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www.ildialogo.org Domenica 33a per annum A – 13 novembre 2011 –,di Paolo Farinella, prete

Domenica 33a per annum A – 13 novembre 2011 –

di Paolo Farinella, prete

Siamo giunti alla 33a e penultima domenica dell’anno liturgico del ciclo A, che ha privilegiato il vangelo di Matteo proclamato quasi per intero durante l’anno. Oggi ascolteremo la parabola dei talenti che appartiene al contesto del quinto e ultimo discorso che Matteo fa pronunciare a Gesù (Mt 24-25) per paragonarlo a Mosè, il più grande profeta dell’AT che, secondo la tradizione, consegnò al popolo di Israele i cinque rotoli/ libri che compongono la Toràh/Pentateuco, creando così un parallelo diretto tra il Sinai e il Monte delle beatitudini, tra l’Antino e il Nuovo Patto, tra Israele e la Chiesa. Gesù è il nuovo legislatore, un nuovo Mosè che promulga la Toràh nuova fondata sulla sua Parola e nel suo corpo dato/offerto per tutti.

L’ultimo discorso che Gesù pronuncia è detto discorso escatologico (da èskaton-ultimo e lògos-discorso = riflessione sulle ultime cose). A conclusione di un percorso di fede, la liturgia ci presenta un modello e un paradigma di vita e di atteggiamenti. Per un verso (1a lettura) il modello è la «donna» che l’Autore anonimo dei Proverbi definisce «forte/virtuosa/energica» e che il greco della Lxx impoverisce traducendo donna «andrèian/mascolina». Per l’altro verso (vangelo) i modelli sono tre uomini dai comportamenti contrastanti. Una donna e tre uomini sono rappresentativi dell’insieme dell’umanità femminile e maschile. La fine di un anno liturgico, quindi, è sotto il segno della coppia «uomo/donna», i servi affidatari e la donna forte fanno da corrispettivo della coppia Adam/Eva che «in principio» ebbero in custodia i talenti della vita e dell’umanità intera, insieme al talento del «guiaridno di Eden», cioè del futuro fisico del cosmo intero. La salvezza che si fa storia inizia nel segno del «maschio/femmina» di Gen 1,27 che è il vertice del progetto di Dio mentre l’anno liturgico si chiude nel segno di Donna-forte/servi-fedeli-infedeli. Non l’uomo senza la donna non la donna senza l’uomo: la vita e il tempo dell’attesa esprimono l’armonia del femminile e maschile.

Anche il salmo responsoriale è centrato sulla donna descritta con efficaci pennellate come fulcro della vita, simboleggiata nella casa, il luogo dove, attraverso la sua fecondità si esprime la totalità della vita di relazione (marito, figli, lavoro, prosperità). La donna è benedizione portatrice di beatitudine. La seconda lettura ci tranquillizza sulla fine del mondo. I primi cristiani erano ossessionati da questo problema e san Paolo ancora una volta risponde che non bisogna temere la fine perché essa è soltanto il giorno del Signore che viene (cf v. 2). L’impegno dell’attesa è luminoso perché vive nella luce di chi ha la certezza che la persona che si ama arriva sempre (v. 5).

Il vangelo riporta la parabola dei servi che ricevono i talenti. Essi non sono da identificare con i doni o le doti naturali perché al v. 14 si dice espressamente che «consegnò loro i suoi beni» e al v. 15 continua «a ciascuno secondo la sua capacità» presupponendo così le doti naturali di ciascuno. I servi ricevono in consegna beni che non gli appartengono, ma gli sono affidati e di cui devono rendere conto: sono i beni del Regno di Dio, gli interessi del Regno. Un altro indizio in questa direzione sta nel termine «talento» termine greco che significa «peso» e che traduce l’ebraico «kikkàr» che significa «rotondo» (forse dalla forma del peso). Esso non è una moneta, ma un valore e nella Bibbia sta ad indicare il peso più grande che esista: corrisponde a circa kg 30 (cf Es 25,39…; 2Sam 12,30; 1Re 9,14,28…; Esd 7,22; 8,26…; 1Mac 11,28…;). In Ap 16,21 si dice che «cadde una grossa grandine dal peso di un talento» che la Bibbia della Cei traduce approssimativamente con «mezzo quintale».

In termini monetari, un «talento» valeva 6.000 denari, cioè 6.000 giornate lavorative, quasi 17 anni di lavoro. Ci troviamo di fronte a misure di grandezza paradossali, scelte apposta per farci riflettere su realtà di valore incalcolabile. La parabola di Gesù quindi non si basa sulla quantità dei talenti (5 – 2 – 1) per cui uno ha ricevuto di più e un altro di meno, ma sul loro valore, sul loro peso: anche chi ha ricevuto un solo talento ha ricevuto una ricchezza e una responsabilità enormi.

La distribuzione avviene tenendo conto delle qualità naturali di ciascuno: cinque talenti o due o uno sono dati a chi è in grado per competenza, capacità, intraprendenza, valutazione di rischio, di portare la responsabilità di gestire cinque o due o un solo talento. Il vangelo lo dice chiaramente: «A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità» (v. 15). Dio rispetta sempre la condizione naturale di ciascuno.

Per impegnarci nella diffusione del Regno, dobbiamo conoscerci e avere stima di noi come Dio ne ha tanta da affidarsi nelle nostre mani. Il talento datoci è Dio che si affida alla nostra credibilità per presentarsi al mondo. Non possiamo scavare un fosso per terra nasconderlo, né possiamo tenerlo per noi, ma siamo chiamati – questo è il compito missionario – a testimoniarlo con gioia e impegno. Lo Spirito santo che invochiamo ci dia la consapevolezza della nostra dignità e del nostro valore di figli di Dio, riscattati a caro prezzo: col «talento» della vita del Figlio (1Cor 6,20; 7, 23). Facciamo nostre le parole del profeta Geremia che c’introduce alla santa Eucaristia (Ger 29,11.12.14): Dice il Signore: «Io ho progetti di pace e non di sventura; voi mi invocherete e io vi esaudirò, vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi».

Spirito Santo, tu susciti donne forti, ben superiori alle perle, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sveli e fai trovare la donna forte dei Proverbi, Veni, Sancte Spiritus

Spirito Santo, tu ci educhi ad andare al cuore della vita, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu insegni che la donna è il perno della perfezione, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu infondi in noi la beatitudine del timore di Dio, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ispiri la tessitura delle relazioni d’amore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu presiedi ogni famiglia costruita sull’amore, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci assisti nell’attesa del Signore che viene, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la luce che illumina chi attende nelle notte, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu vegli sulla Chiesa anche quando noi dormiamo, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu presiedi alla distribuzione dei doni del Regno, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu non chiedi nulla che non possiamo sopportare, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci insegni a moltiplicare gli interessi del Regno, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci formi a non avere paura delle responsabilità, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu, sorgente di coraggio nell’impegno dei talenti, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci fai prendere coscienza della nostra natura, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci sveli che Dio agisce nella nostra natura, Veni, Sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu fai convergere i doni naturali e quelli della grazia, Veni, Sancte Spiritus!

Essere umili significa essere veri su se stessi e sugli altri. L’umile non si nasconde perché sa che la sua vita è segnata da Dio e Dio è la lampada che deve splendere davanti agli uomini. L’umile, però, è colui che non si appropria di talenti che non sono suoi. Egli è sempre se stesso: nel segreto della sua coscienza, nel colloquio con gli altri. L’umile non si esalta né si deprezza, ma si accetta e si accoglie come dono prezioso di Dio per sé e per gli altri.

Essere umili davanti a Dio e di fronte ai fratelli e alle sorelle significa riconoscere le doti della propria natura e chiamare per nome i doni che Dio ci fa oltre la nostra natura. Per questo oggi vogliamo riflettere e pregare su noi stessi perché possiamo risplendere di luce divina e chi c’incontra possa essere rimandato all’Autore della luce: a Dio stesso: risplenda la vostra luce di fronte agli uomini perché vedendo le vostre opere buone glorifichino il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16). Per questo ci disponiamo all’ombra della santa Trinità perché possiamo contemplare il suo volto e in esso vedere riflesso il nostro, pregando, amando e sperando

(greco)1

Èis to ònoma

toû Patròs

kài Hiuiû

kài toû Hagìu Pnèumatos

Amèn.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e del Santo Spirito

Ognuno di noi è opera di Dio. Per ognuno di noi Gesù è salito sulla croce. Nessuno di noi può escludersi dall’abbraccio misericordioso della tenerezza di Dio. Siamo qui davanti a Lui, davanti alla nostra coscienza. Esaminiamo e chiamiamo per nome i talenti che abbiamo ricevuto e chiediamo con fiducia perdono per tutte le volte che ci siamo affidati alla grettezza di seppellire il talento nel «buco nel terreno» (v. 18) preferendo la tranquillità immediata invece del rischio della vita. Anche così, non dimentichiamo mai che Dio è sempre più grande di ogni nostra grettezza e di ogni nostro peccato (1Gv 3,20): «Accostiamoci dunque con franchezza al trono della grazia perché otteniamo misericordia e troviamo grazia» (Eb 4,16).

Signore, per tutte le volte che abbiamo avuto paura del tuo giudizio, Kyrie, elèison!

Cristo, che affidi il talento del tuo Regno alla nostra povertà, Christe, elèison!

Signore, che ci chiami a lavorare con te nella tua vigna universale, Kyrie, elèison!

Cristo, che ci dai la donna come modello di fedeltà al Regno che viene, Christe, elèison!

Signore, spesso non abbiamo stima di noi stessi: liberaci da noi stessi, Kyrie, elèison!

Dio onnipotente che ha voluto nascere da donna e sotto la legge per essere Dio umano, per i meriti di tutte le donne che in tutti i tempi hanno determinato le svolte della storia con la loro forza e sofferenza, con la loro costanza ed emarginazione; per i meriti di tutte le donne nascoste, semplici e concrete; per i meriti di Gesù Cristo che è venuto a sciogliere ogni differenza tra uomo e donna, tra credente e non credente, tra puro ed impuro, abbia misericordia di noi, perdono i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente [breve pausa 1-2-3].

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

Preghiamo (colletta). O Padre, che affidi alle mani dell'uomo tutti i beni della creazione e della grazia, fa' che la nostra buona volontà moltiplichi i frutti della tua provvidenza; rendici sempre operosi e vigilanti in attesa del tuo giorno, nella speranza di sentirci chiamare servi buoni e fedeli, e così entrare nella gioia del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo. Per tutti i secoli dei secoli. Amen.

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Pro 31,10-13.19-20.30-31. I Proverbi sono una raccolta di insegnamenti tradizionali derivati dall’esperienza di vita e proposti sotto forma di giudizio o d’immagine, a volte anche enigmatici. Il termine ebraico «mashal» che San Gerolamo traduce con «proverbi» è in effetti intraducibile. Il brano di oggi è tratto dall’ultima raccolta, la ottava, redatta in forma alfabetica ed è la conclusione del libro. L’autore anonimo fa l’elogio della donna che può essere «signora sapienza» o «donna prostituta», salvezza o rovina per l’uomo e la società. Qui è descritta la donna ideale, dedita al lavoro con le sue responsabilità di governo che si preoccupa dei suoi subalterni. Trovare una donna così è trovare veramente un tesoro inestimabile. La tradizione cristiana ha applicato questo testo alla Madonna.

Dal libro dei Proverbi 31,10-13.19-20.30-31

10 Una donna forte chi potrà trovarla? / Ben superiore alle perle è il suo valore. / 11 In lei confida il cuore del marito / e non verrà a mancargli il profitto. / 12 Gli dà felicità e non dispiacere / per tutti i giorni della sua vita. / 13 Si procura lana e lino / e li lavora volentieri con le mani. / 19 Stende la sua mano alla conocchia / e le sue dita tengono il fuso. 20Apre le sue palme al misero, / stende la mano al povero. / 30 Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, / ma la donna che teme Dio è da lodare. / 31 Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani / e le sue opere la lodino alle porte della città. Parola di Dio.

Salmo responsoriale 128/127, 1-2; 3; 4-5. Salmo è una «beatitudine» che si estende sulla casa domestica che celebra la felicità della famiglia come dono di Dio al giusto in forza della legge della retribuzione personale: se uno fa il bene riceve il bene, se fa il male riceve il male anche da Dio. E’ la misura della giustizia umana proiettata sul comportamento di Dio. Questa concezione fiscale di Dio sarà superata da Gesù che viene a svelare il volto umano di Dio che si prende cura di tutti i suoi figli anche quando fanno il male perché in lui la giustizia è sinonimo di perdono. La fecondità generativa che chiama i figli a condividere la vita è il segno della protezione divina. L’integrità, il lavoro, l’amore sponsale e i figli sono benedizioni del Signore che coinvolgono anche Gerusalemme, anche la terra. Il giusto è contagioso anche a sua insaputa.

Rit. Beato chi teme il Signore

 

1. 1 Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.
2 Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene.

2. 3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo

intorno alla tua mensa.

3. 4 Ecco com’è benedetto

l’uomo che teme il Signore.

5 Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita.

 

Seconda lettura 1Ts 5,1-6. Di ritorno da Tessalonica, Timoteo informa Paolo che i cristiani vogliono sapere come avverrà e soprattutto quando accadrà che il Signore ritornerà sulla terra. Paolo risponde a queste domande molto ricorrenti tra i primi cristiani (v. 1; cf At 1,6-7; Mt 24,36). Nel giudaismo «il giorno del Signore» era sinonimo di vendetta e di giudizio (Is 13,6.9; 22,5; 27,1...; Gl 1,15; 2,2; 4,15; Am 5,18-20; Sof 1,15…), ora Paolo ne parla in termini di luce e tenebra e quindi in senso morale (v. 4; cf Rom 13,12-13). Chi è figlio della luce può mai essere sorpreso dalla luce del giorno? Chi vive nella luce, è sempre vigilante e anche trasparente.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5,1-6

1 Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli e sorelle, non avete bisogno che ve ne scriva; 2 infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. 3 E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. 4 Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. 5  Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. 6 Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. - Parola di Dio.

Canto al Vangelo Gv 15, 4a.5b

Alleluia. Rimanete in me e io in voi, dice il Signore, / chi rimane in me porta molto frutto. Alleluia.

Vangelo Mt 25,14-30. La parola dei talenti si trova nel 5° e ultimo discorso di Gesù: il discorso escatologico che riguarda la fine. La parabola di Mt è molto diversa da quella di Lc (19,12-27), anche se tutte e due hanno un nucleo originario comune. Mt, anche con il vangelo di oggi, descrive l’atteggiamento della chiesa nel tempo tra la risurrezione di Gesù e il suo ritorno alla fine della storia. E’ una teologia sull’impegno nel tempo della chiesa, rivolta alle singole categorie di persone: nelle domeniche scorse Mt si è rivolto ai capi con la loro responsabilità di servizio (24,51-45), alle donne che vigilano con l’olio pronte ad accogliere lo sposo (25,1-13), e oggi si rivolge ai cristiani in generale che devono amministrare i doni ricevuti. Il Regno di Dio si realizza attraverso la partecipazione degli individui. Oggi noi riceviamo i «talenti» dell’Eucaristia: la Fraternità, la Sororità, la Parola, il Pane, la Missione nel mondo intero. Saremo chiamati a renderne conto.

Dal Vangelo secondo Matteo 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14 «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; poi partì. 16 Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20 Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21 “Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22 Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23 “Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24 Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25 Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26 Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30 E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”». - Parola del Signore.

Spunti di omelia

Se dovessimo scegliere una figura come icona del vangelo di oggi non avremmo difficoltà a scegliere la donna della prima lettura. Ella infatti sa quello che vale, si stima, è cosciente delle sue doti e delle sue qualità, non si perde dietro commiserazioni o banalità, ma affronta la vita, le sue difficoltà, i suoi problemi e li risolve. E’ la donna forte, colei che sa rischiare e che non si chiude in un orizzonte familiare perché «stende la mano al povero» (v. 20) aprendosi a rapporti sociali che vanno oltre il ruolo della donna domestica.

Della parabola dei talenti abbiamo due versioni differenti: quella di Mt (oggi) e quella di Lc 19,12-27. Mt la situa nel discorso escatologico, Lc nel cammino verso Gerusalemme; in Mt vi sono tre servi che ricevono i talenti secondo le proprie capacità (5 – 2 – 1: v. 14); in Lc vi sono dieci servi che ricevono ognuno una mina che vale gr 500, cioè un sessantesimo di un talento (per fare un talento che vale kg 30 occorrono 60 mine). Il padrone di Mt parte non si sa per dove, quello di Lc per ricevere un regno. Il rendiconto finale in Mt riguarda solo i servi, in Lc invece anche la città che voleva liberarsi del padrone. Questi orizzonti diversi ci insegnano che la Parola di Dio ha molti significati e non può essere rinchiusa in una lettura minimale o peggio ancora letterale. Ogni comunità ha riletto la parabola nelle condizioni in cui viveva per cercare una risposta ai problemi che emergevano. Parola incarnata.

In Mt questa parabola deve essere letta insieme a quella delle dieci vergini che precede (25,1-13) e alla descrizione del giudizio finale che segue (Mt 13,31-46). I tre quadretti insieme ci offrono una teologia del tempo che intercorre tra la Pasqua del Signore e la fine del mondo o escatologia (da èskaton-ultimo e lògos-discorso = riflessione sulle ultime cose). Mt, infatti, vuole costruire, a differenza di Lc, una teologia del tempo della chiesa, potremmo dire una teologia della storia: una visione globale che afferri e rifletta sul senso della storia verso il suo compimento. La domanda è: qual è il senso della risurrezione di Gesù nell’accadere e nell’evolversi degli eventi lungo i secoli fino alla fine del mondo? Lungo questo percorso i cristiani come «amministrano» i beni del Regno che ricevono da Dio?

Il primo elemento della teologia della storia di Mt, come abbiamo visto nelle domeniche precedenti, è il tema del tempo supplementare concesso agli uomini per convertirsi, il tempo della dilazione del giudizio finale, espresso al v. 19: «Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro» e come si trova nel comportamento dello sposo ritardatario (25,5): si direbbe che la preoccupazione di Dio sia quella di mettersi al passo dell’uomo e di rispettare il suo lento crescere e la sua fatica per non perdere alcuno (Mt 18,14; Gv 6,39; 17,12; 18,9).

Lc invece ha una prospettiva diversa: egli considera il tempo che intercorre tra la morte di Gesù e la caduta di Gerusalemme (19,11). Luca è discepolo di Paolo e risente delle problematiche che agitano le chiese paoline specialmente quella di Tessalonica, che vive in modo angosciante la questione della fine del mondo. A questi ansiosi cristiani, Lc risponde che prima della fine dovranno sperimentare una ribellione contro il re (19, 14) che culminerà nella passione della Croce e dovranno vedere anche il castigo della città (19, 27) che si verifica con la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. L’orizzonte di Lc è rivolto alla cronaca, all’oggi, quello di Mt invece alla storia nel suo svolgersi.

La descrizione di Lc è ispirata da un fatto storico reale: dopo la morte di Erode il grande, sulla Giudea e la Samaria dal 4 a.C. al 6 d.C. regnò suo figlio Archelao che offese i Giudei sposando la vedova del fratellastro. Tipo sanguigno e repressivo incuteva timore perché senza scrupoli. Anche Giuseppe lo teme e al ritorno dall’Egitto invece che stabilirsi in Giudea, si trasferisce al Nord in Galilea (Mt 2,22). I Giudei sapendo che il loro re era andata a Roma per farsi nominare re dall’imperatore Augusto, mandarono dietro un’ambasceria a Roma a lamentarsi con l’imperatore, minacciando una ribellione se Archelao avesse continuato a governare. Augusto depose Archelao e la Giudea divenne una provincia romana governata da prefetti nominati direttamente dall’imperatore.

Anche la figura dei servi è differente nei due racconti. Per Lc Gesù sta spiegando l’atteggiamento delle persone che lo ascoltano come dice espressamente nel prologo: «Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro» (19,11). Tra gli ascoltatori vi sono quelli che credono sinceramente e gli ostili e indifferenti (19,7-11). All’arrivo del regno ognuno di questi raccoglierà il risultato: a coloro che hanno accolto il Cristo e il suo vangelo verrà dato un potere di guida e di responsabilità (19,17-19; 22,30; cf Mt 19,28; 1Cor 6,2), mentre agli indifferenti saranno tolti i privilegi posseduti (Lc 19,16: Mt 24,24) e i Giudei nemici saranno distrutti con le loro città (19,27).

Mt, invece, si riferisce al tempo della chiesa e quindi si tratta di valutare la sproporzione tra l’impegno vissuto e il premio promesso (25,21; 23,29). Il padrone distribuisce non le doti naturali, ma tenendo conto di queste, gli interessi del Regno: un solo talento, infatti, è una ricchezza enorme. In sostanza Mt dice che il Regno di Dio non può progredire nella storia senza la collaborazione umana: Dio per portare agli uomini il vangelo della vita ha bisogno di uomini e di donne non di angeli.

Possiamo dire che la prospettiva limitata di Lc è ampliata da Mt che così proietta in un ambito universale la necessità della missione che è il tempo concesso per fare fruttare i beni del Regno in vista del raduno universale. La propria personale, esperienza di fede, ha senso se inserita nel contesto della missione universale della chiesa: nessuno è chiamato per se stesso, ma ognuno riceve gli interessi del Regno nel contesto e a servizio di una comunità, della Chiesa, del mondo.

Dio rischia se stesso, la sua Parola e la sua credibilità, ponendosi nelle mani dei suoi amministratori ai quali affida un tesoro inestimabile, sperando che siano coscienti di ciò che hanno ricevuto e non lo nascondano sottoterra per paura di perdere la loro tranquillità. Una ricchezza che non si investe è morta. Chi si accontenta dell’esistente uccide la speranza di un futuro migliore, vanifica se stesso e rende «in-credibile» Dio. Nel giorno del giudizio universale, il mondo che attendeva di partecipare al tesoro di Dio ci chiederà conto della nostra amministrazione e dei nostri talenti. Quel giorno non potremmo tacere perché se taciamo saranno gli altri a parlare di noi e per noi.

Un altro elemento di raffronto è possibile con il Giardino di Eden che Dio creatore affida ad Adam (Gen 2,15) come il padrone affida si suoi servi gli interessi del Regno. Al v. 14 si dice espressamente che «affidò loro i suoi beni», simboleggiati nei talenti che rappresentano una cifra impossibile da calcolare: come dire triliardi di trilioni. Gesù come suggerisce Gv 1,1-18 viene a ristabilire le condizioni per una nuova creazione (schema della settimana + un «in principio») i cui beni affida alla nuova umanità perché ne sia responsabile e corresponsabile. I talenti possono essere le grandi emergenze che travagliano l’umanità (l’acqua, il pane, la salute, la libertà, la disumanità in cui vive la maggior parte della popolazione mondiale, ecc.), specialmente oggi in un contesto di globalizzazione economica che stritola i poveri sempre più a vantaggio dei pochi ricchi. I talenti non sono le doti personali, ma la coscienza che ciascuno di noi ha della propria responsabilità dell’intero mondo e in esso dell’umanità sofferente.

Applicazione sapienziale/psicologica:

  1. v. 14: Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.

C’e sempre qualcuno che parte e ci lascia soli con la responsabilità di vegliare sui beni che ci ha affidati. Possiamo avere paura o sentirci inadeguati, la situazione non muta: siamo soli con noi stessi e la responsabilità di amministrare beni non nostri: «i suoi beni». Che faccio? Quali meccanismi scattano in me? Quali strategie metto in atto per difendermi e fare fronte alla nuova situazione che si è venuta a creare?

  1. v. 15: A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; poi partì.

Ho coscienza di avere avuto in dono talenti immensi? Sono capace di individuare cinque qualità forti attorno a cui ruota la mia personalità? Quale autostima ho di me? Quale stima io penso gli altri hanno di me?

  1. vv. 16-17: 16 Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17 Così

anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.

Di fronte al rischio calcolato (non imprevidente) quale atteggiamento assumo? Ritengo che le novità che la vita porta in grembo debbano essere esplorate oppure preferisco il calduccio rassicurante di ciò che posso vedere e toccare? Devo avere sempre tutto sotto controllo oppure sono anche capace di un salto nel buio in vista di una mèta?

  1. v. 18: 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro

del suo padrone. padrone.

Sono geloso/a di ciò che ho conquistato, dei risultati acquisiti da escludere ogni variazione sul tema? Penso che avendo avuto poco dalla vita debba custodire gelosamente questo poco per paura di perderlo? Mi accontento di crogiolarmi sull’esistente senza sogni ulteriori o desideri di cambiamento? Perché ho paura di rischiare? Perché ho paura del giudizio altrui, tanto da nascondere agli altri anche la parte migliore di me?

 

  1. vv. 21.23: 21 “Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su

molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22 Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23 “Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”..

Partecipare alla gioia del padrone significa condividere la vita del Signore che ti ha affidato i suoi talenti. Hai coscienza di essere figlia/o di Dio con una dignità che nulla sulla terra potrà mai offuscare e denigrare? Come difendi questa tua dignità? Se non hai stima di te come puoi aspettarti la stila degli altri? Per amare il prossimo tuo «come te stesso», devi avere una profonda percezione di te e deve essere «orgoglioso/a» di chi e ciò che sei: solo così potrai instaurare una relazione costruttiva e armonica. Hai coscienza che non puoi amare alcuno se non ami te come «talento» prezioso che Dio ti ha affidato? Sei consapevole che tu sei il talento più importante di cui dovrai rendere conto alla fine della vita?

Credo o Simbolo degli Apostoli2

Io Credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; [breve pausa 1-2-3]

e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitato da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. [breve pausa 1-2-3]

Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTIACA

Prima di presentare le offerte all’altare, ascoltiamo la Parola del Signore: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24). Questa Parola è per noi un comandamento perché nessuno può celebrare il Signore nell’Eucaristia senza avere partecipato il perdono che abbiamo ricevuto. Lasciamo convertire dalla grazia di Dio.

La Pace del Signore sia con Voi E con il tuo Spirito

Scambiamoci un gesto sincero di pace e di accoglienza.

[La raccolta abbia un senso sacramentale di condivisione con la parrocchia che viene incontro a chi ha bisogno senza rumore]

Preparazione delle offerte. Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo, perché dalla tua misericordia abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna. Li presentiamo a te perché diventino per noi cibo e bevanda di salvezza. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo, fratelli e sorelle, perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Quest’offerta che ti presentiamo, Dio onnipotente, ci ottenga la grazia di servirti fedelmente e ci prepari il frutto di un'eternità beata. Per Cristo nostro Signore.Amen.

 

PREGHIERA EUCARISTICA II3 (detta di Ippolito, prete romano del sec. II)
Prefazio del Tempo Ordinario VI: Cristo Parola, Salvatore e Redentore

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

E veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a te, Padre santo, per Gesù Cristo, tuo dilettissimo Figlio.

Santo, Santo, Santo, sei tu, Signore, Dio dell’universo: tutta la terra canta la tua gloria. Osanna nei cieli.

Egli è la tua Parola vivente, per mezzo di lui hai creato tutte le cose e lo hai mandato a noi salvatore e redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla vergine Maria.

Osanna nell’alto dei cieli e pace agli uomini che egli ama. Kyrie, elèison. Christe, elèison. Pnèuma, elèison.

Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo, egli stese le braccia sulla croce, morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione.

Benedetto nel nome del Signore sei tu, o Cristo che eri, che sei e che verrai, Lògos disceso dal cielo.

Per questo mistero di salvezza, uniti agli Angeli e ai Santi, proclamiamo a una sola voce la tua gloria :

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Kyrie, elèison. Christe, elèison. Pnèuma, elèison.

Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Tu ha creato la donna perché sulla forza e sul valore si reggesse il mondo intero (Cf Pr 31,10).

Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Come una Madre, o Signore, nostro Dio, tu nutri i tuoi figli con il Pane disceso dal cielo (cf Pr 3, 20; Gv 6,41).

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Come, una Madre, o Signore nostro Dio, Tu disseti i tuoi figli con calice della salvezza (cf Sal 116/115,13).

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

Noi siamo beati perché ti amiamo, o Signore, e camminiamo nelle tue vie (cf Sal 128/127,1).

MISTERO DELLA FEDE.

Per il mistero della tua croce, salvaci o Cristo Risorto, atteso dalle genti! Maràn athà! Vieni, Signore!

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.

Ti benediciamo, o Signore, da Sion, la santa Gerusalemme e ti lodiamo nella assemblea della santa Chiesa (cf Sal 128/127,5).

Ti preghiamo per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Aspettiamo il tuo giorno, o Signore, giorno di giudizio e di misericordia, giorno della tua tenerezza (cf 1Ts 5,2).

Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell'amore in unione con il Papa …, il Vescovo…, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare… e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Noi non siamo nelle tenebre perché abbiamo la luce della tua Parola e il giorno del Regno noi ci sorprenderà come un ladro nella notte (cf 1Ts 5,4).

Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che affidiamo alla tua clemenza…. ammettili a godere la luce del tuo volto.

Riguardo a coloro che sono morti, noi non siamo nell’ignoranza, ma con loro e per loro professiamo e proclamiamo che il Signore è veramente risorto (cf 1Ts 4,13-14).

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di avere parte alla vita eterna, con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Ecco, Signore, ci hai dato i talenti del Regno e noi ti restituiamo il tuo Figlio che tu hai mandato a noi nostro redentore e salvatore, che abbiamo ascoltato e seguito. (cf Mt 25,14).

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in greco (Mt 6,9-13)

Idealmente riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo, dicendo:

Padre nostro, che sei nei cieli,

Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,

sia santificato il tuo nome,

haghiasthêto to onomàsu,

venga il tuo regno,

elthètō hē basilèiasu,

sia fatta la tua volontà,

genēthêtō to thelēmàsu,

come in cielo così in terra.

hōs en uranô kài epì ghês.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,

e rimetti a noi i nostri debiti,

kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn

e non abbandonarci alla tentazione,

kài mê eisenènkēis hēmâs eis peirasmòn,

ma liberaci dal male.

allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

Antifona alla Comunione (Mt 11,23.24): Dice il Signore: «In verità vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato».

Dopo la Comunione

Da un’intervista di Magdeleine de Jésus al New City Magazine (febbraio 1983) [Fonte: «Giorno per giorno», 6 novembre 2008, della Comunità del Bairro del Goiás-Brasile]

[Domanda della rivista:] “Come vede il futuro della Chiesa?”

[Risposta di Magdeleine de Jésus:] “Ciò che immagino, o vorrei vedere, per la chiesa, è soprattutto – e questo è il desiderio di molti – che, pur restando la Chiesa di tutti, diventi sempre più la Chiesa dei poveri; che i pastori della Chiesa, senza paura, prendano le parti di coloro che sono oppressi e disprezzati. E, per essere davvero la Chiesa dei poveri, spero che non costruiscano più palazzi vescovili, né si circondino di articoli di lusso, che eliminino tutti quei titoli tipo Reverendo e Reverendissimo, per esprimere sempre meglio le loro funzioni di servizio ... Io spero che la Chiesa spalanchi le porte alle altre Chiese, che sia sempre più misericordiosa con i peccatori, e accogliente, come lo era Cristo, con gli increduli e persino con quanti la perseguitano”4.

Preghiamo (dopo la comunione). O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento, ascolta la nostra umile preghiera: il memoriale, che Cristo tuo Figlio ci ha comandato di celebrare, ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Il Signore è con voi. E con il tuo spirito.

Il Signore risorto che ci affida il talento del suo Regno, sia davanti a voi per guidarvi.

Il Signore risorto che chiede il nostro aiuto, sia dietro di noi per difenderci dal male.

Il Signore risorto che vive sempre con noi, sia accanto a voi per confortarvi e consolarvi. Amen.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo discenda su di voi, sui vostri cari e vi rimanga sempre. Amen.

Termina l’Eucaristia come sacramento e memoriale del Signore risorto, inizia ora la Pasqua della nostra vita come sacramento di testimonianza in ogni giorno. Andiamo nel mondo con la fortezza dello Spirito di Gesù.

Ti rendiamo grazie, Signore Risorto, perché resti con noi ogni giorno.

_________________________

© Domenica 33a del tempo ordinario-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 13/11/2011 - San Torpete – Genova

Sabato 26 novembre 2011, ore 17,30 chiesa di San Torpete in Piazza San Giorgio, Erich Oskar Huetter, Violoncello: Le Suites per Violoncello di Bach. Johann Sebastian Bach (1685-1750): Suite per Violoncello solo n. 2 in re min. BWV 1008 - Suite per Violoncello solo n. 4 in mi bemolle magg. BWV 1010 - Suite per Violoncello solo n. 3 in do magg. BWV 1009

PER CONTRIBUIRE AI LAVORI STRAORDINARI

DELL’ASSOCIAZIONE «LUDOVICA ROBOTTI – SAN TORPETE»

SI POSSONO USARE I SEGUENTI STRUMENTI

Chiediamo a 500 amici di collaborare con € 100,00 a testa, al fine di non impegnare l’associazione a fare un mutuo di € 50.000,00 (cinquantamila). L’alternativa è limitare ad opera parrocchiale l’attività dell’Associazione che verrebbe di fatto svuotata di senso e quindi sciolta. Emergono esigenze di terapia psicologica e di ascolto per cui stiamo attrezzando due salette riservate ai colloqui e un locale per la segreteria che per ora non funziona per mancanza di spazio e di stabilità. Assistiamo persone di Genova e fuori Genova, italiani e stranieri, bambini e anziani, uomini e donne sole o in famiglia. Gli utenti del Comune, oggi vengono da noi perché non hanno occhi per piangere.

Con gratitudine e amicizia in nome di quei poveri che sono sempre tra noi e che grazie all’aiuto di tanti oggi possono respirare. Chi vuole e può usare uno dei seguenti strumenti con la causale: «Emergenza lavori» Un abbraccio a tutti

Non promettiamo ricompense, ma assicuriamo giustizia a chi non ne ha. Chi auna tantumChi può e vuole condividere con noi questo percorso sociale di welfare di giustizia e sostitutivo di quello ormai inesistente dello Stato italiano, può farlo utilizzando gli strumenti in chiusura di questo documento.

  1. Associazione Ludovica Robotti (non può rilasciare ricevute per detrazione fiscale)

Vico San Giorgio 3R presso Chiesa San Torpete, via delle Grazie 27/3 16128 Genova:

  • Banca Etica: Iban: IT87 D050 1801 4000 0000 0132407 - Codice Bic: CCRTIT2T84A

  • Banca Poste: Iban: IT10H0760101400000006916331- Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX

  • Conto Corrente Postale N. 6916331: Intestato a: Associazione Ludovica Robotti San Torpete

  1. Associazione Massoero 2000- Onlus (rilascia ricevuta anche ai singoli per detrazione fiscale)

Via della Maddalena, 29 - 16124 Genova:

  • Banca: Iban: IT65M0617501432000001274680 – BIC: CRGEITGG132

  1. Parrocchia di S. Maria Immacolata e San Torperte (rilascia ricevuta solo alle imprese con P. Iva)

  • Banca: Iban: IT49 P 03069 01400 10000 0032248 Indirizzo SWIFT: BIC BCITITMM

Paolo Farinella, prete – presidente dell’Associazione

1 La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.

2 Il Simbolo degli Apostoli, forse è la prima formula di canone della fede, così chiamato perché riassume fedelmente la fede degli Apostoli. Nella chiesa di Roma era usato come simbolo battesimale, come testimonia Sant’Ambrogio: «È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l'espressione della fede comune» (Explanatio Symboli, 7: CSEL 73, 10 [PL 17, 1196]; v. commento in CCC 194).

3 Detta di Ippolito, prete romano del sec. II: è stata reintrodotta nella liturgia dalla riforma di Paolo VI in attuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II.

4 Magdeleine Hutin era nata a Parigi, il 26 aprile 1898, in una famiglia originaria della Lorena, a pochi chilometri dalla frontiera con la Germania. La Guerra del 15-18 aveva avuto pesanti conseguenze sulla sua famiglia: la nonna uccisa, due fratelli morti al fronte, la sorella uccisa dall’epidemia di spagnola, lei stessa colpita da una pleurite tubercolosa. Restata sola con i genitori, nonostante tutte le sofferenze che avrebbero potuto schiacciarla, scelse di vivere, coraggiosamente e alla grande. Cioè, secondo il Vangelo, da piccola, piccolissima. Sognava di recarsi in Africa, quando s’imbattè in una vita di Charles de Foucauld, pubblicata nel 1921. Di quella lettura dirà poi: “Mi resi conto che tutte le idee che avevo da così tanto tempo, qualcuno le aveva avute prima di me, e ho pensato che non dovevo far altro che seguire le sue tracce, lasciandomi condurre da lui”. La salute malferma tuttavia non le lasciava troppe speranze, finché il medico un giorno le disse che solo un clima secco poteva darle qualche speranza di guarire. Fu così che con una compagna, Anna, decise di partire per l’Algeria. Nel 1938 incontrò per la prima volta il p. René Voillaume, che pochi anni prima aveva fondato, nel Sahara, la fraternità dei piccoli fratelli di Gesù, che si rifanno alla spiritualità foucauldiana. E, di lì a poco, l’8 settembre 1939, Magdeleine fonderà la Fraternità delle piccole sorelle di Gesù, a Touggourt (Algeria), seguendo la stessa ispirazione. Ciò che maggiormente colpiva in Magdeleine era l’amore ardente che la spingeva instancabilmente all’incontro con i più poveri, i più abbandonati del mondo, per comunicar loro, attraverso la sua amicizia, qualcosa della tenerezza di Dio. Lasciò scritto: “Dio mi ha preso per mano ed io l’ho seguito ciecamente.... Sempre, fin dal primo istante, il Signore mi ha dato una fede pazza, quella fede che Lui aveva promesso di ricompensare spostando montagne”. Magdeleine morì il 6 novembre 1989.



Giovedμ 10 Novembre,2011 Ore: 14:46
 
 
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