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www.ildialogo.org Domenica 2a per annum – B – 15 Gennaio 2012 –,di Paolo Farinella, prete

Domenica 2a per annum – B – 15 Gennaio 2012 –

di Paolo Farinella, prete

Iniziamo un periodo di riflessione che ci accompagnerà per alcune settimane variabili, fino all’inizio della Quaresima, quando interromperemo il «Tempo ordinario» per riprenderlo dopo Pasqua o meglio dopo la solennità di Pentecoste. L’impostazione dell’anno liturgico ha una sua logica pedagogica. In Avvento abbiamo atteso e misurato la dimensione del tempo aspettando una Persona. A Natale abbiamo concluso una parte dell’attesa accogliendo il Bambino appena nato, ma abbiamo anche capito che «accogliere» significa condividere e camminare insieme verso una mèta finale che è la maturità della fede. A Natale abbiamo preso coscienza della nostra piena identità di uomini e donne «incarnati» nella storia, pellegrini verso la Gerusalemme celeste. Stavamo ancora assaporando la gioia della nascita, quando siamo stati invitati a condividere la lacerazione della morte con Stefano chiamato a dare la sua vita per essere coerente con se stesso e la Verità che ha incontrato. Dopo Stefano, ancora sangue con i Santi Martiri Innocenti, maciullati da Erode, per paura di avere tra di essi un concorrente al trono del potere. E’ sempre in nome del potere che si compiono i maggiori misfatti, spesso contrabbandati e millantati con ragioni religiose. In greco il termine «màrtyr – martire» significa semplicemente «testimone». Il mondo degli uomini toglie la vita a chi la vive autenticamente coerente. La coerenza da sola non basta, perché se le premesse sono false, anche le conclusioni saranno coerenti nella falsità. La coerenza deve essere anche vera. Ieri come oggi nella vita politica, sociale ed economica il potere fine a se stesso, fuori da ogni verità di «bene superiore» o di servizio, alimenta la propria ingordigia uccidendo i giusti e favorendo il crimine che viene istituzionalizzato.

Il 1° gennaio abbiamo scoperto il volto femminile di Dio con la festa della Madre di Dio che ci ha svelato il «senso» del «nome» e della circoncisione: segni concreti di un’appartenenza. Maria ci insegna che non nasciamo per essere solitari, ma per essere membra vive di un popolo, in base al principio che insieme ci si salva, da soli ci si danna. La donna è l’origine o meglio «il principio» del tempo che s’interseca con l’eternità. E’ lei che permette a Dio di vivere la sua «singolarità» di Dio e Uomo. Nella nostra cultura la donna è ancora marginale e più avanza il progresso ostinatamente definito «civile», più aumenta la marginalità femminile nella società, nella chiesa, nella coscienza. La cronaca è abbondantemente ricca di particolari. Il 1° gennaio è anche dedicato alla «Giornata mondiale della Pace», istituita da Paolo VI, che la celebrò per la prima volta il 1° gennaio 1968. La pace è la condizione della vita e della dignità, ma essa sembra lontana da questa terra dove gli uomini trovano divertente scannarsi e scannare come «metodo» per risolvere i problemi di convivenza tra i popoli. Ogni pretesto è buono per fare una guerra, quella guerra che Giovanni XXIII, il papa più lungimirante e più credente del secolo XX dichiarò «alienum a ratione - estranea alla ragione», in termini più immediati: «è pazzia»1.

Con l’Epifania il compito e la missione ricevuti a capodanno assumono il contorno dei confini del mondo: nessuno mi è estraneo se sono figlio/figlia di Dio. L’epifania ci presenta i Magi come modello di ricerca del Signore che vive nelle grotte e nei tuguri del mondo. Con il Battesimo di Gesù siamo stati legittimati e riammessi all’eredità che il patriarca Adamo e la nostra madre Eva avevano perduto anche per noi. Siamo di nuovo figli per riconoscere i fratelli e le sorelle sparsi nel mondo con l’obiettivo di fare una sola grande famiglia di Dio: il Regno dei cieli. Con oggi entriamo nel «tempo ordinario» del ciclo B che privilegerà il vangelo di Mc, la cui lettura però inizierà domenica prossima perché oggi, domenica dopo l’Epifania, la liturgia in tutti e tre i cicli (A – B – C) ci propone un brano del vangelo di Giovanni, quasi a prolungare il sapore del «Lògos» incarnato che entra nel tessuto delle relazioni umane. Proclameremo infatti il vangelo dei discepoli di Giovanni il Battezzante che «cercano e trovano il Messia». Se dovessimo sintetizzare con una sola parola il tema che emerge dalle letture di oggi, non avremmo difficoltà. La parola è «vocazione/ chiamata» oppure dovremmo usare il binomio: «cercare/trovare»..

Nella 1a lettura ascoltiamo la stupenda pagina della vocazione di Samuele (cf 1Sa 3,3b-10.19), il cui nome è già un programma di vita: Shemu-el/il suo nome è Dio. Nella sua vita, Samuele che opera tra il 1075 e il 1035 a.C. fu lacerato tra la monarchia e l’anti-monarchia, tra il ritorno allo stile nomade delle origini, rappresentato dal suo maestro Eli e la vita agricola e sedentaria piena di tentazioni di sicurezza e violenza. Egli vive la sua vocazione come lacerazione, sacrificio di dovere sempre scegliere tra la politica e la mistica, che però non separò mai, ma che di cui visse la fatica quotidiana del discernimento.

Nella 2a lettura Paolo, che vive momenti dolorosi con la sua comunità di Corinto, lacerata in partiti e fazioni, ci svela che la vocazione comporta conseguenze logiche che innervano «tutta» la persona umana. Non si è credenti a pizzichi e bocconi o a rate, ma sempre e ovunque e ci consegna una prospettiva «nuova»: la persona è un tutt’uno armonico, perché il corpo è l’estensione dell’anima che così diventa visibile, mentre l’anima è il corpo spirituale che diventa così «tempio dello Spirito» di Dio (1Cor 16,19).

Il vangelo ci fa assistere da protagonisti al «metodo vocazionale» che ha inaugurato Gesù. C’è lo sguardo «fisso» di qualcuno che vede sempre prima degli altri, i quali «ascoltando» parole nuove sono spinti in avanti a dare corpo al desiderio genuino di cercare il senso della propria vita: «Ecco l’agnello di Dio» (v. 36). Il Battista è un vero pedagogo, il genitore modello perché invita i figli/discepoli a superarlo e ad andare oltre. Egli infatti si limita ad indicare l’Agnello, mentre i discepoli «seguirono Gesù» (Gv 1,37). Egli è coerente con la verità di essere solo «una voce» che anticipa (Gv 1, 23): «E’ necessario che lui cresca ed io diminuisca» (Gv 3,30). Quando un prete raccoglie attorno a sé gruppi o cerca consensi che si fermino a lui, ponendo così al centro del suo ministero la sua persona e la sua vanità, distoglie da Cristo e diventa omicida.

La vocazione alla fede nasce dove c’è una fitta rete di relazioni affettive e amicali: il fratello chiama il fratello, il chiamato corre a vedere, nel momento dell’incontro avviene il mutamento del «nome», cioè del proprio destino e del proprio compito. Credere è facile, molto facile! Basta abituarsi a ricevere ed essere disposti a cambiare l’orientamento della propria vita. Oggi il mondo non crede perché coloro che dicono di credere credono in un «dio» della loro idea o del loro sistema di riferimento: il loro «dio» è un «valore» tra gli altri, forse nemmeno il più importante. Non è il «Dio di Gesù Cristo» (cf Rm 6,23; 8,39: Gal 3,26)2, ma il «dio-tappabuchi» di cui parla il grande teologo e martire luterano Dietrich Bonhöffer (1906-1945), un «idolo-supporto» delle paure sociali dei cristiani a corrente alternata3.

Andiamo anche noi come i discepoli del Battista a «cercare e trovare» il Signore che chiama e invita a restare con lui: restiamo con Gesù per vedere dove abita e come abita per scoprire il senso profondo del nostro cuore e l’anelito di ricerca della nostra anima che solo nella fede in lui possiamo estinguere. Invochiamo per questo lo Spirito Santo che ci abilita alla celebrazione della santa Eucaristia, facendo nostra l’antifona d’ingresso (Cf Sal 66/65,4): Davanti a te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome.

Spirito Santo, tu vegli nel tempio del Signore come custode dell’arca di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu vigili anche quando dormiamo e custodisci per noi la Parola, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci apri gli orecchi del cuore per ascoltare la Parola del Signore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sostieni Eli perché non inganni Samuele nell’ascolto di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu nutri il discernimento per capire quando Dio chiama, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sostieni Samuele nella sua risposta docile al Dio che chiama, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu purifichi l’obbedienza che diventa sacrificio di lode, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sorreggi chi si offre al Signore senza alcuna resistenza, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu scrivi nella nostra volontà di figli il volere di Dio nostro Padre, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu scrivi sul rotolo del nostro cuore la nuova Legge dell’agàpe, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ispiri la lode di quanti hai chiamato alla santa assemblea, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu abiti e santifichi il tempio del nostro corpo e del nostro cuore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei l’unità che unisce il corpo e l’anima al Signore risorto, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci dài la coscienza di essere riscattati dal sangue del Signore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu alimenti il nostro impegno di glorificare Dio nei nostri corpi, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci purifichi da ogni prostituzione per farci tua santa tenda, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu educhi a fissare lo sguardo su Gesù che passa accanto a noi, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci insegni a riconoscere in colui che passa l’Agnello di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu guidi i passi di coloro che vanno dietro al Signore risorto, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu circoncidi i nostri occhi per vedere l’abitazione del Signore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu c’ispiri a fermarci col Signore per sperimentarne la vita, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu vivifichi il contagio dell’amore, coinvolgendo altri fratelli, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu detieni il segreto del nostro nuovo «nome» che ci attende, Veni, Sancte Spiritus!

Chiamati anche noi questa mattina per celebrare la Pasqua settimanale, abbiamo risposto anche noi come Samuele: Vengo, Signore, per ascoltare la tua Parola e celebrare il sacrificio del tuo corpo e del tuo sangue. Consapevoli che non siamo qui per nostra iniziativa o volontà, ma solo per la grazia di Dio che ci ha scelti per essere un piccolo segno sacramentale di fronte al mondo intero chiamato alla redenzione, di fronte alla Chiesa, convocata attorno al suo Signore risorto, invochiamo la benedizione della Trinità santa, segnandoci

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Amen.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

Per potere rispondere alla voce del Signore, bisogna essere liberi come Eli e Giovanni Battista che non raccolgono discepoli per sé, ma li indirizzano verso colui che chiama anche di notte. Per essere liberi, biso-gna sperimentare il perdono che purifica da ogni presunzione e vanità. Per sperimentare il perdono, bisogna accostarsi all’altare della Parola e del Pane che ci consacra tempio vivo dello Spirito Santo. Per prendere coscienza di essere la «Dimora», dobbiamo offrire in sacrificio di lode la nostra volontà e abbandonarci alla sua che ci chiama a testimoniarlo nella vita, nelle parole e nelle scelte. Riconoscersi peccatori, significa sce-gliere Dio come «Signore» e offrire noi stessi come sua abitazione di grazia. Riconosciamo i nostri peccati e saremo liberi di essere e fare la coerenza nella verità.

[Pausa reale, non simbolica di esame di coscienza]

Signore, tu sei la fonte di tutte le vocazioni che abitano l’umanità, ascolta e perdona, Kyrie, eléison!

Cristo, tu sei il modello di tutte le risposte al Dio che chiama, ascolta e perdona, Christe, eléison!

Signore, che ci hai chiamati anche oggi alla Pasqua eucaristica, ascolta e perdona, Pnèuma, eléison!

Cristo, che ci hai riscattati per essere tempio del tuo Spirito, ascolta e perdona, Christe, eléison!

Signore che ci convochi per vedere la tua Parola e ascoltare il tuo Pane, perdonaci, Kyrie, eléison!

Cristo, Agnello di Dio che prendi su di te tutto il peccato del mondo, ascolta e perdona, Christe, eléison!

Signore, Dio di libertà e di amore, rivelaci il nostro nuovo nome di chiamati, Pnèuma, eléison!

Dio onnipotente, «lento all’ira e largo di misericordia» (Nm 14,18), guarda i tuoi figli che con la forza dello Spirito Santo, Tempio vivente nei loro cuori e nei loro corpi, hai convocato alla tua presenza, abbi miseri-cordia di noi, perdona i nostri peccati e guidaci alla vita eterna per la Gloria del tuo Nome santo che oggi vogliamo invocare sul mondo intero che tu sei venuto a cercare per salvare. Tu solo sei Dio e vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. [breve pausa 1-2-3]

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). O Dio che riveli i segni della tua presenza nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli, fa’ che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua parola, per riconoscere il tuo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen. 

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura 1Sam 3, 3-10.19. Il brano di vocazione appartiene al ciclo delle tradizioni dei profeti detti «anteriori» o «non-scrittori» (sec. IX-VIII a.C.) che intendono descrivere la grandezza delle vocazioni profetiche della storia d’Israele. Il primo della lista è Samuele. Seguiranno Natan, Elia ed Eliseo. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, la vocazione di Samuele non ha nulla di «materiale» o di magico, ma è molto spiritualizzata. Avviene di notte mentre è sveglio e non in sogno (vv. 3. 9); non vi è apparizione «visibile», ma solo l’ascolto della Parola che è interpretata a partire dagli eventi, dai dubbi e dall’ambiguità. Nessuno può essere certo della volontà di Dio se prima non si lascia afferrare dal dubbio della propria ricerca. A questo serve avere un maestro come Eli che non prevarica, ma indirizza.

Dal primo libro di Samuele 3, 3-10.19

In quei giorni, 3 Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. 4 Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», 5 poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. 6 Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». 7 In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. 8 Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. 9 Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto. 10 Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». 19 Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. - Parola di Dio.

Salmo responsoriale 40/39, 2.4ab; 7-8a; 8b-9;10. La liturgia di oggi riporta solo la 1a parte del salmo (vv. 1-12) che è un inno di ringraziamento sotto forma di sacrificio di se stesso offerto a Dio. La seconda parte, assente oggi (vv. 14-18) è un doppione del Sal 69/70 che è un grido di angoscia per invocare l’aiuto di Dio. Il salmo è considerato «messianico» perché Eb 10,5-6 interpreta una variante della Lxx al v. 7 leggendo «mi hai dato un corpo» e applicandolo al sacrificio di Cristo sulla croce. Questo tema del «corpo» viene ripreso dalla seconda lettura.

Rit. Ecco, io vengo, Signore, per fare la tua volontà.

 

1. 2 Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
4 Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio. Rit.

2. 7 Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». Rit.
3. 8 «Nel rotolo del libro su di me è scritto
9 di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». Rit.

4. 10 Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. Rit.

 

Seconda lettura 1Cor 6, 13c-15a.17-20. San Paolo, fondando la comunità di Corinto (52/53 d.C.), aveva esposto il vangelo della libertà in Cristo. Questo «vangelo» mirava a suscitare un’adesione personale e libera alle esigenze della fede e nello stesso tempo trasformava i rapporti dichiarando l’uguaglianza tra uomini e donne, ebrei e pagani, liberi e schiavi. I Corinzi tradussero il «vangelo di Paolo nello slogan «tutto mi è lecito» (v. 12; 1Cor 10,23; cf Rom 6,15), fraintendendo la libertà con la licenza di libertinaggio. Essi tolleravano infatti che uno di loro convivesse con la propria matrigna (5,1-6), caso che nemmeno i pagani tolleravano, suscitando così scandalo. Corinto è una città portuale cosmopolita, famosa per la licenziosità dei costumi, tanto che «vivere alla Corinto» significava «vivere dissolutamente». IN questo contesto molti interpretavano la sessualità come una necessità corporea simile al mangiare e bere (v. 13), senza alcuna implicanza di responsabilità. Paolo interviene con autorità presentando l’etica cristiana come conseguenza dell’evento pasquale del Cristo risorto in cui tutta la persona è coinvolta, spirito e corpo -che non possono essere separati. I principi su cui si basa questa etica «nuova» pasquale sono: il corpo è tempio dello Spirito Santo, (v. 19); il cristiano è stato riscatto dalla morte di Cristo per cui non si appartiene più ( vv. 13.20) e infine il corpo è destinato alla risurrezione e alla gloria (vv. 14.20) al seguito del Signore risorto. Ognuno di noi non è un accumulo di bisogni, ma un tempio dove si celebra la Shekinàh-Presenza, condivisa con gli altri di cui siamo responsabili.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1Cor 6, 13c-15a.17-20

Fratelli e Sorelle, 13 il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. 14 Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.15 Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? 16 Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. 18 State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. 19 Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. 20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo! - Parola di Dio.

Vangelo Gv 1,35-42 [+ 43-51]. Nonostante sia il ciclo di Marco, la liturgia in questa seconda domenica in tutti e tre gli anni ci propone ancora un brano del IV vangelo quasi a prolungare il sapore «esperienziale» del Lògos/Verbo incarnato. Anche qui abbiamo la storia della vocazione di due discepoli di Giovanni Battista che lasciano il Precursore per andare dietro a Gesù. Giovanni li allontana da sé per indirizzarli a Cristo: egli è il vero maestro che guida i suoi discepoli a compiere la loro storia e non a realizzare la volontà del maestro. Così indirizzati i discepoli, liberi da conflitti, possono «andare, vedere» e sperimentare: «si fermarono» (v. 39). Da vocazione autentica nasce vocazione nuova: il fratello conduce il fratello alla scoperta del suo nuovo «nome» che è nascosto solo nel cuore di Cristo (v. 42).

Canto al Vangelo 1Sam 3, 10; Gv 6,68

Alleluia. Parla, Signore, che il tuo servo ascolta. / Tu hai parole di vita eterna. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Giovanni 1,35-42 [+ 43-51]

35 In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». 39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il messia» - che si traduce Cristo - 42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» che significa Pietro.

[43 Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi!». 44 Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. 45 Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret». 46 Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». 47 Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c`è falsità». 48 Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». 49 Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d`Israele!». 50 Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose maggiori di queste!». 51 Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell`uomo»]4.- Parola del Signore.

Spunti di omelia

Abbiamo prolungato la lettura del vangelo di nove versetti fino al v. 51 che conclude il capitolo primo, per mantenere l’unità letteraria propria del testo. Diversamente il testo e il suo messaggio non sono completi. Giovanni ha un’intenzione nascosta che vuole svelare e noi vogliamo scoprirla. Anche un lettore superficiale si accorge alla prima lettura che il capitolo primo del vangelo di Giovanni fino al racconto delle nozze di Cana nel capitolo secondo, è una costruzione originale per un obiettivo grande: presentare in modo solenne l’ingresso nel mondo del Figlio di Dio. Troviamo infatti il Prologo che come l’ouverture di una sinfonia introduce e anticipa tutti i temi che seguiranno. Segue poi un ritmo di tempo, cadenzato come un ritornello salmodico che scandisce una settimana: quel vangelo che non si occupa quasi mai di darci indicazioni temporali, qui rasenta quasi la pignoleria: Gv 1,29: «il giorno dopo»; Gv 1,35: «il giorno dopo»; Gv 1,43: «il giorno dopo» che sboccano come fiumi nel mare nel racconto delle nozze di Cana in Gv 2,1 che comincia con l’espressione pregnante «Nel terzo giorno». L’autore vuole darci lo schema di una settimana e fin qui nulla di anomalo, ma se questa settimana è unita all’espressione solenne che apre il vangelo e cioè «en archê - in principio», allora comprendiamo che lo schema usato è lo stesso adibito per la creazione descritta nel capitolo Gen 15. Siamo di fronte ad una nuova creazione e la chiamata dei primi discepoli è portante perché essi così sono i testimoni legali che la Toràh impone per dare validità giuridica ad un atto importante (cf Dt 17,6; 19,15; Mt 18,16; 2Cor 13,1; 1Ti 5,19)

Dal brano del vangelo di oggi sappiamo che i fatti si svolgono in due giorni e alcuni sono indicati anche al millesimo di secondo: «era l’ora decima/le ore sedici» (Gv 1,39b) oppure «incontrò per primo» (Gv 1,41). Quest’ultima indicazione è modificata da alcune varianti [latine e tardive] con «sul far del giorno/di mattino presto»6 che ci rimanda a «donna Sapienza» che si fa trovare «fin dal mattino» (Sap 6,14) da chi si alza presto per cercarla. Questi elementi, come è costume in Giovanni, ci spingono a scoprire il secondo livello di ogni parola e di ogni fatto. Quando leggiamo la Parola di Dio, non dobbiamo fermarci al primo significato, che è quello più ovvio, ma è necessario andare oltre, scavando in profondità perché il tesoro è nascosto (cf Mt 13,44). Il brano è intenso e carico di significato profondo che l’evangelista ci invita a scoprire oltre il senso ordinario e immediato delle parole.

La cronologia indica che si è al secondo e terzo giorno della settimana della nuova creazione. Mentre nella prima creazione della Genesi, i primi sei giorni servono a Dio per preparare l’ambiente, in assenza dell’uomo, ma in vista dell’uomo (firmamento, mare, terra e germoglio delle erbe e degli alberi: Gen 1,7-13), nella seconda «ricreazione» della nuova creazione, Gesù convoca gli uomini già nel secondo e terzo giorno e li fa entrare nella sua «dimora» (v. 39). Adamo si era nascosto al sentire la voce di Dio che passeggiava nel giardino e Dio stesso deve domandare «Adam, dove sei?» (Gen 3,8-9), ora nella creazione della nuova alleanza, non solo gli uomini non si nascondono, ma sono in ricerca di Dio e Gesù in persona li invita a stabilirsi nella sua «Dimora» che è la Shekinàh, cioè la sua Presenza che riprende il colloquio di intimità interrotto da Adam e lo estende alla vita degli uomini, sperando in un altro esito.

Il vocabolario di questo brano è un vocabolario composito e plurimo, ad intreccio, come i tralci di una vigna. Vi è quello del discepolo in rapporto alla Toràh e/o alla Sapienza che si esprime nella dinamica del binomio «cercare-trovare»7, un tema che percorre tutta la Scrittura: «che cercate?» (Gv 1,38) – «abbiamo trovato» (Gv 1,41. 45). C’è poi quello tipico del discepolo che si esprime nei verbi di movimento: seguire, andare, condurre, venire (cf Gv 1,37.38.39.40.42.43.46.47) che danno plasticamente che la fede, la vita, la Chiesa non sono immobilità da custodire, ma cammini da percorrere e sperimentare. Non poteva mancare il vocabolario dell’ascolto (cf Gv 1,37.40) e del «dimorare/abitare/stare» (cf Gv 1,38.39). Su tutti predomina il vocabolario degli occhi, cioè della «visione» che in Giovanni è sempre collegata ad una «teofania». Per Gv il discepolo non è solo colui che segue il Maestro, ma colui che «lo vede» perché il Maestro «manifesta/si fa vedere». Seguire è vedere (cf Gv 1,36. 38.39.42.46.47.48.50.51). Il discepolo è colui che contempla ciò che sperimenta perché la sua «dimora», il suo «stare», come avviene nell’Eucaristia, è sperimentazione dell’anima, è visione di ciò che mangiamo. Quando nella Liturgia proclamiamo la Scrittura, noi «vediamo la Parola» e «ascoltiamo» il Pane.

La «visione» per Gv non è mai astratta, ma è sperimentale e il vertice del connubio «vedere/toccare», lo esprime l’ossimoro8 insuperabile del prologo della prima lettera giovannea, dove senza mediazione di sorta afferma che la fede è «toccare il Lògos/Verbo della vita». :

1 Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita 2 – la vita infatti si si manifestò, noi l`abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi – , 3 quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1Gv 1,1-3)9.

Se leggiamo con attenzione le parole che leggiamo, scopriremo in tutto brano un crescendo musicale di titoli attribuiti a Cristo e che dimostrano come si sale da una cristologia bassa verso una più alta. In Gv 1, infatti, ricorrono sette titoli e tutti in progressione (non abbiamo il tempo di esaminarli nella loro portata cristologia):

1. «Agnello di Dio» (Gv 1,36); 2. «Rabbì» (Gv 1,38); 3. «Messia» (Gv 1,41);

4. «Figlio di Giuseppe» (Gv 1,45); 5. «Figlio di Dio» (Gv 1,9); 6. «Re d’Israele» (Gv 1,49);

7. «Figlio dell’uomo» (Gv 1,51).

Nel secondo giorno della nuova creazione vi è una indicazione di tempo precisa: «era circa l’ora decima/le ore 16,00» (Gv 1,39). Il riferimento alle ore 16,00 del pomeriggio potrebbe essere un’allusione anticipata della morte di Gesù che Gv presenta come l’agnello sacrificato. Nel Tempio di Gerusalemme, infatti, due volte al giorno, al mattino alle ore 9,00 e alla sera alle ore 15,00 veniva immolato un agnello detto «tamid/perpetuo» (cf Es. 29, 42). Alle 16,00 il sacrificio era terminato. In Gv 19,33-37 Gv, attraverso le modalità della crocifissione (le ossa non spezzate, il colpo di lancia, ecc.), suggerisce l’idea che Gesù «consegnò lo spirito» (Gv 19, 30) nel momento in cui nel Tempio il Sommo Sacerdote immolava l’agnello/ tamid. In questo modo nel racconto, insieme alle parole del Battista e alla indicazione dell’ora, l’evangelista ci prepara alla gloria dell’ora suprema: l’ora della morte in croce dell’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo che è l’agnello mansueto condotto al macello, descritto da Is 53,1-12. In questo contesto, la chiamata dei primi discepoli ha una importanza speciale perché essi sono chiamati per rendere testimonianza anticipata all’ora della morte che è l’ora della Gloria del Figlio di Dio che offre se stesso in sacrificio «tamid/perpetuo». Vi è sottesa un’altra idea: Gesù è l’agnello di Dio che sostituisce l’agnello sacrificale del Tempio, dando inizio così ad un altro culto, centrato sul corpo del Signore (cf Gv 2,19-21).

Il Documento di Damasco (CD), 11,14-17 attesta che a Qumran l’ora decima (le ore 16,00) è l’ora in cui cessa il lavoro al venerdì pomeriggio e inizia lo shabàt. Se così fosse, l’indicazione dell’ora precisa sarebbe una coincidenza «voluta» dall’autore e avremmo una conferma di quanto detto sopra: Gesù è lo «spazio» in cui si manifesta Dio; egli è annunciato come «Agnello di Dio» che inizia, santificandolo, lo shabàt che il «tempo» consacrato a Dio. Gesù è morto nel giorno di venerdì che è il giorno della sua crocifissione, quando sulla croce compie la profezia di Is 53,7 che equipara il Servo di Yhwh all’agnello immolato: «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca»10. Si potrebbe anche pensare che i due discepoli «si fermarono presso di lui» perché iniziava lo shabàt per celebrarlo insieme a Gesù. Al tempo di Gesù si parlava aramaico e in questa lingua il termine «tàlya» significa tanto «servo» quanto «agnello».

Un altro elemento importante è che le vocazioni di cui parla il testo corrono sul filo della conoscenza e della relazione parentale. Non ci si inventa né cristiani, né credenti, né chiamati: bisogna incontrarsi tra amici, è necessario incrociare qualcuno, bisogna provenire da una rete di relazioni. Vediamo la progressione: Giovanni Battista indica Gesù e due suoi discepoli lo lasciano per seguirlo. Noi spesso e volentieri facciamo l’esperienza del «trattenere» piuttosto che «lasciare andare»: lo facciamo con i discepoli, con coloro che frequentano, con i nostri figli. Anche con i figli, siamo incapaci di aiutarli a«fissare lo sguardo su» (v. 36) qualcuno diverso da noi per indicare loro che forse c’è una strada «altra» e più alta di quella che potremmo offrire noi.

Uno dei due che seguono Gesù e celebrano lo shabàt con lui è Andrea, il quale ha un fratello che si chiama Simone. Il testo dice che lo «condusse da Gesù» (Gv 1,42). C’è sempre qualcuno che ci accompagna da qualcun altro e noi, a nostra volta, potremmo essere sia il qualcuno che accompagna sia il qualcuno che riceve e accoglie. Appena Simone giunge da Gesù avviene un fatto nuovo che ci ricollega con la prima creazione. Nell’Eden Adam riceve il potere di «imporre il nome» agli animali (cf Gen 2,19-20), cioè di prendere possesso di tutto il creato, anche degli animali. Nella nuova creazione è Gesù che cambia il «nome», cioè la natura di colui che chiama. Simone che in ebraico significa «desolazione/deserto» e diventa «Kēfâs» che in greco si traduce con «pietra/Pietro». Il discepolo che risponde alla chiamata dalla inconsistenza passa alla solidità stabile della «roccia» fino a diventare garanzia di stabilità per gli altri: «Tu sei Pietro e su questa pietra …» (Mt 16,18).

Nel giorno seguente, terzo della nuova creazione, avviene lo stesso procedimento: Come la Sapienza si mette in viaggio per andare incontro a coloro che la cercano (cf Sap. 6,16) così Gesù «volle partire per la Galilea; incontrò Filippo» (Gv 1,43), che è greco e lo coinvolge nella sua sequela (cf Gv 1,43). A sua volta, Filippo «incontrò Natanaele» che è diffidente (cf Gv 1,45-46). In ebraico Natanaele significa «Dio dona» o «dono di Dio». Filippo però lo invita a fare la stessa esperienza dei discepoli del Battista: «vieni e vedi» (Gv 1,46). Natanaele alla fine è il più entusiasta perché si lascia trasportare dalla sua esperienza personale e finisce per dare a Gesù tre dei sette titoli cristologici presenti nel testo: «Rabbì … Figlio di Dio … re d’Israele» (Gv 1,49)11. Essere discepolo per Giovanni significa andare alla scoperta della vera personalità di Gesù, quella nascosta sotto le apparenze visibili. Per fare questo è necessario «dimorare» con lui o celebrare con lui lo shabàt … comunque perdere tempo con lui se si vuole partecipare alla manifestazione della «Gloria» come avverrà nel convito nuziale di Cana, immediatamente dopo (cf Gv 2,1-11).

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

[Pausa: 1-2-3]

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. [Pausa: 1-2-3]

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. [Pausa: 1-2-3]

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTIACA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Concedi a noi, tuoi fedeli, o Signore, di partecipare degnamente ai santi misteri perché ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del tuo figlio, si compie l’opera della nostra redenzione. Per Cristo nostro Signore. Amen!

PREGHIERA EUCARISTICA II

(detta di Ippolito, prete romano del sec. II)

Prefazio d’Avvento/1: La duplice venuta di Cristo

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Padre santo, per Gesù Cristo, tuo dilettissimo Figlio.

Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti. Kyrie, eleison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison ! Tutta la terra è piena della sua gloria (cf Is 6,3).

Egli è la tua Parola vivente, per mezzo di lui hai creato tutte le cose, e lo hai mandato a noi salvatore e redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria (cf Is 6,3).

Egli è il Verbo incarnato che manifesta la gloria del tuo Nome. Osanna nell’alto dei cieli.

Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo, egli stese le braccia sulla croce, morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione.

Benedetto nel Nome del Signore colui che viene, l’Alfa e l’Omèga, Colui che è che era e che viene, il Santo d’Israele (cf Ap 1,8; Sal 71/70,22)

Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo a una sola voce la tua gloria.

Osanna nell’alto dei cieli. Kyrie, eleison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison !

Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Tu chiamasti Samuèle che dormiva all’ombra dell’arca della tua alleanza per farne il profeta della tua Parola (cf 1Sa 3,3).

Offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Ci convochi alla mensa del pane della tua vita e noi diciamo col profeta Samuèle: Parla, Signore e noi tuoi servi ti ascoltiamo (Cf 1Sa 3,9).

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Tu dai a noi la tua vita e noi la custodiamo con amore, e non lasciamo andare a vuoto una sola delle tue parola, con l’aiuto del tuo Santo Spirito (cf 1Sa 3,19).

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

Faremo e ascolteremo tutto quello che tu, o Signore, hai detto: Maràn athà – Signore nostro vieni! (cf Es 24,7; 1Cor 16,22).

MISTERO DELLA FEDE.

Contempliamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione e attendiamo il tuo ritorno. Maràn athà! Signore nostro, Vieni!

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.

Abbiamo sperato in te, Signore, e ti sei chinato su di noi per ascoltare il nostro grido (Cf Sal 40/39,2).

Ti preghiamo per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Sacrificio e offerta, tu non gradisci, o Signore della vita, ma ci doni il tuo Spirito per compiere la tua volontà (cf Sal 40/39,7.9).

Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell'amore in unione con il Papa …, il Vescovo …, le persone che amiamo e che ricordiamo … e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Noi siamo tempio della tua Shekinàh, la santa Dimora che abita nel cuore della Chiesa (cf 1Cor 6,19).

Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che affidiamo alla tua clemenza …. ammettili a godere la luce del tuo volto.

Ti abbiamo seguito fino a questo altare e abbiamo trovato che abiti nella Santa Eucaristia (cf Gv 1,37.38).

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di avere parte alla vita eterna, con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Vogliamo restare con te, o Cristo di Dio, Messia e salvatore, e celebrare con te la gloria del Padre (cf Gv 1,41).

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

 

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra.

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla comunione Gv 1, 36-37: Giovanni Battista vide Gesù e disse: «Ecco l’Agnello di Dio!». E i i suoi due discepoli seguirono Gesù.

Dopo la comunione

Da Emmanuel Lévinas12, À l’Heure des Nations

[Fonte: «Giorno per giorno», Comunità Evangelho è Vida del Bairro Rio Vermelho di Goiás (Brasile) del 26 dicembre 2008].

La lettura del Vangelo è sempre stata compromessa, ai miei occhi - ai nostri occhi - dalla Storia. Giunge allora ciò che voi chiamate Olocausto e noi Shoah. Qui esplosero due evidenze. Innanzitutto il fatto che tutti coloro che parteciparono alla Shoah avevano ricevuto nella loro infanzia il battesimo cattolico o protestante: non vi trovarono alcun divieto! Seconda cosa, molto importante: è in questo tempo che mi si mostrò chiaramente ciò che voi chiamate carità e misericordia. Ovunque appariva una tonaca nera c’era rifugio. Il discorso, in alcuni luoghi, era ancora possibile. Vi racconto una storia. Durante la guerra ero stato mobilitato in un servizio della capitale. Un compagno, nell’ufficio, aveva perso un figlio. Il padre era ebreo ma la madre cristiana; il servizio funebre si svolse nella chiesa di Sant’Agostino. Era prima del 10 maggio 1940, ma il nostro antico mondo era già in crisi. Durante la cerimonia funebre ero vicino a un’immagine, tela o affresco, che rappresentava una scena da 1° Samuele: Anna conduce al Tempio suo figlio Samuele. Questo era ancora il mio mondo. Soprattutto Anna, straordinaria figura di donna ebrea. Ho pensato alla sua silenziosa preghiera: “Le sue labbra si muovevano ma la sua voce non si sentiva”; ho pensato al malinteso con il sacerdote Eli e a come lei risponde: “No, mio signore, sono una donna affranta; non ho bevuto né vino né alcuna bevanda inebriante: stavo solo sfogandomi davanti a Dio”. Questa donna pronunciava la vera preghiera del cuore: lo svuotarsi di un’anima. Relazione autentica, concretezza dell’anima, personificazione della relazione. Ecco ciò che ho visto nella Chiesa. Che prossimità! Tale prossimità resta in me. Penso anche di essere debitore verso tale carità. Devo la vita della mia piccola famiglia a un monastero in cui mia moglie e mia figlia furono salvate.

Preghiamo. Infondi in noi, o Padre, lo spirito del tuo amore, perché nutriti con l’unico pane di vita formiamo un cuor solo e un’anima sola. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Il Signore è con voi. Amen.

Il Signore sia sempre davanti a voi per guidarvi.

Il Signore sia sempre dietro di noi per difenderci dal male.

Il Signore sia sempre accanto a voi per consolarvi e confortarvi.

Il Signore ci dia lo Spirito della profezia e della testimonianza.

Vi benedica l’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ora e sempre. Amen!

La messa finisce come rito, continua nella testimonianza. Andiamo incontro al Signore che viene.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

_________________________

© Domenica II Tempo Ordinario-B, 15-01-2012– Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete

L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 15/01/2012 – San Torpete – Genova

AVVISI

SABATO 28 GENNAIO 2012, ore 17,30 in San Torpete, Piazza San Giorgio concerto di Andrea Coen, organo: “Da sonare organi”. Stampatori, virtuosi, organi & cantorie a Roma dal Rinascimento al Barocco. Musiche di Andrea Antico da Montona, G.P. da Palestrina, P. Quagliati, G. Frescobaldi, M. Rossi, F. Fontana, B. Pasquini, A. Corelli – Th. Billington, F. Arresti, A.B. Della Ciaja, D. Zipoli.

SCUOLA DI CHITARRA

Per chi vive a Genova e ha figli o nipoti, in età scolare, potrebbe indirizzarli alla musica che un grande antivirus di protezione da ogni rischio: la musica è veramente totalizzante e aggregante. C’è a Genova un maestro di musica molto bravo, professionista da oltre 20 anni, MIRKO BOMMARCO che dà lezioni di chitarra a singoli o a gruppi a prezzi veramente promozionali. Chi fosse interessato, anche a nome mio, può contattarlo direttamente al seguente recapito: MIRKO BOMMARCO: Cell. 340 320 35 46 – E-mail: bommarco@yahoo.it

VISITA PASTORALE DEL CARDINALE BAGNASCO

 

Da domenica 5 a domenica 12 febbraio 2012 nel Vicariato di Genova Centro-Est, di cui fa parte San Torpete, si svolgerà la visita pastorale dell’Arcivescovo, card. Angelo Bagnasco. Il calendario verrà pubblicato quanto prima. In San Torpete il cardinale sarà presente al mattino di sabato 11 febbraio 2012 dalle ore 10,00 alle ore 12,00 con il seguente programma:

 

  1. Ore 9,30: Recita delle Lodi in San Giorgio.

  2. Ore 10,00: Inaugurazione dei locali delle Associazioni Ludovica Robotti- San Torpete; Musica e Cultura San Torpete e Sant’Ambrogio Musica.

  3. Ore 10,30: Incontro in sacrestia con il Consiglio di Amministrazione della Parrocchia.

  4. Ore 10,45: Presentazione al cardinale della vita della Parrocchia:

  1. Associazione Ludovica Robotti.

  2. Attività Culturali, specialmente i «Concerti di San Torpete».

  3. «Massoero 2000».

  1. Ore 11,00: In chiesa: «In dialogo con l’arcivescovo». Incontro con il cardinale nella forma di domande e risposte senza griglia e mediazione. Chiunque vorrà fare domande le potrà fare e il cardinale sarà libero di rispondere a suo piacimento.

  2. Ore 12,00: Fine.

Mi auguro che la comunità di San Torpete possa essere presente e partecipare attivamente.

1 Giovanni XXIII, Lettera enciclica «Pacem in Terris» dell’11 aprile 1963, n. 67. Riportiamo il testo latino che è più dirompente della traduzione italiana che ha cercato volutamente di sminuire la portata del pensiero del papa: «Quare aetate hac nostra, quae vi atomica gloriatur, alienum est a ratione, bellum iam aptum esse ad violata iura sarcienda». Traduzione ufficiale italiana: «Per cui riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia». Traduzione letterale: «Pertanto ai nostri giorni, in cui ci si gloria [di possedere] una potenza/forza atomica, è da pazzi [= completamente fuori della ragione pensare che] la guerra possa essere [uno strumento] adeguato per risarcire i diritti violati». Una bella differenza!

2 Cf inoltre concilio ecumenicoVaticano II, Gaudium et Spes, nn. 19-20.

3 Resistenza e resa: lettere e appunti dal carcere, Bompiani, Milano 1969, p. 264; Cf Sal 115/114, 2-7 (v. anche Sal 135/134, 15-17).

4 L’ultimo versetto fa riferimento, a senso, alla visione di Giacobbe che vide in sogno un scala che univa la terra e il cielo sulla quale scendevano e salivano gli angeli di Dio, descritta in Gen 28,11-17.

5La traduzione esatta, nel rispetto rigoroso del testo ebraico della Genesi è il seguente: «Nel principio del “Dio creò il cielo e la terra” e la terra era informe … disse Dio …» (Gen 1,1-3) che mette in evidenza la potenza della Parola di Dio col verbo principale che compare al v. 3 e cioè: «Disse Dio». Il «principio» non indica l’inizio temporale, ma lo stato «fontale», cioè il fondamento profondo dell’orgine che è lo stesso significato che ha in Gv «In principio era il Lògos».

6 M. E. Boismard, Du Bapteme à Cana, Paris 1956; F. Manns, L’Évangile de Jean à la lumière du Judaïsme, Jerusalem 1991, qui 58-59.

7 Dt 4,29; Pr 1,28; 8,17; 11,27; Ct 3,1-2; 5,6; Sap. 1,1-2; 6,11-12; 13,6; Is 65,1; Ger29,13; Os 2,9; Am 8,12; Mt 7,7-8; Lc 4,42; 11,9; Gv 7,34.36; cf Documento di Damasco (CD), II, 14 (5a grotta di Qumran): «Ed ora, figli, ascoltatemi ed io scoprirò i vostri occhi affinché possiate vedere e comprendere le opere di Dio, scegliere quanto gli è gradito e respingere ciò che odia».

8 L’ossìmoro (o ossimòro) è parola composta che deriva dal greco oxýmōron (oxýsacuto e mōrós – sciocco); è una figura retorica che accosta due termini opposti tra loro, come ghiaccio bollente, concordia discordate, dolce amaro, silenzio assordante, ecc. Qui il contrasto è tra «Lògos/Verbo» che rimanda al mondo eterno del divino, cioè di natura spirituale e «udire, vedere, toccare» che sono azioni relative a realtà materiali.

9 Nell’introduzione alla liturgia del giorno di Natale (Messa del giorno) abbiamo scritto: «Toccare il Verbo della Vita! Quale stridore! Eppure è qui il cuore del cristianesimo, a differenza di tutte le altre religioni, comprese quelle storiche come l’ebraismo e l’islamismo. Ebrei e Musulmani come anche le religioni orientali, non ammettono e non accettano che Dio possa essere «umano». Per loro è una bestemmia e un sacrilegio dire che Dio si possa fare persona umana perché Dio è il «separato» dalle ambiguità della condizione umana. In Gesù Cristo invece Dio ha scelto l’ambiguità, la contraddizione e il limite umano come «luogo» della manifestazione della sua identità. Per noi questo è il vangelo di Natale: Dio è Emmanuele, nome ebraico che significa Dio-con-noi, cioè Dio vicino, Dio accanto, Dio compagno di viaggio e ospite accogliente che ci riceve all’arrivo».

10 Cf F. Manns, L’Evangile, 58.

11 I titoli riferiti a Gesù che si trovano nel brano sono in ordine di comparizione: Gesù, Agnello di Dio (cf Gv 1,36), Rabbì (Gv 1,38), Messia (Gv 1,41), figlio di Giuseppe, Nazareno (Gv 1,45), re d’Israele (Gv 1,49).

12 Emmanuel Lévinas era nato il 12 gennaio 1906 (corrispondente nel calendario giuliano al 30 dicembre 1905), a Kaunas, in Lituania, da una famiglia ebrea che, emigrata in Ucraina alla fine della 1ª Guerra mondiale, fece ritorno in patria allo scoppio della rivoluzione d’ottobre. Nel 1923, all’età di 17 anni Lévinas si trasferì in Francia, per compiere i suoi studi all’università di Strasburgo. Nel biennio 1928-29, frequentò invece l’Università di Friburgo, dove ebbe come professori i filosofi Edmund Husserl e Martin Heidegger, dei quali farà conoscere il pensiero in Francia all’inizio degli anni 30. Durante la 2ª Guerra mondiale, la sua famiglia, rimasta in Lituania, scomparve negli orrori dell’Olocausto, mentre lui, come cittadino e soldato francese, fu mandato ai lavori forzati in campo di concentramento in Germania. La moglie Raissa, una musicista viennese da lui sposata nel 1932, e la figlia, Simone Hansel, vissero invece nascoste in un convento francese. L’altro figlio della coppia, Michael, sarebbe nato solo in seguito. La filosofia propria di Lévinas si venne precisando dopo la fine della Guerra. Estraneo alle problematiche metafisiche e epistemologiche, egli proponeva la “responsabilità etica personale per l’altro” come punto di partenza del suo pensiero. L’enfasi da lui posta su questo tema, il suo impegno a favore dell’ebraismo, il suo ricorso a un linguaggio spiccatamente religioso e i numerosi commenti a brani della Bibbia e del Talmud ne fecero un pensatore unico, distante dagli esiti scettici e nichilisti di molta filosofia contemporanea. Morì il 25 dicembre 1995.



Giovedμ 12 Gennaio,2012 Ore: 20:17
 
 
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