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www.ildialogo.org Domenica 1a Avvento – B – 27 novembre 2011,di Paolo Farinella, prete

Domenica 1a Avvento – B – 27 novembre 2011

di Paolo Farinella, prete

Oggi inizia il nuovo anno liturgico con il «tempo forte» dell’Avvento che ci invita a riflettere sulla venuta di Gesù Cristo. Propriamente l’Avvento non è una preparazione al Natale, ma una contemplazione della 2a venuta di Gesù alla fine del mondo come compimento della 1a avvenuta con l’incarnazione. L’Avvento, infatti, fluttua tra questi due appuntamenti con il Cristo: uno già sperimentato (la nascita o «genesi» come la chiama Mt 1,1) l’altro atteso alla fine della storia: il termine stesso, filologicamente, deriva dal latino ad venio/vengo verso, da cui «Adventus Domini/la venuta del Signore». Nella 1a venuta il Dabàr/Lògos si è fatto fragilità (gr. sàrx) assumendo la pienezza dell’umanità nel grembo di Maria: Dio ha relativizzato la divinità condizionandosi al passo e alla misura degli uomini e delle donne. Nella 2a venuta alla fine del mondo, Cristo ritornerà di nuovo visibilmente sulla terra, non più per incarnarsi, ma per liberare l’umanità intera da ogni condizionamento e raccogliere l’eredità della sua 1a venuta, ricapitolando in sé tutto il creato, terrestre e celeste (Ef 1,10). Noi viviamo i penultimi tempi che precedono questo 2° appuntamento.

L’Avvento si estende per quattro settimane in cui prevale il colore liturgico viola, riservato ai tempi di attesa (Avvento e Quaresima) e di dolore (morte). Si distingue la 3a domenica, detta domenica Gaudete/Rallegratevi (dalla prima parola dell’antifona d’ingresso), in cui anticamente si interrompeva il digiuno di Avvento, simile a quello di Quaresima (v., sotto, Nota storica), per l’imminente Dies natalis Domini/il Natale del Signore. In questa 3a domenica per distinguerla dalle altre si indossavano i paramenti liturgici di colore rosa. Si fa festa a metà percorso perché l’attesa ormai rotola verso la fine. Durante il periodo di Avvento non si canta né si recita il Gloria a Dio nell’alto dei cieli, che ha una struttura innica e gioiosa, mentre si mantiene il canto dell’Alleluia, come speranza aperta al futuro.

Nota storica. Nel 490 il vescovo Perpetuus di Tours stabilì che il periodo pre-Natale fosse un tempo penitenziale nella Chiesa Franca dell’Europa Occidentale. A tale scopo egli stabilì un digiuno di tre giorni ogni settimana a partire dall’11 novembre, festa di S. Martino di Tours protettore della sua città. Tra la festa di San Martino e il Natale intercorrono esattamente 40 giorni. Questo periodo richiamò immediatamente il corrispondente tempo dei 40 giorni della Quaresima, che a loro volta richiamavano i 40 giorni e le 40 notti di Mosè sul monte Sinai (Es 24,18; 34,28), i 40 anni del popolo d’Israele nel deserto (Nm 14,33-24), i 40 giorni che impiegarono gli esploratori della terra di Canaan, mandati da Mosè prima di entravi e prenderne possesso (Nm 13,25) e i 40 giorni e le 40 notti di Gesù nel deserto (Mt 4,2).

Fu quindi naturale che il tempo di Avvento fosse anche chiamato Quadragesima Sancti Martini/Quaresima/Digiuno  di 40 giorni di San Martino. Come la Pasqua era preceduta dalla Quaresima di penitenza, così anche il Natale era preceduto dalla Quaresima di San Martino. Non stupisce che anche le letture fossero prese in prestito dal tempo quaresimale. Si venne così a creare una situazione paradossale: si celebra la gioia dell’arrivo del Messia nella sua duplice venuta, ma il clima che la liturgia crea è un clima di penitenza e di tristezza.

Un secolo dopo (sec. VI) anche a Roma viene introdotto il Tempo di Avvento, ma qui assume carattere gioioso e non penitenziale perché sviluppa di più l’aspetto di preparazione al Natale. Si ebbe nella Chiesa una strana situazione: in Gallia prima di Natale vi era un tempo penitenziale più lungo perché composto di 40 giorni per assimilarlo alla Quaresima, mentre a Roma, si celebrava un Avvento più festoso, ma anche più corto perché composto di appena 30 giorni. Ciò ci induce a pensare che nella Chiesa non è mai esistita una uniformità di pensiero e di liturgia, ma un sano pluralismo che si basa sull’autonomia delle singole Chiese locali.

Nel sec. XIII, al culmine del Medio Evo, si raggiunse un compromesso che combinò i due aspetti: dalla liturgia gallicana si prese in prestito il carattere penitenziale e i testi della Messa, mentre dalla tradizione romana si assunsero il ciclo più breve (quattro settimane) e il suo andamento festoso. Questo compromesso continua anche oggi perché Paolo VI nella riforma liturgica voluta dal concilio Vaticano II, per rispetto alla tradizione volle mantenere la struttura dell’Avvento e della Quaresima precedenti. Pertanto la liturgia, specialmente quella del ciclo A, è rimasta la stessa della riforma di Pio V del sec. XVI. Paolo VI però volle che anche i tempi di Avvento e di Quaresima fossero inseriti nel ritmo ciclico triennale che vede una più ricca disponibilità di letture e qualche piccolo cambiamento per sottolineare gli aspetti propri dell’Avvento.

Con la 1a domenica di Avvento di oggi inizia l’anno liturgico che corrisponde a tre cicli: nell’anno A predomina il vangelo di Matteo; in quello B il vangelo di Marco e in quello C il vangelo di Luca (cf nota Errore: sorgente del riferimento non trovata). Nei due tempi forti di Avvento e Quaresima, quindi, avremo letture «ballerine», che non seguiranno cioè una lettura quasi continua, ma avremo brani sparsi in funzione del tema particolare che si tratta in quel giorno1. Invochiamo come maestro delle nostre anime lo Spirito Santo che veglia sull’Avvento di Cristo affinché ci dia la sapienza dell’ascolto e il ministero della veglia per entrare nel sacramento dell’Eucaristia che ci fa conoscere il volto di Dio nel volto dei fratelli e delle sorelle. Abbiamo concluso l’anno liturgico precedente con l’invito alla vigilanza, apriamo il nuovo anno con lo stesso invito perché l’Eucaristia è il sacramento dell’attesa che nutre l’Avvento prima del Natale e ci apre all’incontro con il Cristo giudice, quando ritornerà nell’Avvento finale della fine dei tempi per prendere possesso del suo Regno preparato fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,34). Entriamo in questo tempo di grazia acclamando con l’antifona d’ingresso (Sal 24,1-3): A te, Signore, innalzo l’anima mia, mio Dio, in te confido: che io non resti deluso! Non trionfino su di me i miei nemici! Chiunque in te spera non resti deluso.

Spirito Santo, tu ci insegni a chiamare Dio Padre nostro e Redentore d’Israele, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu non permetti che vaghiamo lontano dall’amore del Padre, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu sei il dono divino che scende dai cieli squarciati e aperti, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu circoncidi i nostri orecchi aprendoli all’ascolto della Parola, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu purifichi i nostri occhi con il collirio della santa Eucaristia, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu volgi gli occhi di Dio verso noi, la sua santa Assemblea, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu soccorri ogni figlio dell’uomo e lo rendi forte nell’amore, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci insegni a invocare il Nome santo di Gesù, il Salvatore, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu vigili sempre su noi, i figli della redenzione, fino alla fine, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu ci educhi a vegliare l’attesa dell’Avvento del Cristo risorto, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu vieni in aiuto alla nostra debolezza e ci sostiene con la grazia, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu assiti il portiere nel suo ministero di veglia sul tuo popolo, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu apri il nostro cuore alle improvvisazioni di Dio, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu vegli con noi perché non ci addormentiamo, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, tu vegli al nostra anima che vigila nel tempo di Avvento, Veni, Sancte Spiritus.

Inizia l’Avvento e si protrarrà per quattro domeniche: poniamo un segno visibile che ci ricordi questo percorso: accendiamo una lucerna ogni domenica fino alla quarta. Vedendo ogni domenica la fiammella di una lampada che arde e aumenta, ci ricorderemo che siamo in cammino e che durante la settimana vogliamo ardere della luce della speranza e del fuoco dell’amore. Preghiamo insieme col cero «simbolo dell’Avvento»:

[Si accende il la 1a fiamma, simbolo della 1a domenica di Avvento]

 

1. Signore, ecco il cero è segno dell’Avvento atteso.

Sia luce nelle difficoltà e decisioni.

Sia fuoco che brucia ogni egoismo.

Sia fiamma che riscalda il cuore

per lenire le ferite e dare tenerezza.

2. Fra poco l’Assemblea si scioglierà!

Noi andremo per le strade della vita,

restando sempre con te nel silenzio orante

del cuore del segno di questo cero

che brucia e si consuma, testimone ardente

del nostro desiderio di vivere d’amore

sull’altare della vita in ogni incontro ed evento.

3. Signore, Tu ci insegni ad ardere

d’amore in ciò che viviamo,

nelle due tendenze del cuore

nel bene e nel male perché speriamo

e vogliamo amarti sempre e ovunque.

4. Signore, Tu doni lo Spirito di fuoco,

fiamma che il cuore consuma:

come questo cero che si scioglie

al calore della fiamma,

donaci di sciogliere la nostra vita

al fuoco della passione per Te,

per i Fratelli e le Sorelle, compagni

di viaggio e di vigilante tenerezza.

5. E’ Avvento! Il tuo tempo, Signore!

La nostra eternità. Amen! Amen!

 

Nel cuore della chiesa tutto ciò che ha un inizio, comprese le piccole azioni, sono sotto il segno della Trinità nella quale siamo immersi anche se non sempre ne abbiamo coscienza. Poniamo anche il piccolo segno delle quattro lucerne, simbolo delle domeniche di Avvento, sotto il suo sigillo perché vogliamo porre il nuovo anno che inizia all’insegna della luce, all’ombra della Trinità, facendo insieme la nostra professione di fede

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

Amen.

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Iniziare un nuovo anno liturgico significa domandarsi anche quante volte nella nostra vita abbiamo cominciato lo stesso anno. A che punto siamo della nostra storia della salvezza personale? Dove mi trovo all’inizio del nuovo anno? Nel NT oppure sono ancora nell’AT? Sono con Adam o con i profeti? Sono in esilio o tra i reduci che rientrano da Babilonia? Che cosa vuol dire «vigilanza» per me? So cogliere i comandamenti di Dio negli avvenimenti che vivo o sono un superficiale che naviga nella banalità dell’ovvio? Esaminiamo la nostra coscienza e lasciamoci modellare dallo Spirito Santo come la creta nelle mani del vasaio (Ger 18,6; Sir 33,13): egli sa prepararci all’incontro con il Signore, Padre e Redentore che viene per me, per noi.

[L’esame di coscienza sia reale in un congruo tempo]

Signore, noi attendiamo il tuo Avvento: insegnaci ad aspettarti e ad accoglierti, Kyrie, elèison!

Cristo, sei Lògos fatto carne: trasforma la nostra fragilità in forza del Regno, Christe elèison!

Signore, modella la nostra anima e il nostro cuore nella forma che tu vuoi, Pnèuma, elèison!

Cristo, che ci chiami alla comunione di vita che supera ogni divisione, Christe elèison!

Signore, tu sei nostro Padre e nostro Redentore, squarcia i cieli e discendi, Kyrie, elèison!

Cristo, nostro fratello e Maestro, mostraci il volto del Padre di misericordia, Christe elèison!

Il Dio che viene nella storia per insegnarci la via del Regno, il Dio che squarcia i cieli e scende nella nostra vita, il Dio che in Gesù ci svela la conoscenza del suo progetto di amore universale, il Dio che annunciando la vigilanza, ci restituisce la responsabilità della nostra libertà; il Dio dei Patriarchi e dei Profeti, degli Apostoli e dei credenti di tutti i tempi, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.

Preghiamo (colletta). O Dio, nostro Padre, nella tua fedeltà che mai vien meno ricordati di noi, opera delle tue mani, e donaci l’aiuto della tua grazia, perché attendiamo vigilanti con amore irreprensibile la gloriosa venuta del nostro redentore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 63,16-17.19; 64,1-7. Il libro di Isaia si divide in tre parti. l’Isaia storico (sec. VIII a.C.; capitoli 1-39); il Secondo Isaia, anonimo che sviluppa i temi del 1° Isaia (sec. VII a.C; capitoli 40-55) e il Terzo Isaia, anch’esso anonimo vissuto durante l’esilio, che sviluppa il 1° e il 2° Isaia (sec. VI-V a.C.; capitoli 56-66). Il brano di oggi appartiene a questa terza parte. Si tratta di una preghiera, di un salmo di lamentazione (sullo stile dei Sal 74/73 o 79/78) composto forse dagli abitanti di Gerusalemme quando fu distrutta da Nabucodònosor nel 587 a.C. Il salmo è ripreso dai primi esuli liberati che lo cantano al loro rientro nella Città Santa durante una liturgia di espiazione per la ricostruzione del Tempio. Accanto al tema della paternità di Dio vi è uno struggente invito a Dio perché guardi la situazione in cui versa il popolo e intervenga a porre fine alla siccità dello Spirito: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (v. 19).

 

Dal libro del profeta Isaia 63,16-17.19; 64,1-7

16 Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. 17 Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. 19 Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti. 64,1 Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. 2 Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. 4 Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. 5 Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. 6 Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. 7 Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani. -Parola di Dio.

Salmo responsoriale 80/79, 2ac-3b; 15-16; 18-19. Dopo la morte di Salomone la terra promessa è divisa in due regni: quello del nord con capitale Samarìa, detto anche Israele, e quello del Sud con capitale Gerusalemme, chiamato anche regno di Giuda. Dopo la caduta di Giuda nel 586 per mano di Nabucodònosor, il salmista, forse un levita, rifugiato nella tribù di Beniamino, medita sulla sorte dei due regni, sperando e pregando per la loro riunificazione in un solo regno a cui attribuisce confini ideali, non storici (v. 12). Il salmista, forse un levita, spera e prega per la riunificazione dei due regni. E’ l’invocazione di aiuto del popolo nel tempo della disgrazia perché Dio intervenga a sanare le ferite dell’esilio. Nel contesto cristiano, e per noi ora nel contesto eucaristico, il ceppo piantato e il germoglio coltivato (v. 16) hanno il Nome Gesù che offre la sua vita per radunare le pecore perdute d’Israele e sanare le ferite della divisione tra le chiese. Con il salmo applichiamo la metafora della vigna a noi: «la vigna del Signore» è il suo popolo che egli protegge con passione.

Rit. Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

 

1. 2 Tu, pastore d’Israele, ascolta.
Seduto sui cherubini, risplendi.
3 Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci. Rit.

2. 15 Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
16 proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Rit.

3. 18 Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
19 Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Rit.

 

Seconda lettura 1Cor 1,3-9. Durante il secondo viaggio apostolico Paolo proveniente da Atene fonda la chiesa di

Corinto. Nel 53/54 mentre si trova a Efeso viene a sapere della situazione drammatica di divisione in cui si trova la sua chiesa prediletta. Scrive due lettere certe e una incerta perché perduta. Tutte le lettere di Paolo hanno lo stesso schema: Introduzione (saluti, presentazione, rendimento di grazie), esposizione della lettera, esortazioni finali, saluti conclusivi. Il brano di oggi fa parte dell’introduzione e comprende una parte del saluto (v. 3) e l’intero ringraziamento (vv. 4-9) che culmina al v. 9: «Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!». L’invito alla comunione in una comunità frammentata e divisa è un tema dirompente.

Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Corinzi 1,3-9

Fratelli, 3 grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! 4 Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5 perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. 6 La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente 7 che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. 8 Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro! - Parola di Dio.

Vangelo Mc 13,33-37. Il tema della vigilanza è un tema portante nei vangeli sinottici, ma in ogni vangelo ha sfumature proprie. In Mt (24,43-44) se il padrone vegliasse, nessuno si lascerebbe sorprendere dal ladro. Allo stesso modo gli Ebrei: non hanno vegliato e sono stati sorpresi dalla caduta di Gerusalemme. Lc (12,35-40) invece fa vegliare i servi in attesa del padrone dal ritorno delle nozze, a cui devono rendere conto, come avverrà alla fine del mondo (Mt 25). In Mc stranamente è solo il portiere che deve vegliare sugli altri servi che invece continuano a lavorare senza dovere rendere conto al ritorno del padrone. Il brano forse è ispirato ad una riflessione sul primato di Pietro nella sua funzione di «portinaio/guardiano» perché il suo ministero è «vegliare» sugli altri non spadroneggiare. Vigilare per Mc significa sapere cogliere i segni della presenza di Dio negli eventi della vita (13,14-32). Come assemblea eucaristica siamo sempre in stato di vigilanza perché dalla Parola impariamo a leggere l’alfabeto di Dio che scrive la storia.

Canto al Vangelo (Sal 85/84,8)

Alleluia. Mostraci, Signore, la tua misericordia, / e donaci la tua salvezza. Alleluia.

 

Dal Vangelo secondo Marco 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33 «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». - Parola del Signore.

Spunti di omelia

Le ultime domeniche dell’anno liturgico appena concluso (ciclo-A) vertevano sul tema della «vigilanza» presentata come «discernimento», quella disposizione interiore cioè che va oltre le apparenze per cogliere il cuore autentico di un fatto, di un avvenimento, di una persona. Vigilare vuol dire cogliere il senso profondo di ciò che accade e discernere significa valutare con sapienza il valore di questo senso per indirizzarlo al suo compimento in sintonia con la volontà di Dio che si manifesta con l’avvento del Signore. Il nuovo anno liturgico si apre con lo stesso tema ripetuto da Mc cinque volte e sempre con forme verbali: state attenti, vegliate (Mc 13,33), vigilare (Mc 13,34), vigilate (Mc 13,35), vegliate (Mc 13,37) e una volta con senso negativo: trovandovi addormentati (Mc 13,36) che è l’opposto del vegliare.

Questa insistenza è significativa perché sta a dirci che il tema è importante, tanto che ogni evangelista vi apporta sfumature proprie (v. didascalia al brano di oggi). Marco pone la vigilanza come una caratteristica quasi esclusiva del portiere/custode. In Mc 13,34 vi sono tre termini «casa … potere … portiere» che è una terminologia tecnica di Mc per parlare della Chiesa. I servi sono dediti al loro lavoro nella casa/chiesa senza ansia e preoccupazione, ma protesi verso il «momento preciso» di Mc 13,332 . In Mc tutti i servi della casa ricevono il «potere/exusìa» in assenza del padrone, per cui tutti sono responsabili dell’andamento della casa/chiesa: ciascuno, infatti, ha ricevuto un compito personale (Mc 13,34). Nella chiesa nessuno è anonimo, ma ognuno è responsabile di tutto perché la Chiesa è Chiesa solo se tutti i suoi figli sono vitali e presenti. E’ il senso che intendeva il concilio Vaticano II quando, modificando, invertendolo, lo schema originario sulla Chiesa, antepose il capitolo II che definisce la «Chiesa popolo di Dio» al capitolo III che tratta della «natura gerarchica della Chiesa».

La vigilanza è compito specifico del portiere/custode. Pietro deve vegliare nella notte sui servi, custodendo il loro lavoro e la loro tranquilla dedizione all’impegno personale, nel rispetto del potere/exusìa-servizio che ciascuno ha ricevuto. Pietro non ha ricevuto il mandato di spadroneggiare sulla chiesa, ma di essere servo di essa: non sono i figli che devono vegliare la notte, ma il padre vigile deve custodire il loro sonno. Mc di fatto gerarchizza la vigilanza, descrivendo la funzione della gerarchia nel discernimento dei segni della venuta del Signore: l’autorità è servizio di vigilanza, nonostante il Regno di Dio giunga all’improvviso per essere pronti ad accoglierlo, in qualsiasi momento giunga. Pietro non è il proprietario della chiesa, ma il vigilante notturno. Se è vero che la Chiesa ha non ha una struttura democratica sull’esempio degli Stati moderni3, è vero anche che la Chiesa non è monarchica e il pastore, sia papa o vescovo, devono ascoltare la Chiesa in tutte le sue espressioni e devono sforzarsi di favorire l’unità.

L’uomo antico non aveva bisogno di vigilare perché era «vittima» degli eventi decisi dagli dèi: schiavo del fato. L’immutabilità del destino rendeva inutile e superflua ogni vigilanza. Soggetto all’eterno ritorno delle cose, poteva soltanto sforzarsi di corrispondere agli archétipi originari, attraverso la purificazione rituale e la sacralità di spazi (luoghi di preghiera) e tempi (liturgie) consacrati alle divinità protettrici. Non a caso Platone parla di iperuranio come sede dell’anima dopo il suo esilio nel corpo materiale. Se il mondo e la materia sono «il male», la felicità consiste nel fuggire da essi e rifugiarsi in un paradiso abitato dagli dèi dove si accede attraverso il rito liturgico che nella sua sacralità sottrae all’imprevedibilità degli eventi e quindi alla paura.

Anche l’uomo moderno reagisce all’imprevedibilità degli avvenimenti, non con la fuga quanto piuttosto con il tentativo di «possederli» per renderli prevedibili e sottomessi alla propria volontà e bisogno. La Scienza è lo strumento con cui l’uomo cerca di dominare il mondo e con esso ogni evento: il rischio è che la Scienza possa diventare «idolo» e fonte di onnipotenza che travolgerebbe l’uomo e la sua umanità. Solo apparentemente l’uomo moderno è antitetico all’uomo antico, perché anch’egli non lascia spazio alla vigilanza. Fuggire o dominare l’avvenimento comporta lo stesso esito con nomi diversi: il primo ha paura, il secondo sfida, ma ambedue sostituiscono la vigilanza con la previdenza. L’uomo antico sottomettendosi e l’uomo moderno ribellandosi alla divinità. Non c’è dunque scampo? Se l’uomo antico è vittima della divinità stritolato nel ritmo dell’eterno ritorno e se l’uomo moderno è vittima del suo stesso potere che lo induce a ritenersi dio di se stesso, qual è il posto del cristianesimo che si propone come avvenimento unico dell’esperienza umana e come vigilanza nel suo svilupparsi nella storia?

Con l’avvento della fede nell’esperienza di Israele prima e di Gesù, figlio d’Israele, poi, ciò che chiamiamo avvenimento/fatto cioè il divenire della storia diventa kairòs/occasione propizia così intimo alla fede stessa da fondersi l’uno nell’altra. Dio non si manifesta più nella ritualità della natura dominata dal fato, ma nell’imprevedibilità stessa della vita dell’uomo: nella sua schiavitù, nel suo desiderio di libertà, nella fame e nello sforzo per sortirne, nella pace e nella fatica di mantenerla che spesso degenera nella guerra, nell’ingiustizia della ricchezza che costringe la moltitudine alla miseria e alla morte, ecc. Nulla è più banale nella vita di ciascuno perché ogni attimo, ogni gesto, ogni atto, ogni alito, ogni pensiero, ogni accadimento è segnato dalla Presenza/Shekinàh di Dio che parla attraverso il codice della incarnazione. L’uomo biblico scopre una nuova verità: l’avvenimento umano è il luogo privilegiato della manifestazione di Dio, anzi esso è il nuovo comandamento con Dio parla all’umanità. Per incontrare Dio non bisogna più scalare il cielo, ora è sufficiente attendere in terra e cogliere negli eventi la Presenza di Dio perché egli si è identificato con l’avvenimento storico: «Il Lògos/Parola – sarx/carne fu fatto» (Gv 1,14).

Nemmeno Dio è rimasto rinchiuso nel cielo e le anime, con buona pace di Platone se vogliono trovare la verità di se stesse devono per forza interrogare la materia, la carne, la storia, la vita. La vigilanza diventa così la caratteristica propria di chi crede perché egli va in missione nel mondo a cercare i segni di questa Presenza/Shekinàh amica dell’umanità che spiega il senso del cammino di ogni uomo e donna. L’uomo non ha più bisogno di spazi e recinti sacri perché tutto il mondo è il luogo dove si può incontrare il Dio dell’avvenimento, il Dio dell’incontro e della comunione. Il profeta prega: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 53,19). Il desiderio di Isaia ora è compiuto e noi lo sperimentiamo ogni volta che facciamo memoria eucaristica perché nella Parola e nei segni del Pane, del vino e dell’acqua, della fraternità e sororità noi troviamo il nutrimento che ci abilita alla vigilanza durante la veglia nell’attesa del Signore che viene. Sì! «Lo Spirito e la sposa dicono: “Vieni” e chi ascolta dica: “Vieni”… Maranà tha/Signore nostro, Gesù, vieni!» (Ap 22,17; 22,20; 1Cor 16,22).

E’ l’Avvento! E’ l’attesa colma di speranza! E’ la speranza che non si deprime mai! E’ il nostro atteggiamento per prepararci anche a Natale, per andare incontro al Signore alla fine della Storia, con la guida e la forza dello Spirito Santo. Amen! Amen!

Professione di Fede (rinnovo delle promesse battesimali)

All’inizio dell’avvento, ritorniamo alla sorgente del nostro battesimo e rinnoviamo le promesse della nostra fede perché il nostro cammino verso il Natale e la seconda venuta del Signore alla fine della storia sia segnato dalla fiaccola della fede che illumina i nostri passi e dalla decisione che vogliamo vivere coerenti con ciò che abbiamo ricevuto e che vorremmo tramandare. Lo facciamo in comunione con i milioni di cristiani che oggi in tutto il mondo rinnovano la stessa professione di fede.

 

Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.

Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? Credo.

Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo.

Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa fede noi ci gloriamo di professare in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.

 

 

Preghiera universale [Intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTICA

Prima di presentare le offerte all’altare, ascoltiamo la Parola del Signore: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24). Questa Parola è per noi un comandamento perché nessuno può celebrare il Signore nell’Eucaristia senza avere partecipato il perdono che abbiamo ricevuto. Lasciamo convertire dalla grazia di Dio.

La Pace del Signore sia con Voi E con il tuo Spirito

Scambiamoci un gesto sincero di pace e di accoglienza.

[La raccolta ha un senso sacramentale di condivisione con la parrocchia che viene incontro a chi ha bisogno senza rumore]

Preparazione delle offerte. Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo, perché dalla tua misericordia abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna. Li presentiamo a te perché diventino per noi cibo e bevanda di salvezza. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo, fratelli e sorelle, perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Accogli, Signore, il pane e il vino, dono della tua benevolenza, e fa’ che l’umile espressione della nostra fede sia per noi pegno di salvezza eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Prefazio dell’avvento I/A: Cristo, signore e giudice della storia

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. É cosa buona e giusta.

E’ veramente giusto renderti grazie e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode, Padre onnipotente, principio e fine di tutte le cose.

«Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore» (Is 63,16).

Tu ci hai nascosto il giorno e l’ora, in cui il Cristo tuo Figlio, Signore e giudice della storia, apparirà sulle nubi del cielo rivestito di potenza e splendore.

Egli ritornerà per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Squarcerà i cieli e scenderà! Davanti a lui sussulteranno i monti. (cf Is 63,17.19).

In quel giorno tremendo e glorioso passerà il mondo presente e sorgeranno cieli nuovi e terra nuova.

Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison!

Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno.

Benedetto colui che viene Nel nome del Signore. Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison! Osanna nell’alto dei cieli.

Nell’attesa del suo ultimo avvento, insieme agli angeli, ai santi e alle sante del cielo e della terra proclamiamo unanimi l’inno della tua gloria:

Osanna nell’alto dei cieli. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria della tua santità. Lodate il Signore popoli tutti, Christe, elèison! Kyrie, elèison! Christe, elèison!

Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura. Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.

Tu, Signore, sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani (cf Is 637).

Ora ti preghiamo umilmente:manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.

Pastore d’Israele, risveglia la tua potenza e vieni a salvarci (cf Sal 80/79,2.3).

Nella notte in cui fu consegnato, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

La testimonianza di Cristo, Pane disceso dal cielo, si è stabilita tra noi che aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo (cf 1Cor 1,6).

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse:

PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Guarda dal cielo e vedi e visita la tua vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato (cf Sal 80/79,15-16).

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

«Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore». Egli viene (cf Mc 12,29)

Mistero della fede.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, attendiamo il tuo ritorno: Maràn, athà – Signore nostro, vieni.

Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.

In lui siamo stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza (Cf 1Cor 1,5).

Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo Degno di fede sei, tu, o Dio perché ci hai chiamati alla comunione con il tuo Figlio Gesù Cristo, Signore nostro! (cf 1Cor 1,8).

Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi e le sante, nostri intercessori presso di te.

Manda il tuo Spirito che ci insegnaci a vegliare perché non sappiamo quando è il momento (Mc 13,33).

Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa …, il Vescovo …, il collegio episcopale, il clero, le persone che vogliamo ricordare … e il popolo che tu hai redento.

Quando tu, o Signore, giungerai, noi saremo svegli e pronti ad accoglierti con il nostro “Amen” (cf Mc 13,35).

Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza nel giorno in cui il Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale. Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.

«Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!» «Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, o beata Trinità» (Lc 3,6; cf Ord. Messa).

Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; ricordiamo tutti i defunti … N.N. … concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.

Gloria a te, Santa Trinità, unico Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo che eri che sei e che vieni (cf Ap 1,4.8; 4,8).

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNITA DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

Padre nostro in aramaico:

Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

Antifona alla Comunione Cf Mc 13,33

«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento», dice il Signore.

Dopo la comunione

Dal Targum Neofiti a Gen 30,22 «Poi Dio si ricordò anche di Rachele, la esaudì e aprì il suo ventre» (cf anche Targum frammentario) che riporta una tradizione antica:

«Quattro chiavi sono nelle mani di Yhwh, signore dei secoli. Esse non sono affidate nemmeno a un angelo o a un serafino: la chiave della pioggia, la chiave del nutrimento, la chiave dei sepolcri e la chiave della sterilità. La chiave della pioggia perché è detto: Yhwh aprirà per voi il buon tesoro dei cieli (Dt 28,12). La chiave del nutrimento perché è detto: Tu apri la tua mano e sazi ogni vivente (Sal 145,16). La chiave dei sepolcri perché è detto: Ecco, aprirò i vostri sepolcri e vi farò uscire. La chiave della sterilità perché è detto: Yhwh si ricordò di Rachele nella sua misericordiosa bontà e Yhwh l’ascoltò la voce della preghiera di Rachele e decise per la sua parola di darle dei figli».

Insegna la tradizione giudaica che quando Dio vuole punire l’umanità, chiude a chiave le acque superiori e manda la siccità sulla terra (Gb 12,15; Ag 1,10; cf Sal 148,4). Quando invece vuole benedire, toglie il chiavistello dalle cateratte e manda la pioggia. La pioggia nella tradizione è diventata simbolo dello Spirito Santo che scende sulla terra come profezia, come Shekinàh/Presenza. Per questo il profeta può sperare nella fine della siccità della profezia e della Parola e desiderare che i cieli si aprano e mandino sulla terra la rugiada e la pioggia della Parola di Dio (Dt 32,2) che ci educa alla vigilanza sulla sua Dimora/Presenza: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19).

Dal salmo 18/17,10: «Abbassò i cieli e discese, fosca caligine sotto i suoi piedi».

Dal salmo 144/143,5: «Signore, piega il tuo cielo e scendi, tocca i monti ed essi fumeranno»

Dal Midrash ebraico: Numeri Rabbà [= grande] (XIII,4); Genesi Rabbà (XIX,13 = Cantico Rabbà V,1)

«Gli empi allontanano la Dimora dalla terra, i giusti invece fanno abitare la Dimora sulla terra. Quando peccò il primo uomo, la Dimora salì al primo cielo; peccò Caino, e salì al secondo cielo; con la generazione di Enoch, al terzo; con la generazione del diluvio, al quarto, con la generazione della torre di Babele, al quinto; con i sodomiti, al sesto, con gli Egiziani ai giorni di Abramo al settimo. Al contrario, vi furono sette giusti: Abramo, Isacco, Giacobbe, Levi, Keat, Amram, Mosè (con il quale la Dimora discese di nuovo sulla terra, al Sinai, come era sulla terra, all’Eden, prima del peccato)».


 

Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo: «Le due venute di Cristo» (Cat. 15, 1. 3; PG 33, 870-874)

Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n’è una seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l’altra porterà una corona di divina regalità. Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l’altra, la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.

Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti. Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il disonore, nell’altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di gloria. Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (MT 21, 9), la stessa lode proclameremo nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e adorandolo canteremo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21, 9). Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di coloro che lo condannarono. Egli, che tacque quando subiva la condanna, ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della croce, e dirà a ciascuno di essi: Tu hai agito così, io non ho aperto bocca (cfr. Sal 38, 10).

Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per forza al suo dominio regale. Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: «E subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate» (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta. E poi riguardo alla seconda egli dice: «Ecco l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene... Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare» (Ml 3, 1-3). Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini: «E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio? Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.

Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al cielo e siede alla destra Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti. E il suo regno non avrà fine. Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla fine del mondo creato, nell’ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo, e la nascita di un mondo nuovo.

Preghiamo. La partecipazione a questo sacramento, che a noi pellegrini sulla terra rivela il senso cristiano della vita, ci sostenga, Signore, nel nostro cammino e ci guidi ai beni eterni. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Il Signore è con voi. E con il tuo spirito.

Il Signore risorto, che vigila sulla Chiesa e sui popoli, ci benedica ora e sempre. Amen.

Il Signore risorto, che viene ad invitarci alla vigilanza, ci colmi della sua benedizione.

Il Signore risorto che rende la sua testimonianza per noi nello Spirito, ci renda fedeli alla profezia.

Il Signore risorto che illumina il mistero di ogni attesa, ci doni la misura del suo cuore.

Il Signore risorto che è presente anche quando sembra tardare, sia davanti a noi per guidarci.

Il Signore risorto che giunge all’improvviso nella notte, sia dietro di voi per difendervi dal male.

Il Signore risorto che ci viene incontro nella vita ,sia accanto a noi per confortarci e consolarci.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo discenda su di voi, sui vostri cari e vi rimanga sempre. Amen.

Termina l’Eucaristia come sacramento e memoriale del Signore risorto, comincia ora la Pasqua della nostra vita come sacramento di testimonianza nella vita di ogni giorno. Andiamo nel mondo con la fortezza dello Spirito di Gesù.

Ti rendiamo grazie, Signore Risorto, perché resti con noi ogni giorno.

_________________________

© Domenica 1a del tempo di Avvento-B – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 27/11/2011 – San Torpete – Genova

  1. VENERDÌ 2 DICEMBRE 2011, ORE 20,00 a PIAN DI CASTAGNA al Centro Biolè, conversazione con Paolo Farinella, prete sul tema «Della vita e della Morte»: la morte come criterio di lettura e gusto della vita, cioè la Morte Maestra di Vita.

  1. MARTEDÌ 13 DICEMBRE 2011, ORE 17,30, Quadrivium con entrata da Piazza S. Marta 2. Lectio divina nel Tempo di Avvento, guidata da Franco VERDONA, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Genova.

  1. SABATO 24 DICEMBRE ORE 21,00 VEGLIA DI NATALE CON MESSA CONCERTATA, in San Torpete in Piazza San Giorgio.

  1. VENERDÌ 27 GENNAIO 2012, ORE 17,00 a FERRARA, Aula Magna Rettorato dell’Università di Ferrara, via Savonarola, 9, il Teatro comunale di Ferrara, il Comitato per i Grandi Maestri e l’Università di Ferarra, per la stagione «Concerti al Ridotto – 2011-2012» propongono «Musica e Letture dal libro omonimo di Don PAOLO FARINELLA, Il Segno dei Gabrielli Editori, 2010». Voci recitanti in scena: Fabio Mangolini, Roberta Pazi con Musiche di Jakob SANDLER, Ernest BLOCH e Johann Sebastian BACH - Violini solisti: Paolo Chiavacci, Laura Marzadori - Orchestra Città di Ferrara diretta da Marco Zuccarini.

FINE

1 Nel periodo pasquale proclameremo il vangelo di Giovanni e la lettura quasi completa degli Atti degli Apostoli, mentre con il Tempo Ordinario, che inizia dopo Natale per interrompersi in Quaresima e riprendere dopo Pentecoste, inizieremo una lettura quasi continua del vangelo di Mt, il vangelo dei catechisti, di coloro cioè che dopo avere incontrato il Signore ed essersene innamorati (vangelo di Mc) ed avere deciso di seguirlo (vangelo di Lc), decidono di comunicarlo agli altri come punto di arrivo dell’intero percorso dell’AT e come punto di partenza della nuova alleanza verso la terra promessa del Regno di Dio (Mt 13).

2 Il testo greco riporta il termine kairòs che ha significato diverso da chrònos. Questo indica lo snodarsi del tempo lineare, momento dopo momento senza variazione nella successione matematica del tempo. Il primo (kairòs), indica un tempo qualitativamente importante perché portatore di una novità che modifica lo svolgimento temporale delle cose. Il kairòs è un salto di qualità, che noi chiamiamo «evento» diverso da un «fatto»: è un fatto portatore di una novità che modifica il corso del tempo.

3 La Chiesa ha una struttura «comunionale» per cui in essa non vale come assoluto il criterio della maggioranza e minoranza, ma il criterio della verità che può essere portata da una sola persona: una comunità ecclesiale è capace di riconoscere ciò e di scegliere la voce del singolo su quella della maggioranza.



Mercoledì 23 Novembre,2011 Ore: 14:20
 
 
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