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www.ildialogo.org DOMENICA 3a PER ANNUM – B – 20 Gennaio 202,di Paolo Farinella, prete

DOMENICA 3a PER ANNUM – B – 20 Gennaio 202

di Paolo Farinella, prete

Domenica scorsa abbiamo vissuto e sperimentato la «chiamata» di due discepoli del Battista dalla prospettiva del IV vangelo che vede la loro vocazione come prolungamento dell’incarnazione del Lògos di cui sono i testimoni accreditati: «Venite e vedrete. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,39). Abbiamo anche spiegato il senso di questa indicazione di tempo così puntuale, ma anche originale nella metodologia del IV vangelo.

Cercare … andare … vedere … abitare … fermarsi … sono tutti verbi che formano il vocabolario del discepolo, del testimone e in primo luogo del testimone per eccellenza: il Lògos che è la chiave del senso della vita. In greco il termine Lògos è tradotto con «Verbo/Parola», ma è riduttivo perché il suo ventaglio semantico è molto ampio: significa «ragionamento/discorso/ motivazione» e quindi per estensione anche senso/spiegazione.

Oggi proseguiamo in questa prospettiva vocazionale, ma dal punto di vista dei Sinottici, in modo particolare del primo evangelista in senso cronologico, Marco, che è il punto di partenza e una delle fonti degli altri due evangelisti, Matteo e Luca. Quest’anno, che è l’anno B, Marco è l’evangelista guida come Mt lo è per l’anno A e Lc per l’anno C. Tutti e tre i Sinottici riportano la chiamata dei primi discepoli, ma ognuno con contenuti e prospettive diverse, all’interno però di un quadro molto più ampio che la liturgia di oggi ci illustra in modo sublime, obbligandoci a soffermarci sulla chiamata dei primi discepoli secondo la versione di Marco.

Al tempo in cui scrive Mc1, la divisione tra Giudei-giudei e Giudei-cristiani è ormai cosa fatta. Nelle sinagoghe si commina la scomunica per i Giudei-cristiani che riconoscono Gesù come Messia (Gv 9,22), mentre diventano cristiani coloro che provengono dal paganesimo. Le comunità fuori della Palestina sono fiorenti e in espansione. La corrente farisaica, l’unica sopravvissuta alla distruzione del Tempio, si chiude in se stessa a difesa della identità ebraica, ormai in serio pericolo, dopo la proibizione ai Giudei di dimorare in Gerusalemme e in Giudea. Inizia una diaspora diversificata: per i cristiani diaspora di espansione anche se con persecuzioni; per i Giudei diaspora di persecuzione sistematica perché diventano sempre più il capro espiatorio della storia che culminerà nell’orrido diabolico della Shoàh. Tra i cristiani si struttura la missione «ad Gentes». La liturgia oggi fa un quadro di tutto questo, ma in termini biblici.

Da una parte vi è Giona, che è una figura narrativa di un autore del sec. V. a.C. Egli riflette su alcune idee del profeta Geremia che pone in evidenza l’accessibilità del mondo pagano allo stesso trattamento del popolo eletto. Ninive, capitale di Babilonia, è condannata dal giudizio di Dio alla distruzione. Il profeta Giona va a portare questo messaggio di morte, certo che il castigo di Dio non avrebbe tardato a distruggere quei «senza Dio» dei Niniviti. Per sua disgrazia, però, si scontra con un evento imprevedibile e che la sua «religione» non aveva previsto: tutta la città fa penitenza e si converte inaspettatamente. Questo «cambiamento» sconvolge la «teologia da manuale» del profeta che reagisce accusando Dio di essere «troppo» giusto e quasi … di venir meno alla sua parola. Che Dio è un Dio che non distrugge i pagani?

Dall’altra vi sono i primi apostoli, chiamati a coppie di fratelli (come in Gv), quasi a dire che Dio «pesca» là dove le relazioni umane sono profonde e autentiche. Egli non cerca solitari e individualisti, ma persone «esperte di umanità»2 che sappiano aiutare i loro contemporanei a valutare con sapienza i criteri per le scelte della vita. L’apostolo Paolo nella 2a lettura ridimensiona lo statuto del matrimonio in quanto valore assoluto come era inteso nella cultura e nel costume dell’AT e dall’altra invita a cogliere la «novità» che ha accorciato il tempo: la risurrezione. Cristo risorto svuota il tempo della sua ossessiva ripetitività e ineluttabilità e lo riempie di «kairòi/occasioni/momenti propizi» (cf v. 15) che ora bisogna cercare perché nascosti a chi si ferma alla superficie della vita. Introducendovi il tempo, la risurrezione allarga la dimensione dell’eternità, per cui anche i criteri di valutazione e di discernimento propri della storia che si svolge nel tempo devono essere nuovi e adeguati. Paolo propone il criterio del «come se non …»: Vivere ogni cosa, scelta, fatto, accadimento, ecc. come se non … fosse definitivo e quello che sembra assoluto come se fosse relativo.

Da una parte vi è Giona che avanza verso i Niniviti sicuro che la «giustizia di Dio» avrebbe operato la loro distruzione. Egli però è costretto a modificare la sua immagine di Dio che invece riscopre completamente estraneo al cliché che egli ne aveva e di cui era portatore perché chiuso a qualsiasi novità. Dall’altra parte vi sono alcuni uomini scelti apposta per andare incontro agli altri uomini «affinché» producano consapevolmente questa «occasione di novità» (v. 15: kairòs) per ribaltare il giudizio inevitabile; novità di fronte alla quale anche Dio sospende il suo giudizio perché nel NT invia gli apostoli a suscitare la «metànoia/cambiamento-di-pensiero» (v. 15) che è un radicale mutamento di pensiero. Graficamente si raffigura come una inversione a U. La conversione non riguarda gli atteggiamenti o i comportamenti, ma il centro vitale e decisionale della persona, che la Bibbia chiama cuore, e noi coscienza: il fulcro dove si forma la convinzione che presiede le scelte di vita e determina i comportamenti.

Convertirsi vuol dire dunque modificare i criteri di pensiero per mettere in movimento un processo di relazione, descritto con l’altro termine che segue nel vangelo, sempre nello stesso versetto: «pistèuete en tōi euanghelìōi/credete nel vangelo», dove «Vangelo» è sinonimo della persona di Cristo Gesù (cf Mc 1,1). Convertirsi e credere sono i due momenti dello stesso dono: entrare in comunione con Dio insieme a tutti i fratelli e le sorelle che sperimentiamo nella vita. Sia la conversione che la fede non provengono dalla carne e dal sangue (Gv 1,13), ma dallo Spirito Santo che suscita in noi il desiderio di Dio e il modo di arrivarci. Ne invochiamo la grazia e la dolcezza per poterne sperimentare la consolazione mentre ci accingiamo ad entrare nel santuario dell’Eucaristia, che è la vera scuola dove impariamo il metodo della conversione e il sentiero della fede invocando lo Spirito Santo con le parole dell’antifona d’ingresso (Sal 95,1.6): «Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore uomini di tutta la terra. Maestà e onore sono davanti a lui, forza e splendore nel suo santuario».

Spirito Santo, tu non cessi mai di rivolgerci la Parola del Signore,Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci formi strumenti consapevoli del disegno di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu concedi il tempo necessario alla conversione, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sostenesti la conversione di tutta la città di Ninive, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu hai guidato i Niniviti a rigettare la loro malvagia condotta, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci insegni i sentieri di Dio guidandoci alla Verità, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei il maestro interiore che ci istruisce nella speranza, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu insegni che Fedeltà e Misericordia sono i nuovi Nomi di Dio,Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sveli l’amore e la fedeltà del Signore che ci chiama a seguirlo,Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu educhi alla brevità del tempo che conduce all’eternità, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci insegni i criteri di valutazione delle cose che contano, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei accanto a noi a suggerirci che passa la scena del mondo, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu principio di conversione e di fede, vieni in nostro soccorso, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci dài la forza e la consapevolezza di seguire Gesù che chiama, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci sostieni perché lasciamo tutto il superfluo che appesantisce, Veni, Sancte Spiritus!

Immersi nelle nostre occupazioni e durante lo svolgimento ordinario della nostra vita, abbiamo visto passare lungo il nostro mare Gesù. Il suo passaggio non è casuale. Nell’ordine della creazione e della Provvidenza, nulla accade per caso. Egli viene apposta per «chiamarci». Ognuno di noi, nessuno escluso, ha una «sua» personale chiamata. Quale? Per capire saliamo il monte della Parola (Is 2,3; Mt 5,1-2) e appollaiamoci ai piedi del Signore perché ci spieghi le Scritture come ha fatto con i discepoli di Emmaus (Lc 24, 27.45). Mandati nel mondo a portare un giudizio di grazia (Lc 4,19), facciamoci carico del desiderio del mondo e presentandolo davanti a alla Trinità di Dio:

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Amen.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

Noi non convertiamo alcuno, nemmeno noi stessi. La conversione e la fede scaturiscono dal cuore di Dio e solo chi cerca Dio con cuore sincero le intercetta. Per andare nel mondo a testimoniare con la vita la novità che il kairòs della morte e risurrezione di Gesù ha portato nella nostra vita, è necessario essere convertiti e credenti. Come il pubblicano in fondo al Tempio (cf Lc 1e8,13) chiediamo sinceramente perdono per i nostri peccati, specialmente i peccati di omissione e lasciamoci modellare dallo spirito del vangelo come la creta nelle mani del vasaio (Ger 18,4-6) per essere fedeli alla vocazione a cui siamo stati chiamati.

Signore, tu sei Dio giusto perché Padre di misericordia, ascolta e perdona, Kyrie, elèison!

Cristo, tu sei venuto a chiamare i peccatori perché in cielo non mancasse mai la festa,Christe, elèison!

Signore, tu attendi paziente e benigno il nostro ritorno alla tua materna paternità, Pnèuma, elèison!

Cristo, tu con la tua croce ci hai insegnato il metodo di giudizio dell’amore gratuito,Christe, elèison!

Signore, tu mandi gli apostoli a pescare uomini vivi per il tuo regno di amore,Kyrie, elèison!

Cristo, hai lasciato il Padre per chiamare noi figli smarriti tra le acque del male, Christe, elèison!

Signore, tu perdoni sempre chi si converte e crede al vangelo da te predicato, Pnèuma, elèison!

Cristo, ci hai radunati all’altare della misericordia, tu, ascolta e perdona, Christe, elèison!

Dio onnipotente, che ha mandato Giona ad annunciare la conversione agli abitanti di Ninive, che in san Paolo ci offre il criterio per vivere la provvisorietà della vita; che chiama gli apostoli a seguirlo perché possano essere garanti di ciò che egli «ha detto e fatto»; per i meriti della santa Chiesa che vive ovunque qualcuno risponde con filiale abbandono a Dio, per i meriti di Gesù Cristo, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente [breve pausa 1-2-3]

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). O Padre che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua Parola e del tuo dono, fa’ che sentiamo l’urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l’anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen. 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima letturaGn 3,1-5.10. Il libretto di Giona è databile sec. V a.C. dopo l’esilio di Babilonia. Si compone di soli 48 versetti e può essere considerato un’appendice al libro di Geremia, di cui l’autore anonimo sviluppa l’idea del possibi-le pentimento di Dio, la cui collera cede di fronte alla conversione dell’uomo (Gn 3,9 con Ger 18,7-8; 26,3.19). Anche il vocabolario è preso dal profeta del sec. VII: «dal più grande al più piccolo» (v. 5 con Ger 5,4-5; 6,13; 44,12); «ardente sdegno» (v. 9 con Ger 4,8.26; 12,13; 25,37-38); «uomini e animali» (vv.7-8 con Ger 21,6; 27,5; 36,29). L’autore di Giona libera Dio da ogni schema di proprietà e possesso: davanti a lui non esiste più «giudeo o greco» (Gal 3,28; Col 3,11), ma uomini e donne che accettano o rifiutano Dio. Nessuno ha più privilegi di «religione» (Mt 3,8-9), ma «Dio è tutto in tutti» (Col 3,11).

Dal libro del profeta Giona 3,1-5.10

1 Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: 2 «Alzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». 3 Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore. Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. 4 Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predica­va: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». 5 I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. 10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.  Parola di Dio.

Salmo responsoriale 25/24, 4bc-5ab; 6-7bc; 8-9. Salmo alfabetico perché nel testo ebraico ogni versetto inizia con una lettera dell’alfabeto, è formato da due parti: i vv. 1-6, che sono un’aggiunta posteriore, celebrano il Dio creatore che viene in soccorso del giusto che lo invoca; i vv. 7-10 potrebbero riferirsi al trasferimento che Davide fece dell’arca (2Sa 6,12-16; Sal 69/68, 25-26.132). Se camminiamo dietro l’Arca della sua Parola, cammineremo sul sentiero della verità e della giustizia.

Rit. Fammi conoscere, Signore, le tue vie

 

1. 4 Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
5 insegnami i tuoi sentieri.

Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,

perché sei tu il Dio della mia salvezza. Rit.

2. 6 Ricòrdati, Signore, della tua misericordia,
del tuo amore, che è da sempre.
7 Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore. Rit.

3. 8 Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
9 guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. Rit.

 

Seconda lettura 1Cor 7,29-31. Nell’AT il matrimonio era l’istituzione più grande con cui l’umanità continuava l’opera della creazione e costituiva quasi un assoluto. La sterilità era considerata la più grande maledizione. Con l’avvento della risurrezione, anche il tempo è mutato perché si è fatto più corto (v. 29) e i criteri di vita sono cambiati. Paolo, all’interno di un contesto apocalittico (attesa immediata della fine del mondo) ridimensiona l’istituzione del matrimonio e sprona alla nuova categoria del «come se … ». Poiché il tempo è proiettato verso l’eternità, bisogna vivere tutto «come se … » fosse provvisorio. Solo Dio resta l’unico assoluto.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 7,29-31

29 Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; 30 quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioisse­ro; quelli che comprano, come se non possedessero; 31 quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!  Parola di Dio.

Vangelo Mc 1,14-20. Le prime parole che Gesù pronuncia iniziando il suo ministero di Rabbi itinerante sono: tempo, Dio, conversione, fede e vangelo che possiamo tradurre con: provvisorietà (tempo), assoluto (Dio), metodo (conversione) e obiettivo (fede nel Vangelo). Poiché secondo la Toràh la validità di un fatto rilevante deve essere attestato da due o tre testimoni (Dt 17,6; 19,15; 2Cor 13,1; 1Ti 5,19) Gesù ne «chiama» quattro, qui due coppie di fratelli, che devono garantire in futuro l’attendibilità della sue parole e dei suoi gesti. Essere apostolo significa, dunque, testimoniare che chi passa «lungo il mare» della nostra esistenza è proprio lui, il Signore e non un idolo o un maestro qualsiasi.

 

Canto al Vangelo cf Mc 1,15

Alleluia. Il regno di Dio è vicino; / convertitevi e credete nel Vangelo. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Marco 1,14-20

14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: 15 «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». 16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito, lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro di lui.  Parola del Signore.

Spunti di omelia

Giona è il tipico credente che, avendo uno schema di Dio, pensa che non possa esistere altro Dio se non quello della sua immaginazione. Questo tipo di credente è esperto nell’insegnare a Dio il suo mestiere: gli dice chi deve assolvere, chi deve condannare, con chi deve stare e con chi non deve stare. Giona è l’emblema di quei credenti che hanno rovesciato la parole della Genesi 1,27: non è più Dio che crea Adam a sua immagine e somiglianza, ora è l’uomo che crea Dio a propria immagine e somiglianza. E’ quello che accade anche in un certo ambito della Chiesa: vi sono i guerrieri sempre pronti a difendere a spada tratta l’ortodossia della Chiesa … finché questa coincide con il proprio modo di concepire l’ortodossia. Quando la Chiesa fa scelte che non combaciano con questi difensori d’ufficio, allora la Chiesa sbaglia. LO storia, anche recente della Chiesa, è piena di esempi di questo tipo.

Tutto ciò nasce da una religione del «possesso»: Dio è un prodotto del pensiero, oggi si direbbe «un valore» da custodire gelosamente secondo criteri e valutazioni che si basano su un approccio di dominio: il Dio vero è quello e solo quello che dico o annuncio io. Questo Dio non può uscire dai confini che gli sono stati assegnati, non può mai agire fuori campo: è un Dio sempre sotto osservazione, un Dio a libertà vigilata, o meglio a schiavitù controllata. Nella concezione di Giona, non c’è posto per la novità, per gli avvenimenti, per l’imprevisto, per un «kairòs/occasione» di salvezza. Tutto è deciso con imperturbabile fermezza: i peccatori devono bruciare all’inferno, i giusti, che poi s’identificano con chi pensa in questo modo, devono essere premiati e coccolati.

Giona però non sa che il Dio dell’Esodo, dei patriarchi e dei profeti non può essere imbrigliato perché nessuno può possedere Dio e tanto meno prevederlo: Dio è sempre oltre. Oltre ciò appare. Di fronte al pentimento repentino dei Niniviti, Dio «si pente» (v. 10) del male che aveva minacciato di fare e accoglie la conversione, mutando la condanna di distruzione in accoglienza di amore e di perdono. Noi sappiamo come va a finire: Giona si arrabbia con Dio e lo accusa di non essere di parola, mentre Dio rende lo rende ridicolo con la storiella del ricino che fa ombra. Credere è essere aperti e sempre attenti alle novità di Dio che rotolano sul nostro cammino e forse neanche ce ne rendiamo conto, tanto siamo presi dall’idea di un Dio immaginario. In questo contesto «convertirsi» significa essere capaci di purificare l’immagine o il pensiero che abbiamo di Dio, confrontandolo con il volto del Dio di Gesù Cristo come ce lo dipingono i vangeli.

Nel NT al contrario, Gesù chiama alcuni uomini per andare espressamente in mezzo agli altri uomini e donne, grandi e piccoli, e invitarli alla «metànoia/conversione». Essi hanno il compito di annunciare un supplemento di tempo per dare tempo agli uomini di decidersi se convertirsi o meno. Gesù non viene ad annunciare una condanna, ma «un anno di misericordia» (Lc 4, ) perché «Dio, infatti, non inviò il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma affinché il mondo fosse salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17): «affinché di tutto ciò che mi ha dato nulla vada perduto» (Gv 6,39).

«Il tempo è compiuto» (v. 15) nel senso che è finito il tempo di Giovanni, cioè il tempo dell’attesa e della preparazione e nel senso più profondo che la traduzione superficiale non fa apparire. Il testo greco usa il perfetto passivo che indica un’azione passiva i cui effetti perdurano ancora oggi: «Il tempo è stato compiuto (peplērōtai)», cioè è stato portato a maturazione per una svolta decisiva e definitiva. Gesù è così rispettoso del ritmo di crescita di ciò che accade che non inizia il suo ministero mentre opera Giovanni il Battezzante, ma «dopo che Giovanni fu arrestato» (v. 14). Quando pensiamo di essere indispensabili, quando siamo tentati di vivere come se il mondo intero dipendesse dalla nostra indispensabile necessità, forse faremmo bene a pensare a Gesù che attende che Giovanni finisca il suo compito per sostituirlo non appena egli esce di scena.

«Convertitevi e credete al vangelo» (v. 15). Conversione, fede e vangelo sono qui sinonimi in stretta connessione. Se la conversione è un cambiamento di pensiero, anzi un rovesciamento di valutazione e di criteri, la fede è un’adesione ad un progetto di esistenza il cui codice è il vangelo e il cui obiettivo è Gesù Cristo che è il contenuto e il messaggero del vangelo. In questo senso diciamo che il Vangelo è la Persona di Gesù Cristo. Credere però non è un atto che si fa una volta per tutte, ma un fatica lenta e progressiva legata al cammino di crescita della persona umana nella sua reale condizione spirituale, ma anche psicologica. Per questo, di conseguenza, la conversione non è un atto «unico», ma una serie di scelte che investono lo svolgimento della vita come impariamo a viverlo dopo avere incontrato il Vangelo vivente che è il Signore Gesù. Convertirsi allora significa abituarsi al cambiamento come condizione di vita perenne.

Solo chi si abitua al cambiamento si educa ad essere abitualmente aperto alle novità di Dio che, quasi sempre senza chiedercene il permesso, irrompono negli eventi che popolano la nostra vita. La tradizione giudaica al tema della conversione, in ebraico teshuvàh, dedica addirittura due solennità annuali, legati tra loro: la festa di Capodanno, Rosh Hashanàh, che dura dieci giorni e sfocia nella solennità del grande giorno dell’espiazione o Yom Kippur. La liturgia ebraica conserva la raccolta detta Pesiqta [sezioni] di Rav Kahana (sec. V d.C.) appartenenti al genere dei Midrashim. Si tratta della più antica raccolta di «omelie per i sabati speciali e per le feste dell’anno liturgico ebraico»3

«Erano pescatori … vi farò pescatori di uomini» (vv. 16.17). Il mestiere del pescatore è un mestiere di morte perché egli prende i pesci, li sottrae al loro ambiente vitale e li fa morire. Sarà questa la sorte degli uomini a cui sono mandati gli apostoli-pescatori? La conversione dunque conduce alla morte? Mc è uno scrittore senza pretese e quindi usa la lingua senza particolari accorgimenti: egli infatti per dire «pescatore» usa il termine «halièîs» che etimologicamente deriva da «hals/sale» e letteralmente significa «uno che si guadagna la vita con i pesci».

Lc invece che è un letterato, uno specialista delle sfumature verbali, che conosce le differenze dei vocaboli, in 5,1-11 usa un vocabolario articolato. Al v. 2 dice che i pescatori scendevano dalle barche e si mettevano a lavare le reti. La parola pescatore ha un significato ordinario e quindi Lc usa lo stesso termine di Mc: «halièîs». Al v. 10, però, quando Gesù dice a Pietro di non temere perché da adesso in poi muterà la sua attività, non dice più: «sarai pescatore-halièus di uomini», ma usa un termine che prende in prestito dalla caccia con l’arco e la freccia che colpiscono la preda, la feriscono, ma la lasciano in vita. Nel testo greco quindi Gesù dice: «Tu sarai colui che prende/cattura uomini vivi». Il termine zōgrôn infatti deriva da «zōê-vita». La conversione non un passeggiata amena, ma una lacerazione per la vita, essa comporta una ferita perché esige un capovolgimento di pensiero e quindi comporta tagli e abbandoni, non porta la morte come avviene per la pesca dei pesci, ma è finalizzata alla guarigione della vita perché conduce ad una vita maggiore e più piena.

Come nel vangelo di domenica scorsa (Gv 1, 35-42), anche oggi Mc ci fa assistere alla chiamata delle stesse coppie di fratelli, segno che il fatto è unico, ma l’interpretazione è diversa secondo la prospettiva e la teologia che ognuno vuole comunicare. Nella didascalia al vangelo abbiamo appena ascoltato che la Toràh imponeva la presenza di due o tre testimoni per la validità giuridica di atti e parole (Dt 17,6; 19,15; 2Cor 13,1; 1Ti 5,19). La scopo per cui gli evangelisti pongono la chiamata degli apostoli/inviati/pescatori è in funzione della validità giuridica della predicazione del Signore4.

Celebrare l’Eucaristia significa «ritornare» sempre alla fonte della teshuvàh/conversione perché non è frutto della volontà umana, ma opera della mani di Dio perché è qui l’abbondanza della Parola e del cibo con cui veniamo sommersi dalla misericordia divina affinché la nostra conversione ogni domenica faccia un passo avanti e si rafforzi nel lento e costante cammino dell’abituarsi a cambiare.

 

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

[Pausa: 1-2-3]

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. [Pausa: 1-2-3]

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. [Pausa: 1-2-3]

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Accogli i nostri doni, Padre misericordioso, e consacrali con la potenza del tuo Spirito, perché diventino per noi sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA DELLA RICONCILIAZIONE I

LA RICONCILIAZIONE COME RITORNO AL PADRE

 

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.È cosa buona e giusta.

È veramente giusto renderti grazie, Padre santo, Dio di bontà infinita. Tu continui a chiamare i peccatori a rinnovarsi nel tuo Spirito e manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella grazia del perdono.

«Adonài, il Signore! Dio pieno di tenerezza e propizio. Lento all’ira e immenso nell’amore e fedeltà» (Es 34,6).

Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza, e tu invece di abbandonarli hai stretto con loro un vincolo nuovo per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro redentore: un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare.

Adonài, il Signore! Dio pieno di tenerezza e propizio. Lento all’ira e immenso nell’amore e fedeltà (Es 34,6).

 

Anche a noi offri un tempo di riconciliazione e di pace, perché affidandoci unicamente alla tua misericordia ritroviamo la via del ritorno a te, e aprendoci all'azione dello Spirito Santo viviamo in Cristo la vita nuova, nella lode perenne del tuo nome e nel servizio dei fratelli.

Cerchiamo il Signore finché si fa trovare, invochiamolo finché è vicino (Is 55,6).

 

Per questo mistero della tua benevolenza, nello stupore e nella gioia della salvezza ritrovata, * ci uniamo all’immenso coro degli angeli e dei santi per cantare la tua gloria:

Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. Kyrie, elèison, Christe, elèison, Pnèuma, elèison.

 

Padre veramente santo, fin dall’origine del mondo tu ci fai partecipi del tuo disegno di amore, per renderci santi come tu sei santo.

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto nel nome del Signore colui che viene. Osanna nell'alto dei cieli.

 

Guarda il popolo riunito intorno a te e manda il tuo Spirito, perché i doni che ti offriamo diventino il corpo e il sangue del tuo amatissimo Figlio, Gesù Cristo, nel quale anche noi siamo tuoi figli.

Tu, o Signore, mandi sempre i tuoi profeti ad annunciarci il tempo della misericordia; fa’ che li riconosciamo e li ascoltiamo (cf Gn 3,1).

 

Eravamo morti a causa del peccato e incapaci di accostarci a te, ma tu ci hai dato la prova suprema della tua misericordia, quando il tuo Figlio, il solo giusto, si è consegnato nelle nostre mani e si è lasciato inchiodare sulla croce.

Ascolta, Israele! Il Signore è il nostro Dio. Il Signore è uno. Il Santo d’Israele (cf Dt 6,4; Sal 71,/70,22).

Prima di stendere le braccia fra il cielo e la terra, in segno di perenne alleanza, egli volle celebrare la Pasqua con i suoi discepoli. Mentre cenava, prese il pane e rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede loro, e disse: prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi.

Noi ameremo il Signore nostro Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le nostre sostanze (cf Dt 6,5).

Dopo la cena, allo stesso modo, sapendo che avrebbe riconciliato tutto in sé nel sangue sparso sulla croce, prese il calice del vino e di nuovo rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati.

Maranà tha! Signore nostro, vieni e visita il tuo popolo che ti acclama Signore e Redentore! (cf 1Cor 16,22).

Fate questo in memoria di me. Mistero della fede.

Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezione: salvaci, o Salvatore del mondo.

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, nostra Pasqua e nostra pace, in attesa del giorno beato della sua venuta alla fine dei tempi, offriamo a te, Dio vero e fedele, questo sacrificio che riconcilia nel tuo amore l'umanità intera.

Signore, tu sei nostro Padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani (cf Is 64,7).

Guarda, o Padre, questa tua famiglia, che ricongiungi a te nell’unico sacrificio del tuo Cristo, e donaci la forza dello Spirito Santo, perché vinta ogni divisione e discordia siamo riuniti in un solo corpo.

Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predica­va: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta» (cf Gn 3,4)

Custodisci tutti noi in comunione di fede e di amore con il Papa … e il Vescovo … Aiutaci a costruire insieme il tuo regno fino al giorno in cui verremo davanti a te nella tua casa, santi tra i santi, con la beata Vergine Maria, gli Apostoli, i Martiri e tutti quelli che vivono al servizio dei poveri nel tuo Nome.

Tu, o Signore, vedesti che i cittadini di Nìnive, dal più grande al più piccolo, si convertirono e li hai perdonati perché sei un Dio fedele (cf Gn 3,10).

Ricordati di tutti i nostri fratelli e di tutte le nostre sorelle defunti che affidiamo all’amore della tua misericordia. Ricordati dei nostri defunti … di coloro che muoiono mentre noi celebriamo … ammettili nell’intimità della tua Pace.

Ricordati di noi, nella tua misericordia, per la tua bontà, o Signore nostro Dio (cf Sal 25/24,7).

Allora nella creazione nuova, finalmente liberata dalla corruzione della morte, canteremo l'inno di ringraziamento che sale a te dal tuo Cristo vivente in eterno.

Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertici, Signore, e ci convertiremo (cf Mc 1,15). [Pausa]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in aramaico: : Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona di comunione (Mc 1,15): «Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo», il Signore Gesù.

Dopo la comunione

Dalla Sacra Scrittura

Mc 1,15.: «Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo».

Ez 36,26-27: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi».

Dai Discorsi di Sant’Agostino (Discorso 43).

«Dammi, dice il Cristo, questo peccatore, dammi quest’uomo semplice e senza istruzione, dammi colui con il quale il senatore non si degna di parlare, anche quando acquista da lui un pesce. Sì, dammi quest’uomo. Certo, compirò la mia opera anche nel senatore, nell’oratore, nell’imperatore. Giorno verrà che opererò anche nel senatore, ma la mia azione sarà più evidente nel peccatore. Il senatore, l’oratore e l’imperatore possono gloriarsi di ciò che sono: il peccatore, unicamente di Cristo. Venga il peccatore ad insegnare loro l’umiltà che dona la salvezza. Il peccatore passi per primo. È per mezzo di lui che l’imperatore potrà essere più facilmente attratto».

Dal Midrash Pesiqta Rabbati [Sezioni Grandi] (PR 40 ab)

«Gli Israeliti dissero al Santo – sia benedetto –: Signore del mondo, quando tu siedi in giudizio per giudicarci, davanti a te stanno gli avvocati accusatore e quelli difensori; questi parlano dei meriti, mentre quelli formulano accuse. Ma tu volgi i tuoi occhi solamente verso quelli che parlano in difesa: i tuoi occhi guardino i retti (Sal 17,2). Rispose loro il Santo – sia benedetto –: Io vi prometto di fare proprio così! Perché? Perché io mi compiaccio di assolvervi, come sta scritto: Il Signore si è compiaciuto di giustificarlo (Is 42,21). E così pure: Io che giustifico sono grande nel salvare (Is 63,1). Cioè io mi compiaccio di voi che siate assolti in tribunale. Succede sempre che uno cerca di zittire il suo avversario dicendo: Parlo, prima io! Ma l’altro non lo lascia parlare e replica: No, parlo prima io! Invece il Santo – sia benedetto – disse agli Israeliti: Venite, entriamo in giudizio (Is 43,26), e questi gli chiesero: Chi parlerà per primo?, egli rispose loro: Parlate prima voi: Parla tu per giustificarti (ibid.). Perché? Perché se io vi vinco nel giudizio, ci perdo; se invece voi mi vincete, io ci guadagno».

Dal Midrash Pesiqta di Rav Kahana (III, 7)

«Buono e giusto e il Signore: per questo insegna ai peccatori la via» (Sal 25,8).

Domandarono alla Sapienza: Qual è la pena del peccatore? La Sapienza rispose: Il male perseguita i peccatori, mentre il bene ricompensa i giusti (Pr 13,21).

Domandarono alla Profezia: Qual è la pena del peccatore? La Profezia rispose: La persona che pecca dovrà morire (Ez 18,4).

Domandarono alla Toràh: Qual è la pena del peccatore? La Toràh rispose: offra un sacrificio di riparazione, e la sua colpa gli sarà espiata (cf Lv 5,6).

Domandarono al Santo – sia benedetto –: Qual è la pena del peccatore? Egli rispose: Si converta e viva, e la sua colpa gli sarà espiata. E’ quanto sta scritto: Buono e il Signore. (Sal 25,8).

Rabbì Pinchas dice: Come può essere buono se è giusto? E come può essere giusto se è buono? Per questo insegna ai peccatori la via: egli insegna ai peccatori la via perché si convertano. Per questo Osea avverte Israele, dicendogli: Ritorna, Israele-Shuvàh, Israèl! (14,2).

O Dio, che in questi santi misteri ci hai nutriti col corpo e sangue del tuo Figlio, fa' che ci rallegriamo sempre del tuo dono, sorgente inesauribile di vita nuova. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Il Signore è con voi.Amen.

Il Signore che invia Giona a Ninive, mandi a voi profeti di misericordia e vi benedica.

Il Signore che chiama gli apostoli a testimoni della sua misericordia, ci apra il cuore alla sua Parola.

Il Signore che vuole che i peccatori si convertano e vivano, vi converta al vangelo del suo Figlio.

Il Signore che chiama Israele e i Pagani a condividere la sua Parola, ci liberi da ogni particolarismo.

Il Signore che scruta il cuore e i reni sia sempre davanti a voi per guidarvi.

Il Signore che viene non a giudicare il mondo, ma a salvarlo, sia dietro di noi per difenderci dal male.

Il Signore che è la Consolazione d’Israele, sia sempre accanto a voi per consolarvi e confortarvi.

Il Signore, fondamento della Pace, faccia di noi poeti, inventori della Pace quotidiana.

Vi benedica l’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ora e sempre. Amen!

La messa finisce come rito, continua nella testimonianza della vita. Andiamo incontro al Signore che viene.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

_________________________

Domenica seconda del tempo ordinario-B – 20-01-2012– Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete Genova

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Paolo Farinella, prete – 20/01/2012 – San Torpete – Genova

1 Riguardo alla data di composizione del vangelo di Mc, la maggioranza degli studiosi propende per una data compresa tra il 64 e il 67 d. C. e comunque un poco prima del 70 d.C. anno della distruzione del tempio e di Gerusalemme. Altri si basano su una data anteriore in base al ritrovamento di un frammento di Qumran, il frammento 7Q5 che da 1972 è oggetto di attenti studi. Lo scopritore José O’ Callaghan (Biblica n. 53) afferma che il frammento riporta il brano di Mc 6,52-53: se questa ipotesi fosse vera, bisognerebbe spostare la datazione di Mc attorno all’anno 50 d. C. cioè una ventina di anni prima. Oggi gli studiosi hanno abbandonato l’ipotesi Callaghan, relegandola nel campo delle probabilità remotissime, dal momento che il frammento potrebbe essere collegabile alla letteratura apocrifa apocalittica, forse al libro di Enoch come afferma uno dei più grandi specialisti dei testi di Qumran (cf Florentino García Martínez, Reseña Biblica 19 [1998], 63; Juan Vernet, “Si riafferma il papiro 7Q5 come Mc 6,52-53?”, RivBiblIt 46 [1998] 43-60; 2; Rocco Scibona, “7Q5 e il “calcolo delle probabilità” nella sua identificazione”, BeO 43 [2001] 133-181). Scibona attraverso il calcolo delle Combinazioni con Ripetizioni arriva a dare una probabilità di identificazione di 0,000.000.000.000.262.144 unità numeriche che il frammento 7Q5 sia di Marco. Come dire 0 assoluto).

2 Paolo VI, Discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, 4 ottobre 1965, Ench. Vat. I, 1/375*.

3 A. Mello, ed., Ritorna, Israele! La conversione nella interpretazione rabbinica, Città Nuova Editrice, Roma 1985, 11. Riportiamo alcuni brani tra i testi del «Dopo Comunione».

4 Nella 3a domenica di Avvento-B il vangelo ci raccontò come il Sommo Sacerdote, gli Scribi e i Farisei avessero mandato una commissione per verificare la predicazione di Giovanni Battista (Gv 1,6-8.19-28) ed egli chiamò a testimoni sia colui che lo ha mandato: «voce di uno che grida nel deserto» (1,23) sia colui che lo seguiva: «uno che viene dopo di me» (1,27).



Sabato 21 Gennaio,2012 Ore: 23:33
 
 
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