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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Domenica 14a del tempo ordinario -A– 3 luglio 2011,di Paolo Farinella, prete

Domenica 14a del tempo ordinario -A– 3 luglio 2011

di Paolo Farinella, prete

In questa domenica 14a domenica del tempo ordinario-A, la liturgia ci propone un affresco con cui ci presenta un aspetto della personalità di Gesù: egli è il Messia atteso da Israele come un nuovo Mosè e la guida del popolo rinnovato nel battesimo del messaggio evangelico. L’antico patriarca traghettò il popolo di Dio dalla schiavitù d’Egitto fino alle porte della terra promessa, passando per il monte Sinai dove ricevette la Toràh come coscienza di popolo. Allo stesso modo Gesù è venuto a radunare «le pecore disperse d’Israele» (Mt 10,6; 15,24) per farne un popolo consapevole e guidarlo al Regno di Dio, passando per il monte Calvario da dove discenderà la Spirito del Risorto (Gv 19,30). Tante volte abbiamo detto, e continuiamo a ripeterlo, che Mt, scrivendo per i cristiani che provengono dal Giudaismo, presenta Gesù come il nuovo Mosè, il profeta e condottiero, ma in modo particolare come il Legislatore, colui che consegna la Toràh del Signore[1].
I cinque discorsi che Gesù pronuncia in Mt corrispondono ai cinque libri della Toràh che la tradizione attribuisce a Mosè. Ogni discorso è seguito da una sezione narrativa in cui si descrivono alcune azioni (ma anche insegnamenti) compiute da Gesù. Mt segue lo schema «parola e fatto», nel senso che ad ogni discorso di Gesù corrispondono azioni, miracoli, commenti dell’evangelista, osservazioni. La parola di Gesù non è mai staccata dalla realtà. In ebraico esiste un solo termine per dire sia «parola» che «fatto»: il termine è «dabar» che in greco è tradotto con lògos e che troviamo descritti in modo sublime in Gv 1,1.14 come definizione del Cristo stesso: «il Lògos/Discorso/Parola carne fu fatto».
Per Mt è evidente che Gesù non è solo il nuovo legislatore che ha consegnato la nuova Toràh delle Beatitudini, ma egli agisce come Yhwh, il creatore, che in Gen 1 crea l’universo adoperando lo stesso schema: «Dio disse… e così fu» (1,3.6-7.9.11.14-15.20.24.26-27). Alle dieci volte di «Dio disse» corrispondono altrettante realizzazioni perché Dio parla agendo e agisce parlando: in lui parola e fatto sono la stessa cosa: Dabàr. E’ qui descritto il principio dell’incarnazione, in forza del quale Dio irrompe nella Storia e lentamente e gradualmente prende dimora fino a diventare egli stesso «umano» alla maniera degli uomini in Gesù che è il vertice della Parola/Fatto.
La 1a lettura ci invita a gioire con la nostra santa Madre Sion che accoglie il suo re/Messia a dorso di un mulo che con la sua sola presenza farà scomparire «i carri e i cavalli» (v. 10), dicendo con questo che la città santa può ricevere il Messia solo se elimina da guerra dai suoi confini che così è dichiarata incompatibile con l’ideale messianico del Regno di Dio. Essere solo titubanti su questo aspetto significa tradire la rivelazione. Non esiste guerra legittima perché non può esistere legittimità dell’assassinio. Noi facciamo esperienza della ineluttabilità della morte che appartiene al ciclo della vita e lo corona , almeno lo speriamo, dignitosamente.
La 2a lettura si gioca tutto sul binomio «carne-spirito» che esprimono l’opposizione radicale tra due mentalità: quella del mondo chiuso in sé e nella sua autosufficienza e quella del regno di Gesù. Il primo incarna il modello di Adam che vuole realizzare se stesso non solo indipendentemente da Dio, ma anche contro di lui per usurparne il posto e il «potere». Tutto questo Paolo esprime con il termine «carne» in greco «sarx» che si distingue pertanto da «sôma», termine che indica il «corpo» nella sua fisicità. Il secondo definisce la persona «spirituale», cioè chi è, come Gesù, «pieno di Spirito Santo» (At 4,1) e proteso quindi a realizzare la propria esistenza in comunione con Dio e il suo progetto universale di salvezza.
Il vangelo è la conclusione della sezione narrativa che segue il «discorso sulla missione» e ci presenta la figura di Gesù che realizza la profezia di Zaccaria, riportata nella 1a lettura. Gesù è il Messia molto diverso dagli scribi e dai farisei del suo tempo. Questi caricavano i poveri di pesi opprimenti e adempimenti religiosi che essi non toccavano nemmeno con un dito (Mt 23,4), mentre Gesù offre «un giogo dolce e un carico leggero» (v. 30) perché egli si fa cireneo di ciascuno annunciando la liberazione dei figli di Dio (cf Rom 8,21). La tradizione giudaica paragonava l’osservanza della Toràh a «portare il giogo del regno dei cieli» (‘ol malkhùt shammàim)[2] che l’ebreo osservante Gesù fa suo fino in fondo, caricandolo sulle sue spalle e rinnovandolo con il suo messaggio che alleggerisce le spalle dei poveri e carica quelle di Dio. Il comandamento dell’Amore con cui Gesù libera tutta la legislazione precedente diventa la chiave di lettura non solo del comportamento umano e del rituale religioso, ma anche della natura stessa di Dio, quella natura che ora noi ci apprestiamo a conoscere, invocando lo Spirito di Dio e facendo nostre le parole del Salmista (48/47,10-13): «Ricordiamo, o Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo tempio. Come il tuo nome, o Dio, così la tua lode si estende ai confini della terra; di giustizia è piena la tua destra».
 
Spirito Santo, tu susciti l’esultanza della figlia di Sion, Gerusalemme nostra Madre,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ispiri l’esultanza della figlia della figlia di Sion, Maria di Nazaret, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu aborrisci la violenza simboleggiata nel cavallo e nell’arco,                         Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu benedici in noi il Nome del Signore in eterno e per sempre,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu porti a noi la misericordia e la pazienza di Dio, Padre di tenerezza,           Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu animi le opere della creazione perché lodino il Dio della Gloria,    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei lo scudo che ci protegge dal dominio dell’autosufficienza vanitosa,     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei lo Spirito di Dio che abita in noi come vita di giustificazione,   Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai risuscitato Gesù Cristo e ci conformi a lui nella nostra fragilità,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la Benedizione che Gesù eleva al Padre suo e Padre nostro,                  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu dichiari beati i miti e gli umili, figli del Regno che viene con te,     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il «Tutto» che il Padre ha dato a Gesù, mite e umile di cuore,  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci ispiri a benedire Dio Padre, Signore del cielo e della terra,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il fondamento della Eucaristia che riceviamo e condividiamo, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il giogo dolce e leggero che accogliamo dal Signore Gesù,                    Veni, Sancte Spiritus!
 
Noi non siamo ossessionati dall’osservanza di centinaia di precetti perché il Signore ci ha detto che tutto si compie e si risolve nel comandamento dell’Amore nella sua duplice valenza: verso il prossimo e verso Dio. La liturgia di oggi ci pone un grave problema che Gesù ha sintetizzato nella formula che «il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27). La storia c’insegna che spesso le religioni diventano «sistemi» che schiacciano le persone piuttosto che aiutarli a liberarsi dai condizionamenti del male e della schiavitù. Gesù viene a riposizionare le priorità: la religione non è fine a se stessa, ma deve aiutare le persone ad incontrare Dio. Da questo incontro nasce una prospettiva di vita con le relative conseguenze: chi ama non pensa mai male. Convocati attorno all’altare simbolo del Signore, riposiamo all’ombra della Santa Trinità, invocandone il Nome di unico Dio:
 (greco)[3]
Èis to ònoma
toû Patròs
kài Hiuiû
kài toû Hagìu Pnèumatos
Amèn.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e del Santo Spirito
 
Prima di invitare il popolo emarginato a prendere il giogo leggero dell’amore, Gesù rivolge al Padre una benedizione/berakàh, secondo l’uso della preghiera giudaica, esprimendo così la radice della sua fecondità, perché in ebraico benedire ha il significato di essere fecondo. Noi possiamo avere due modi di vivere: o siamo fecondi o siamo sterili. Se siamo fecondi siamo benedetti, se siamo sterili ci malediciamo da soli. Non solo, noi stessi diventiamo la benedizione che siamo chiamati ad essere. Lasciamo che lo Spirito di Dio scruti la nostra coscienza e ci dia la misura della profondità della nostra vita feconda.
 
[Esame di coscienza: alcuni momenti effettivi e congrui di silenzio]
 
Signore, tu ci mandi testimoni del comandamento dell’amore: alimenta il nostro amore,     Kyrie, eleison!
Cristo, per tutte le volte che abbiamo amato noi stessi, restando sterili e vuoti,                    Christe,eleison!
Signore, tu ti sei presentato e proposto come nostro modello di amore e di mitezza,            Pnèuma, eleison!
Signore, per tutte le volte che siamo stati egoisti e aggressivi, chiusi e gretti,                        Kyrie, eleison!
Cristo, tu ci chiami al tuo seguito col carico del tuo giogo di amore e di compassione,         Christe, eleison!
Signore, per tutte le volte non abbiamo portato i pesi dei fratelli e delle sorelle,                   Pnèuma, eleison!
 
Dio onnipotente che ci invita a prendere sul nostro cuore il giogo della nuova alleanza e a seguirle, re mite e non-violento, per i meriti del Re Pastore Davide, del Santo Messia suo discendente, per i meriti di tutti coloro che nel mondo e in goni portano con gioia il giogo leggero della Parola di Dio, per i meriti del Lògos ci perdoni dai nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
 
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente      [breve pausa 1-2-3].
 
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.                        [breve pausa 1-2-3]
 
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo:          [breve pausa 1-2-3]
 
Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Preghiamo (colletta). O Dio, che ti riveli ai piccoli e doni ai miti l’eredità del tuo regno, rendici poveri, liberi ed esultanti, a imitazione del Cristo tuo figlio, per portare con lui il giogo soave della croce e annunziare agli uomini la gioia che viene da te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo. Per tutti i secoli dei secoli. Amen.
MENSA DELLA PAROLA
Prima lettura – Zc 9,9-10. Il libro di Zaccaria si compone di 14 capitoli ed è opera di due autori distinti. Il brano di oggi appartiene al secondo autore che gli esegeti chiamano «Deutero-Zaccaria». Egli nel III sec. a. C. compila i cc. 9-14 che sono una raccolta antologica di autori precedenti che egli ritocca per adattarli alle nuove situazioni. Qui l’autore contrappone Davide che montò su un asino, simbolo di lavoro e di umiltà, contro il figlio Salomone che introdusse in Israele l’uso dei cavalli in guerra simbolo supremo di violenza (Gen 49,10-11; cf 1Re 10,26-29) perché distruttivi: oggi equivarrebbero ai carri armati. Gesù entrerà in Gerusalemme a dorso di un’asina che ha appena partorito (Mt 21,2-7; Gv 12,15) somigliando così alla figura di Davide e che a sua volta diventa precursore del Messia e non al re politico e guerriero Salomone. Nel messaggio di Gesù non c’è posto né per la guerra né per la violenza privata perché Dio è amore (cf Gv 18,11; 1Gv 4,8).
 
Dal libro del profeta Zaccaria 9,9-10
Così dice il Signore: «9 Esulta grandemente, figlia di Sion, / giubila, figlia di Gerusalemme! / Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, / umile, cavalca un asino, / un puledro figlio d’asina. 10 Farà sparire il carro da guerra da èfraim / e il cavallo da Gerusalemme, / l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, / il suo dominio sarà da mare a mare / e dal Fiume ai confini della terra». – Parola di Dio.
 
Salmoresponsoriale145/144,1-2.8-9.10-11.13-14Salmo alfabetico diviso in due parti: vv. 1-11 è un riassunto di una liturgia regale, ispirato al Sal 18/17 e altri salmi; vv. 12-15 sono invece la parte originale e descrive la prosperità messianica. La tradizione ebraica (Talmud Babilonese, Berachòt/Benedizioni 4b) insegna che chiunque recita tre volte al giorno questo salmo che inneggia alla Provvidenza, si assicura un posto nel mondo futuro.Noi non siamo alla ricerca di posti sicuri e tranquilli, perché l’Eucaristia ci garantisce la Presenza del Signore che cammina con noi verso il compimento finale della creazione, quando la Provvidenza diventerà «Dio in tutti» e tutti saremo in Dio (cf 1Cor 15,28).
 
Rit. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.


1. 1 O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
2 Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre Rit.
2. 8 Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
9 Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Rit.
3. 10 Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
11 Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. Rit.
4. 13 Fedele è il Signore in tutte le sue parole,
e buono in tutte le sue opere..
14 Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. Rit.


 
Seconda lettura – Rm 8,9.11-13. In questa lettura domina il binomio «carne-spirito». Carne in greco si dice «sarx» e per Paolo esprime e designa l’autosufficienza umana che si dichiara sciolta dall’aiuto di Dio. Si contrappone a «Spirito», in greco «Pnèuma», che è il riconoscimento della superiorità di Dio da cui proviene la vita (cf Gal 5,16-24). L’uomo «spirituale» è colui che vive di e in Dio, mentre l’uomo «carnale» è chi vive da solo, credendo di essere Dio. Paolo fa una catechesi sulla vita cristiana animata dallo Spirito del Risorto che impedisce di assumere l’atteggiamento di Adamo: essere come Dio che significa vivere senza Dio. Ad Adam, uomo «carnale» si contrappone Gesù, Figlio dell’uomo «pieno di Spirito Santo» (Lc 4,1).
 
Dalla Lettera di San Paolo ai Romani 8,9.11-13
Fratelli, 9 voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 11 E se lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 12 Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali; 13 perché, se vivete secondo la carne, voi morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. – Parola di Dio.
 
Vangelo – Mt 11,25-30. Tra il discorso missionario (Mt 10) e il discorso sul Regno di Dio (Mt 13) vi sono due capitoli narrativi che descrivono l’attività di Gesù come attuazione del suo insegnamento. Nel vangelo di Mt Gesù fa cinque discorsi e ognuno è seguito da una sezione narrativa che mette in luce «le opere» di Gesù, in base allo schema «parola – azione». In Gesù nessuna parola è vuota, ma ogni parola è un «fatto» di vita a servizio della persona. La liturgia riporta la conclusione della sezione narrativa dopo il 2° discorso, che è quello missionario. Il brano è un inno di Cristo, anzi, secondo lo stile ebraico è una berakàh/benedizione a Dio, in cui per cinque volte ricorre il termine «Padre» e due volte il termine «giogo» che nella tradizione giudaica indicava l’osservanza gioiosa, sebbene pesante, della Toràh scritta e orale, codificata nei 613 precetti. Nel tempo della nuova alleanza, non c’è più spazio per la disperazione perché siamo dispensati da ogni peso di osservanza: basta vivere il comandamento che riassume tutta la Toràh e i Profeti, il «mishvàh ha-havàh – il comandamento dell’amore». Questo ci basta perché in esso c’è tutto.
Canto al VangeloAlleluia, alleluia. Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. Alleluia.
 
Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30
In quel tempo Gesù disse: 25 «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26 Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. 28 Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». – Parola di Dio.
 
Tracce di omelia
La 1a lettura descrive l’opposizione tra Davide che sale a Gerusalemme su un asino e Salomone e i suoi successori che hanno introdotto in Israele i cavalli e i carri da guerra. L’asino è un richiamo allo stile povero e semplice della vita: esso nella tradizione palestinese è un compagno di vita e di lavoro. Il cavallo, invece, introdotto all’epoca di Salomone (sec. X a.C.), è uno strumento di guerra (corrispondente al carro armato dei nostri giorni): una autentica macchina da guerra. I profeti si sono sempre opposti alla «cavalleria» espressione dell’arroganza e della potenza che conta sulla forza bruta (Dt 17,16; Is 31,1-3; Os 1,7; 14,4; Mi 5,9). La tradizione giudaica ha visto in questo testo una profezia del Messia che sale a Gerusalemme per essere intronizzato re/pastore del suo popolo come il suo antenato, il re Davide (Mt 21,9.15).
Sempre nella 1a lettura, il profeta Zaccaria presenta il Messia anche nello splendore di Salomone per stemperare l’opposizione tra i due re fondamentali d’Israele. In ebraico Salomone deriva da Shalòm/pace che appare anche nel nome della Figlia di Sion che è Gerusalemme/Yeru-shallaim (Shalòm). La pace è il bene supremo che il Messia porterà in un regno che si estenderà da mare a mare come i confini del regno di Salomone nel X sec. a.C. (cf Sal 72/71,8; 1Re 4,9-14). Il Messia avrà una duplice ascendenza: a) di Davide di cui assume la povertà e le sofferenze e b) di Salomone di cui assume la gloria e gli onori: in altre parole, quando giungerà «la sua ora» (Gv 13,1), egli vivrà tutta la contraddizione della vita umana tra povertà e gloria, dolore e onori, uomo tra gli uomini. Un richiamo a tutto ciò è nel vangelo odierno al v. 29 dove Mt presenta Gesù come «mite e umile di cuore».
Al tempo di Gesù l’osservanza di tutte le prescrizioni della Torah (Sir 51,26; Ger 2,20; 5,5; Gal 5,1), codificate dalla tradizione orale, erano un giogo pesante: 613 precetti, di cui 248 positivi corrispondenti al numero delle membra del corpo umano e 365 negativi, uno per ogni giorno dell’anno solare[4]. I farisei pensavano che il popolo non potesse salvarsi perché incapace di osservare tutti i precetti prescritti. Quando un non ebreo chiedeva di convertirsi all’ebraismo gli si spiegava come fosse duro portare il giogo della Toràh per scoraggiarlo (Talmud, Berakot 30b). Il giogo però indicava anche la fatica quotidiana dello studio della Toràh che equivale all’osservanza di tutti i comandamenti presi nella loro totalità[5] 
Gesù si presenta in una maniera rivoluzionaria: è un Rabbi che non scoraggia, ma che invita a prendere un giogo che egli stesso si è preoccupato di rendere leggero e facile da portare, avendo ridotto «tutta la Toràh e i Profeti» (Mt 22,40; cf 7,12), cioè tutta la rivelazione scritta e orale, i 613 misvuot/precetti, a due soltanto che poi sono due aspetti di un solo comandamento: il comandamento dell’amore (Mt 22,36-40). Non solo, ma Gesù va a cercare addirittura tutti gli esclusi e gli impuri, coloro cioè che la religione ufficiale dichiarava irrecuperabili preventivamente e li dichiara «Beati», cioè i destinatari privilegiati dell’azione di Dio. Se Gesù non volle essere un rivoluzionario per scelta, certamente il suo messaggio e la sue scelte ne fanno il terribile rivoluzionario che mette a soqquadro le certezze acquisite della religione e del sistema socio-politico. Infatti lo ammazzeranno. Successivamente (vv. 28-30) Gesù si rivolge direttamente a questi piccoli, invitandoli a diventare suoi discepoli, cioè ad entrare in comunione con lui, togliendo così a loro la maledizione della dannazione che li sovrastava. Gesù si rivolge agli esclusi, a coloro che non contano, a coloro che sono tenuti ai margini da «sapienti e dagli intelligenti» (Lc 10,21).
Per l’auto-presentazione di Gesù, Mt usa due termini: praýs/mite/mansueto come nella 3a beatitudine dove i miti saranno gli eredi della nuova terra promessa, inaugurata da Gesù e tapeinòs/umile/misero (con l’idea di basso, disprezzato), usata solo qui in Mt e altre 7x nel NT. Mitezza e umiltà sono due atteggiamenti del cuore: non si può instaurare alcun rapporto di conoscenza senza la mitezza e l’umiltà del cuore, cioè senza l’atteggiamento di fondo di porsi davanti all’altro considerandolo una benedizione/berakàh, cioè una sorgente di fecondità. Gesù è mite e povero perché instaura rapporti fecondi in quanto pone gli altri, specialmente quelli che erano dichiarati ufficialmente sterili (incapaci di relazione con Dio) come suoi interlocutori privilegiati. Nessuno è escluso dalla sua avventura, perché tutti, ciascuno a modo suo, sono in grado di amare e di essere amati, forse sbagliando, forse esagerando. Prendere il suo giogo significa andare a scuola di Gesù che è il povero di spirito, il mite che eredita la terra con la sua morte, l’assettato e affamato di giustizia, colui che piange su Gerusalemme e l’umanità che rifiutano la consolazione di Dio, il poeta/ creatore della pace, il puro di cuore perché egli vede Dio: è Dio.
Il brano del vangelo di oggi nella versione di Mt probabilmente proviene da una tradizione aramaica molto primitiva, nella quale in un primo tempo (vv. 25-27) Gesù innalza una berakàh/benedizione al Padre che lo ha inviato a rivelarlo proprio a quei piccoli che i «saggi» escludevano. Se si esclude l’invocazione nell’orto degli Ulivi (Mt 26,39; Mc 14,36; Lc 22,42; cf Gv 18,11) e quella disperante sulla croce (Mt 27,46; Mc 15,34), qui avremmo l’unica preghiera di Gesù registrata nei vangeli che non trova equivalente nella Bibbia perché Gesù la mutua dalla preghiera giudaica in uso al suo tempo. Tutte le preghiere dell’Ebreo cominciano sempre con la «benedizione di Dio», riconosciuto così come sorgente della propria fecondità. L’espressione «Signore del cielo e della terra» non esiste nella Scrittura, ma esiste, infatti, nei formulari della preghiera quotidiana[6].
L’invocazione di Gesù in greco è «exomologoûmai – rendo lode/confesso» che ha il senso di un riconoscimento ufficiale e pubblico: una benedizione che diventa lode e ringraziamento come nel testo parallelo nel suo antenato Gesù ben Sira/figlio di Sira[7]cf Sir 51,30 e relativa nota in Bibbia-Cei [2008]). Il tema della preghiera è apocalittico e si trova espresso nel binomio «nascondere/rivelare», ma è anche sapienziale come suggerisce il binomio di contrasto «piccoli/sapienti». Gli studiosi hanno cercato nel contesto sapienziale la fonte letteraria di riferimento di Mt[8]. Il testo dimostra che Gesù era intriso di Scrittura e la usava nella sua esperienza personale di preghiera. Leggiamo infatti nel testo ebraico del Siracide: «Ti lodo, Dio della mia salvezza; ti ringrazio Dio di mio padre» (Sir 51,1) che subito dopo, sempre nel testo ebraico diventa: «Signore, mio Padre sei tu, il mio campione di salvezza» (Sir 51,10). Il Sapiente si rivolge direttamente a Dio, invocandolo col nome di «Padre», esattamente come fa Gesù. Tra Siracide e Gesù però c’è una differenza: il primo si rivolge a Dio ringraziandolo per liberarlo dalla tribolazione e dall’arroganza, mentre Gesù ringrazia e loda il Padre perché coloro che sono esclusi dalla religione ufficiali hanno capito il senso della vita, mentre coloro che si ritengono custodi della volontà di Dio, i Sapienti, non hanno compreso la portata del messaggio di Gesù, restando chiusi nelle tenebre della loro presunzione. (
Le parole di Gesù richiamano da vicino quelle del profeta Isaia che con parole definitive si scaglia contro i sapienti del sec. VIII a. C. accusati di essere incoerenti e di servirsi di Dio per i loro piani nefasti: «Perirà la sapienza dei sapienti e scomparirà l’intelligenza degli intelligenti» (Is 29,14). Gesù non è un sapiente nel senso comune, perché tutta la sua vita promana ed è rivolta alla volontà del Padre con cui intrattiene un rapporto non d’interesse, ma filiale e di abbandono. La sua opera è compiere il volere di salvezza del Padre che egli interpreta come una chiamata universale alla mensa della libertà di tutti coloro che sono esclusi ed emarginati. Il v. 25 infatti riporta un termine «nḗpioi» che significa «infanti» e che deriva dall’ebraico «petayìm» che significa «semplici/ingenui». Il Dio di Gesù non è il Dio dei furbi e degli intrallazzatori, di coloro che sanno usare le parole per confondere, o la loro condizione per deviare. Il Dio di Gesù è il Dio che abbandona i superbi e i sapienti a se stessi e fa «la scelta preferenziale dei poveri», di coloro che nulla contano e che possono essere facilmente manovrati e ingannati.
Nell’inno di benedizione è facile ritrovare lo sfondo biblico di Dan 11, dove i tre fanciulli elevano un cantico a Dio, mentre sostengono una lotta contro i saggi di Babilonia e in forza della loro preghiera essi ricevono la rivelazione dei segreti del Regno di Dio. Gesù contrappone se stesso e i suoi discepoli ai saggi del giudaismo, come Daniele si contrappone ai saggi babilonesi. Un esempio lo troviamo nel discorso della montagna: «Avete inteso che fu detto agli antichi, ma io vi dico…» (Mt 5,21-22.27-28.33-34.38-39.43-44). Gli antichi sono gli anziani, i saggi della tradizione orale della Mishnàh e del Talmud che avrebbero dovuto facilitare, non escludere dall’incontro con Dio: «Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito» (Lc 11,52). Al v. 27 Gesù dice: «Tutto mi è stato dato dal Padre mio» e anche questa affermazione è un rimando sempre al libro di Dn 7,13-14: «13Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, 14 che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto» che a sua volta ci rimanda al v. 10 della prima lettura di Zaccaria che abbiamo appena ascoltato: «annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra».
Con questa benedizione/ringraziamento messa in bocca a Gesù, l’evangelista Mt ci dice anche che Gesù è sullo stesso piano del Padre perché al v. 25 è il Padre rivela «queste cose» ai piccoli, mentre al v. 27 è Gesù stesso che rivela addirittura il Padre e conclude non con l’invito ad andare verso il Padre, ma invita i piccoli verso di sé: «venite a me, affaticati e oppressi» (v. 28) perché Gesù e il Padre sono la stessa cosa (cf Gv 10,30). Chi è allora Gesù? Per Mt è la Sapienza del Padre che con affabilità e comprensione rivela il segreto del Regno (Daniele) ai piccoli e agli afflitti dall’osservanza religiosa che quando moltiplica i precetti diventa un impedimento, non una via alla salvezza (cf Mt 23,2-4). Presentando Gesù come mite e umile di cuore, Matteo si inserisce nella visione della tradizione giudaica che preannuncia un Messia mansueto e pacifico. La Mishnàh (Avot I,15) a nome di Shammài insegna: ‘Ricevi ogni uomo con un’espressione cordiale’ quasi a dire che ogni persona ha diritto ad un nostro sorriso, ad un nostro atteggiamento di benevolenza preventiva, senza pregiudizi. Quando verrà il Messia risanerà le divisioni dentro Israele e si manifesterà non solo come il più grande profeta e Maestro (nuovo Mosè), ma anche come il più cordiale e affabile tra gli uomini. Gesù invita a prendere il suo giogo e a seguirlo, quindi si propone come guida, e, come nuovo Mosè, egli cammina all’avanguardia del suo popolo per predisporre il suo insegnamento davanti a lui (leorot lefanv/disporre davanti a sé) affinché chi lo segue possa facilmente farlo.
Oggi questo vangelo è particolarmente adatto per coloro che detengono le leve dell’informazione e quindi gli strumenti della conoscenza con i quali è facile fare credere una cosa per un’altra o indirizzare verso obiettivi preventivamente studiati per manipolare coscienze per fini politici, economici o sociali. Creare e alimentare un clima di paura per avere terreno fertile a fare passare leggi razziste e disumane contro immigrati o gruppi di minoranze senza tutela che altrimenti non sarebbero state mai approvate è un atteggiamento di quella sapienza che si fa furba e che attira su di sé la condanna del profeta Isaia e l’esclusione da parte di Gesù che sceglie coloro che sono esclusi, manipolati e manovrati. Anche il Siracide (testo ebraico) aveva garantito che Dio svela agli umili i suoi segreti (cf Sir 3,20).
Gesù è un leader che detiene un’autorità autorevole perché alleggerisce i pesi del popolo e si pone davanti ad esso come modello non di autorità, ma di umiltà e di mitezza. L’autorità nella chiesa entra in crisi quando si pone come comando irragionevole (cioè senza adeguate ragioni) e impone comportamenti e modelli che aumentano la pesantezza del fardello, non la riducono. Un’autorità veramente progressista (che sta avanti) è quella che invita a salire in alto e ad andare avanti che prende per mano e guida verso il futuro, che sorride sulle debolezze umane e addita una metà coraggiosa come punto di forza e di identità. Un’autorità che cura se stessa è frutto maturo del diavolo, non imitazione di Cristo, mite e umile di cuore. Se vogliamo imparare ad essere autorevoli, dobbiamo imparare a sapere sorridere e l’Eucaristia è la scuola in cui Dio ci sorride con la mitezza del pane e l’umiltà della parola che si fanno nostro cibo e nostra forza.
 
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
[breve pausa 1-2-3]
 
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.  [breve pausa 1-2-3]
 
Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.         [breve pausa 1-2-3]
 
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
 
Preghiera dei fedeli
 
Preghiamo (sulle offerte). Ci purifichi, Signore, quest’offerta che consacriamo al tuo nome, e ci conduca di giorno in giorno a esprimere in noi la vita nuova nel Cristo tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
PREGHIERA EUCARISTICA V/c
«Gesù modello di Amore» -Prefazio proprio
Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito.  In alto i nostri cuori.    Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.        È cosa buona e giusta.
 
E veramente giusto renderti grazie, Padre misericordioso: tu ci hai donato il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro fratello e redentore. In lui ci hai manifestato il tuo amore per i piccoli e i poveri, per gli ammalati e gli esclusi. Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli.
Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto nel nome del Signore colui che viene. Esulta, figlia di Sion (cf Zc 9,9).
 
Con la vita e la parola annunziò al mondo che tu sei Padre e hai cura di tutti i tuoi figli. Per questi segni della tua benevolenza noi ti lodiamo e ti benediciamo, e uniti agli angeli e ai santi cantiamo l’inno della tua gloria:
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli e pace in terra a gli uomini che il Signore ama.
 
Ti glorifichiamo, Padre santo: tu ci sostieni sempre nel nostro cammino soprattutto in quest’ora in cui il Cristo, tuo Figlio, ci raduna per la santa cena. Egli, come ai discepoli di Emmaus, ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.
Esulta grandemente la figlia di Sion, giubila la figlia di Gerusalemme perché tu sei il suo Re (cf Zc 9,9).
 
Ti preghiamo, Padre onnipotente, manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue.
Tu , o Signore non ami la violenza e ripudi la guerra perché sei giusto e pastore d’Israele (cf Zc 9,10).
 
La vigilia della sua passione, mentre cenava con loro, il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
 
Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
 
Fate questo in memoria di me.
Ti lodino, o Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli nella santa Assemblea (cf Sal 145/144,8).
 
Mistero della fede.
Tu ci hai redenti con la tua croce, salvaci o Redentore del mondo, Alfa ed Omèga, Principio e Fine (Ap 2,16).
 
Celebrando il memoriale della nostra riconciliazione annunziamo, o Padre, l’opera del tuo amore. Con la passione e la croce hai fatto entrare nella gloria della risurrezione il Cristo, tuo Figlio, e lo hai chiamato alla tua destra, re immortale dei secoli e Signore dell’universo.
Tu, o Signore, sostieni quelli che vacillano e rialzi chiunque è caduto(cf Sal 145/144,14).
 
Guarda, Padre santo, questa offerta: e Cristo che si dona con il suo corpo e il suo sangue, e con il suo sacrificio apre a noi il cammino verso di te. Dio, Padre di misericordia, donaci lo Spirito dell’amore, lo Spirito del tuo Figlio.
Noi veniamo al tuo altare non sotto il dominio della carne, ma guidati dal tuo Spirito di Santità (cf Rm 8,9).
 
Fortifica il tuo popolo con il pane della vita e il calice della salvezza; rendici perfetti nella fede e nell’amore in comunione con il nostro Papa …, il Vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare … e l’umanità intera sparsa su tutta la terra.
Ti rendiamo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza (Mt 11,25-26).
 
Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa’ che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti.
Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. E noi abbiamo visto la gloria del tuo volto (cf Mt 11,27).
 
La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo.
 
Ricordati anche dei nostri fratelli che sono morti nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede: … ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella risurrezione; concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna, dove tu ci attendi.
 
In comunione con la beata Vergine Maria, con gli Apostoli e i martiri, e tutti i santi innalziamo a te la nostra lode nel Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.
Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
Padre nostro in greco (Mt 6,9-13)
Idealmente riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo, dicendo:

Padre nostro, che sei nei cieli,
Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,
sia santificato il tuo nome,
haghiasthêto to onomàsu,
venga il tuo regno,
elthètō hē basilèiasu,
sia fatta la tua volontà,
genēthêtō to thelēmàsu,
come in cielo così in terra
hōs en uranô kài epì ghês.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,
e rimetti a noi i nostri debiti,
kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn
e non abbandonarci alla tentazione,
kài mê eisenènkēis hēmâs eis peirasmòn,
ma liberaci dal male.
allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

 
Antifona alla comunione (Mt 11,28): «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi: io vi darò ristoro», dice il Signore.
 
Dopo la comunione: Da Thich Nhat Hanh, Essere pace.
In una storia zen c’è un uomo in groppa a un cavallo lanciato al galoppo. Un altro uomo, fermo sul ciglio della strada, gli chiede: “Dove stai andando?”. “Non so, chiedilo al cavallo”, è la risposta. Noi siamo nella stessa situazione. Siamo in groppa a molti cavalli che non sappiamo controllare. Un cavallo è la proliferazione degli armamenti. Abbiamo fatto del nostro meglio, ma molti cavalli sono sfuggiti al nostro controllo. Siamo troppo presi in altre faccende. Il principale precetto buddhista dice di vivere in consapevolezza, attenti a quello che sta accadendo. Non solo accadendo qui, ma anche là. Facciamo un esempio: masticando un pezzo di pane possiamo essere consapevoli che i nostri agricoltori hanno ecceduto un po’ nei veleni chimici. Mangiando quel pezzo di pane, siamo in certa misura corresponsabili della distruzione del sistema ecologico. Portandoci alla bocca una fetta di carne o un bicchierino di alcol, possiamo essere consapevoli che nel terzo mondo muoiono di fame quarantamila bambini ogni giorno e che per produrre quella fetta di carne o quella bottiglia di liquore si è consumata una grossa quantità di cereali. Mangiare un piatto di cereali ci riconcilia di più con la fame nel mondo che mangiare bistecche. Un economista francese mi ha detto che basterebbe che l’Occidente riducesse del 50% il consumo di carne e di alcolici per cambiare l’intera situazione mondiale. Pensate, basterebbe ridurre solo della metà. Le cose che facciamo, che siamo ogni giorno, hanno tutte a che fare con la pace. Se siamo consapevoli del nostro modo di vivere, del nostro livello di consumi, del modo in cui consideriamo le cose, capiremo come contribuire alla pace proprio adesso, nel momento presente. Andate dal giornalaio, comprate una rivista e siate consapevoli del suo peso: è davvero molto pesante. Quanti ettari di foresta si sono dovuti abbattere per stampare quel numero. Compriamo la rivista, ma siamo consapevoli. Se siamo consapevoli, possiamo fare qualcosa per cambiare le cose.
 
Preghiamo (dopo la comunione). O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai nutriti con i doni della tua carità senza limiti, fa’ che godiamo i benefici della salvezza e viviamo sempre in rendimento di grazie. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
Benedizione
Il Signore che dona esultanza alla Figlia di Sion, nostra Madre, ci benedica e ci protegga. Amen.
Il Signore che viene a dorso di un asino e non di cavalli, ci doni il germe della non-violenza.        
Il Signore che alimenta e nutre il nostro cuore con il suo Spirito, ci liberi da ogni grettezza.    
Il Signore che benedice il Padre perché si rivela ai piccoli e agli umili, ci doni la sua Pace. 
Il Signore che accoglie chi ha bisogno di ristoro e di dignità, sia davanti a noi per guidarci.                            
Il Signore che viene mite e umile di cuore, sia dietro di voi per difendervi dal male.                      
Il Signore che dona il suo giogo dolce e leggero sia accanto a noi per confortarci e consolarci.
 
E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo discenda su di voi, sui vostri cari e vi rimanga sempre. Amen.
 
Termina l’Eucaristia celebrata come sacramento e memoriale del Signore risorto, comincia ora la Pasqua della nostra vita come sacramento di testimonianza nella vita di ogni giorno. Andiamo nel mondo con la fortezza dello Spirito di Gesù. Ti rendiamo grazie, Signore Risorto, perché resti con noi ogni giorno.
_________________________
© Domenica 14a del tempo ordinario-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova
[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]
Paolo Farinella, prete – 03/07/2011 - San Torpete - Genova


[1] Nei nostri commenti molte sono le ripetizioni di concetti e informazioni. Ne siamo consapevoli e dichiariamo che sono volute, perché non basta dire, bisogna assimilare o come dicevano i Padri della Chiesa «ruminare», in base al principio della comunicaizone che un concetto, un’idea per essere assimilata deve essere ripetuta almeno cinque volte. Il nostro intento non è scientifico nel senso stretto del termine, ma catechetico divulgativo che tiene contro delle acquisizioni e delle conclusione ad oggi delle scienze bibliche.
[2] Cf Mishnàh: Pirqè Aboth III,3; Berakòt II,2; Talmud Babilonese: Sanhedrin/Tribunali 94b.
[3] La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.
[4] Cf Rav. Simlai, amoraita del III sec. d.C. in Makkot 23b.
[5] Cf Mishnàh, Pèah/Angolo, 1,1; Talmud, Shabàt 127a.
[6] Cf Ger 24,3; 24,7 dove si trova «Signore, Dio del cielo e della terra» e Esd 5,11 che ha solo «Dio del cielo e della terra».
[7] Cf Bibbia-Cei (2008) e relativa nota, specialemnte a Sir 51,30. Rinaldo Fabris rileva che Mt 11,25-30 possa essere messo in relazione con Sir 51,1-30, anche se in modo precario, trovandovi «uno schema letterario che sta alla base anche del testo evangelico di Matteo» secondo il seguente schema: [a] «Mt 11,25-26 con Sir 51,1-2: lode a Dio per la salvezza»; [b] «Mt 11,27 con Sir 51,13-22: ricerca ritrovamento della sapienza»; [c] «Mt 11,28-30 con Sir 51,23-30: appello invito promessa a quelli che desiderano la sapienza» (R. Fabris, Matteo, Borla Roma 1982, 265, note 2 e 3).
[8] Il tempo di Gesù è intriso da due grandi correnti culturali che sono l’apocalittica e il movimento sapienziale. L’apocalittica interpreta il tempo presente come giunto al termine e legge la storia che cammina verso il compimento finale (escatologia) come una lotta decisiva tra il bene e il male, tra i figli della luce e i figli delle tenebre. E’ anche la dimensione della comunità di Qumran. Il binomio «nascondere/rivelare» è tipico di questo movimento: la verità si svela agli adempti e si nasconde agli esterni, ai pagani. La seconda corrente, il movimento sapienziale, tende alla spiritualizzazione della storia della salvezza attraverso l’acquisizione della «sapienza» come capacità di buon governo e di gestione delle cose create. Essa stimola l’atteggiamento morale perché induce a mettere in atto comportameti aderenti all’anima profonda della «Sapienza» che è spesso personificata come residente accanto alla maestà di Dio. Il Sapiente è colui che vive la pienezza della Toràh nel timore e nella fedeltà al disegno di Dio rivelato. In questo contesto il binomio «piccoli/sapienti» in bocca a Gesù diventa straordinariamente innovativo: nessuno è più estraneo alla mensa della Sapienza. Anche i poveri e i piccoli ne possono mangiare il pane.


Mercoledì 29 Giugno,2011 Ore: 12:11
 
 
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