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www.ildialogo.org Domenica di Passione o delle Palme - 1 Aprile 2012,di Paolo Farinella, prete

Domenica di Passione o delle Palme - 1 Aprile 2012

di Paolo Farinella, prete

Iniziamo la settimana più importante dell’anno, rendendo grazie a Dio che ce ne dà l’occasione e la grazia. La nostra vita, il nostro cuore, i nostri affetti, i nostri figli, le nostre famiglie, i nostri dolori, le nostre gioie, le nostre ansie, i nostri amori, i nostri fallimenti, le nostre malattie, le nostre speranze… tutto oggi è deposto su questo altare perché è il nostro villaggio di Bètfage da cui noi partiamo per incontrare il Risorto ed essere nel mondo donne e uomini di risurrezione e di dedizione. Entriamo dunque nel cuore di Dio con l’aiuto di Dio.

Con la Domenica delle Palme inizia la Grande Settimana, che i Padri della Chiesa chiamavano, al modo ebraico, la Settimana delle Settimane ovvero la Settimana per eccellenza. Il punto focale di questa settimana è la notte di veglia del Sabato Santo, perché prendiamo coscienza di essere figli «della madre di tutte le sante veglie» come genialmente la chiamò Sant’Agostino1. È la Settimana della memoria, celebrata nella liturgia perché senza di essa, vertice e fondamento di tutta la liturgia e della vita cristiana, i riti dell’anno liturgico sono sale insipido (Mt 5,13), riti vuoti di una religiosità morta2.

Una settimana è solo un pugno di giorni in cui facciamo memoria di quella Prima Settimana di oltre duemila anni or sono, che ha fatto del tempo un’eternità sperimentata e dell’eternità un tempo senza fine. Noi riviviamo oggi i giorni della passione, della morte e della risurrezione del Signore Gesù perché egli si fa nostro contemporaneo e compagno di viaggio, Maestro e cireneo.

I giorni del Triduo Santo, Giovedì, Venerdì e Sabato, sono considerati dalla Liturgia come un solo giorno, un «unicum» perché celebrano un solo mistero: la passione, la morte e la risurrezione del Signore3. Un triduo è uno spazio di tempo per darci l’opportunità di assimilare gli eventi che sono la ragione del partecipare alla liturgia che non è un atto fuori di noi, ma l’espressione viva e vitale della nostra esistenza. Un solo giorno che ha inizio il Giovedì Santo con la Cena del Signore e si conclude nel pomeriggio della Domenica di Pasqua, in compagnia dei discepoli di Èmmaus. «Resta con noi Signore!» (Lc 24, 29) e «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Entriamo, dunque, nel santuario della Settimana Santa, celebrando il mistero dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Ci è pervenuto un documento dell’anno 1000 dove è contenuto un «Itinerarium» o diario di viaggio di una certa Egéria o Etéria, dama galiziana di Spagna. Questa donna, tra il 363 e il 400 d. C., fece un viaggio in Terra Santa e scrisse un diario, in cui annotò anche le liturgie che si svolgevano a Gerusalemme. Nel sec. IV, dunque, la domenica prima di Pasqua, cioè oggi, nella Città Santa s’inaugurava «la Grande Settimana» con una lunga liturgia che durava tutto il giorno. Ne ascoltiamo il brano relativo alla Domenica delle Palme.

Dal Diario di Egéria:

«All’ora settima (ore 13.00) tutto il popolo sale al monte degli Olivi, cioè all’Eleòna, alla chiesa, e il vescovo pure; si dicono inni e antifone adatte al giorno e al luogo e parimenti si fanno delle letture. Quando ha inizio l’ora nona (le ore 15.00) ci si reca al canto di inni all’Imbomòn (altura)4, cioè al luogo da dove il Signore salì al cielo, e là ci si siede; tutto il popolo alla presenza del vescovo è invitato a sedere; solo i diaconi stanno sempre in piedi.

Si dicono anche là inni e antifone adatte al luogo e al giorno: similmente si intercalano letture e orazioni. E quando inizia l’ora undecima (= ore 17.00) si legge il passo del vangelo in cui si racconta che i bambini con rami e palme andarono incontro al Signore dicendo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Subito il vescovo si alza e con lui tutto il popolo e allora dalla sommità del monte degli Olivi si va tutti a piedi. Tutto il popolo cammina davanti al vescovo cantando inni e antifone, rispondendo sempre: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Tutti i bambini del luogo, perfino quelli che non possono camminare perché sono troppo piccoli e che i loro genitori tengono al collo: tutti tengono dei rami, chi di palme e chi di olivi; e così si accompagna il vescovo nel modo in cui si accompagnò il Signore in quel giorno.

Dalla sommità del monte fino alla città e di là fino all’Anàstasis [in greco «Risurrezione»; è una delle chiese del Santo Sepolcro] attraverso tutta la città, tutti, sempre a piedi, anche se vi sono dame e gran signori, accompagnano il vescovo dicendo responsori; e così pian piano, perché il popolo non si stanchi, si giunge che è già sera all’Anàstasis. Quando si è arrivati, benché sia tardi, si fa tuttavia il lucernale, un’altra preghiera alla Croce e si congeda il popolo»5.

Nei seguenti giorni della settimana santa l’appuntamento era tutti i giorni «alle ore 15», nella chiesa principale del Santo Sepolcro, detto «Martýrium», sotto il colle del Gòlgota. La celebrazione di questa domenica fu importata dai pellegrini tra il V e VI sec. a Roma, dove assunse carattere trionfale in onore di Cristo Re. Dopo le esagerazioni medievali, in cui prevalse l’aspetto teatrale di rievocazione storica, con la riforma liturgica di Paolo VI (1970), la domenica delle palme ha ritrovato una grande austerità: la liturgia è centrata sulla proclamazione del Vangelo dell’ingresso di Gesù che, partendo dal villaggio di Bètfage, fa il suo ingresso messianico in Gerusalemme e si leggono le tre versioni sinottiche del racconto: secondo Matteo (anno A), secondo Marco o Giovanni (anno B), secondo Luca (anno C).

Ogni evangelista descrive il fatto dal punto di vista della propria comunità e quindi vi sono differenze, ma tutti sono concordi nel mettere in evidenza che è Gesù a muovere eventi e situazioni, a dirigere la sua vita e la sua passione. Gli uomini di potere, religiosi e statali, si affannano attorno a lui, ma egli resta il centro di ogni movimento e ogni fatto. È lui che dirige la storia della salvezza che passa attraverso la vita, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione. Non si lascia trascinare dagli eventi né si abbandona alla rassegnazione. Idealmente uniti alla pellegrina Etéria e al popolo cristiano dei primi secoli, andando col cuore sul monte degli Olivi, ascoltiamo anche noi la proclamazione del vangelo di Matteo 21, 1-11, dopo avere benedetto l’ulivo e le palme, che gli Ebrei agitarono davanti a Gesù per acclamarlo Messia, figlio di David e Figlio di Dio. Iniziamo recitando insieme l’antifona d’ingresso che introduce nel clima della celebrazione (Mt 21,9 ): Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore, è il Re d’Israele. Osanna nell’alto dei cieli.

Il Signore che viene a noi a dorso di un asino e non di un cavallo, per annunciare che egli è il Messia del regno di Dio, regno di mitezza e di pace, sia con tutti voi. E con il tuo spirito.

Ci disponiamo ad acclamare idealmente Gesù che dal villaggio di Bètfage parte alla volta di Gerusalemme, distante circa due chilometri, dove compirà la sua vita e la sua missione nella totale obbedienza al Padre. Preghiamo in silenzio e facciamo sì che nella nostra coscienza risuoni la «confessione» che Gesù è il Cristo di Dio, il Signore della nostra vita.

[Alcuni momenti reali di silenzio e di raccoglimento per trovare nel cuore la dimensione di ciò che si celebra]

Preghiamo. Accresci, o Dio, la fede di chi spera in te, e concedi a noi tuoi fedeli, che rechiamo questi rami di ulivo e queste palme in onore di Cristo trionfante, di rimanere uniti a lui, per portare frutti di opere buone. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Vangelo  Mc 11,1-10. Gli Ebrei celebrano la festa di Sukkôt o delle Tende o dei Tabernacoli per ricordare la permanenza di Israele nel deserto. In questa ricorrenza si costruiscono capanne provvisorie con rami di palma e per otto giorni si dimora fuori dell’abitato, in un clima di festosa gioia per l’attesa del Messia. L’ingresso di Gesù in Gerusalemme avviene nel contesto di questa festa che già dal dopo esilio era collegata con l’intronizzazione del Messia: egli viene umile a dorso di un’asina come aveva profetizzato Zaccaria (cf Zc 9,9) e non come un potente su un cavallo e carrozza con corteo di nobili. Il suo corteo è composto dal popolo e dai bambini. Il Messia, figlio di Davide, è il Padre dei poveri.

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito.

 

Dal Vangelo secondo Marco Mc 11,1-10

1Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli 2e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». 4Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». 6Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!»   Parola del Signore.

Antifona

Ritornello: Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

1. Le folle degli Ebrei, portando rami d’ulivo,

andavano incontro al Signore

e acclamavano a gran voce: Rit.

2. Le folle degli Ebrei lungo la strada

stendevano i mantelli,

e acclamavano a gran voce: Rit.

3. Mentre il Cristo entrava nella città santa,

la folla degli Ebrei, preannunziando

la risurrezione del Signore della vita,

agitava rami di palma e acclamava: Rit.

4. Quando fu annunziato

che Gesù veniva a Gerusalemme,

il popolo uscì per andargli incontro;

agitava rami di palma e acclamava: Rit.

Ritornello: Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Preghiamo (colletta). Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 50, 4-7. Il profeta Isaia vive nell’ottavo secolo a.C. Una scuola di pensiero che si ricollega al suo insegnamento, un secolo più tardi, descrive un misterioso «servo di Dio» in quattro poemetti (Is 42,1-8; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12) che probabilmente hanno come modello la vita sofferente e perseguitata del profeta Geremia, icona del popolo oppresso. Il termine «servo» nella Bibbia è un titolo onorifico, riservato a colui che rappresenta un sovrano. Il profeta che parla a nome di Dio è il suo «servo» per eccellenza. La chiesa primitiva vi ha intravisto la figura del Cristo colpito e crocifisso. Nel 3° poemetto di oggi leggiamo il programma del metodo non-violento del «Servo» di fronte alla violenza che lo circonda e sovrasta.

Dal libro del profeta Isaia Is 50, 4-7.

4Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. 5Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. 6Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. – Parola di Dio.

Salmo responsoriale 22/21, 8-9; 17-18a; 19-20; 23-24. Il lamento del salmista si compie ai piedi della croce dove il Figlio di Dio è circondato dal potere famelico che come un branco di cani cerca di dividersi le vesti della vittima a cui hanno strappato anche le ossa. Eppure, in questo dramma che si consuma davanti alla religione, alleata del potere pagano, il profeta trasforma la sua stessa morte in profezia di vita: «ti loderò in mezzo all’assemblea». Quando tutto sembra perduto, c’è sempre qualcuno che annuncia il Nome che salva nell’assemblea pasquale di fratelli e sorelle.

Rit. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

 

1. 8Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». Rit.

2. 17Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.

18Posso contare tutte le mie ossa. Rit.

3. 19Si dividono le mie vesti,

sulla mia tunica gettano la sorte.
20Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. Rit.

4. 23Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,

ti loderò in mezzo all’assemblea.

24Lodate il Signore, voi suoi fedeli,

gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,

lo tema tutta la discendenza d’Israele. Rit.

 

Seconda lettura Fil 2,6-11 «Spogliò sé stesso». Il testo greco con il termine ekènōsen esprime l’idea di svuotamento radicale che è l’opposto dell’atteggiamento di Adamo che ha voluto invece riempire sé stesso del potere assoluto di Dio. Nella Bibbia il «nome» indica la natura della persona e gli Ebrei chiamavano Dio stesso con il termine «hashèm» che significa appunto «il Nome». Nell’abbassamento totale fino alla morte, Gesù ritrova il suo «Nome» esaltato sopra ogni nome perché significa «Dio salva».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fil 2,6-11

6 Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, 7 ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, 8 umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. 9 Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, 11 e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre   Parola di Dio.

 

Vangelo Mc 14,1-15,1-47. L’ultima settimana di Gesù sulla terra inizia al femminile: una donna lungimirante lo unge con l’olio quasi a proteggerlo dalla passione a cui va incontro e che Mc sottolinea mettendo in evidenza «l’isolamento» di Gesù: abbandonato dalle folle che appena ieri osannavano, abbandonato dai discepoli che ora presi dal panico si addormentano o scappano, preludio dell’ultimo abbandono: quello del Padre (v. 15,34). Tutto ruota attorno a lui che tace e lascia che gli uomini prendano possesso di lui perché solo così li potrà attrarre a sé nell’abbraccio finale del perdono. Il vangelo si chiude con le donne che vegliano e scrutano il luogo della sepoltura ( v. 15,47): esse saranno le prime a sperimentare la risurrezione del Signore.

Canto al Vangelo cf Fil 2,8-9

Lode e onore a te, Signore Gesù! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome. Lode e onore a te, Signore Gesù.

Nota Biblica. La lettura della «Passione» costituiva il nucleo centrale del vangelo sia orale che scritto. Lentamente attorno ad esso si sono formate e successivamente aggiunte le altre parti: le cose che Gesù ha detto e ha fatto prima della sua morte e quelle dopo la sua morte e ascensione. Delle prime fanno parte i racconti di miracoli, le parabole e altri insegnamenti, delle seconde la vita della chiesa dopo Pentecoste e specialmente l’azione dello Spirito Santo dal tempo degli Apostoli fino a noi oggi. Ascoltiamo con attenzione, con gli orecchi del cuore, questo racconto che per noi ha la stessa importanza dell’Eucaristia. È il racconto del dramma di Dio che viene a incrociare quello dell’uomo. Siamo immersi nel mistero dell’infamia e dell’imprevedibilità: il mistero della morte di Dio che come il pellicano accoglie la morte perché i figli vivano. Noi siamo parte viva di questo racconto e dobbiamo scegliere, mentre lo ascoltiamo, dove collocarci e dove stare: con gli spettatori? con gli apostoli paurosi che fuggono? con i carnefici? con le donne che guardano da lontano? oppure vogliamo stare con Gesù all’ombra della Croce per raccogliere il suo sangue e conservarlo per le generazioni future?

Nota tecnico-pastorale. Un invito a coloro che leggono: leggete lentamente, leggete scandendo, leggete perché chi ascolta capisca quello che si legge. Il lettore non è un semplice lettore, ma un profeta che annuncia il giudizio di salvezza di Dio a noi e attraverso di noi alla Chiesa e attraverso la Chiesa al mondo intero. Non vanifichiamo questo ministero.

1a Parte. Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco

[1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo». 3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. 6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. 17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». 22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

2a Parte.

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. 28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. 32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uo-mo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». 50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato il cadere il lenzuolo, fuggì via nudo. 53 Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. 55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi.

3a Parte.

57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». 63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. 65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate».72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.] 15,1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

4a Parte.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. 21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirène, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. 22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. [28] 29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere».37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. 38Il velo del tempio si squarciò in due,da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». [40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. 42Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.]   Parola del Signore.

Omelia: Oggi diamo solo un impulso perché deve parlare il clima e l’atteggiamento di ciascuno.

Ci limitiamo pertanto a sottolineare due soli versetti che costituiscono il vertice del vangelo di Marco.

  1. Mc 15,38: «Il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso».

Il velo del tempio serviva a separare la sezione riservata ai sacerdoti dalla parte più intima del tempio, il Sancta Sanctorum dove erano custoditi: l’arca dell’alleanza contenente le tavole della Toràh, il bastone con cui Mosè separò le acque del Mare Rosso, una bottiglia (forse un orcio?) con la manna del deserto e una tavola con la scritta del Nome Santo di Dio. Nessuno poteva entrare e attraversare questo velo, pena la morte. Solo una volta all’anno, nel giorno di Yom Kippur/Giorno dell’Espiazione, vi poteva entrare il Sommo Sacerdote per l’offerta dell’incenso e per la richiesta di perdono a nome del popolo. Oggi nel giorno dell’Espiazione del Figlio di Dio, il giorno in cui Gesù Uomo e Dio si carica del peccato d’incredulità del mondo, come Isacco si caricò della legna del sacrificio; oggi giorno del giudizio in cui Dio condanna l’umanità alla risurrezione, sacrificando il suo Figlio e accettandone il sacrificio volontario; oggi il velo del Tempio si squarcia e noi possiamo vedere «oltre» e contemplare il volto di Dio. Dio è visibile, è accessibile nella pienezza dell’umanità di Gesù, che apre le porte della conoscenza di Dio a Giudei e Pagani. Da oggi chiunque può entrare nel Sancta Sanctorum dell’umanità di Gesù per l’offerta dell’incenso e per farsi solidale con l’umanità redenta. Oggi noi siamo entrati nella dimensione di Dio. Per sempre. Oggi Dio si fa nostro servo fino alla morte. Andiamo nel mondo e impariamo da lui come si serve il mondo e il Padre.

«Il Dio d’Israele può essere desiderato, ma non può essere visto perché egli che è un «Dio vicino» (Dt 4,7) è pur sempre un «Dio terribile» (Dt 10,17; Sal 68/67,36). Nessun Ebreo può aspirare a «vedere» Yhwh senza sperimentare immediatamente la morte: chiunque vede Dio muore6»7. Con lo squarcio nel velo del tempio, la visione di Dio è alla portata di tutti, Dio è accessibile, cioè sperimentabile non solo da credenti, ma anche dai pagani, come testimonia il grido del centurione romano del v. seguente (vedi). Cessa la separazione tra «sacro e profano» perché ora tutto è di Dio perché è consacrato nella vita di gesù che dona se stesso per amore e amore fino alla morte.

  1. Mc 15,39: «Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”».

Il versetto è il culmine del vangelo, la conclusione del percorso catecumenale proposto da Marco. Il vangelo si era aperto con Mc 1,1 «Principio del Vangelo, cioè Gesù Cristo, cioè Figlio di Dio». E’ la tesa che Mc vuole esporre in tutto il suo racconto, accompagnando chi per la prima volta si accosta a Cristo per conoscerlo, incontrarlo e seguirlo. Mc offre gli strumenti perché il catecumeno-lettore si innamori di Gesù. Egli prende per mano il catecumeno e lo guida all’interno della vita e della personalità di Gesù attraverso le sue parole e i suoi atti, facendogli sperimentare tutta la pienezza dell’umanità di Gesù che esplode nella vivacità entusiastica con cui opera tra le persone, specialmente poveri ed emarginati.

La seconda tappa l’abbiamo sperimentata a Cesarea di Filippo in Mc 8,29 quando Pietro su esplicita richiesta del Signore sulla propria identità, dichiarò: «Tu sei il Cristo!». Il catecumene che ha percorso un itinerario di conoscenza personale e sperimentale delle parole e della vita di Gesù diventa suo discepolo, qui rappresentato da Pietro e giunge alla conoscenza della fede: Tu sei. Non basta sapere, non basta osservare, non basta stare a guardare, non basta nascere cristiani per esserlo, bisogna prenderne coscienza che si nutre dell’esperienza diuturna e pregnante. Il catecumeno diventa discepolo.

La terza tappa è ai piedi della croce in Mc 15,39, quando il centurione romano non può sottrarsi alla visione di un Dio che muore straziato nello stesso momento in cui perdona i suoi carnefici e invece di maledire, convoca con sé il ladrone che a lui si era rivolto in un ultimo scatto di umanità bisognosa di redenzione. Il centurione non vede miracoli «oggettivi», non vede pani moltiplicati o lebbrosi guariti, ma contempla solo la morte: «avendolo visto spirare in quel modo». Non basta la morte sola, ma occorre anche «il modo» di morire. Non è sufficiente vivere, bisogna anche sapere vivere, come non è sufficiente morire o accettare la morte, ma occorre anche il modo, cioè sapere morire. Qual è il modo di morire di Dio? E’ questa la testimonianza di Gesù: muore «in quel modo», cioè secondo lo stile di Dio che assume su di sé la maledizione della morte e cerca fino allo spasimo di allontanarla dagli altri, fossero anche i suoi carnefici. Dio salva anche i suoi assassini nel momento stesso in cui lo uccidono. E’ il perdono, cioè l’amore per eccellenza, il dono supremo: dare la vita senza chiedere in cambio nulla.

Il centurione romano, il rappresentante dell’impero romano, quindi del mondo allora conosciuto, prende atto di «quella» morte e grida il suo stupore, ma anche la sua fede incipiente: «Costui era veramente il Figlio di Dio. Quando anche noi sapremo stupirci della morte di Dio, allora per noi comincerà il percorso di fede che ci porterà alla croce, dove incontreremo non un Dio morto, ma la vita esplosa nella risurrezione. Solo allora contempleremo il Cristo, bussola di orientamento del mondo intero perché la sua croce diventa la rosa venti e la barra che guida la rotta della vita. Ci era stato proposto il «Vangelo che è Gesù» (Mc 1,1), lo abbiamo riconosciuto «Cristo, cioè Messia» (Mc 8,29), ora lo incontriamo «Figlio di Dio», crocifisso e risorto (Mc 15,39).

Manca la quarta tappa che deve essere scritta da ciascuno di noi perché riguarda il vangelo della nostra vita, sperimentata nella storia di ogni giorno. Questa tappa approda all’Eucaristia che è la scuola dove impariamo la Parola, la fraternità, la condivisione del pane e della vita e da dove partiamo per andare nel mondo che ha sete di Dio attraverso la nostra testimonianza. Con l’aiuto dello Spirito del Risorto.

Credo o Simbolo degli Apostoli8

Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; [Pausa: 1 – 2 – 3]

e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, [Pausa: 1 – 2 – 3]

il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato,

fu crocifisso, morì e fu sepolto; [Pausa: 1 – 2 – 3]

discese agli inferi; il terzo giorno è risuscitato da morte;

salì al cielo, siede alla destra di Dio onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. [Pausa: 1 – 2 – 3]

Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questo giorno trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24), Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione.

Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; li presentiamo a te, perché diventino per noi cibo e bevanda di vita eterna.

Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Dio onnipotente, la passione del tuo unico Figlio affretti il giorno del tuo perdono; non lo meritiamo per le nostre opere, ma l’ottenga dalla tua misericordia questo unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA Il con prefazio proprio

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore. Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. È cosa buona e giusta.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Benedetto nel nome del Signore colui che viene! Benedetto il regno che verrà (cf Mc 11,10).

Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza.

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli al Cristo che entra in Gerusalemme.

E noi con tutti gli angeli del cielo innalziamo a te il nostro canto e proclamiamo insieme la tua lode.

Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’Universo. Kyrie, elèison. Christe, elèison. Kyrie, elèison.

Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio; ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, divenendo simile agli uomini (cf Fil 2,6-8).

Egli, offrendosi alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: «PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI».

Tu, o Padre, l’hai esaltato e gli hai dato il nome che è al di sopra di ogni nome (cf Fil 2,9).

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: «PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA,VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI».

Signore Gesù, per noi ti sei fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cf Fil 2,8-9).

«FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME».

Tu sei il Santo di Dio che viene in mezzo a noi. Noi ti lodiamo, ti glorifichiamo, ti esaltiamo.

Mistero della fede.

Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezione: salvaci, o Redentore del mondo.

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.

Mentre eri a tavola con i tuoi discepoli per mangiare la Pasqua, tu, o Signore, hai detto: «In verità vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà» (cf Mc 14,18).

Ti preghiamo: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Tu, o Signore Gesù, prendesti con te Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciasti a sentire paura e angoscia, confessando loro la tua fragilità di uomo vero: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate» (Mc 14,33-34).

Ricòrdati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro papa

…, il Vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare … e tutto il popolo sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Tu, o Signore Gesù, hai imposto a Pietro di riporre la spada nel fodero perché il regno del Padre non si conquista con la violenza, ma nella libertà e nella pace (cf Mt 26,52).

Ricòrdati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza…. ammettili a godere la luce del tuo volto.

Alle tre del pomeriggio, quando nel tempio di Gerusalemme il sommo sacerdote immolava l’agnello pasquale per la remissione dei peccati del popolo, Gesù gridò a gran voce e consegnò lo Spirito. (cf Mc 14,34.37 e Gv 19,30).

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Dio di Israele e Signore della Chiesa, noi ti glorifichiamo con i Santi e le Sante del cielo, con i Santi uomini e le Sante donne della terra che profetizzano il tuo Nome benedetto tra i popoli.

Dossologia Eucaristica [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra.

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione,

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla comunione (Mt 26,42): «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà».

Dopo la Comunione: Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele.

Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo (Disc. 9 sulle Palme; PG 97, 990-994).

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza. Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. È disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà. Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell’ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé. Egli salì «verso oriente sopra i cieli dei cieli» (cfr. Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27), e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese. Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della salvezza siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele».

Preghiamo. O Padre, che ci hai nutriti con i tuoi santi doni, e con la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa’ che per la sua risurrezione possiamo giungere alla mèta della nostra speranza.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

Il Signore è con voi. E con il tuo Spirito.

Il Signore sia sempre davanti a voi per guidarvi.

Il Signore sia sempre dietro di noi per difenderci dal male.

Il Signore sia sempre accanto a voi per consolarvi e confortarvi. Amen.

Vi benedica l’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ora e sempre. Amen!

La messa finisce come rito, continua nella testimonianza. Andiamo incontro al Signore che viene.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

________________________

Domenica Delle Palme – B – Parrocchia di S. Maria Immacolata e S. Torpete Genova

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Paolo Farinella, prete – 01/04/2012 – San Torpete – Genova

Note

1 - Sant’Agostino, Sermones 219, PL 38, 1088.

2 - Sul tema del «vertice e fondamento – fons et culmen» cf Concilio Vaticano II, Sacrosantum Concilium, costituzione sulla santa liturgia n. 10.

3 - Per esprimere la complessità degli eventi che riguardano la persona e la vita di Gesù si usa l’espressione sintetica «mistero pasquale», divenuta ormai formula tecnica di fede che bisogna capire bene perché rischia di essere incomprensibile e fonte di confusioni e superficialità. Questa formula catechetica comprende cinque momenti: la passione, la morte, la risurrezione, l’ascensione di Gesù e la pentecoste. Ognuno di questi momenti rivela un aspetto della vita del Risorto senza esaurirne il contenuto: ognuno di essi contempla «tutta la vita» del Signore da un angolo di prospettiva particolare. Per un approfondimento del tema, cf P. Farinella, Solennità dell’Ascensione – C, Introduzione).

4 Dal gr.: altura/monte elevato. Il luogo dalla tradizione è identificato con l’attuale cappella dell’ascensione.

5 Eteria, Diario di Viaggio, Edizioni Paoline 1979, 119-120.

6 - Cf Es 3,6; 19,12.31; 33,20; Lv 16,1-2; Nm 4,2; Is 6,3; Gdc 13,22; al contrario cf invece Dt 5,24: Gdc 6,22-23). Il timore di «vedere Dio» e di morire persiste anche nell’Apocalisse perché l’autore cadde «come morto» appena vide il figlio di uomo, ma, come accade nell’AT, riceve la garanzia della sopravvivenza (1,17). Cf anche la visione della gloria che Mosè anela vedere (Es 33,18-19.22), la stessa che Elia intuì (1Re 19, 11-13), la medesima che l’esule di tutti i tempi brama sognando il tempio (Sal 42/41,2-3) e quella infine degli sposi del Cantico, simbolo di ogni coppia amante che anela contemplarsi nell’amplesso dell’amore (Ct 2,14 et passim): per tutti quersti temi v. nota seguente.

7 - P. Farinella, «“Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21)», in F. Taccone, La visione del Dio invisibile nel volto del Crocifisso, Edizioni OCD, Roma Morena 2008, 64 (testo anche reperibile sul sito www.paolofarinella.eu/ Bibbia –Studi Biblici “Vogliamo vedere Gesù-Seminario”.

8 Il Simbolo degli Apostoli, forse è la prima formula di canone della fede, così chiamato perché riassume fedelmente la fede degli Apostoli. Nella chiesa di Roma era usato come simbolo battesimale, come testimonia Sant’Ambrogio: « È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l’espressione della fede comune» (Explanatio Symboli, 7: CSEL 73, 10 [PL 17, 1196]; v. commento in Catechismo della Chiesa Cattolica, 194).



Mercoledì 28 Marzo,2012 Ore: 19:30
 
 
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