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www.ildialogo.org Domenica 27a per annum A - 2 ottobre 2011,di Paolo Farinella, prete

Domenica 27a per annum A - 2 ottobre 2011

di Paolo Farinella, prete

I Giudei del dopo esilio immaginavano che l’arrivo del Messia alla fine della storia sarebbe stato accompagnato da una straordinaria fertilità e abbondanza oltre ogni misura. Questa visione non è nuova nella tradizione biblica, come testimonia il profeta Amos: «Colui che ara supererà colui che miete, e il pigiatore dell'uva colui che sparge il seme; le montagne stilleranno mosto e le colline si scioglieranno» (Am 9,13). Nell’apocrifo l’Apocalisse greca di Baruc, detto anche Secondo libro di Baruc, databile intorno al 200 d.C., si narra che Baruc, trasportato in visione al terzo cielo, chiese di vedere l’albero che sedusse Adamo. L’angelo accompagnatore rispose:

«E’ la vigna, piantata dall’angelo Samaèl. Il Signore Dio si adirò per questo. E maledisse lui e la pianta da lui coltivata, e per questo non permise ad Adamo di toccarla. Ma il diavolo, per invidia, lo sedusse con la vigna».

L’autore si proietta nel futuro messianico e sogna l’ingresso del Messia alla fine della storia come un tripudio di abbondanza, specialmente della vite e del suo frutto: «E accadrà … Anche la terra darà i suoi frutti diecimila volte tanto e in una vite saranno mille tralci e un tralcio farà mille grappoli e un grappolo farà mille acini e un acino farà un kor di vino» (2Baruc XXIX,5)1. Lo stesso testo narra che dopo il diluvio, Noè trovò ancora la vite e non sapeva cosa fare e chiese consiglio a Dio il quale mandò l’angelo Saràsael a dirgli:

«Noè pianta la vite, poiché così dice il Signore: l’amarezza in essa verrà mutata in dolcezza, e la maledizione che è in essa diverrà benedizione; e quanto verrà tratto da lei, diverrà il sangue di Dio; e come attraverso di lei l’umanità ha attirato su di sé la dannazione, così essi attraverso Gesù Cristo, l’Emmanuele, riceveranno con essa la loro chiamata verso l’alto e il loro ingresso nel paradiso» (2Baruc, IV,15)2.

In questo contesto si comprende meglio la liturgia di oggi, domenica 27a del tempo ordinario-A che ha come metafora il tema della vigna non come immagine bucolica, ma come un profondo simbolismo della storia dell’alleanza3. Anche Gesù identificherà direttamente se stesso con la «Vite vera» e il Padre suo con l’«agricoltore» (cf Gv 15,1). La vigna/vite è una immagina comune in oriente che tutti, anche i più semplici, comprendevano per il forte simbolismo che esprime: il vino rosso somiglia al sangue.

Nella prima lettura l’immagine della vigna riprende il tema della nuzialità per descrivere i rapporti tra Yhwh e Israele. Dio-sposo si prende cura attenta della vigna-sposa/fidanzata-popolo (cf Is 5,1-2): l’aveva curata con passione per prepararla alla fecondità abbondante della vendemmia e invece ha ricevuto acini acerbi, rovi e spine. Nel testo di Isaia, lo sposo-Dio prima di conferire il suo giudizio di condanna alla vigna-sposa-Israele, chiama a testimoni Gerusalemme e la Giudea che formano il regno del Sud (cf Is 5,3-5) ed elenca tutte le sue premure pregresse. Lo stesso profeta interpreta l’allegoria attualizzandola per il suo tempo e quindi anche per noi oggi: «Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda sono la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi» (Is 5,7). Un esempio di pura esegesi.

Nel vangelo di Mt, Gesù si rivolge ancora «ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo» (Mt 21,33), a coloro cioè che avrebbero dovuto svolgere la funzione di «amici dello sposo» e custodire la sposa-vigna per il giorno della nozze. Al contrario, approfittando del loro compito di fiducia, hanno curato i loro interessi e abbandonato la «sposa/Israele» al ludibrio delle genti. Verranno destituiti e il loro compito affidato ad altri: «darà la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo… sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (Mt 21,41.43).

Gesù non ha mai pensato di sostituire il popolo d’Israele con un altro popolo, ma ha invitato Israele alla conversione e a riconoscere «i segni» di Dio in mezzo ad esso, fino ad arrivare al «segno» supremo: dare la vita. Il tema che sviluppa la «teologia della sostituzione» secondo la quale la Chiesa avrebbe preso il posto dell’Israele di Dio e gli apostoli quello dei capi giudei è una riflessione posteriore che si spiega con il clima di contrapposizione tra Sinagoga e Chiesa che culminerà definitivamente negli anni novanta d.C. nella scomunica e nella separazione. Questo ci spiega come il vangelo debba essere studiato perché in esso si trovano almeno quattro livelli: a) ciò che Gesù ha realmente detto; b) la predicazione orale degli apostoli che hanno attualizzato per i loro contemporanei le parole di Gesù, anche fuori dal loro contesto storico; c) la ricezione da parte della comunità di prima e seconda generazione che hanno ulteriormente interpretato il testo e infine d) l’ultimo livello, quello redazionale dell’evangelista che fissa sulla pergamena «parole e fatti» secondo un proprio disegno teologico e una prospettiva catechetica. Distinguere questi livelli è compito del biblista per permettere di arrivare al cuore di Gesù e alla vita delle prime comunità cristiane che insegnano come la Parola di Dio non è una parola da venerare, ma una vita da trasmettere.

Nella seconda lettura Paolo è preoccupato di quale segno i cristiani possano lasciare nel mondo con la reputazione dei loro comportamenti sulla giustizia, la stima, la lealtà. Egli si pone in contrasto con 1a lettura perché a Filippi, Dio non avrà bisogno di chiamare a testimonio alcuno perché i Filippesi hanno imitato Paolo e hanno reso onore e gloria al Nome di Dio (cf Fil 4,9): essi hanno custodito l’onore dello sposo/Dio, vivendo in modo irreprensibile davanti alla sposa/Chiesa. In un mondo in cui si usa sfacciatamente la religione per confondere, per manovrare, per delinquere e anche uccidere, le parole di Paolo sono un impegno e una responsabilità ancora più forte per chi vuole essere e apparire cristiano.

Entriamo dunque in questa Eucaristia che è la nostra vigna preparata e accudita per noi, dove il sangue e il corpo del Signore sono la garanzia che come tralci innestati nelle Vite-Cristo (cf Gv 15,5) sapremo portare frutti abbondanti secondo il disegno nuziale di Dio. Prima di invocare lo Spirito Santo perché ci c’introduca nella santa vigna dell’Eucaristia, facciamo nostre le parole della profetessa Ester (cf Esr 13,9.10-11), riportate nell’antifona d’ingresso: Tutte le cose sono in tuo potere, Signore, e nessuno può resistere al tuo volere. Tu hai fatto tutte le cose, il cielo e la terra e tutte le meraviglie che vi sono racchiuse; tu sei il Signore di tutto l’universo.

Spirito Santo, tu sei l’amico dello Sposo che custodisce la sua Vigna per le nozze, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu hai custodito fin dall’eternità la Vite pregiate trapiantata in Israele, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu hai accompagnato Israele, vite che hai trapiantata dall’Egitto, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la linfa che unisce i tralci alla Vite che è Cristo Signore, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la torre e il tino per raccogliere il sangue vitale della vite, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu custodisci il ceppo che Dio ha piantato, attraverso la Parola, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu animi ciò che è vero, nobile, giusto, puro e amabile al tuo cuore, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la Pace di Dio che ci conduce al regno del Dio della pace, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei il frutto che il Padre viene a raccogliere a tempo opportuno, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ispiri quanti lavorano nella vigna del Signore perché le siano fedeli, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci insegni a riconoscere fondante la pietra scartata dai costruttori, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci edifichi sulla testata d’angolo del «mistero pasquale» di Gesù, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci educhi a sapere distinguere i profeti di Dio dai falsi inviati, Veni, sancte Spiritus!

Con la forza che viene dallo Spirito Santo che ci ha convocato dalle nostre individualità per guidarci a questa comunità eucaristica pietra di paragone per la nostra fede e per la nostra vita, senza timore e senza paura, togliamoci i calzari dell’ovvietà e della superficialità ed entriamo nella Vigna del Signore dove gusteremo il vino tramutato in sangue per la redenzione di tutta l’umanità.

(greco)4

Èis to ònoma

toû Patròs

kài Hiuiû

kài toû Hagìu Pnèumatos

Amèn.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e del Santo Spirito

La vigna è Israele: «Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi» (Is 5,7). Sarebbe facile oggi fare l’esame di coscienza fuori di noi: non avremmo che l’imbarazzo della scelta perché le notizie che giungono dal mondo, dall’economia, dalla povertà, dall’iniqua ricchezza, dall’immi-grazione, dalla Chiesa… non sono altro che spargimento di sangue e grida di oppressi. La tentazione è grande perché è sempre facile mettere a posto gli altri. Oggi, però, lasciando ai pastori d’Israele e della Chiesa la loro responsabilità, noi vogliamo entrare nel santuario della nostra coscienza e misurarci con la Parola di Dio «luce ai miei passi» (Sal 119/118,105). Ciascuno di noi può essere la vigna, ciascuno di noi può produrre uva buona o acini acerba. Lasciamoci accudire dalla tenerezza di Dio che oggi è qui per noi.

Signore, tu hai piantato la vite della tua vita nel nostro cuore, abbi pietà di noi! Kyrie, elèison!

Cristo Gesù, tu hai detto «Io-Sono la vite vera» (Gv 15,1), abbi pietà di noi, Christe, elèison!

Signore, tu hai detto: «Io-Sono la vite e voi i tralci» (Gv 15,5), abbi pietà di noi, Pnèuma, elèison!

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura - Is 5,1-7. La lettura che appartiene al 1° Isaia, il profeta storico, vissuto nel sec. VIII a.C. riporta un canto nuziale nella forma di metafora nella quale lo stesso profeta si paragona all’«amico dello sposo» che ha l’incarico di custodire la verginità della sposa-vigna che è Israele fino al giorno delle nozze. Il tema generale è il tema nuziale che percorre tutta la letteratura biblica per descrivere il rapporto intimo e fecondo tra Dio e il suo popolo5, ma anche il fallimento e la sterilità che si consumano nell’adulterio (vv. 6 e 5)6. Tra riuscite e fallimenti la storia è un cammino inarrestabile verso il giorno in cui sorgerà la «Vite vera» (Gv 15,1) che nel vino del suo sangue laverà (Ap 7,14) i cuori dell’umanità riscattata e li farà entrare tutti nella sala con il vestito nuziale (Mt 22,11). Il nostro banchetto nuziale è l’Eucaristia dove Cristo stesso si fa «amico dello sposo» per custodire con la sua Parola e la sua vita la sposa, cioè la santa Assemblea che è la Chiesa.

Dal libro del profeta Isaia 5,1-7

1Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. 2Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate; in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi. 3E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. 4Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? 5Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata. 6La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia. 7Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. – Parola di Dio

Salmo responsoriale 80/79, 9.12; 13-14; 15-16; 19-20. La Terra promessa, dopo la morte di Salomone è divisa in due regni: quello del nord con capitale Samarìa, detto anche Israele e quello del Sud con capitale Gerusalemme, chiamato anche regno di Giuda. Il salmista, forse un levita, rifugiato nella tribù di Beniamino, dopo la caduta di Giuda nel 586 per mano di Nabucodonosor, medita sulla sorte dei due regni, sperando e pregando per la loro riunificazione in un solo regno a cui attribuisce confini ideali, non storici (v. 12). E’ l’invocazione struggente di aiuto nel tempo della disgrazia perché Dio intervenga a sanare le ferite dell’esilio. Nel contesto cristiano, e per noi ora nel contesto eucaristico, il ceppo piantato e il germoglio coltivato (v. 16) hanno il Nome Gesù che offre la sua vita per radunare le pecore perdute d’Israele e sanare le ferite della divisione tra le chiese. Con il salmo applichiamo la metafora della vigna a noi: «la vigna del Signore» è il suo popolo che egli protegge con passione.

Rit.: La vigna del Signore è la casa d’Israele.

1. 9Hai sradicato una vite dall’Egitto,

hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.

12Ha esteso i suoi tralci fino al mare

arrivavano al fiume i suoi germogli. Rit.

3. 15Dio degli eserciti, ritorna!

guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna,

16proteggi quello che la tua destra ha piantato,

il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Rit.

2. 13Perché hai aperto brecce nella sua cinta

e ne fa vendemmia ogni passante?

14La devasta il cinghiale del bosco

e vi pascolano le bestie della campagna. Rit.

4. 19Da te più non ci allontaneremo,

facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

20 Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,

fa’ risplendere il tuo volto e noi saremo salvi. Rit.

Seconda lettura - Fil 4,6-9. In questa lettura riviviamo gli ultimi consigli che Paolo, prossimo a morire, dà ai suoi amati Filippesi non come incoraggiamento di prammatica, ma nell’ottica missionaria della loro vocazione: in un mondo di furbi e di profittatori, il popolo di Dio è chiamato ad essere segno della «pace di Dio» (v. 7) e, sull’esempio di Paolo, testimoniare con la vita il «Dio della pace» (v. 9).

 

Dalla lettera di Paolo apostolo ai Filippesi 4,6-9

Fratelli e Sorelle, 6non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti. 7 E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. 8In conclusione, fratelli [e Sorelle], quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. 9Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi! – Parola di Dio.

Vangelo - Mt 21,33-43. La parabola dei contadini [omicidi] è riportata da tutti e tre i vangeli sinottici (Mc 12,1-12; Lc 20,1-8 e Mt qui) e anche dal vangelo apocrifo di Tommaso che la conserva nella forma probabilmente primitiva7. In Matteo fa parte di una trilogia di parabole con quella dei due figli mandati nella vigna (Mt 21,28-32) e quella del banchetto nuziale (Mt 22,1-14). Di questa trilogia, la parabola odierna costituisce il centro. L’esterno della parabola riguarda un proprietario terriero alle prese con i suoi fittavoli che pur di ereditare la terra arrivano ad uccidere il figlio del padrone, dopo avere ucciso i servi inviati prima di lui. In un secondo tempo, la comunità primitiva ha trasformato la parabola in una allegoria della storia della salvezza: Dio invia i profeti che sono uccisi da Israele; allora manda gli Apostoli che assumono le prerogative dei profeti. In un terzo stadio di riflessione teologica, Mt a sua volta trasforma ancora la parabola per spiegare i motivi e le conseguenze della morte di Cristo che è la vera «testata d’angolo» del nuovo Regno. Anche questa parabola, pronunciata nel recinto del Tempio, è indirizzata ai capi dei sacerdoti e ai responsabili religiosi.

Canto al Vangelo Cf Gv 15,16

Alleluia. Io ho scelto voi, dice il Signore, / perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Matteo 21,33-43 [+ 45].

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo; 33«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38 Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità”. 39 Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero. 40Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è meraviglia ai nostri occhi nostri”? [Sal 118/117,22-23; cf Ef 1,22-23]. 43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca frutto». [44] 45Udite queste parabola i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. – Parola del Signore.

Spunti di riflessione

Al tempo di Gesù esisteva il latifondo agrario che rendeva particolare la situazione economica: grandi proprietari terrieri, che spesso risiedevano all’estero, possedevano la maggior parte della terra coltivabile che era affitta a contadini locali, Galilei e/o Giudei8. Questi contadini che dovevano mantenere la famiglia numerosa, la tassa del tempio, le numerose tasse a Roma e soddisfare le richieste sempre più esose dei padroni latifondisti, odiavano i proprietari e cercavano in qualsiasi modo di danneggiarli. La setta degli zelòti che propugnava la rivoluzione armata contro i Romani e contro i padroni, prosperava tra questi contadini sfruttati sempre poveri, nonostante coltivassero terre anche ricche. Uccidere l’erede era un modo per entrare in possesso della terra, in base al diritto: se un proprietario moriva senza erede, la terra spettava ai mezzadri o ai primi occupanti. I vignaioli fanno male i conti perché anche se hanno ucciso l’erede il proprietario è vivo e tornerà per punirli con la morte, a prendersi il suo latifondo e ad affidarlo ad altri.

Che la situazione agraria al tempo di Gesù fosse questa è innegabile, però resta problematico che la parabola voglia descrivere un simile stato e farne oggetto di riflessione evangelica. Sembra infatti, contro ogni logica, che i contadini potessero avere un simile potere di sfidare il proprietario fino ad ucciderne il figlio9. A noi pare che la parabola debba andare oltre e pur prendendo lo spunto da una situazione di ingiustizia voglia soffermarsi su altri versanti. In Mc c’è una lettura chiaramente cristologica dal momento che il figlio ucciso è chiamato «figlio prediletto – yiòs agapetós» (Mc 12,6), espressione riservata nei Sinottici a Gesù, l’unigenito «il prediletto» del Padre (cf Mt 3,17; 17,5; Mc 1,11; 9,7; Gv 1,14.18). Siamo di fronte alla comunità di Mt che interpreta il racconto in chiave di una ecclesiologia di sostituzione: la Chiesa ha preso il posto di Israele che ha ucciso i profeti e il «figlio prediletto» del Padre. Si tratta di una fortissima allegorizzazione che c’impedisce in parte di risalire al livello del racconto di Gesù che non si sognò mai, nemmeno di pensare ad una teologia della sostituzione: per lui Israele è e resta Israele, il popolo dell’elezione e la questione sarà affrontata anche da Paolo nella lettera ai Romani (cf Rm 9-11).

Il vangelo di oggi10 prosegue quello di domenica scorsa, sia perché in Mt 21,3311 Gesù invita i suoi interlocutori ad ascoltare «un’altra parabola», che evidentemente crea un nesso letterario con la precedente (parabola dei figli operai) sia perché i destinatari sono gli stessi: i capi religiosi, coloro cioè che hanno autorità e quindi maggiore responsabilità perché gli verrà tolta la vigna e affidata ad altri. E’ un attacco alla religione del potere e della schiavitù, della religione atea che si serve di Dio per mantenere privilegi immorali. La citazione di Is 5,1-5 non è causale perché la parabola nelle sue diverse fasi di elaborazione fa propria l’allegoria del profeta del sec. VIII a.C. che aveva già identificato e messo in evidenza che la vigna è Israele. Con una differenza: mentre Isaia dopo avere cantato l’inno alla vigna con accenti di tenerezza e di premura da parte dello sposo (= Dio), nella seconda parte attacca la vigna da cui si aspettava «che producesse uva, [mentre] essa ha fatto acini selvatici» (Is 5,4). Il destino della vigna è segnato: il padrone distruggerà la vigna per renderla un pascolo e un deserto (cf Is 5,5.6). In Isaia dunque c’è una resa dei conti tra il Signore e la vigna/Israele. Nella parabola di Mt, invece, tutto è ribaltato: la vigna non è messa in discussione, ma si usa la stessa allegoria per descrivere il ripudio di Dio compiuto da Israele che non ha riconosciuto i profeti e lo stesso Messia.

Possiamo avere paura o disperare? Non possiamo, perché oltre al salmista anche il Siracide ci ricorda che «Chi teme il Signore non avrà timore né paura perché lui è la sua speranza» (Sir 34,14). In tempi di decadenza o di esilio o di abbandono, la fedeltà del Signore diventa lo scudo che protegge i suoi fedeli anche dall’infedeltà dei responsabili, dei «capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo» contro i quali già Ezechiele aveva profetizzato in nome di Yhwh accusandoli di pascere se stessi piuttosto che nutrire il popolo del Signore (cf Ez 34,2). Nessuna autorità può prevaricare perché Dio non invia alla sua Chiesa padroni, ma servi docili che devono ascoltare il lamento dei piccoli ai quali il Padre ha riservato il Regno: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il Regno» (Lc 12,32).

Il tema della vigna è un tema importante nella Scrittura come anche nella simbologia della liturgia ebraica del giorno dell’espiazione (Yom Kippùr). Il sommo sacerdote entrando nel Santo dei Santi del tempio porta sulla fronte legata da un nastro bianco una vite d’oro, simbolo di Israele, la vite divelta in Egitto e trapiantata nella Terra Promessa (cf Sal 80/79,9-12); sul petto porta l’efod, rettangolo di stoffa su cui sono fissate dodici pietre preziose di diverso colore, simbolo delle dodici tribù d’Israele sui due versanti dell’unità e della diversità; infine sulle spalle porta un mantello che nelle frange inferiori ha settantadue campanelli, simbolo dei popoli pagani che abitavano la terra. Nella liturgia ufficiale d’Israele il sommo sacerdote è rappresentativo e intermediario non del solo Israele, ma di tutta l’umanità credente o pagana, senza distinzione perché, come dirà Gesù, «il Padre vostro che è nei cieli … fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45)12.

Il termine vigna nella Bibbia ricorre circa 100 volte e vite oltre 150 volte e sempre collegata con la simbologia nuziale come, ad es., nel Sal 128/127,3: «La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa». Il binomio vigna-sposa richiama la storia dell’alleanza, una storia che corre tra fedeltà e infedeltà. Gesù si colloca su questa linea biblica della simbologia fino ad identificare se stesso con la vite «vera» e i discepoli nei «tralci» (Gv 15,1.5). Sulla bocca di Gesù la parabola si limitava al v. 39 con la constatazione che Dio aveva mandato il suo «Figlio» che fu rifiutato e ucciso (cf Gv 1,9-11). A questa conclusione ci induce il vangelo apocrifo di Tommaso che riporta la parabola nella sua forma più antica (v. più sopra, nota Errore: sorgente del riferimento non trovata)13.

I personaggi della parabola sono: il padrone che in greco è «oikodespótes» (= padrone di casa), i contadini14, i servi inviati a più riprese, il figlio che è anche «erede» e che viene ucciso e gli altri contadini che subentrano ai primi. Fuori dall’allegoria, i personaggi sono: Dio che manda i suoi servi/profeti ai contadini/responsabili religiosi che li hanno rifiutati e anche uccisi, il Figlio di Dio che è «l’erede» (cf Gl 3,16), il quale è ucciso «fuori della vigna», cioè di Gerusalemme (cf Lc 13,33) e infine gli apostoli che subentrano ai capi del sacerdoti nella nuova comunità. I primi contadini, cioè i capi religiosi giudei si condannano da soli perché hanno coscienza di essere loro i destinatari della parabola: «Udite queste parabola i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro» (Mt 21,45). Chi esercita l’autorità nella Chiesa deve stare molto attento perché è facile deviare e ubriacarsi del potere, anche in buona fede: bisogna che non perda mai il contatto con la Parola di Dio per evitare di confondere la sua volontà con quella di Dio. Quando invece di servire si è serviti dentro un apparato esteriore ridondante di sceneggiature e drappeggi vacui e superflui che alimentano la vanità degli uomini piuttosto che manifestare il volto povero di Dio, è segno che l’autorità stessa è decaduta e non è più riconosciuta come autorevole.

Mt 21, 40-46 della parabola odierna sono frutto di un’applicazione successiva ad opera della comunità cristiana. Dopo la morte di Gesù, infatti, e di fronte a fatti nuovi e sconcertanti come il rifiuto di Gesù-Messia da parte della maggioranza dei Giudei, la comunità cristiana allegorizzò completamente la parabola, trasformandola in una «teologia della storia», integrando il tema della vigna con quello della vigna tolta agli operai attuali ( = Israele) e data ad altri (= gli Apostoli) che prendono il posto dei responsabili, colpevoli del degrado del popolo, qui simboleggiata dalla acerbità della vigna. Noi oggi, alla luce della scienza biblica, non condividiamo la teologia della sostituzione secondo la quale la Chiesa avrebbe preso il posto del popolo eletto. Questa teologia è antievangelica e frutto di un antigiudaismo che si è perpetrato per lunghissimi secoli contro il popolo di Gesù tanto da identificarlo con «l’ebreo errante» della leggenda cristiana. Israele resta per sempre il popolo eletto, anche quando va in esilio, anche quando tradisce, anche quando uccide i profeti e crocifigge Gesù, perché Dio non può revocare i suoi doni (cf Rm 11,29).

La Chiesa è ebrea di nascita e di fede e fa parte dell’Israele di Dio (cf Gal 6,16). Senza equivoci e senza paura possiamo affermare che Dio stesso è la guardia del corpo del popolo-vigna. Questo dato ci conforta e ci consola: nessuna situazione può essere così pesante, nessuna autorità può prevaricare fino al punto di distruggere la vigna. Dio veglia e non permette che il suo popolo sia ridotto ad un deserto, come garantisce il salmista: «Non s’addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele [in ebr.: shômer15 Israel]. Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre» (Sal 121/120,4-5). Dal vangelo, infatti, è chiaro ed evidente che il padrone sostituisce i contadini, non la vigna che resta perché deve dare linfa alla «Vite vera » che è Gesù (cf Gv 15,1)16.

La vigna da semplice immagine in bocca a Gesù diventa la vigna con «un frantoio» scavato che diventa un’allusione alla vigna nuziale di Isaia, riportata dalla 1a lettura (cf Is 5,1-5). Infine l’uccisione del figlio del padrone è un richiamo alla morte violenta del profeta Zaccaria, ucciso nell’atrio del tempio perché si era permesso di richiamare i capi del popolo alle loro responsabilità, al tempo del re Ioas (835-796 a.C.): «Il Signore mandò loro profeti perché li facessero ritornare a lui… ma non furono ascoltati…allora lo spirito del Signore investì Zaccaria…ma congiurarono contro di lui e per ordine del re lo lapidarono nel cortile del tempio» (2 Cr 24,19.20.21; Cf Lc 11,51). In questo modo i primi cristiani rileggevano il rifiuto di Gesù da parte dei capi religiosi all’interno della storia della salvezza: il termine «Figlio» del v. 6 deve leggersi come sinonimo di «Messia» (cf Sal 2,7; Mc 1,11; 9,7).

In una terza fase, quella della redazione finale, quando il vangelo è messo per iscritto nella forma che possediamo oggi, Matteo va oltre e sviluppa l’allegoria per spiegare i motivi della morte di Gesù e le sue conseguenze, facendo perno sul salmo 118/117 che la liturgia ebraica proclama nel grande Hallel pasquale. La folla poche ore prima aveva fatto ricorso a questo salmo per osannare Gesù nel suo ingresso trionfale in Gerusalemme: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Sal 118/117,26 con Mt 21,9). Mettendo insieme questo salmo con il rifiuto di Gesù e la sua morte, Mt afferma che il compito messianico di Cristo e la sua gloria devono passare attraverso la sofferenza e la morte. Quando Mt scrive, la comunità cristiana leggeva già il salmo in chiave messianico-pasquale (cf At 4,11; Mt 21,9; Lc 13,35; Gv 12,13; Eb 13,16). E’ la logica del nuovo ordine delle cose: ciò che è scartato diventa elemento essenziale della costruzione, ciò che è morto diventa inizio della vita. Il pane spezzato è il nutrimento dei dispersi, il vino versato è la bevanda degli assetati della giustizia del regno. Chi non è disposto a pagare di persona e a morire per fedeltà al vangelo, non ha nemmeno iniziato a vivere, per questo l’invito alla conversione è costante e pressante.

Mt però al v. 39 aggiunge anche qualcosa di nuovo: la pietra angolare scartata dai vignaioli è accostata alla morte inflitta al «Figlio» che si compie fuori della città di Gerusalemme: «E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero» (cf anche Eb 13,12-13). Il profeta Ezechiele aveva descritto che la gloria del Signore aveva abbandonato il tempio di Gerusalemme (cf Ez 10,18); ora è Dio stesso che si allontana dalla città della gloria. Il motivo di questa associazione è semplice: «fuori» vuol dire un altro luogo, un altro popolo, un altro sacrificio, una nuova e un’altra storia in cammino. Uccidendo Gesù, gli Ebrei lo escludono dalla città santa, ma è vero anche il contrario: Gesù lascia la città santa che rimane orfana del suo Signore e resta come Rachele che piange i suoi figli (cf Mt 2,18). Gerusalemme resta orfana, ma in essa non scorre il sangue perché nemmeno nell’ora più buia del tradimento, l’ora della morte, essa può essere macchiata dal sangue del suo Messia. Con questo versetto Mt inaugura la nuova ecclesiologia fondata sugli apostoli e su coloro che crederanno in forza della loro testimonianza (cf Gv 17,20).

L’Eucaristia ci insegni a verificare la qualità della nostra vita perché noi siamo la vigna che il Signore cura per produrre il vino dell’alleanza e per produrlo in abbondanza non solo per noi, ma per quanti abbiamo la grazia d’incontrare lungo il nostro cammino.

Credo o Simbolo degli Apostoli17

Io Credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; [breve pausa 1-2-3]

e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitato da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. [breve pausa 1-2-3]

Credo nello Spirito santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen.

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTICA

Prima di presentare le offerte all’altare, ascoltiamo la Parola del Signore: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24). Questa Parola è per noi un comandamento perché nessuno può celebrare il Signore nell’Eucaristia senza avere partecipato il perdono che abbiamo ricevuto. Lasciamo convertire dalla grazia di Dio.

La Pace del Signore sia con Voi E con il tuo Spirito

Scambiamoci un gesto sincero di pace e di accoglienza.

Preparazione delle offerte. Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo, perché dalla tua misericordia abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna. Li presentiamo a te perché diventino per noi cibo e bevanda di salvezza. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo, fratelli e sorelle, perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

Preghiamo (sulle offerte). Accogli, Signore, il sacrificio che tu stesso ci hai comandato d’offrirti e, mentre esercitiamo il nostro ufficio sacerdotale, compi in noi la tua opera di salvezza. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA IV18

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. È cosa buona e giusta.

E’ veramente giusto renderti grazie, è bello cantare la tua gloria, Padre santo, unico Dio vivo e vero: prima del tempo e in eterno tu sei, nel tuo regno di luce infinita.

Vogliamo cantare per il Signore il nostro cantico d’amore per la sua vigna, Israele e la Chiesa (cf Is 5,1).

Tu solo sei buono e fonte della vita, e hai dato origine all’universo, per effondere il tuo amore su tutte le creature e allietarle con gli splendori della tua luce.

Santo, Santo, Santo sei tu, Signore, Dio dell’universo. I cieli e la terra cantano la tua gloria e noi inneggiamo al tuo amore che hai manifestato in Cristo Gesù.

Schiere innumerevoli di angeli stanno davanti a te per servirti, contemplano la gloria del tuo volto, e giorno e notte cantano la tua lode.

Benedetto colui che viene nel Nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini e alle donne della sua benevolenza

Insieme con loro anche noi, fatti voce di ogni creatura, esultanti proclamiamo:

«Amen! Lode, gloria, sapienza azione di grazie, onore e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen!» (Ap 7,12).

Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza: tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore. A tua immagine hai formato l’uomo, alle sue mani operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato.

Tu, lo Sposo d’Israele, ha custodito la tua vigna e l’hai dissodata e sgombrata dai sassi e vi hai costruito la torre del frantoio che è lo Spirito Santo (cf Is 5,2)

E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare.

Che cosa dovevi ancora fare che non hai fatto, o Creatore del mondo? Hai atteso che la tua vigna producesse usa e invece ti ha dato acini acerbi (cf Is 5,4).

Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza, e per mezzo dei profeti hai insegnato a sperare nella salvezza.

Ricordati, Signore dei nostri santi Patriarchi, tuoi servi: ricordati di Abramo, di Isacco e di Israele, ai quali hai giurato per te stesso che avrebbero gustato il vino dell’alleanza (cf Es 32,13)

Padre santo, hai tanto amato il mondo da mandare a noi, nella pienezza dei tempi, il tuo unico Figlio come salvatore.

E’ lui la Vite vera che il Padre ha piantato e che ha dato il vino pregiato del suo sangue (cf Gv 15,1).

Egli si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo ed è nato dalla Vergine Maria; ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana.

Perseguitato, emigrò in Egitto, da dove, tu, o Padre, lo ha trapiantato nella terra d’Israele perché estendesse i suoi tralci fino ai confini del mondo (cf Sal 80/79,9.12).

Ai poveri annunziò il vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia.

Tu hai mandato Gesù a visitare la tua vigna e per proteggere il tuo popolo che la tua destra aveva piantato (cf Sal 89/79,16).

Per attuare il tuo disegno di redenzione si consegnò volontariamente alla morte, e risorgendo distrusse la morte e rinnovò la vita. E perché non viviamo più per noi stessi, ma per lui che è morto e risorto per noi, ha mandato, o Padre, lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione.

Da te mai più ci allontaneremo, o Signore Dio nostro, perché ci hai fatto ritornare e ora noi invochiamo il tuo Nome nella santa assemblea, splendore del tuo volto (cf Sal 80/79,19-20).

Ora ti preghiamo, Padre: lo Spirito Santo santifichi questi doni perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore, nella celebrazione di questo grande mistero, che ci ha lasciato in segno di eterna alleanza.

Ci hai scelto in Gesù perché andassimo nel mondo per portare frutto dello Spirito che rimanga (cf Gv 15,16).

Egli, venuta l’ora d’essere glorificato da te, Padre santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi.

Nessuno ci può angustiare perché in ogni circostanza presentiamo a te il corpo del Signore Gesù, fatto cibo per noi (cf Fil 4,6)

Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati.

La pace di Dio che sgorga dal sangue di Cristo, supera ogni intelligenza e custodisce i cuori e le menti (cf Fil 4,7)

Fate questo in memoria di me.

Tu, o Cristo, sei Nobile, Giusto e Amabile. Noi ti lodiamo perché tu sei la Vite e noi i tuoi i tralci (cf Gv 15,5).

Mistero della fede.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta.

In questo memoriale della nostra redenzione celebriamo, Padre, la morte di Cristo, la sua discesa agli inferi, proclamiamo la sua risurrezione e ascensione al cielo, dove siede alla tua destra; e, in attesa della sua venuta nella gloria, ti offriamo il suo corpo e il suo sangue, sacrificio a te gradito, per la salvezza del mondo.

Hai consegnato la tua vigna alla tua Assemblea, e sei tornato per raccogliere i frutti dello Spirito (cf Mt 21,34).

Guarda con amore, o Dio, la vittima che tu stesso hai preparato per la tua Chiesa; e a tutti coloro che mangeranno di quest’unico pane e berranno di quest’unico calice, concedi che, riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo, diventino offerta viva in Cristo, a lode della tua gloria.

Mandasti i tuoi servi, i profeti ad annunciare il Figlio tuo unigenito, ma noi non li abbiamo ascoltati, chiusi nel nostro egoismo (cf Mt 21,34).

Ora, Padre, ricordati di tutti quelli per i quali noi ti offriamo questo sacrificio: del tuo servo e nostro Papa …, del nostro Vescovo …, del collegio episcopale, di tutto il clero, di coloro che si uniscono alla nostra offerta, dei presenti e del tuo popolo e di tutti gli uomini che ti cercano con cuore sincero.

Tu allora mandasti il tuo unico Figlio che noi appendemmo alla croce e invece della condanna abbiamo ricevuto e grazia su grazia (cf Mt 21,39; cf Gv 1,18).

Ricordati anche dei nostri fratelli che sono morti nella pace del tuo Cristo… [ricordiamo i nostri morti] … e insieme a loro di tutti i defunti, dei quali tu solo hai conosciuto la fede.

Coloro che sono morti poggiano sulla Pietra d’angolo che è la morte e risurrezione del Signore Gesù (cf Mt 21,42).

Padre misericordioso concedi a noi, tuoi figli, di ottenere con la beata Maria Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e i santi, l’eredità eterna del tuo regno, dove con tutte le creature, liberate dalla corruzione del peccato e della morte, canteremo la tua gloria, in Cristo nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in greco (Mt 6,9-13): Idealmente riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo:

Padre nostro, che sei nei cieli,

Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,

sia santificato il tuo nome,

haghiasthêto to onomàsu,

venga il tuo regno,

elthètō hē basilèiasu,

sia fatta la tua volontà,

genēthêtō to thelēmàsu,

come in cielo così in terra

hōs en uranô kài epì ghês.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,

e rimetti a noi i nostri debiti,

kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn

e non abbandonarci alla tentazione,

kài mê eisenènkēis hēmâs eis peirasmòn,

ma liberaci dal male.

Allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

Antifona alla comunione Mt 21,42: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo»

Dopo la comunione

Dal Vangelo apocrifo di Tommaso (lòghia 65-67): 65. Lui disse, “Un [...] uomo possedeva una vigna e l’aveva affittata a dei contadini, così che la lavorassero e gli cedessero il raccolto. Mandò il suo servo dai contadini per farsi consegnare il raccolto. Quelli lo afferrarono, lo picchiarono, e quasi l’uccisero. Poi il servo ritornò dal padrone. Il padrone disse, ‘Forse non li conosceva.’ Mandò un altro servo, e i contadini picchiarono anche quello. Quindi il padrone mandò suo figlio e disse, ‘Forse verso mio figlio mostreranno un qualche rispetto’. Poiché i contadini sapevano che lui era l’erede della vigna, lo afferrarono e lo uccisero. Chi ha orecchie ascolti!” 66. Gesù disse, “Mostratemi la pietra scartata dai costruttori; quella è la chiave di volta”. 67. Gesù disse, “Quelli che sanno tutto, ma sono carenti dentro, mancano di tutto”.

Preghiamo. La comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, o Padre, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

 

Ricevete la benedizione della Santa Trinità: dell’onnipotente tenerezza del Padre

e del Figlio e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen!

La messa finisce come celebrazione: inizia la Messa della testimonianza della vita. Andiamo incontro al Signore nella storia. Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

_________________________

© Domenica 27a del tempo ordinario-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 02/10/2011 – San Torpete – Genova

APPUNTAMENTI E AVVISI

SABATO 8 OTTOBRE 2011 ore 17,30 in San Torpete, Piazza San Giorgio, Genova Concerto «Telemann e lo stile francese» eseguito dell’Ensemble barocco del Conservatorio Paganini. Stefano Bagliano, flauto diritto e concertazione - Lucia Cortese, soprano - Eyal Lerner, flauto diritto - Valerio Giannarelli e Roberto Piga, violini - Stefano Sancassan, viola - Francesco Galligioni, viola da gamba e violoncello - Nicola Paoli, violoncello - Barbara Petrucci e Tiziana Canfori, clavicembalo. Musiche di Marin Marais, Joseph B. de Boismortier, Georg Philipp Telemann.

Lunedì 10 ottobre 2011 alle ore 20,30 a Trento nella parrocchia di San Pio X alla Canova, incontro sul Vangelo di Marco che si legge nell’anno liturgico B (a partire da novembre 2011: «Attualità del vangelo di Marco».

SABATO 15 OTTOBRE GIORNATA A PIAN DELLA CASTAGNA – (Bosio).

Partenza in pullman alle ore 9,00 dal capolinea del 12/13

Ritorno alla sera alle 19,00 al capolinea del 12/13.

Pranzo e merenda al Centro agro-spirituale-culturale «Pian della Castagna» di Adolfo Biolè.

Pomeriggio ore 16,00 incontro sul tema: «Se io fossi parroco a San Torpete. Suggerimenti, proposte, osservazioni per migliorare la liturgia e le attività».

Spesa (tutto compreso: pranzo, merenda, ospitalità e pullman): € 35 [compreso € 1,00 di mancia per autista]).

Anticipo: € 10,00.

Iscrizioni in sacrestia. Mx 50 posti.

Sabato 22 ottobre 2011, ore 17,30: in San Torpete, Piazza San Giorgio, Genova, Conversazione – Concerto – Mara Bezzi, Soprano – Park Yung Eun, Baritono -Seo Hoon Ha, Tenore – Riccardo Ristori, Basso - Roberto Beltrami, Pianoforte – Annamaria Cecconi, Musicologa. L’Italia all’Opera. Musica, pittura e teatro musicale nella costruzione dell’identità italiana - Musiche di G. Verdi, V. Bellini.

Mercoledì 26 ottobre 2011, ore 20,30 a Giulianova (Pescara) su iniziativa dell’Associazione «Società Civile» - Onlus, nell’ambito della 16° edizione del «Premio Nazionale Paolo Borsellino: 10 giorni per la legalità», incontro con Paolo Farinella, prete sul tema: «Legalità e moralità».

Note

1 Un Kor corrisponde ad una misura che è uguale a 364 ettolitri, cioè 275 quintali che corrispondono al reddito di 42 ettari di terra, cioè ad una somma di 2.500 danari circa. Se si considera che un denaro era la paga giornaliera di un operaio, un Kor corrispondeva all’equivalente di sei anni e otto mesi di lavoro di un operaio. Una cifra enorme.

2 Il riferimento al vino-sangue e alla redenzione di Gesù Cristo Messia è un aggiunta cristiana in un testo giudaico.

3 La stessa immagine sarà ripresa dal concilio ecumenico Vaticano II per descrivere la natura della Chiesa, insieme ad altre immagini bibliche (cf Lumen Gentium, Cost. Dog. sulla Chiesa, n. 6).

4 La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.

5 Cf Is 5,2 e Mt 21,33-44; Ez 16,1-14 e Ef 5,25-33. Per il tema della vigna, cf Ger 2,21; Ez 15,1-8; 17,3-10; 19, 10-14; Sal 80/79,9-17; per quello della sposa amata e ripudiata, cf Ez 16; Os 2,1-25; Mt 22,2-14; 25,1-13

6 Cf Is 5, 5-6 di Isaia della 1a lettura con Ez 16,35-43; Os 2,4-15.

7 Cf Lòghion 65 che riportiamo, più sotto, in lettura come meditazione «dopo la comunione».

8 Per tutta la questione del latifondo cf J. Jeremias, Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1973, 85ss.

9 Se guardiamo al mondo di oggi dal Brasile all’Africa la sperequazione del latifondo è la causa della povertà dei popoli e la ragione della ricchezza di pochi (latifondisti e multinazionali), mentre nel mondo occidentale la struttura sociale si chiama precariato, lavoro nero, lavoratori in affitto, sfruttamento dell’immigrazione, usura, indebitamento per mandare i figli a scuola. Nulla è cambiato dai tempi di Gesù: tutto è rimasto come allora, solo gli strumenti di oppressione oggi si sono affinati. Si parla di dignità della persona e i diritti sono ovunque conculcati e vilipesi; si afferma che la civiltà ha sconfitto la schiavitù settecentesca e oggi prospera la schiavitù della prostituzione, della mano d’opera, del traffico degli organi, di interi popoli sottomessi alla fame e allo sfruttamento. E’ questa civiltà che dovremmo difendere, difendendo l’identità cristiana dell’occidente. Se questo è il progresso e la civiltà, noi li rifiutiamo e c’impegniamo per un altro mondo possibile, per una Chiesa altra adoratrice dell’unico Dio dell’unica umanità, dove tutti e ciascuno hanno il diritto di essere figli con accesso alla stessa mensa, allo stesso pane, alla stessa vigna.

10 Comunemente la parabola è nota al pubblico, e così è presentata dalle Bibbie Cei, come «vignaioli omicidi» (ed. 1971), oppure «contadini omicidi» (ed. 1997), mentre il testo greco parla soltanto di «gheōrgoí» letteralmente «contadini».

11 Cf Mt 21,33 con Is 5,1-5, qui citato secondo la versione greca della Lxx, come è costume presso i primi cristiani.

12 Sant’Efrem (306-397) diacono della chiesa siriana, chiamato anche «cetra dello Spirito Santo» perché scrisse solo inni in forma poetica, applica l’allegoria della vigna a Maria, la prima donna dell’era nuova: «Maria è la vite della benedetta stirpe di David; i suoi tralci produssero il grappolo d’uva pieno di sangue vivifico; bevve Adamo di quel vino e, risuscitato, tornò nel-l’Eden» (Sant’Efrem, Carmen 18, 1).

13 Sarebbe interessante fare il confronto con la stessa parabola riportata da Mc 12,1-12 e vedere le somiglianze, ma principalmente le differenze: per ovvie ragioni, rimandiamo ad altre occasioni.

14 Dal testo non si ricava che i contadini abbiano in affitto la vigna visto che il padrone ritira tutto il raccolto (v. 34): essi con ogni probabilità sono dei giornalieri e quindi degli avventizi, fatto che rende ancora di più inverosimile la parabola riguardo alla ribellione contro il padrone. Oggi si parlerebbe di «precari» senza alcuna prospettiva di vita e quindi ricattabili.

15 Shômer è il participio attivo (qal) del verbo shamàr che significa custodire, osservare. Il verbo è applicato alla «custodia» della Toràh che acquista il senso di «osservare» la volontà di Dio in essa espressa (cf Sal 119/118,55).

16 Il testo greco di Gv 15,1 definisce addirittura il Padre come «gheōrgós - contadino».

17 Il Simbolo degli Apostoli, forse è la prima formula di canone della fede, così chiamato perché riassume fedelmente la fede degli Apostoli. Nella chiesa di Roma era usato come simbolo battesimale, come testimonia Sant’Ambrogio: « È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l'espressione della fede comune» (Explanatio Symboli, 7: CSEL 73, 10 [PL 17, 1196]; v. commento in Catechismo della Chiesa Cattolica, 194).

18 La Preghiera eucaristica IV, che s’ispira ad antiche anafore orientali, come quella di San Basilio, è stata formulata ex novo della riforma liturgica di Paolo VI e può considerarsi un frutto genuino del Vaticano II. La sua struttura è unitaria e anche il prefazio ne è parte integrante perché nell’insieme si espone la storia della salvezza. E’ il rendimento di grazie che presenta a Dio nel Nome di Gesù e col sostegno dello Spirito suo questa storia salvata e bisognosa di redenzione. Pregandola, vogliamo essere riconoscenti a Dio per il dono del Concilio e della riforma liturgica che superando la visione tridentina della ritualità centrata sulla persona del prete, ci ha apre alla dimensione salvifica del Cristo che si attua nell’Assemblea orante, espressione sacramentale dell’intera Chiesa «cattolica», «sacramento o segno dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium, 1).



Giovedì 29 Settembre,2011 Ore: 16:40
 
 
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