che solo la morte potrà rivelare in tutta la sua pienezza. Oltre la morte, infatti, vi è l’Agnello immolato senza più tempio e città perché Dio è tutto in tutti.

8° Lettore

Rit. Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio

1. 3L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:

quando verrò e vedrò il volto di Dio? Rit.

2. 5bAvanzavo tra la folla

la precedevo fino alla casa di Dio,

fra canti di gioia e di lode

di una moltitudine in festa. Rit.

3. 3Manda la tua luce e la tua verità;

siano esse a guidarmi,

mi conducano alla tua santa montagna,

alla tua dimora. Rit.

4. 4Verrò all’altare di Dio,

a Dio, mia gioiosa esultanza.

A te canterò con la cetra, Dio, Dio mio. Rit.

[Si accendono le candele sull’altare e s’intona l’inno seguente]

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. [breve pausa 1-2-3]

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). O Dio, che illumini questa santissima notte di veglia con la gloria della risurrezione del Signore, rinnova in noi lo Spirito del Risorto perché, come famiglia nuova e rigenerata nel fuoco e nell’acqua, possiamo vivere la nostra vita come veglia in attesa di te, Dio dell’esodo, redentore di Abramo, Isacco e Giacobbe, guida di Mosè e Padre del Signore nostro Gesù Cristo che con te vive e regna nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen!

Quinta lettura Rm 6,3-11 Celebriamo la nostra identità che nasce a Pasqua

Paolo non trova parole adeguate ad esprimere compiutamente l’avvenimento della fede, per cui inventa anche un vocabolario nuovo: con-sepolti, con-crocifissi, con-viventi. Non è una unione morale o spirituale. Sulla croce veramente ci siamo noi, nel sepolcro veramente ci siamo noi, dal sepolcro veramente risorgiamo noi e la sua vita veramente è la nostra vita. Cristo risorto è la pietra angolare che sta a fondamento della fede che questa notte è rigenerata e proclamata al mondo.

 

9° Lettore

Dalla Lettera di San Paolo apostolo ai Romani (Rm 6,3 11)

[Fratelli e Sorelle,] 3non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? 4Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. 5Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. 6Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. 7Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. 8Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, 9sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 10Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. 11Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. – Parola di Dio.

Salmo responsoriale dal Sal 118/117,1-4.167.22-23: Inno di lode al Messia «pietra angolare».

E’ il salmo conclusivo dell’hallel pasquale (Sall 112/113-118/117) che si canta nella cena della veglia di Pasqua. La liturgia riporta l’introduzione, detta invitatorio (vv. 1-4), come supplica alla «casa di Aronne» perché lodi la chesed/misericordia del Signore. Segue il corpo del salmo, in cui un individuo, personificazione del re o del popolo, loda il Signore per averlo esaudito e salvato da un imminente pericolo. Al v. 24 si celebra la Pasqua come giorno fatto dal Signore, giorno in cui Israele/Cristo è stato scelto come pietra angolare del regno dei redenti (v. 22). La nostra pietra angolare è l’Eucaristia, la nostra pasqua della settimana in cui annunciamo al mondo la misericordia di Dio che si fa carne nella morte e risurrezione di Gesù Signore.

10° Lettore

Rit. Alleluia, Alleluia, Alleluia.

1. 1Rendete grazie al Signore, perché è buono;

perché il suo amore è per sempre.

2Dica Israele: il suo amore è per sempre. Rit.

2. La destra del Signore si è innalzata

16la destra del Signore ha fatto prodezze.

17Non morirò, ma resterò in vita

e annuncerò le opere del Signore. Rit.

3. 22La pietra scartata dai costruttori

è divenuta la pietra d’angolo.

23Questo è stato fatto dal Signore:

una meraviglia ai nostri occhi. Rit.

Vangelo-A-B-C . E’ risorto e vi precede in Galilea.

Secondo la legge del tempo di Gesù, la testimonianza delle donne era invalida. Gesù affida il primo annuncio in assoluto della sua risurrezione alle donne, travolgendo così una mentalità che le voleva (e ancora oggi le vuole) inferiori e suddite silenziose. Pasqua etimologicamente vuol dire «passare/andare oltre» perché Dio non è mai confinabile dentro schemi umani, ma è sempre «oltre» la nostra logica e i nostri limiti. I Rabbini dividevano il termine in due «Pe - sach = la bocca parla» perché davanti all’evento di Dio non si può restare muti, ma si è coinvolti nella partecipazione corale della Parola nuova, annunciata e condivisa. A Pasqua saranno le donne a passare oltre il fiume Giordano per entrare nella Terra Promessa delle liberazioni e andare dagli apostoli a portare la parola del Signore: «Egli vi precede in Galilea». Pasqua è veramente la festa dell’altra metà del cielo: ad esse che giuridicamente erano inattendibili perché la loro testimonianza era invalida, Gesù affida l’annuncio e la testimonianza decisiva della sua vita. Le donne sono le prime apostole del Risorto che annunciano il vangelo della risurrezione agli stessi apostoli che sono dominati dalla paura dell’oggi e anche del domani. Ieri come oggi sono sempre le donne a salvare il mondo. Impariamo da Gesù a superare ogni barriera e ogni discriminazione per essere i profeti della risurrezione.

Vangelo-A Mt 28,1-10 E’ risorto e vi precede in Galilea.

Dal vangelo secondo Matteo 28,1-10

1Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. E’ risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “E’ risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto». 8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». – Parola del Signore.

Vangelo-B Mc 16,1-8 Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto.

Dal vangelo secondo Marco 16,1-8

1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». 4Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». [Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite]. – Parola del Signore.

Vangelo-C Lc 24,1-12 Non è qui, è risorto.

Dal vangelo secondo Luca 24,1-12

1Il primo giorno della settimana, al mattino presto, esse [le donne] si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro 3e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. 5Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: “Bisogna 7che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”». 8Ed esse si ricordarono delle sue parole, 9e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto agli Undici e a tutti gli altri. 10Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. 11Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. 12Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l’accaduto. – Parola del Signore.

Spunti di omelia

Soffermiamo la nostra attenzione su alcune suggestioni. Nel mondo ortodosso, dalla notte di Pasqua fino a Pentecoste, cioè per cinquanta giorni, quando due s’incontrano, sostituiscono il normale saluto abituale con queste parole: «Christòs anèsti!/Cristo è risorto!» a cui si risponde: «Alithôs anèsti!/Veramente è risorto!».

Oggi l’annuncio pasquale è questo: chi fa finta di vivere, liberi la vita e voli con essa; chi vivacchia, si alzi da terra e scopra l’orizzonte che è davanti e in alto; chi si lascia vivere, accetti il supplemento di vita che questa notte porta con sé e offra la sua vita come dono. A voi che amate, che soffrite, che nuotate in acque insicure, che avete paura, che non sapete cosa fare e dove andare, cosa scegliere e non scegliere, a voi che siete segnati dal marchio dell’umanità, una sola parola: lasciatevi rapire da questa notte d’amore.

Non abbiate paura di scendere nel sepolcro dove la morte regna incutendo terrore, e scoprirete che invece è fragile, debole e anche inconsistente. Abbracciatela, stringetela, toccatela e come d’incanto scoprirete che lì accanto vi è il sudario piegato a parte e le bende), i teli che avvolgevano il corpo, vuoti e inutili, segni visibili di una Presenza invisibile, ma reale come l’amore della persona amata che è pregnante presenza anche quando è assente fisicamente. Solo scendendo nel sepolcro della morte, scopriremo il volto della vita e non di una vita qualsiasi, ma di una vita risorta, cioè rinnovata, trasformata.

Gesù consola le donne con parole forti: «Non temete!» perché la risurrezione è il principio di una vita nuova e l’annuncio, cioè l’appello a ciascuno di noi che la nostra vita è sorgente di risurrezione. Nessuno di voi è nato per essere banale o insignificante. Questa notte ognuno di noi riceve un vangelo personale: «tu sei importante per il Signore perché egli questa notte veglia e risorge per te». Se uno di noi questa notte non risorge, il mondo intero non risorge. Tutto è ancora possibile, anche un altro mondo è possibile veramente. Nessuno dica: per me non c’è speranza, perché oggi Cristo Gesù, Creatore e Redentore, morto e risorto «per noi», ha spalancato le porte della speranza che non ci abbandonerà mai, nemmeno nell’ora più buia, nell’ora del dolore e della morte.

Questa notte è «il principio» della nostra storia e del nostro tempo. Questa notte noi nasciamo e da questa notte possiamo iniziare a calcolare il tempo perché a partire da adesso, noi vivremo l’anno diviso in frazioni di sette giorni in sette giorni e lo segneremo con la celebrazione dell’Eucaristia domenicale. L’Eucaristia diventa così la misura dell’eternità che scandisce il nostro tempo e la nostra vita nel ritmo della domenica che è la Pasqua della settimana. Senza questa notte non possiamo celebrare la domenica che dà sapore al nostro tempo e alla nostra coscienza di essere «immagine di Dio».

Vivere la domenica come giorno del Signore significa confessare che Gesù è risorto e in lui Dio è il nostro Creatore, il Redentore, l’unico Dio. Come l’acqua fresca sgorga dalla sorgente, così la domenica sgorga da questa notte, prolungando il tempo in una continuità di vissuto e celebrato, perché il tempo scandisce la nostra dignità e il nostro desiderio di essere noi stessi, cioè «immagine di Dio». La domenica noi somigliamo a Dio che nel 7° giorno cessò da ogni attività lavorativa (cf Gen 2,2) per concentrarsi nella contemplazione della comunità orante, che egli convoca dalla diaspora dell’individualità all’unità della ecclesialità.

Nella nostra prassi moderna la domenica è diventata il giorno-pattumiera della settimana, in cui si ammucchia tutto ciò che non si riesce a fare nei sei giorni precedenti. In questo modo uccidiamo la nostra dignità di uomini e donne «immagine di Dio». Senza Pasqua non può esserci domenica e senza domenica non può esserci fede. Sia la domenica il giorno consapevole della Pasqua perenne che questa notte abbiamo assaporato; il giorno del nostro riposo, di un maggiore silenzio, di un più intimo ascolto; il giorno in cui si ama di più e meglio; il giorno in cui ci facciamo, per scelta e vocazione, servi gli uni degli altri. Il giorno di domenica che inizia da questa notte, come il fiume dalla sua sorgente, esige che rispondiamo alla chiamata dello Spirito che ci convoca all’Eucaristia per essere comunità celebrante e per condividere insieme la Parola, il Pane, il Vino e la fraternità ecclesiale. Per un cristiano la settimana non ha senso senza l’Eucaristia domenicale, perché senza Pasqua: un corpo senza spirito. «Non abbiate paura» (Mc 16,6) dice l’angelo alle donne e «Non temete» (Mt 28,10) aggiunge Gesù risorto. Lo scandalo di oggi consiste nell’avere paura gli uni degli altri: il mondo è dominato della paura dell’altro, visto come nemico, come ostile, come concorrente: l’Israelita teme il Palestinese, il Palestinese ha paura dell’Israelita, l’occidentale ha paura dell’immigrato, di cui peraltro ha estremo bisogno, e l’immigrato teme la nuova schiavitù di sfruttamento che la «civiltà cristiana» di un occidente corrotto gli impone, in nome e per conto del «dio denaro». Nella chiesa cattolica oggi domina lo scoramento e l’ignominia della contro-testimonianza.

La gerarchia cattolica ha tradito il suo ministero di custode e guardiana del popolo e, pur di incassare alcuni risultati immediati, specialmente di natura economica, non esita a sostenere politiche, governi e uomini indegni, corrotti, corruttori e immorali. Il prezzo più tragico pagato è il silenzio, o meglio, il tacere di fronte alla corruzione e ai delitti, specialmente contro la dignità della persona, e in particolare, contro i deboli e i poveri, i migranti che scappano dalla fame e dalla sete, dalla guerra e dalla morte. Di fronte alle politiche scellerate di respingimento, senza nemmeno un alito di umanità, i difensori dei «principi non negoziabili» diventano àfoni e àtoni. Coloro che furono chiamati ad essere profeti, gli annunciatori di Dio fattosi Parola, sono diventati muti e sordi, ciechi e assenti. Vivono senza storia perché non hanno mai incontrato il dio della storia, ma solo la sua caricatura che essi rappresentano, con i loro abiti anacronistici, per essere ammirati dagli uomini (cf Mt 6,1.5).

Guardiamoci attorno e osserviamo: domina la corruzione e il malaffare, gli onesti si piegano al sogno di vivere in una società senza connessione, sfilacciata, dove ognuno cammina per conto proprio e pensa agli affari propri, mentre in realtà rovina sé insieme a agli altri. Il legislatore emana leggi immorali appoggiate da larga parte di politici che non esitano a dichiararsi credenti, il criterio del «bene comune» si è eclissato nell’interesse privato e personale, l’etica è oscurata dal clientelismo e dall’individualismo egoista immorale e protervo. I figli della luce fanno affari con i figli delle tenebre, il giorno è confuso con la notte e l’immoralità dilagante è sfacciatamente esibita come vanto e virtù, specialmente da coloro che dovrebbero essere esempio e specchio di moralità. La complicità di larga parte del mondo cattolico è dilagante, colpevole e negazione della Pasqua, perché con il comportamento compromesso dei credenti, si uccide la credibilità di Dio e il suo messaggio di liberazione. Si direbbe che i cattolici, che sono in combutta con la politica del malaffare, al martirio della testimonianza preferiscano i vantaggi del potere maledetto che ancora una volta crocifigge Cristo per meno di trenta denari.

Tutti stiamo assistendo al tentativo maldestro della gerarchia cattolica di rafforzare i legami di alleanza con i potenti e con chi detiene il potere per il quale si corrompe chiunque vi si rapporta, senza rendersi conto di diventare un ingranaggio nella macchina delittuosa che livella e distrugge tutto ciò che si frappone al disegno eversivo di sottomettere l’intera nazione in un regime di schiavitù e di prostituzione. Chi si prostituisce è onorato e portato in trionfo, chi è corrotto e corrompe è votato e inneggiato come modello, chi sovverte le regole della democrazia e della giustizia è premiato e invidiato: in tutto questo male che schiaccia i poveri a favore dei ricchi, Cristo è risorto, «Alithôs anèsti!/Veramente è risorto!».

Un senso di illegalità diffusa e profonda attraversa il Paese e coloro che affermano di essere cristiani sono complici e sostengono progetti politici e persone che sono la negazione di quel tessuto sociale e spirituale che è distintivo della nostra identità umana e spirituale. Non è la minaccia dell’inferno che converte i cuori, ma il desiderio della risurrezione; non è la condanna che salva le persone, ma la misericordia data con gioia; non è il terrore che convince, ma la proposta di un progetto grande e illimitato, dove ognuno possa essere contenuto e compreso. Siamo nati per essere e fare «comunità», perché da soli siamo capaci soltanto di smarrirci e di dannarci. La risurrezione è il progetto di Dio che questa notte ci viene offerto e consegnato: spetta a noi scegliere e decidere. Cristo non è venuto a condannare il mondo, ma a salvarlo dando la sua vita gratuitamente e senza contropartita. La Chiesa che non assume Cristo nell’interezza della sua umanità, lo relega nel limbo del mito e lo strangola in una spiritualità asfittica, senza anima, perché senza il corpo della storia e dell’umanità piagata.

Da oggi inizia per noi il ministero della testimonianza con la coerenza della vita nella verità e nella trasparenza. Non possiamo esigere legalità se siamo disposti ad aggirare la maestà della Legge, cercando scorciatoie di comodo o di interesse. Non possiamo pretendere moralità se la nostra vita personale non è ancorata all’etica della risurrezione che si fonda sul principio dell’amore gratuito fino al dono totale di sé per il bene della comunità. Non possiamo esigere che si rispetti il diritto se non siamo disposti ad essere fino allo spasimo uomini e donne di «Diritto» che riconoscano e rispettino il diritto di ogni singolo individuo «di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (Ap 7,9). Come possiamo celebrare la risurrezione di colui che ha scelto gli ultimi e i disprezzati dalla religione e dalla politica del suo tempo, se siamo razzisti e disattenti alla storia che ci interpella a difesa dei deboli e dei disperati che oggi popolano le nostre strade?

Oggi, giorno di risurrezione, è principio e fondamento del diritto personale di ciascuno di essere sé stesso, di muoversi liberamente in tutto il mondo, di avere un lavoro, una casa, una famiglia, l’assistenza sanitaria e scolastica, la libertà di professare la religione secondo coscienza: in una parola oggi, giorno di risurrezione, è il fondamento del diritto di ciascuno di essere sé stesso e di esserlo felice.

Oggi si staglia davanti a noi il «Crocifisso-risorto» che molti, anche credenti, vescovi e papi compresi, vogliono e si ostinano a difendere come «simbolo culturale» di una civiltà che ha poco o nulla di civile, e niente di cristiano. Il vangelo che questa notte il Crocifisso risorto ci annuncia e ci affida è semplice: «il mio regno non è di questo mondo» (cf Gv 18,36) e quindi non s’identifica con alcuna cultura e forma di civiltà, ma assume tutte le culture e tutte le civiltà dentro il suo costato aperto, senza distinzione, senza preferenze. Cristo è innalzato sulla croce a braccia spalancate perché possa accogliere tutti, senza distinzione di sorta, e attrarre a sé l’umanità dispersa che così trova il punto di convergenza per un cammino di unità e di comunione: «volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; cf Zc 12,10). «Volgeranno», cioè procederanno dalla dispersione all’unità, dalla separazione alla comunione, convergendo verso un punto «Oméga» finale che vedrà esplodere la risurrezione dell’umanità che questa notte ha la certezza del proprio cammino e del proprio destino.

Il Signore non ci ha mandato a difendere il segno del crocifisso come ornamento delle pareti, ma ci ha comandato di annunciare al mondo intero che egli è morto e risorto per tutta l’umanità. Chi difende i simboli della «civiltà occidentale cristiana» o i «valori occidentali» in quanto cristiani, è miscredente perché annulla il Crocifisso come scandalo per il mondo, irriducibile a qualsiasi valore (cf 1Cor 1,23). Chi identifica il crocifisso con l’occidente rinnega lo scandalo della croce e l’annichilimento di Dio che si svuota di sé per riportare l’umanità intera all’unità di una sola famiglia di Dio (cf Fil 2,8): Cristo è morto per tutti, non soltanto per alcuni; Cristo non è bianco, ma è palestinese; Cristo non è europeo, ma ebreo di nascita, di formazione, di religione; Cristo non è occidentale, ma orientale; Cristo non è di parte, ma universale. Cristo Gesù è ebreo per sempre e per l’eternità.

Cristo non è un valore da conservare, ma una Persona da amare e annunciare con amore. Di fronte agli immigrati cristiani dell’America Latina, ai mussulmani arabi, agli atei e ai non credenti, quale testimonianza diamo di Dio? Se è il Dio di Gesù Cristo, allora è tempo che ci convertiamo e cambiamo atteggiamento davanti ad ogni uomo, popolo, cultura e religione. Cristo non è un vessillo da sbandierare all’occasione contro qualcuno, ma al contrario, è la pietra d’inciampo dell’identità cristiana (cf 1Pt 2,4.7-8; Rm 9,33; Is 8,14), colui che sconvolge l’ordine della nostra vita chiedendoci atteggiamenti e scelte di vita che sono contro natura: amare i nemici, porgere l’altra guancia, perdonare sempre senza condizione, dare la vita, non giudicare mai, ma giudicarsi severamente.

Siamo chiamati a rendere ragione della credibilità di Dio. Come possiamo farlo? Una settimana ha 168 ore di tempo, un tempo gratuito che Dio ci regala, senza nostro merito perché possiamo morire all’improvviso in ogni istante: quale garanzia abbiamo di vivere a lungo? Nessuna! Siamo fragili, siamo mortali, siamo passeggeri. Gesù ci segnala che non siamo capaci di vegliare con lui nemmeno un’ora (cf Mt 26,40): 168 ore contro una/due alla settimana. Forse da questa Pasqua dovremmo cominciare a fare qualche calcolo più esatto. Il futuro è nelle mani di Dio e noi non abbiamo potere sul tempo. Nessuna garanzia di vita o di morte, solo la misericordia provvidente di Dio ci tiene in vita. Dire che «non abbiamo tempo» davanti a Colui che ci regala tutto il tempo è per lo meno poco corretto. Che Dio ci aiuti ad essere coerenti e responsabili.

Tornando a casa da questa Veglia di Pasqua, non abbiate più paura di nulla, non temete di non farcela, non lasciatevi rassegnare a ciò che vi accade perché da questa notte vi portate dentro il germe della immortalità e della risurrezione perché ognuno di voi vale la vita stessa di Dio. Ciascuno di voi può generare risurrezione e vita, amore e servizio, generosità e affabilità. Lasciatevi contaminare da Dio perché lui è più grande di ogni vostro limite e paura. Cristo è risorto per dirci che abbiamo un compito di vita, un compito di risurrezione nei vari ambienti dove siamo chiamati a vivere. «E’ la Pasqua del Signore!» (Es. 12,11).

Fra tutte le letture, tre narrano di tre notti, simboleggiate da tre coppe di vino della cena ebraica: e poi abbiamo richiamato una quarta coppa. E’ la coppa che simboleggia la fine del mondo. Gli Ebrei la chiamano la coppa di Elia, il profeta che precederà il Messia alla fine dei tempi. Bevendo questa coppa gli Ebrei anticipano il gusto dell’ultima notte, quando il Messia sarà tutto in tutti e noi lo vedremo (Dio) così come egli è (1Gv 3, 2). Portiamo il sapore di questa coppa con noi e versiamolo su tutto ciò che amiamo, che soffriamo, che incontriamo, che speriamo, che temiamo, che progettiamo, che disperiamo: nulla è più senza senso perché tutto acquista un significato di vita da questa notte e per sempre. Il Signore risorto è qui e ci chiama per nome, uno per uno.

Portiamo ovunque la Pace che nasce da questa Pasqua e, con l’aiuto dello Spirito, sappiamo raccogliere i brandelli di croce che sono disseminati in tutto il mondo per poterli riunire e ricostruire così la croce luminosa del Signore che ci chiama ad essere aperti al mondo, comunità di credenti, testimoni della sua morte e risurrezione, figli della luce perché figli della Pace. Siate in pace con voi, con le persone che amate e con quelle che incontrate nella vita o nelle professioni che esercitate, amate le persone per le quali soffrite. Siate per tutti un germe di speranza, un seme di risurrezione. Con l’aiuto di Gesù risorto, con la forza dello Spirito del Risorto, nel Nome del Padre che è nei cieli perché è la Pasqua del Signore. E’ la nostra Pasqua! Buona Pasqua a tutte e a tutti voi, dal profondo del cuore.

Preghiera dei fedeli

In questa notte di Pasqua vogliamo guardare al mondo intero e farci compagni e compagne di viaggio, pellegrini di vita con chiunque vive accanto a noi e lontano da noi, perché noi siamo parte viva dell’umanità dispersa ai quattro angoli della terra. In questa notte pasquale vogliamo essere solidali:

    • con le famiglie unite e felici che vivono questa Pasqua senza fratture, nell’armonia e nell’amore;

    • con le famiglie separate o divorziate, specialmente con figli: perché la loro sofferenza e fatica non sia inutile, ma trovi nella Pasqua la forza per affrontare le difficoltà e per risorgere. Una cosa è certa e sicura: in queste sofferenza e ferite, Cristo è crocifisso e vuole risorgere; Dio non vi abbandona né vi può abbandonare;

    • con tutte le persone che, per storia e condizioni personali, oltre la famiglia tradizionale, scelgono altre forme di convivenza: possano essere sé stesse, fedeli e cercare sempre il progetto d’amore di Dio;

    • con tutte le persone che si amano e che amano come sono capaci, con il loro entusiasmo e la loro fatica, con i loro limiti e le loro possibilità, perché il loro amore non sia oggetto di derisione e di discriminazione, ma sia rispettato e riconosciuto;

    • con tutti i fidanzati e coloro che si sposeranno entro questo anno, perché siano felici, fedeli, gioiosi e testimoni dell’amore che il Dio Risorto riversa nei loro cuori;

    • con quanti portano nel cuore un peso segreto, una sofferenza, una preoccupazione, una solitudine: sappiano che questa notte è fatta per scaldare il loro cuore nel calore dell’accoglienza e della tenerezza;

    • con tutti i bambini e le bambine del mondo perché nessuno vìoli la loro anima e il loro corpo; per le vittime di abusi sessuali da parte di uomini di chiesa: delitto orrendo e sacrilegio senza scuse; possano le vittime essere risarcite nella dignità e nella pace e i preti e i religiosi coinvolti essere curati;

    • con tutti i bambini abbandonati, venduti, uccisi per il trapianto di organi, violati e soli;

    • con tutte le persone anziane perché siano stimate e accettate con i loro limiti e la loro lentezza: oggi è Pasqua anche per loro che si avviano alla Pasqua della vita eterna;

    • con le persone che in questo momento, in tutto il mondo, stanno morendo, in guerra, negli ospedali, per le strade, nelle case, in compagnia o in solitudine;

    • con quanti servono senza chiedere in cambio nulla e sono così segno visibile tra noi dell’amore di Dio perché il servizio non sia mai un privilegio, ma un’esigenza del cuore grande e gratuito per somigliare al Signore che è venuto per servire e non per essere servito (cf Mc 10,45);

    • con tutte le persone che questa notte si scambieranno un augurio di Pasqua con gli occhi colmi di amore e il cuore pieno di luce: possano illuminare il mondo intero;

    • vogliamo fare Pasqua anche con i nostri morti, che sono presenti nella Gerusalemme celeste e celebrano Cristo Luce perenne: sentiamo la loro presenza, la viviamo e con loro preghiamo e attraverso di loro invochiamo la Risurrezione di Cristo come benedizione su di noi e le nostre famiglie.

    • per tutte le intenzioni che portate nel cuore e che v’invito a deporre su questo altare e nel cuore di Dio.

[Seguono alcuni momenti di silenzio per eventuali intenzioni libere]

IV. LITURGIA BATTESIMALE – PROFESSIONE DI FEDE

E RINNOVO DEI VOTI BATTESIMALI

Nella notte di veglia per il Signore, memori

    1. dell’acqua della creazione, sulla quale aleggiava lo Spirito di Dio, Benediciamo il Signore.

    2. dell’acqua del diluvio che salvava Noè e altre sette persone, Ti ringraziamo, o Signore.

    3. dell’acqua del Nilo trasformata in sangue dal bastone di Mosè, Proteggici, o Signore.

    4. dell’acqua del Mare Rosso in cui fu battezzato il popolo d’Israele, Purificaci, o Signore.

    5. dell’acqua della Roccia che dissetò Israele nel deserto, Guidaci, o Signore.

    6. dell’acqua del Giordano santificata dal battesimo del Signore, Santificaci, o Signore.

    7. dell’acqua del pozzo della Samaritana dissetata al fonte della fede, Dissetaci, o Signore.

    8. dell’acqua della piscina di Sìloe che guarisce i malati, Guariscici, o Signore.

    9. dell’acqua che sgorga dall’altare del Tempio di Gerusalemme, Benedici il tuo popolo, Signore.

    10. dell’acqua mista a sangue del costato del Signore crocifisso, Tu ci hai redento, o Signore.

    11. dell’acqua del battesimo dalla quale siamo nati noi, Accoglici, o Signore.

    12. dell’acqua che benediciamo questa notte per essere benedetti, Benedici il mondo, Signore.

I Santi e le Sante che invochiamo fanno parte della Gerusalemme celeste, simboleggiata in questa comunità eucaristica, che rappresenta la Gerusalemme terrestre diffusa in tutto il mondo. Una sola chiesa, un solo Cristo, un solo Dio, una sola umanità. Cielo e terra uniti in un solo afflato nell’unico Signore risorto:

Litanie dei santi [cantate]

Signore, pietà! Signore, pietà! Cristo, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! Signore, pietà!

Santi Adamo ed Eva, nostri progenitori, Pregate per noi!

Santo Abramo, nostro padre nella fede, Prega per noi!

Santa Madre Sara, figura di Maria, Prega per noi!

Santo Isacco, figura del Signore legato alla croce, Prega per noi!

Santa Agar, ripudiata, ma salvata dall’angelo di Dio, Prega per noi!

Santa Madre Rebecca, che disseti con l’acqua del pozzo, Prega per noi!

Santo Giacobbe, padre dell’Israele di Dio, Prega per noi!

Sante Madri Rachele e Lia, sorgenti delle dodici tribù d’Israele, Pregate per noi!

Santo Mosè, che profeta e condottiero del popolo dell’esodo, Prega per noi!

Santo Giosué, che introducesti Israele nella terra promessa, Prega per noi!

Santo Elia, profeta precursore del Messia, Prega per noi!

Santa Vedova di Zarèpta, che nutristi il profeta di Dio, Prega per noi!

Santi Profeti e profetesse di Dio che annunciaste il Messia, Pregate per noi!

Santi Apostoli e Apostole, che ci tramandaste l’Eucaristia, Pregate per noi!

Santa Maria, Madre di Dio, Prega per noi!

Santa Maria, Figlia del Padre, Prega per noi!

Santa Maria, Figlia del tuo Figlio, Prega per noi!

Santa Maria, Arca dello Spirito Santo, Prega per noi!

Spirito Santo, che rinnovi il volto della terra, Prega per noi!

Spirito Santo, che converti i cuori contriti, Prega per noi!

Spirito Santo, che santifichi con le acque del battesimo, Prega per noi!

Spirito Santo, che battezzi nel fuoco di Dio, Prega per noi!

Spirito Santo, prefigurato nella colomba del Cantico, Prega per noi!

Spirito Santo, che ci abiliti a celebrare l’Eucaristia, Prega per noi!

San Michele, difensore dei figli di Dio, Prega per noi!

Santi Angeli di Dio, nostri custodi, Pregate per noi!

San Giovanni Battista, precursore del Signore, Prega per noi!

Santi Zaccaria ed Elisabetta, padre e madre del Precursore, Pregate per noi!

San Giuseppe, padre adottivo del Signore, Prega per noi!

Santi Simeone ed Anna, che vedeste la “Salvezza d’Israele”, Pregate per noi!

Santi Pietro e Paolo, Apostoli degli Ebrei e delle Genti, Pregate per noi!

Sant’Andrea, fratello di Pietro, Prega per noi!

San Giovanni, che ricevesti in affido la Madre di Dio, Prega per noi!

Santi Apostoli ed Evangelisti, fondamento della fede cristiana, Pregate per noi!

Santa Maria Maddalena, che lavasti i piedi del Signore, Prega per noi!

Santi discepoli e discepole del Signore, nostri antenati, Pregate per noi!

Santo Stefano, che imitasti nella morte il Signore, Prega per noi!

Sant’Ignazio di Antiòchia, frumento di Cristo, Prega per noi!

San Lorenzo, che scegliesti i poveri come tesori della chiesa, Prega per noi!

San Giorgio, che lottasti contro il drago del maligno, Prega per noi!

Sant’Agnese, martire della fedeltà al Signore, Prega per noi!

Santi martiri in Cristo, che amaste la vita per darla nella morte, Pregate per noi!

San Gregorio, che fermasti la violenza di Attila disarmato, Prega per noi!

Sant’Agostino, che ti sei lasciato afferrare da Cristo Prega per noi!

Santa Monica, che convertisti il figlio Agostino con le lacrime, Prega per noi!

Santi Cirillo e Metòdio, compatroni d’Europa, Pregate per noi!

San Benedetto e Santa Caterina da Siena, compatroni d’Europa, Pregate per noi!

San Francesco, sposo di “Madonna Povertà”, Prega per noi!

San Domenico, maestro di sapienza, Prega per noi!

Santa Caterina da Genova, modello di carità, Prega per noi!

Santi e sante di Dio, che intercedete davanti all’Agnello pasquale, Pregate per noi!

Gesù, Figlio del Dio vivente, Ascolta la nostra supplica.

Gesù, Figlio del Dio vivente, Ascolta la nostra supplica.

Benedizione dell’acqua

Benedetto sei tu, Dio, Padre onnipotente: hai creato l’acqua che purifica e dà vita. Lekà Kavòd, Adonài!

[ebraico: Gloria a te, o Signore!]

Benedetto sei tu, Dio, unico Figlio, Gesù Cristo: hai versato dal tuo fianco acqua Barùk attàh, Adonai!

e sangue, perché dalla tua morte e risurrezione nascesse la Chiesa. [ebraico: Benedetto sei tu, o Signore!]

Benedetto sei tu, Dio, Spirito Santo: hai consacrato il Cristo Euloghētòs êi, Kýrie!

nel battesimo del Giordano, perché noi tutti fossimo in te battezzati. [greco: Benedetto sei tu, o Signore!]

Vieni con la tua potenza, o Padre, e santifica quest’acqua, perché in essa gli uomini, Dòxán-soi, Kýrie!

lavati dal peccato, rinascano alla vita nuova di figli. [greco: Gloria a te, o Signore!]

Santifica quest’acqua, perché coloro che saranno battezzati nella morte e risurrezione

di Cristo siano conformi all’immagine del tuo Figlio. Ti preghiamo, Signore!

[Il celebrante, con la mano destra tocca l’acqua, e prosegue:]

Benedetto sei Tu, Gesù, Benedizione del Padre! Benedetto sei Tu, Cristo, Redenzione dell’umanità.

Benedetto sei Tu, Dio che ci accogli figli benedetti. Benedetto sei Tu, Signore che ci benedici!

[Dal Sal 139,1-3]: Sorgenti delle acque, benedite il Signore: lodatelo ed esaltatelo nei secoli. Signore, tu ci scruti e ci conosci. Tu sai quando sediamo e quando ci alziamo. Tu penetri da lontano i nostri pensieri. Tu mi scruti quando cammino e quando riposo.

Ci benedica e ci protegga la benedizione della tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Scenda la Shekinàh del Tuo Nome nel nostro cuore e nella nostra vita. Amen!

Rinnovazione delle promesse battesimali

Rinnoviamo le promesse della nostra fede. Quando siamo stati battezzati eravamo troppo piccoli per avere coscienza della nostra scelta cristiana. Altri hanno deciso per noi: papà e mamma ci hanno trasmesso la fede che a loro volta avevano ricevuto. Ora che siamo adulti e responsabili, spetta a noi alimentarla e renderla adulta e consapevole. Oggi possiamo farlo, ringraziando i nostri genitori per il dono che ci hanno fatto e condividendola con tutti i credenti sparsi ai quattro punti cardinali della terra.

Rinunziate al peccato, per vivere nella libertà dei figli di Dio? Rinunzio.

Rinunziate alle seduzioni del male, per non lasciarvi dominare dal peccato? Rinunzio.

Rinunziate a satana, origine e causa di ogni peccato? Rinunzio.

Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.

Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria

Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Credo.

Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,

la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo.

Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede nella quale siamo stati battezzati. Questa è la nostra fede che ci gloriamo di professare con la nostra vita. Dio onnipotente, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha liberati dal peccato e ci ha fatto rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo, ci custodisca con la sua grazia in Cristo Gesù nostro Signore, per la vita eterna. Amen.

[Segue la Messa con lo scambio della pace e la presentazione delle offerte]

MENSA EUCARISTICA

Scambio della pace e presentazione delle offerte. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; li presentiamo a te, perché diventino per noi cibo e bevanda di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue il sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Accogli, Signore, le preghiere e le offerte del tuo popolo, perché questo santo mistero, gioioso inizio della celebrazione pasquale, ci ottenga la forza per giungere alla vita eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA II (detta di Ippolito, prete romano del sec. II)

La creazione loda il Signore – Prefazio proprio: Cristo, Agnello Pasquale

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questa notte nella quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato.

Agnello di Dio che prendi su di te il peccato del mondo, dona al mondo la pace. Osanna nell’alto dei cieli (cf Gv 1,29.36).

È lui il vero Agnello che ha preso su di sé i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita.

Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. La salvezza appartiene a te, nostro Dio, che siedi sul trono e all’Agnello! Osanna nell’alto dei cieli. Kyrie, elèison. Christe, elèison. (cf Ap 7,10).

Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l’umanità esulta su tutta la terra, e con l’assemblea degli angeli e dei santi canta l’inno della tua gloria:

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Degno sei tu, o Agnello immolato, di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e lode! Benedetto nel nome del Signore colui che viene. Osanna nell’alto dei cieli. Christe, elèison. Pnèuma, elèison(cf Ap 5,12).


Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Ti benedice, Signore, l’anima nostra: tu sei grande Signore, nostro Dio! (cf Sal 104/103,1).

Egli, nella notte in cui, tradito, fu consegnato alla morte, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: «PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI».

Gioisce il nostro cuore perché non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione (cf Sal 16/15, 9-10).


Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: «PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI».

Alzeremo il calice della salvezza e invocheremo il tuo santo Nome, o Signore Risorto (cf Sal 116/115, 13).

«FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME».

Nostra forza e nostro canto sei tu, Signore che ci salvi. Sei il nostro Dio e ti vogliamo lodare, sei il Dio dei nostri padri e ti vogliamo esaltare (cf Es 15,2).

MISTERO DELLA FEDE.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della sua venuta.

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.

L’anima nostra ha sete di te, o Dio, Dio vivente. Verremo al tuo altare, a te, o Dio della nostra gioia, del nostro giubilo (cf Sal 42/41,3.4).

Ti preghiamo: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Tu sei la pietra scartata dai costruttori e sei divenuta testata d’angolo, la pietra angolare della creazione e della Chiesa (cf Sal. 118/117, 22-23).

Ricòrdati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra, e qui convocata nella notte gloriosa della risurrezione del Cristo Signore nel suo vero corpo: rendila perfetta nell’amore in unione con il Papa …, il Vescovo …, le persone che amiamo e che ricordiamo… e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Tu ci prendi dalla genti, ci raduni da ogni terra e ci conduci alla santa Gerusalemme. Ci dài un cuore nuovo, metti dentro di noi uno spirito nuovo, togli da noi il cuore di pietra e ci dài un cuore di carne (cf Ez 36,24-26).

Ricòrdati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che noi affidiamo alla tua clemenza … ammettili a godere la luce del tuo volto. Insieme ricordiamo tutti i morti di violenza in ogni parte del mondo.

L’eterno riposa dona loro, Signore, e splenda ad essi la tua luce perpetua della risurrezione dai morti

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Noi non abbiamo paura perché tu, Signore risorto, sei sempre con noi e noi ti annunciamo al mondo intero.

Dossologia [E’ il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, MORTO E RISORTO PER NOI, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNITA’ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

In comunione con tutti i cristiani sparsi nel mondo, con quelli di ieri, d oggi e anche di domani, idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo nella stessa lingua di Gesù e degli Apostoli, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra.

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla Comunione 1Cor 5.7-8

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa con sincerità e verità. Alleluia.

Preghiamo. Infondi in noi, o Padre, lo Spirito della tua carità, perché nutriti con i sacramenti pasquali viviamo concordi nel vincolo del tuo amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Benedizione

Il Signore risorto che è apparso alle donne e agli apostoli è con voi, Amen.

Il Signore risorto che è principio e fondamento di speranza eterna, sia con voi.

Il Signore risorto che ci chiama alla vita e alla vita piena nello Spirito, sia con noi.

Il Signore risorto sveli nel cuore di ciascuno di voi il germe della risurrezione.

Il Signore risorto sia sempre davanti a noi per guidarci sui sentieri dell’amore generante.

Il Signore risorto sia sempre dietro di voi per difendervi dal male e da ogni pericolo,

Il Signore risorto sia sempre accanto a noi per confortarci e renderci risorti ogni giorno.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen.

La Veglia pasquale è finita come rito, comincia la Pasqua della vostra vita per l’anno 2011-2012.

Andiamo in pace, alleluia, alleluia. Rendiamo grazie a Dio, alleluia, alleluia.

Appendice per riflettere

Sul significato dell’agnello pasquale che, quando ancora esisteva il tempio, era sacrificato in questa occasione da ogni famiglia ebrea, proponiamo una riflessione del Rabbino Shlomo Riskin (n. 1940).

Rav Shlomo Riskin, Sangue e Redenzione (Jerusalem Post International il 15.01.1995; cf sito Torah.it).

Che rappresenta l’agnello pasquale? Un curioso midràsh insegna che, arrivato per Dio il momento di redimere gli ebrei dalla schiavitù egiziana, si presentò un problema a bloccare il loro esodo, a cui allude il verso che indica gli ebrei «nudi senza abito». Il midràsh legge il verso in senso metaforico. «Senza abbigliamento» significa che davanti al Sinai sarebbero stati nudi – senza comandamenti! Ed allora Dio dà il comandamento del sacrificio pasquale. Ma il comandamento del sacrificio pasquale non è semplicemente uno dei 613 comandamenti; esso sta per l’esperienza essenziale dell’essere ebreo, la fede assoluta e la dedizione all’unico Dio.

Quando agli Ebrei fu comandato di sacrificare il capretto pasquale, uno degli dèi adorati in Egitto, veniva loro chiesto di fare una delle più forti dichiarazioni del mondo antico: di essere disposti a mettere in gioco le loro vite per il loro Dio, per la loro fede, per il loro popolo, per l’unica identità nazionale che affondava le sue radici nella negazione dell’idolatria. Il Midrash quindi ci sta spiegando che prima di poter essere redenti, dobbiamo capire che la redenzione non può avere nessun significato profondo se non siamo disposti a sacrificarci, ad assumere dei rischi.

L’immagine del sangue sugli stipiti può essere dura da digerire, ma deve esserci quel momento di totale apertura esistenziale, di dichiarazione della propria fede nel Dio Unico a costo della propria vita, del proprio sangue. Questo momento nel tempo, ci dice la Torà, è da celebrarsi e da commemorare per sempre. E solo dopo aver raggiunto questo livello siamo pronti per la redenzione, simboleggiata per sette giorni dalla matzàh, il pane senza lievito che mangiammo quando lasciammo la schiavitù egiziana per la libertà nel deserto, diretti a Israele.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale

«Il luogo della sepoltura è stato un giardino e vi è stata piantata una vite. “Io sono la vite”, disse. Quindi, essa è stata piantata in terra perché fosse sradicata la maledizione venuta attraverso Adamo: la terra era stata condannata alle spine e ai rovi. Dalla terra è uscita la vera vite perché si compisse la parola: “La verità è sorta dalla terra e la giustizia ha guardato dal cielo”. E che dirà colui che è sepolto nel giardino? “Ho raccolto la mia mirra con i miei aromi”. E ancora: “La mirra e l’àloe con tutti i profumi”, poiché tutti simboleggiano la sepoltura. Anche i Vangeli dicono: “Le donne si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato”.

Vi andò anche Nicodemo, che “portò una mistura di mirra e àloe”. Infatti, prima di entrare attraverso le porte chiuse, lo sposo e il medico delle anime era stato cercato dalle donne dal cuore forte. Le sante donne andarono al sepolcro a cercare colui che era risorto... Secondo il Vangelo, Maria andò, si mise a cercare e non trovò, poi raccolse il messaggio degli angeli e, infine, vide il Cristo. Anche queste circostanze erano state descritte? Sì, Maria dice nel Cantico: “Sul mio letto ho cercato l’amato del mio cuore”. In quale tempo? “Sul mio letto, lungo la notte”... “Maria, dice il Vangelo, si recò al sepolcro quand’era ancora buio”. “Sul mio letto l’ho cercato, ma non l’ho trovato”. E i Vangeli: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Ma allora vennero gli angeli : “Perché cercare fra i morti colui che è vivo?”... Maria non lo riconosceva ed è a nome suo che il Cantico dei Cantici diceva agli angeli: “Avete visto l’amato del mio cuore?... Appena li ebbi incontrati (si tratta degli angeli) trovai l’amato del mio cuore! Lo strinsi fortemente e non lo lasciai”».

Da un’antica «Omelia sul Sabato santo» (Pg 43, 439. 451. 462-463). La discesa agli inferi del Signore

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svégliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svégliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi, mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura. Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te io, che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce.

Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio. Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».

_______________________________________________

© Veglia Pasquale A – B – C – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 07-04-2012 - San Torpete – Genova

1 La veglia è un «memoriale», non un «ricordo». In italiano, «ricordo» deriva da «cor/cuore» e rappresenta un moto nuovo dell’animo che si ri-volge al passato su cui però non ha potere. Ri-cord-iamo una persona defunta, cioè la portiamo di nuovo al cuore con sentimento, ma la morte resta morte. In ebraico, invece, «memoriale» si dice «zikkaròn» e descrive un momento presente, un fatto come conseguenza diretta del passato: mentre si ricorda si sperimenta lo stesso evento/fatto che si realizza con modalità nuove. Nello stesso momento in cui ricordiamo, diventiamo contemporanei e partecipi di ciò di cui abbiamo memoria. Il termine base, in italiano, è «memoria» (dall’indoeuropeo «memn–» da cui il verbo difettivo/perfettivo latino «memini – [mi] ricordo») che esprime l’intenzione della volontà dell’uomo che nel suo agire unifica in un tutt’uno presente, passato e futuro. In greco si ha «mèmona – io penso/ho voglia/desidero». Questo gruppo semantico collega il presente al passato in un contesto di spiritualità (pensare/desiderare) proiettata in avanti. Non a caso l’Eucaristia/Messa fin dall’inizio, nel mondo greco fu detta anche «Anàmnesis» (radice «mn») cioè memoria sperimentata della passione, morte e risurrezione del Signore, rivissuta come evento di cui siamo testimone partecipi e beneficiari. In questo «memoriale» di veglia i segni sono essenzialmente due: la Parola di Dio e noi stessi.

2 Nota storica. Dal sec. V, il bat­tesimo degli adulti diventa sempre più rado e quindi si abbrevia la veglia che dal sec. VI è ce­lebrata nelle ore serali del sabato, per passare, nel sec. IX, alle tre del pomeriggio e infine, nel sec. XIII, alle ore mattutine del sabato. Questo uso viene consolidato definitiva­mente da Pio V nel 1570, dopo la riorganizzazione liturgica voluta dal Concilio di Trento. Pio XII nel 1950 riporta la veglia pasquale al suo posto naturale: nella notte tra il sabato e la dome­nica di Pasqua. La liturgia del fuoco e del cero pasquale sono di origine gallicana per richiamare simbolicamente la colonna di fuoco che nella notte dell’esodo (Es 13,21-22) precedette gli Ebrei nel passaggio del Mare Rosso. Il canto al Cero/colonna/Cristo si sviluppa tra i sec. IV e VII. Segue l’ascolto della Parola, secondo l’or­dine di Deuteronomio: «Shemà Israèl/Ascolta, o Israele»! (Dt 6,4). Questa notte ascoltiamo il Signore che passa attraverso la salvezza che si fa storia, perché egli parla agendo e agisce parlando.

3 Sant’Agostino esprime plasticamente questo pensiero sulla presenza aderente di Dio: «Tu sei all’interno di me più del mio intimo e più in alto della mia parte più alta – interior intimo meo et superior summo meo» (Confessioni, III, 6, 11).

4 Etimologicamente «Pasqua» dall’ebraico «Pesàch» significa «zoppicare/saltellare/andare oltre/passare al di là». I rabbini dividono anche la parola ebraica «Pesàch» in due «Pe – sach» che significa «La bocca parla». In questa notte cioè si celebra lodando. La notte di Veglia è dominata dalla PAROLA. In questa notte andiamo oltre tutto ciò che è ovvio perché Pasqua è andare sempre oltre. Il Signore è altrove! Il Signore è sempre oltre: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). «Davvero il Signore è ri­sorto!» (Lc 24,34).

5 «E’ stato insegnato nella scuola di Rabbì Ishmaèl: “Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia?” (Ger 23,29). Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure ogni parola che usciva dalla bocca della Potenza si divideva in settanta lingue» (bShabbat 88b). «Un maestro della scuola di Rabbì Ishmaèl ha insegnato: “Non è forse così la mia parola: come il fuoco, oracolo del Signore, e come un martello che frantuma la roccia?” (Ger 23,29) Come questo martello sprigiona molte scintille, così pure un solo passo scritturistico dà luogo a dei sensi molteplici» (bSanhedrin 34a). I due testi del Talmud sono reperibili in A. C. Avril-P. Lenhardt, La lettura ebraica della Scrittura 86-87. Allo stesso modo si esprime Sant’Ambrogio: «Dio parlò una volta sola e furono udite molte [parole]» (In Psalmo LXI, n. 33-34 [PL, XIV, 1180 C]; cf OrÌgene, In Romanis, VII,19 [PG XIV, 1153-1154]; Id., In Lucam, Hom. 34 [PG 199-200]; Sant’ Agostino, In Psalmo LXI, n.18 [CCL 39, 786]). Per la tradizione secondo cui la terra era abitata da 70 popoli che parlavano 70 lingue (v. tabella dei popoli in Gen 10), cf l’apocrifo cristiano del IV sec. d.C. contenente materiale anche ebraico, molto antico, La Caverna del Tesoro, 24,18 (E. Weidinger, ed., L’altra Bibbia 73).

6 La tradizione giudaica in un testo apocrifo, chiamato Testamento dei Dodici Patriarchi (sec. II a. C.), narra che in punto di morte il patriarca Giacobbe, soprannominato Israele dall’angelo che lottò con lui (Gen 32,25-29), convocò al suo capezzale i suoi dodici figli, capostipiti delle dodici tribù d’Israele e disse loro che non moriva tranquillo perché sapeva che essi avrebbero abbandonato il Signore. Allora i dodici figli, tutti insieme e ad una sola voce dissero al padre: «Ascolta, Israele! Il Signore è nostro Dio, il Signore è uno solo – Shemà Israèl, Adonài Elohènu, Adonài echàd». (Dt 6,4). Questa notte è una notte di silenzio, in cui tace ogni parola vana, memori dell’invito del poeta indiano Tagore: «La polvere delle morte parole ti copre, làvati l’anima nel silenzio». Entriamo nel silenzio di Dio e ascoltiamo dal profondo del nostro essere.

7 Nel Talmùd (TJ Taanit II, 5) è detto: «I nostri padri sono stati divisi in quattro gruppi sul Mare [Rosso]: uno dice: buttiamoci in mare; uno dice: torniamo in Egitto; uno dice: facciamogli guerra; ed uno dice: gridiamo dinanzi a loro [= preghiamo]. A quello che ha detto: “buttiamoci in mare”, disse Mosè: “Radunatevi ed osservate la salvezza del Signore” (Es 14,13). A quello che ha detto: “torniamo in Egitto”, [Mosè] disse: “… poiché avete visto gli egiziani oggi, non tornerete a vederli [per sempre]” (Es 14,13). A quello che ha detto: “facciamogli guerra”, [Mosè] disse: “… il Signore combatte per voi …”. (Es 14,13). A quello che ha detto: “gridiamo dinanzi a loro [= preghiamo]” [Mosè] disse: “…e voi starete zitti.” (Es 14,13)». Questi quattro atteggiamenti sono permanenti nell’animo di ogni credente: Il primo vuole tornare in Egitto. Sono coloro che non hanno fiducia e non vogliono la redenzione. Preferiscono la schiavitù di qualunque Egitto piuttosto che essere liberi. Per essi è detta la Parola: «vi farò uscire da sotto le oppressioni dell’Egitto». La liberazione che viene da Dio è gratuita perché Dio libera anche se uno non vuole. Il secondo dice di buttarsi in mare. Sono coloro che sono stanchi e non hanno la forza di reagire: il dolore e la sofferenza impedisce loro di ragionare e prendere decisioni: gruppo che più di tutti è stremato. Per essi è detta la Parola: «vi salverò dal loro lavoro». Il terzo dice facciamogli guerra. Sono gli impazienti e i frettolosi, cioè i superficiali che vogliono la redenzione qui ed ora; coloro che pretendono tutto e subito. Essi sono i materialisti della religione perché si fondano sulle loro capacità, ma non si fidano di Dio. Per essi è detta la Parola: «vi redimerò con braccio disteso e con grandi giudizi». Il quarto dice di gridare dinanzi a loro [= pregare]. Sono coloro che sono timorati di Dio, ne ascoltano la Parola e ne vivono la Presenza. Essi vogliono la redenzione, ma per essere uniti al Signore loro liberatore e per vivere con lui. Per essi è detta la Parola: «vi prenderò per Me come popolo e sarò per voi come Dio».

8 Per il Midràsh invece, i quattro bicchieri simboleggiano i quattro editti che il Faraone emise contro gli schiavi ebrei ed i loro figli, e i quattro modi in cui gli ebrei si mantennero separati dagli egiziani.



Giovedě 05 Aprile,2012 Ore: 08:57
 
 
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