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www.ildialogo.org Solennità del «Corpus Domini» - Domenica 8a per annum – A – 26 giugno 2011 –,di Paolo Farinella, prete

Solennità del «Corpus Domini» - Domenica 8a per annum – A – 26 giugno 2011 –

di Paolo Farinella, prete

MISSA BREVIS

«SANCTI JOANNIS DE DEO»

di JOSEPH HAYDN (1732-1809)1

ESEGUE

IL CORO «I PHONAMBULI»2

HOLLY MATYAS, Soprano

GIACOMO BATTARINO, Organo

MARIA COLLIEN, Direttore

INGRESSO - J. L. F. Mendelssohn-Bartholdy   (1009 - 1847):

«Hebe deine Augen auf [Alza i tuoi occhi verso… (Ger 2,3)]

La solennità del «Corpo del Signore» nasce in forma privata nei secc. XII-XIII a Liegi, dove la festa fu celebrata solennemente per la prima volta nel 12473. Fino ad allora, infatti, per 1200 anni ca., il «memoriale» dell’Eucaristia si celebrava sempre al Giovedì santo, in un clima di mestizia e di sofferenza, perché tutto convergeva naturalmente verso il Venerdì santo che ebbe presto il sopravvento fino a imporsi sugli altri giorni del triduo pasquale con le varie rappresentazioni del «Cristo morto», tanto da snaturare il vero senso del Triduo santo.

Il 29 agosto 1261 papa Urbano IV (Giacomo Pantaleone – 1261-1265), che era stato arcidiacono a Liegi, istituisce la festa del Corpus Domini estendendola a tutta la chiesa4. San Tommaso d’Aquino ricevette l’incarico di comporre l’intero ufficio della festa secondo il rito romano che ancora oggi sostituisce quello originario francese. Egli ne scrisse l’ufficio, come narra la tradizione, in ginocchio davanti al tabernacolo e appoggiandosi sull’altare. La festa fu fissata definitivamente al giovedì (feria quinta) dopo l’ottava di Pentecoste che è il giovedì successivo alla festa della Trinità, cioè 60 giorni dopo la Pasqua, come aveva stabilito il vescovo di Liegi5.

La solennità del Corpus Domini – Corpo del Signore è un ulteriore prolungamento della Pasqua che abbiamo vissuto in una notte di veglia attorno ad un banchetto, consumato «con i fianchi cinti… in fretta» (Es 12,11) segno e modello di liberazione. Oggi siamo seduti attorno al banchetto dell’alleanza nuova, senza più fretta, ma sempre pronti a ripartire per essere segno e strumento di liberazione in favore di ogni singolo individuo e popolo. E’ il banchetto che anticipa quello finale della fine della storia previsto per il raduno escatologico dei popoli, descritto da Isaia (25,6). Il banchetto dell’Esodo e quello escatologico è ora e qui: è il Corpus Domini. Dal banchetto al banchetto: è la dimensione storica della Chiesa pellegrina che di Eucaristia in Eucaristia cammina verso la Gerusalemme celeste, celebrando il «memoriale» della consegna del «mistero pasquale» che nell’Eucaristia, sacramento «fonte e culmine» della Chiesa, diventa il «già» compiuto e anche l’anticipo, il «non-ancora», del banchetto escatologico alla fine dei tempi.

Oggi operiamo un passaggio: dal simbolo alla realtà, ma anche dalla realtà al simbolo: prendiamo coscienza che il banchetto a cui siamo convocati come invitati è partecipazione diretta e attiva alla comunione con il Signore che mette sul «piatto» la sua stessa vita come premessa che chi si accosta a questo «cibo», a sua volta si coinvolga e si comprometta in un mondo in cui la maggioranza del popolo di Dio sparso nel mondo, i poveri, non ha cibo a sufficienza. La fame dell’umanità oggi invoca la responsabilità dei cristiani che detengono di fatto il possesso dei beni fondamentali per la vita. L’espressione «carne e sangue» oggi potrebbe far sorridere perché potrebbe accusarci, come durante le persecuzioni del sec. I, di cannibalismo. E’ un’espressione tipicamente ebraica per dire «fragile vita». Per gli antichi il «sangue» è sede della vita, mentre «carne» indica tutto ciò che è opposto a «spirito» e quindi fragile, caduco, morituro. Nella «carne e sangue» Dio si fa accessibile a noi perché assume la nostra fragile umanità nella quale trasfonde la sua vita immortale facendosi «comunione» con noi, in noi e per noi: è il principio della «solidarietà».

Il «mistero» è tutto qui ed è molto chiaro ed evidente: Dio Padre, Figlio e Spirito Santo restano per sempre con noi, pongono la loro dimora in noi e fanno di noi la tenda del convegno, la tenda dell’incontro e della comunione, l’appuntamento con la storia e il bisogno del pane della dignità, della vita, del lavoro e dell’amore. Ora noi possiamo accedere al mistero trinitario perché Dio s’incarna ancora una volta nella fragilità della parola annunciata e nella povertà del pane e del vino. Dio consegna a noi la sua vita come nutrimento e noi ne possiamo disporre secondo le esigenze dell’umanità che attende di essere consolata e nutrita. L’Eucaristia strappa da cima a fondo il velo del tempio perché c’introduce nel «sancta sanctorum» dell’intimità con Dio (cf Mc 15,38). Entriamo nel clima della liturgia recitando, a cori alterni, la prima parte della Sequenza propria di questo giorno.

Sequenza I. La sequenza è un genere di componimento mèlico (dal greco mèlos-canto) di origine religiosa accompagnato da strumenti. Presenta simmetria binaria di serie sillabiche, determinata dal canto. La sequenza ha la struttura propria della lingua latina, per cui in italiano, a volte, stride fortemente dando anche un senso di fastidio. La sequenza è parte della liturgia e dell’ufficio del Corpus Domini composti da san Tommaso d’Aquino, che scrisse materialmente i testi davanti al tabernacolo. Da un punto di vista teologico espone poeticamente e compiutamente tutta la teologia cattolica della «presenza reale».

1. Sion, loda il Salvatore, / la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici.

2. Impegna tutto il tuo fervore: / egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno.

3. Pane vivo, che dà vita: / questo è tema del tuo canto, oggetto della lode.

4. Veramente fu donato / agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena.

5. Lode piena e risonante, / gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito.

6. Questa è la festa solenne / nella quale celebriamo la prima sacra cena.

7. È il banchetto del nuovo Re, nuova pasqua, nuova legge; e l’antico è giunto a termine.

8. Cede al nuovo il rito antico, / la realtà disperde l’ombra; luce, non più tenebra.

9. Cristo lascia in sua memoria / ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo.

10. Obbedienti al suo comando / consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza.

11. E’ certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino.

12. Tu non vedi, non comprendi, / ma la fede ti conferma, oltre la natura.

Mangiare vuol dire diventare «uno» con chi si mangia attraverso ciò che si mangia. Non si mangia tra estranei con i quali tutt’al più si può fare un briefing anonimo o un buffet in piedi. Chi mangia lo stesso pane e beve lo stesso vino sedendo alla stessa mensa esprime una vita di unità con gesti di comunione. Entriamo alla Presenza di Dio, segnandoci con il sigillo trinitario proprio di ogni azione liturgica:

(greco)6

Èis to ònoma

toû Patròs

kài Hiuiû

kài toû Hagìu Pnèumatos

Amèn.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e del Santo Spirito

La comunione, cioè vivere una dimensione effettiva di amore, è l’obiettivo di ogni vita di relazione. La fede genera chi crede ad una vita di comunione orizzontale con i fratelli, le sorelle e la natura come segno della comunione verticale con Dio. Noi pecchiamo ogni volta che ci allentiamo da questa prospettiva che Gesù sintetizza nell’unico comandamento dell’amore verso Dio e il prossimo. Non possiamo celebrare il sacramento per eccellenza della «comunione» se prima non mettiamo a posto le nostre coordinate spirituali e relazionali. Per questo la Chiesa ci chiede di fermarci sempre prima di accedere alla Parola e al Pane e verificare le congruenze e le incongruenze nei confronti della nostra vocazione alla «comunione»: solo Dio sa leggere nella nostra coscienza e solo lui può abilitarci alla coerenza nella verità del rito che celebriamo. Chiediamo perdono.

[Esame di coscienza reale]

CORO «I PHONAMBULI: Joseph Haydn (1732-1809) Missa Brevis «S.cti Joannis De Deo»

 

  • Kyrie, elèison Christe, elèison Kyrie, elèison

 

  • Gloria in excelsis Deo

Gloria a Dio, nell'alto dei cieli,

Et in terra pax hominibus bonae voluntatis.

e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Laudamus Te, benedicimus Te, adoramus

Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo,

Te, glorificamus Te,

ti glorifichiamo,

Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam,

ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa.

Domine Deus, Rex coelestis, Deus Pater omnipotens.

Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente,

Domine Fili Unigenite, Jesu Christe, Domine Deus,

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio,

Agnus Dei, Filius Patris:

Agnello di Dio, Figlio del padre:

Qui tollis peccata mundi miserere nobis;

tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi;

Qui tollis peccata mundi

tu che togli i peccati del mondo,

suscipe deprecationem nostram,

accogli la nostra supplica;

Qui sedes ad dexteram Patris miserere nobis.

tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi.

Quoniam Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus,

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore,

Tu solus Altissimus,

tu solo l'Altissimo:

Jesu Christe,

Gesù Cristo

Cum Sancto Spiritu in gloria Dei Patris. Amen.

con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

[Se non c’è il Coro, si prosegue:]

Signore, che hai dato la manna come cibo per affrontare il deserto, abbi pietà di noi, Kyrie, elèison!

Cristo, che hai detto: questo è il mio corpo…questo è il mio sangue, abbi pietà di noi, Christe,elèison!

Signore, che resti con noi tutti i giorni come Parola, Pane e Vino, abbi pietà di noi, Kyrie, elèison!

Cristo, che ti nutristi della volontà del Padre tuo e Padre nostro, abbi pietà di noi, Christe, elèison!

Signore, che invochi con noi il pane quotidiano per i poveri, abbi pietà di noi, Kyrie, elèison!

Cristo, che del Pane e del Vino hai fatto i sigilli della speranza, abbi pietà di noi, Christe, elèison!

Dio onnipotente che ha nutrito il popolo d’Israele nel deserto e ha inviato Gesù «Pane vivo disceso dal cielo», per i meriti di Gesù che mangia la Pasqua con gli Apostoli, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen!

Preghiamo (colletta). Dio Padre buono, che ci raduni in festosa assemblea per celebrare il sacramento pasquale del Corpo e Sangue del tuo Figlio, donaci il tuo Spirito, perché nella partecipazione al sommo bene di tutta la Chiesa, la nostra vita diventi un continuo rendimento di grazie, espressione perfetta della lode che sale a te da tutto il creato. Per i meriti di nostro Signore Gesù Cristo, Verbo fatto carne, che vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen!

Liturgia della Parola

Prima lettura Dt [5,1]; 8,2-3.14b-16a. Siamo in un tempo di riforma liturgica e si vuole alimentare lo spirito per affrontare problemi nuovi con la fede antica. Tema centrale è il «ricordo» di ciò che è avvenuto: nonostante la prova, il deserto e l’umiliazione, Dio ha sostenuto il suo popolo con la manna che per il giudaismo è simbolo della Parola creatrice sempre presente in mezzo al popolo e che ora si incarna nella Toràh. Obbedire alla Legge è vivere.

Dal libro del Deuteronomio [5,1]; 8,2-3.14b-16a

Mosè parlò al popolo dicendo: 2«Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. 3Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. 14Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; 15che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; 16che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».-Parola di Dio.

Salmo responsoriale 147,12-13; 14-15; 19-20. La versione greca detta Lxx, divide il Salmo ebraico 146 in due salmi per cui la parte seconda proposta oggi dalla liturgia, in greco corrisponde al Sal 147 che i Padri della chiesa applicano alla nuova Gerusalemme. Nel salterio ebraico, fa parte del 3° Hallel (Salmi 146 – 150) che chiude l’intero libro dei Salmi. Il v. 15 definisce la Parola di Dio come «messaggero», cioè la personifica. Bisognerà aspettare il prologo di Gv per potere affermare esplicitamente che «la Parola/lògos carne fu fatta» (Gv 1,14). Noi siamo già contemporanei del Dio fragile che ci convoca alla mensa della sua vita.

Rit. Loda il Signore, Gerusalemme.

1. 12 Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,

13 perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Rit.

2.14 Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
15 Manda sulla terra il suo messaggio;
la sua parola corre veloce.
Rit.

3. 19 Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.

20 Così non ha fatto con nessun’ altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.
Rit.

Seconda lettura 1Cor 10,16-17. In poche pennellate Paolo mette in evidenza le conseguenze dell’Eucaristia sulla chiesa «corpo di Cristo», cioè suo prolungamento nella storia e nello Spirito. L’Eucaristia impegna e condiziona la vita di ognuno.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,16-17

Fratelli, 16 il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 17 Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane. - Parola di Dio.

Sequenza II

13. È un segno ciò che appare: / nasconde nel mistero realtà sublimi.

14. Mangi carne, bevi sangue; / ma rimane Cristo intero in ciascuna specie.

15. Chi ne mangia non lo spezza, / né separa, né divide: intatto lo riceve.

16. Siano uno, siano mille, / ugualmente lo ricevono mai è consumato.

17. Vanno i buoni, vanno gli empi; / ma diversa ne è la sorte vita o morte provoca.

18. Vita ai buoni, morte agli empi: / nella stessa comunione ben diverso è l’esito!

19. Quando spezzi il sacramento, non temere, ma ricorda / Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell’intero.

20. È diviso solo il segno, non si tocca la sostanza; / nulla è diminuito della sua persona.

21. Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, / vero pane dei figli: non dev’essere gettato.

22. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, / nell’agnello della Pasqua, nella manna data ai padri.

23. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi; / nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.

24. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, / conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo / nella gioia dei tuoi santi. Amen.

Vangelo Gv 6,51-58. Tutto il capitolo VI di Gv è una lunga esposizione progressiva sulla personalità di Gesù: dal pane materiale si passa al pane di vita, si risale alla manna discesa dal cielo per arrivare alla carne e al sangue di Cristo che aprono alla vita eterna. Il brano di oggi è la conclusione di questo percorso dove Gv tira le somme: la vera personalità di Cristo è l’Eucaristia, il sacramento trinitario per eccellenza: Io-Sono il Pane che compie la volontà del Padre che viene ad abitare in quanti si nutrono di essa.

Canto al Vangelo Gv 6,51

Alleluia. Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Dal vangelo secondo Giovanni 6,51-58

In quel tempo, Gesù disse alla folla: 51 “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. 52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. 53 Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. - Parola del Signore.

Sentieri di omelia

Oggi celebriamo il corpo, anzi la carne. La parola carne in ebraico si dice basàr e in greco sarx. Con questo termine si indica ciò che è in rapporto ai viventi umani o animali con caratteristica di corruttibilità: ciò che è fragile, mortale7. Carne si oppone a Dio che è eterno e spirituale; anche nel NT il termine ha sempre il significato di creaturalità o di uomo o di essere vivente finito in opposizione a spirito.

Mt 16,17: Beato sei, Simone figlio di Jona [bar-Jona], perché carne e sangue non te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.

Mc14,38: Continuate a vegliare e a pregare se non volete entrare in tentazioni. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole.

In questi due testi presi ad esempio, carne è sinonimo di natura umana con le sue caratteristiche di fragilità e incapacità di elevarsi al piano di Dio. L’espressione «carne e sangue» oggi potrebbe fare sorridere perché potrebbe farci accusare, come durante le persecuzioni del sec. I, di cannibalismo. E’ un’espressione tipicamente ebraica per dire «fragile vita». Per gli antichi il sangue è sede della vita, mentre «carne», come abbiamo visto, indica tutto ciò che è opposto a «spirito» e quindi fragile, caduco, morituro. Nella «carne e sangue» Dio si fa debole, limitato e quindi accessibile perché assume la nostra fragilità nella quale trasfonde la sua vita immortale facendosi «comunione» con noi, in noi e per noi.

Giovanni assume questa parola con tutto il suo peso di finitezza creaturale e la colloca nel cuore stesso di Dio, anzi da un punto di vista sintattico la colloca accanto alla parola che denota l’eternità e l’immutabilità di Dio: il Lògos proprio quello che non sta all’inizio (temporale), ma «nel principio» (Gv 1,1) come fondamento e ragione di tutto ciò che esso crea. Giovanni non ha paura di affermare in Gv 1,14 che «il Lògos-carne fu fatto», immettendo così il senso della finitezza, della creaturalità, della temporalità e della fragilità nella vita di Dio. Da questo momento l’eternità di Dio si coniuga con le parole del tempo e il tempo scorre verso una foce di eternità.

Nel vangelo di oggi, Gv non usa il termine «corpo/sōma», ma quello più denso e più drammatico di «carne» per affermare la realtà della presenza eucaristica, dicendoci così che l’Eucaristia è una incarnazione nuova, anzi continua perché prosegue nel tempo e nella storia l’incarnazione del Lògos8. Se l’incarnazione è la presenza di Dio nella natura umana per rendere possibile l’incontro suo con gli uomini, l’Eucaristia vuol dire la prossimità di questa presenza che si fa disponibile, sempre accessibile, sempre presente nella forma di cibo e di nutrimento. Tutta la fede cristiana è una tensione tra carnalità e spiritualità: questa tensione non si risolve nella negazione della prima a vantaggio della seconda perché la fede cristiana è carnalità e spiritualità in forza dell’audace affermazione di Gv 1,14: «Il Lògos-carne fu fatto». La solennità del Corpo e del sangue del Signore ci obbliga a prendere coscienza che l’Eucaristia è il sacramento principe di questa realtà «materiale». Il Cristianesimo non è nemico della materia, del corpo e della sensibilità, al contrario esso valorizza tutto ciò perché lo riconosce parte integrante dello spirito e lo assume nella sua creaturalità, svuotandolo di ogni presunzione di sacralità9.

Oggi celebriamo il «pane e il vino» o per usare un linguaggio biblico «la carne e il sangue», immergendoci così nella materia fisica, anzi nella gracilità della condizione umana che è anche la dimensione di Dio nella fragile consistenza di un pane e di un vino poveri alimenti della mensa dei poveri. Non è un banchetto succulento: è solo un pane e un vino, i segni della solenne maestosità della povertà degli uomini e di Dio.

Nel sacramento dell’Eucaristia come in tutti i sacramenti, la materia simbolica che esprime il senso profondo della realtà è sempre un elemento della natura che è anche alimento dell’umanità come l’acqua, l’olio, il pane, il vino oppure elementi portanti della relazione umana, come il perdono e l’amore. Il senso di questi elementi/alimenti/relazione è rivelato da una parola formale che nel momento in cui li sottrae al loro significato materiale, li svela e li rivela come veicoli di un senso nuovo e vitale: «Questa è la mia carne… questo è il mio sangue» sono affermazioni da brivido che non possono essere più intese nel senso materiale, ma siamo costretti dalle parole stesse ad entrare in una dimensione nuova che solo la rivelazione può esprimere: carne e sangue sono la natura del Figlio di Dio, la sua vita e questa vita comunicata a noi in forma di cibo che alimenta la vita. Si forma così un circuito di comunione che alimenta in forma costante vita da vita.

Nulla è estraneo a Dio, non lo spirito, non la materia, non il nostro corpo che partecipa della sua stessa identità. Ogni giorno facendo la comunione, noi diventiamo «Corpo di Cristo» e nel momento in cui lo riceviamo noi ne prendiamo atto e con una parola solenne di fede rispondiamo: «Amen/Tu, mio Dio, sei il mio Re Fedele», inserendoci così anche noi in una dimensione di fedeltà. Il nostro corpo è fragilissimo perché espressione visibile della complessità del nostro spirito che vive anche di passioni, di tendenze, di fratture, di ansie, di bisogni, di aneliti, di stanchezze, di malattie, di fatica, di pesantezza, di forza, di gioia, di tenerezza… tutto ciò fa parte della fragilità umana e in quanto tale appartiene a Dio perché oggi «nella carne di Dio» noi celebriamo «un Dio di carne». Oggi è il giorno della «fisicità» di Dio il quale raggiunge il culmine di un lungo processo di incarnazione iniziata nell’esodo attraverso segni anticipatori del sacramento che oggi viviamo come realtà di fede. Tutta la storia della salvezza prepara al punto di arrivo che è il discorso del «pane » di Gv 610.

La manna di cui parla la prima lettura fu un alimento provvisorio nel tempo del deserto per sostenere con un cibo che veniva dal cielo il cammino verso la terra promessa (cf Es 16,13-15) e nel NT diventa una prefigurazione dell’Eucaristia. Gesù stesso ricorda la manna come anticipazione del pane disceso dal cielo che ora è lui stesso, mandato dal Padre a nutrire gli uomini con la sua volontà di salvezza (cf Gv 6,31-33)11.

Ogni volta che celebriamo l’eucaristia facendo memoria condivisa del pasto di Gesù in cui volle «legarsi» definitivamente a noi e alla dimensione della nostra vita umana, noi entriamo nel «mistero pasquale» della passione, della morte, della risurrezione, dell’ascensione e della pentecoste e sperimentiamo la vita di Dio come alimento, cibo e bevanda, comunione di vita, sacramento di unità, anticipo della vita eterna. Nel giorno in cui viviamo Dio in quanto corpo/carne, non possiamo non pensare ed essere uniti e solidali con tutti i corpi/carne dilaniati, squartati, violati, violentati e stuprati nel mondo. Oggi il nostro cuore è accanto ai bambini e alle bambine vittime della pedofilia, di cui si rendono colpevoli coloro che dovrebbero maestri e custodi dei corpi indifesi.

Oggi vogliamo essere accanto e solidali con le donne violate e vilipese nel loro corpo e quindi nella loro «carne», cioè nella loro fragilità e vogliamo chiedere di essere noi stessi un argine alle violenze immonde e per questo chiediamo di diventare «ostie» di frumento fragile e fragrante, simbolo di fedeltà alla Vita. Celebrare il «corpo del Signore» significa anche prendere coscienza che questo «corpo» di Dio patisce la fame a causa della miseria causata da sistemi d’ingiustizia e di potere che si autodefiniscono cristiani. La fame di tanta parte dell’umanità, dopo duemila anni dall’incarnazione di Cristo nella nostra umanità, è la bestemmia più grave che grida al cospetto di Dio. «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» è ancora l’urlo dei «corpi di Cristo» abbandonati alla morte per fame e miseria: fame di dignità e di decoro, fame di giustizia e decenza, fame di diritti e di ospitalità, fame di vita e di amore.

Nel ricevere «il corpo e il sangue di Cristo» come comunione, prendiamo consapevolezza di essere responsabili di quella di affamati nel corpo da non avere nemmeno la forza di accorgersi di avere un’anima. La nostra dimensione, specialmente quando sperimentiamo l’impotenza e la solitudine di fronte alle grandi sfide della storia, non può essere che la prospettiva sacerdotale della lettera agli Ebrei 10,5-7, quella prospettiva esige da noi che diventiamo come Lui «corpo e sangue» che si spezza e si effonde per la condivisione dei poveri:

 

«5Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. 6Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. 7Allora io dico: Ecco, io vengo – perché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,5-7)

La festa di oggi ci dice che il Dio narrato da Gesù è un Dio «carnale» che si può toccare e mangiare, cioè si può sperimentare senza bisogno di scalare il cielo per raggiungerlo. Egli è ora e qui: «Io-Sono il Pane disceso dal cielo» (Gv 6,41) perché voi diventiate il comandamento del mio amore facendovi pane e vino da condividere con gli affamati e gli assetati che popolano la terra. «Io-Sono il Pane di vita» (Gv 6,35) perché voi siate la mia Eucaristia che si spezza per tutte le genti. Andiamo nel mondo e portiamo il «corpo di Dio» attraverso la profezia della nostra vita, nutrita dal «Pane del cielo», per dire ovunque viviamo la nostra professione di fede: «Ecco, io vengo, o mio Re Fedele, per fare la Tua Volontà!». E’ l’«Amen!» che riceviamo e che riversiamo su quanti incontriamo nel nostro cammino.

CORO «I PHONAMBULI»: CREDO di Joseph Haydn (1732-1809): Missa Brevis «Scti Joannis De Deo»:

Credo in unum Deum,

Credo in un solo Dio,

Patrem omnipotentem;

Padre onnipotente,

factorem caeli et terrae,

creatore del cielo e della terra,

visibilium omnium et invisibilium.

di tutte le cose visibili e invisibili.

Et in unum Dominum Iesum Christum,

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,

Filium Dei unigenitum,

unigenito Figlio di Dio,

et ex Patre natum ante omnia saecula.

nato dal Padre prima di tutti i secoli.

Deum de Deo, lumen de lumine,

Dio da Dio, Luce da Luce,

Deum verum de Deo vero,

Dio vero da Dio vero;

genitum, non factum,

generato, non creato;

consubstantialem Patri:

della stessa sostanza del Padre;

per quem omnia facta sunt.

per mezzo di lui tutte le cose sono state create.

Qui propter nos homines et propter nostram salutem

Per noi uomini e per la nostra salvezza

descendit de caelis.

discese dal cielo;

Et incarnatus est de Spiritu Sancto

e per opera dello Spirito Santo si è incarnato

ex Maria Virgine,

nel seno della Vergine Maria,

et homo factus est.

e si è fatto uomo.

Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato;

Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,

passus et sepultus est,

morì e fu sepolto.

et resurrexit tertia die,

Il terzo giorno è risuscitato,

secundum Scripturas,

secondo le Scritture;

et ascendit in caelum, sedet ad dexteram Patris.

è salito al cielo, siede alla destra del Padre.

Et iterum venturus est cum gloria,

E di nuovo verrà, nella gloria,

iudicare vivos et mortuos,

per giudicare i vivi e i morti,

cuius regni non erit finis.

e il suo regno non avrà fine.

Et in Spiritum Sanctum, Dominum et vivificantem:

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e da la vita,

qui ex Patre Filioque procedit.

e procede dal Padre e dal Figlio

Qui cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur:

e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato

qui locutus est per prophetas.

e ha parlato per mezzo dei profeti.

Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam.

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica.

Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum.

Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.

Et expecto resurrectionem mortuorum

Aspetto la risurrezione dei morti

et vitam venturi saeculi. Amen.

e la vita del mondo che verrà. Amen.

Preghiera dei fedeli (Dalla Liturgia delle Ore)

Cristo nella Cena pasquale ha donato il suo Corpo e il suo Sangue per la vita del mondo. Riuniti nella preghiera di lode, invochiamo il suo nome: Cristo, pane del cielo, dona a noi la vita eterna.

Cristo, Figlio del Dio vivo, che ci hai comandato di celebrare l’Eucaristia in tua memoria,
-
fa’ che vi partecipiamo sempre con fede e amore a beneficio di tutta la Chiesa.

Cristo, unico e sommo sacerdote, che hai affidato, ai tuoi sacerdoti i santi misteri,
-
fa’ che essi esprimano nella vita ciò che celebrano nel sacramento.

Cristo, che riunisci in un solo corpo quanti si nutrono di uno stesso pane,
- accresci nella nostra comunità la concordia e la pace.

Cristo, che nell'Eucaristia ci dai il farmaco dell'immortalità e il pegno della risurrezione,
- dona la salute agli infermi e il perdono ai peccatori. 

Cristo, che nell'Eucaristia ci dai la grazia di annunziare la tua morte e risurrezione fino al giorno della tua venuta.
- rendi partecipi della tua gloria i nostri fratelli defunti.

LITURGIA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

Presentazione delle offerte: ORGANO

PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico] 

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

Preghiamo (sulle offerte). Concedi benigno alla tua Chiesa, o Padre, i doni dell’unità e della pace, misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA II12

Prefazio della Santa Eucaristia I: l’Eucaristia memoriale del sacrificio di Cristo

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. É cosa buona e giusta.

E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente e misericordioso, per Cristo nostro Signore.

Noi ci ricordiamo, Signore, del cammino che ci hai fatto percorrere per condurci al tuo santo altare (cf Dt 8,2).

Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne; a te per primo si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l’offerta in sua memoria.

Ci hai messo alla prova per saggiare se il nostro cuore sia disponibile a custodire i tuoi comandamenti (Dt 8,2).

Il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza, il suo sangue per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa.

Ci hai nutrito di manna del cielo per insegnarci che non di solo pane vive chi in te crede perché Santo, Santo, Santo sei tu, Signore Dio dell’universo. (cf Dt 8,3).

Per questo mistero del tuo amore, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo con gioia l'inno della tua lode:

CORO «I PHONAMBULI»: SANCTUS - BENEDICTUS

di Joseph Haydn (1732-1809), Missa Brevis «Sancti Joannis De Deo»

 

[Se non c’è la Cappella si prosegue]

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene, nel nome del Signore. Osanna nell’alto dei cieli.

Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Glorifichiamo con Gerusalemme il Signore, lodiamo con Sion il nostro Dio, Benedetto in Israele (Sal 146/147,12).

Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

«Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane, e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”» (1Cor 11,23-24).

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse:

PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

«Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”.» (1Cor 11,25).

 

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

Quanto il Signore ha ordinato, noi faremo e ascolteremo (cf Es 24,7)

MISTERO DELLA FEDE.

Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo di questo calice, noi annunziamo la morte del Signore finché egli venga (cf 1Cor 11,26).

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.
Hai mandato sulla terra il tuo messaggio, Lògos fatto carne, Dio visibile nella frazione del pane (cf Sal 146/147,15; Gv 1,14; Lc 24,35).

Ti preghiamo: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Il calice della benedizione che noi benediciamo è comunione con il sangue di Cristo, sparso per noi (1Cor 10,16).

Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro Papa …, il Vescovo … le persone che amiamo e che vogliamo ricordare … e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Il pane che noi spezziamo è comunione con il corpo di Cristo, sacramento di fraternità ecclesiale (1Cor 10,16).

Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione … e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza, ammettili a godere la luce del tuo volto.

Tu, o Signore, sei il Pane vivo disceso dal cielo che noi mangiamo e vivere in eterno nel tuo amore (cf Gv 6,51).

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Tu sei il Pane disceso dal cielo che dona la vita eterna e questa è la vita eterna: credere in te che il Padre ha inviato a noi suoi figli (cf Gv 6,58)

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell’unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

CORO «I PHONAMBULI»:

di Joseph Haydn (1732-1809), Missa Brevis «Sancti Joannis De Deo» : Agnus Dei

Comunione : CORO «I PHONAMBULI»: Ave verum di W. A. Mozart (1756 – 1791)

[Se non c’è il Coro si prosegue:] Antifona alla comunione Lc 9,16

Gesù prese i cinque pani e i due pesci e li diede ai discepoli, perché li distribuissero alla folla. Alleluia.

Dopo la comunione (Es 20,2-18): Inno dei primi Vespri

1. Alla cena dell’Agnello,
avvolti in bianche vesti,
attraversato il Mar Rosso,
cantiamo a Cristo Signore.

2. Il suo corpo arso d’amore
sulla mensa è pane vivo;
il suo sangue sull’altare
calice del nuovo patto.

3. Sia lode e onore a Cristo,
vincitore della morte,
al Padre e al Santo Spirito
ora e nei secoli eterni. Amen.

Responsorio Cf Gv 6, 48. 49. 50. 51. 52
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna del deserto e sono morti.

Questo è il pane disceso dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.

Io sono il pane vivo: se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

- Questo è il pane disceso dal cielo; perché chi ne mangia, non muoia.

Riconoscete in questo pane, colui che fu crocifisso;

- nel calice, il sangue sgorgato dal suo fianco.

Prendete e mangiate il corpo di Cristo, bevete il suo sangue:

- poiché ora siete membra di Cristo.

Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di unità; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto:

- poiché ora siamo membra di Cristo.

Preghiamo. Donaci, Signore, di godere pienamente della tua vita divina nel convito eterno, che ci hai fatto pregustare in questo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen!

Benedizione e saluto finale

Sia benedetto colui che è Benedetto in cielo e in terra.

Sia benedetto l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine.

Sia benedetto il Signore fatto cibo per noi.

Rivolga il Signore il suo Nome su di noi e ci doni il suo Spirito.

Rivolga il Signore il suo Volto su di voi e vi doni la sua Pace.

Sia sempre il Signore davanti a noi per guidarci.

Sia sempre il Signore dietro di voi per difendervi dal male.

Sia Sempre il Signore accanto a noi per confortarci e consolarci.

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen!

La Messa è finita come rito, comincia la Pasqua della nostra settimana:

Andiamo in pace. Rendiamo grazie a Dio.

Finale: CORO «I PHONAMBULI»:

L. van Beethoven (1770-1827): Die Himmel rühmen des Ewigen Ehre – I cieli narrano la gloria di Dio (dal Salmo 19)

_______________________________

© Corpus Domini, Domenica 2a dopo Pentecoste –Anno-A (XIIIa del tempo ordinario)

Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 26/06/2011 - San Torpete – Genova

AVVISO IMPORTANTE

LA CHIESA DI SAN TORPETE RESTERA’ CHIUSA

DA LUNEDI’ 25 LUGLIO (caduta di Mussolini)

FINO A VENERDI’ 9 SETTEMBRE 2011.

 

RIAPRE SABATO 10 SETTEMBRE 2011 ALLE ORE 17,30

PER IL CONCERTO DI MANNHEIMER SCHULE.

 

La chiesa non resta chiusa per diporto, ma perché Paolo prete ha alcuni impegni fuori Genova e deve anche porre mano ad alcune pubblicazioni tra cui la ripubblicazione del romanzo «Habemus papam. La leggenda del papa che abolì il Vaticano».

 

 

PROGETTO CASA PER I SENZA DIMORA DI MASSOERO 2000

di Paolo Farinella, prete

 

Genova 22-26 giungo 2011 –. Come presidente di Massoero 2000 – Onlus insieme con gli altri amici dell’Associazione mi sto imbarcando in una avventura che ritengo di civiltà e di cittadinanza. Una ventina di nostri ospiti sono sul piede di sfratto e non possiamo permettere che ritornino sulla strada da cui provengono. Per questo presentandosi l’occasione, che io ritengo provvidenziale, abbiamo deciso di acquistare un caseggiato che diventando di nostra proprietà garantisce la inviolabilità di chi vi risiede come ospite.

Siamo ad un buon punto e con la certezza che non abbiamo un centesimo, ma proprio per questo siamo certi che siamo sulla strada giusta: ci fidiamo e ci affidiamo al nostro dovere, motivato con la fede per alcuni e con la decenza civile per altri e per tutti con la coscienza di essere corresponsabili dell’accoglienza delle nostre città o del rigurgito razzista. Noi vogliamo stare dalla parte della Costituzione e del Vangelo che ci obbligano a farci carico dei poveri, specialmente degli ultimi quelli che non hanno voce nemmeno per dire «grazie». Dobbiamo mettere insieme circa 350 mila euro. Ci stiamo accordando con la proprietà che è propensa a non ricorrere ad un mutuo (faremmo solo gli interessi della banca, lupanare d’usurai con l’approvazione del governo malavitoso), ma di corrispondere un rata mensile per un certo numero di anni ancora da quantificare in base alle nostre risorse che stiamo valutando. Come Massoero 2000, se riusciamo, vogliamo racimolare un certa cifra, circa 50.000,00 euro da dare come garanzia iniziale e saldare notaio e spese di registro e quindi proseguire con le rate mensili. Io sono certo di questa operazione.

Con serena tranquillità e fiducia, lancio un appello a tutti gli amici. Lo faccio senza vergogna e a testa alta, perché ciò che chiedo è per i poveri che diversamente resterebbero per strada. A quest’opera di Massoero 2000 partecipa sia l’Associazione «Ludovica Robotti – San Torpete» che la parrocchia di San Torpete. Operativamente

Chi volesse aiutarci, con molta libertà, lo può fare attraverso i seguenti strumenti con motivazione: «Progetto casa»

  1. Associazione Massoero 2000 - Via della Maddalena, 29 - 16124 Genova

  • Banca: Iban: IT33Q0617501432000001157980

  1. Associazione Ludovica Robotti:

  • Poste: Iban: IT10H0760101400000006916331- Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX

  • Conto Corrente Postale N. 6916331: Intestato a: Associazione Ludovica Robotti San Torpete

Chi fa un versamento, abbia la compiacenza di avvertirmi con una e-mail: paolo_farinella@fastwebnet.it

1 Franz Joseph Haydn (1732-1809), nato e morto in Austria, fu il primo dei tre compositori di spicco che segnarono profondamente il periodo classico della musica, Haydn – Mozart – Beethoven: dei primi due fu amico e di Beethoven anche maestro. Com’era uso al suo tempo, fece alcuni viaggi di studio, anche col l’obiettivo di cercare un posto fisso in una qualche corte aristocratica in Francia o in Inghilterra. La trovò invece nella famiglia aristocratica ungara Von Esterhàzy, una delle più importanti dell’Impero austro-ungarico, che fu il suo datore di lavoro affidandogli il ruolo di Kapellmeister, cioè Direttore dei Musicisti di Corte. Egli doveva comporre, dirigere e suonare l’organo, il clavicembalo e il violino. Haydn fu celebre anche per il suo umore spiritoso, di cui abbiamo numerosi testimonianza in capolavori famosi come la Abschieds-Symphonie (Sinfonia degli Addii) o anche la Symphonie mit dem Paukenschlag (Sinfonia col colpo di timpani). Alla fine della sua vita, Haydn risultò uno dei più famosi compositori. Tra le composizioni più celebri - le Sinfonie, la Musica da Camera (Quartetti, Trii e Quintetti), «Concerti grossi», Sonate per Clavicembalo, Musiche teatrali e numerose Messe, c’è la Missa Brevis Sancti Joannis di Deo, una delle più sentite. E’ la Messa che viene eseguita oggi. Essa è chiamata anche la Kleine Orgelsolomesse (Piccola Messa per solo organo) perché, sebbene in origine la Messa fosse composta per Orchestra, Coro e Soprano, si può eseguire con l’accompagnamento del solo organo, come viene proposta oggi. Questa Messa era una tra le più amate già ai tempi di Haydn: ne danno conferma le tante copie di manoscritti trovate.

2 Il Coro «I Phonambuli», nato a Genova nel 2005 come amatoriale, e costituito da persone di varia estrazione lavorativa, ha trovato il suo punto di forza nell’affinamento della tecnica vocale e nella direzione musicale ed artistica del Maestro, signora Maria Collien, mezzosoprano di origine bavarese dalla vasta carriera concertistica ed operistica.

Si esibisce per prima volta in pubblico il giorno di Natale 2005 presso la casa di riposo «Don Orione». Dal 2006 ha messo in repertorio la Missa brevis St. Joannis de Deo di Joseph Haydn, eseguita la prima volta nel giorno di Pasqua dello stesso anno nella chiesa Evangelica Luterana di Nervi, per l’inaugurazione della nuova chiesa Luterana di Sanremo, nella chiesa di S. Maria di Castello, nella parrocchia di San Giuseppe di Priaruggia, nel Santuario di N. S. del Monte in Genova, nuovamente per Pasqua 2008 nella chiesa Luterana di Sanremo. Incoraggiato dai risultati ottenuti, il coro porta a compimento lo studio dell’opera seicentesca di Henry Purcell (1659-1695) Dido and Aeneas la cui rappresentazione in forma semiscenica si è svolta il 16 giugno 2007 presso la Commenda di San Giovanni di Pré in Genova ottenendo un caloroso successo da parte del pubblico. Nel dicembre 2007 il coro si è esibito al Festival del giallo presso la Galleria Satura in Genova con un programma sul tema. Nel marzo 2008 per i Lion’s Club, ha eseguito un piccolo concerto di Musiche scherzose presso il locale La passeggiata Librocaffé. Nel maggio 2008 per la prima volta il coro ha preso parte al Festival dei Cori liguri ideato dall’A. CO. L. Nel giugno 2008, nei Giardini di Palazzo Rosso ha riproposto l’opera di H. Purcell Dido end Aeneas; a Natale dello stesso anno con un programma di brani natalizi a fianco dei bambini delle classi elementari della Scuola Germanica che studiano musica e strumento con il M.° Maria Collien, il Coro si esibisce presso la chiesa di S. Maria Immacolata e San Torpete in piazza S. Giorgio a Genova.

Nel 2009 a Genova presso il Santuario di Nostra Signora del Monte, il Coro ha eseguito la Messa in Sol Maggiore di Franz Schubert (1797-1828) per la Domenica in Albis e presso la parrocchia abbaziale di S. Matteo dove propone anche il Magnificat di Antonio Vivaldi (1678-1741) e il Laudate Dominum di W. A. Mozart (1756-1791). Nel giugno 2009, presso il Museo Luzzati in Porto Antico, ha eseguito Il flauto magico di W. A. Mozart in una versione raccontata e musicata per bambini ed adulti (riduzione musicale e traduzione italiana dei recitativi a cura del M.° Maria Collien) in collaborazione con la scuola Germanica di Genova. Sempre nel mese di giugno 2009 il coro ha partecipato per la seconda volta al Festival dei Cori a Genova Pegli, esibendosi nella sezione di musica sacra. Nelle feste di Natale a cavallo tra il 2009 e il 2010, su invito dell’Amministrazione Comunale di Andora (SV), ha eseguito n. 3 concerti con programmi differenziati di musica sacra e profana.

Il 22 maggio 2010 a Rapallo nel Auditorium delle Clarisse il Coro propone per la prima volta tutta la musica profana del Romanticismo tedesco, dedicato a Franz Schubert con la serenata Staendchen e a Johannes Brahms (1833-1897) con il ciclo completo dei Liebeslieder Walzer. Il 21 Giugno 2010, in occasione della giornata internazionale della Festa della Musica ha eseguito a palazzo Spinola di Genova varie Madrigali e lo Ständchen di Schubert. Nel 2010- 2011 il Coro esegue: tre concerti natalizi ad Andora e per la quarta volta partecipa al Festival dei Cori Liguri presso il Convento delle Emiliane di Nervi, con un nuovo repertorio: il Motette Lobet den Herrn di J. S. Bach alle Heiden e il Sicut Cervus di G. P. Palestrina (1525-1594). Il 12 giugno 2011 il coro propone un nuovo programma di Musica Sacra nella chiesa di “San Giovanni” di Andora. Il 26 giugno 2011 nella chiesa parrocchiale di S. Maria Immacolata e San Torpete per la solennità liturgica del Corpus Domini esegue la Missa Brevis di Sancti Joannis de Deo di Joseph Haydn.

3 Una suora ospedaliera belga, Giuliana di Mont-Cornillon, della diocesi di Liegi (Belgio) nel 1208 ebbe una visione in cui le apparve la luna piena con una incrinatura nel disco. Due anni dopo un’altra visione le spiegò che quella incrinatura significava la mancanza di una celebrazione autonoma dell’istituzione dell’Eucaristia. Ella chiedeva una festa specifica che celebrasse l’istituzione stessa dell’Eucaristia. Nel 1246 per mezzo del canonico di San Martino di Liegi, Giovanni di Losanna, la suora chiese ufficialmente l’istituzione di questa festa nella sua diocesi e il Vescovo, Roberto di Torote, dopo una discussione teologica l’adottò e con decreto stabilì che la festa si celebrasse il giovedì dopo la Festa della Santa Trinità (60 giorni dopo la Pasqua), anch’essa instaurata per prima dalla stessa diocesi di Liegi che adesso vi legava anche quella della Eucaristia con un intento evidente: tutta la vita trinitaria di Dio si manifesta e si compie nel sacramento del pane e del vino. La suora fece comporre una ufficiatura propria della festa che cominciava con le parole «Animarum cibus», di cui è rimasto solo qualche frammento. Il 29 dicembre 1253 il card. Ugo di San Caro, legato papale in Germania, inviò alle autorità religiose e ai fedeli della sua legazione un proprio decreto con il quale non solo confermava la festa istituita dal vescovo di Liegi, ma lo estendeva ai territori di sua pertinenza, concedendo anche una speciale indulgenza alle chiese in cui si celebrava la nuova solennità. Partito il legato da Liegi, la festa fu contrastata da molti ecclesiastici che vi si opposero tanto che la celebrazione fu solo officiata nella chiesa di San Martino di Liegi, dove era iniziata. Nel 1258 moriva suor Giuliana di Mont-Cornillon, lasciando l’eredità dell’impegno eucaristico ad una suora di nome Eva e sua confidente.

4 A questa decisione contribuì il miracolo di Bolsena. Un prete boemo, Pietro da Praga, aveva dei dubbi sulla trasformazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo. Nel 1263 mentre celebrava la Messa sulla tomba di Santa Cristina a Bolsena, vide delle gocce di sangue stillare dall’ostia consacrata che si depositarono sul corporale e sul pavimento. Egli corse dal papa Urbano IV che si trovava a Orvieto. Verificato il miracolo e visto il corporale (oggi conservato ad Orvieto), il papa istituì la festa del Corpus Domini.

5 Questo in teoria. Di fatto la norma papale non ebbe seguito a motivo dei torbidi militari che infestavano l’Italia e bisognò aspettare ancora 40 anni prima che il Corpus Domini diventasse di fatto e di diritto festa della chiesa universale per opera di papa Clemente V, ma specialmente di papa Giovanni XXII. Era l’anno 1318. E’ passato più di un secolo dalla visione di suor Giuliana di Mont-Cornillon.

6 La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.

7 La parola «basàr–carne» ricorre 270 volte nell’AT che la Bibbia greca della Lxx traduce 145 volte con «sarx-carne», 23 volte con «soma–corpo» e le restanti 102 volte con altri termini come «crèa–carne»; nel NT ricorre 158 volte e ha sempre il significato di creaturalità/uomo/essere vivente finito. Il suo opposto è tutto ciò che si riferisce a «spirito/spiritua-le». La parola «basàr» non è mai usata in riferimento a Dio.

8 La parola «Eucaristia» deriva dal verbo greco «eu-charistèō/rendo grazie» formato dall’avverbio augurale «eu-…-bene» e «chàirō-mi rallegro/sono contento». Nei vangeli sinottici al momento della ultima cena (cf Mt 26,27; Mc 14,23; Lc 22,17.19 [cf Gv 6,11]), Gesù prende il pane e la 3a coppa di vino (nel banchetto ebraico è dedicata dal Messia) ed «eucharistēsas/avendo reso grazie, pronunziò la berakàh-benedizione». Il termine quindi letteralmente significa «atto di ringraziamento». Questo significato si estese a tutta la celebrazione eucaristica che è la «berakàh – benedizione» cioè «rendimento di grazie» per eccellenza. Ringraziamo Dio per il dono del Figlio, Parola, Pane e Vino/Relazione, Vita e Sangue, alimento di coloro che vogliono essere nel mondo segni e testimoni dell’amore gratuito di Dio che ci ha amati per primo (1Gv 4,19).

9 Il nostro corpo è anche sede di passioni, di tendenze al basso, di fratture, di ansie, di bisogni, di aneliti, di stanchezze, di malattie, di fatica, di pesantezza… tutto ciò fa parte della fragilità umana e in quanto tale appartiene a Dio perché oggi «nella carne di Dio» noi celebriamo « un Dio di carne». In ebraico la parola «cuore» si dice «lebàb» (pronuncia: levàv) e insegnano i rabbini che le due «b» stanno a significare le due tendenze che animano il cuore umano: quella verso il bene e quella verso il male che non possono essere estirpate per cui bisogna amare Dio con tutte e due le tendenze, anche con la tendenza verso il male. Per questo nello Shemà Israel si dice «amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le tue forze (= tutti i tuoi averi)» (Dt 4,5). Coloro che separano lo spirito dalla carne, l’anima dal corpo fanno un’operazione antistorica e contraria alla fede. Oggi è il giorno della «fisicità» di Dio che raggiunge il culmine di un lungo processo di incarnazione iniziato nell’esodo con i segni anticipatori del sacramento che oggi viviamo come realtà di fede.

10 Lungo è il percorso per giungere alla carnalità di Dio:

  • Nel deserto il popolo è nutrito con la manna che Dio provvede (cf Es 16,13-15), quasi a dire che il sostentamento della vita e la vita stessa sono opera esclusiva di Dio. L’esodo della libertà è segnato e nutrito dal pane e dall’acqua che piovono dal cielo, senza concorso umano. Si direbbe che l’esodo è la fatica di Dio che porta il peso della sopravvivenza del suo popolo. Nell’esodo Dio si fa manna.

  • Pane al mattino e carne alla sera ricevette anche Elia, quando fuggì dalla regina Gezabele e rifece al contrario il cammino del suo popolo: dalla terra promessa alla montagna di Dio, l’Oreb nel Sinai (cf 1Re 17,6). Camminare verso la montagna di Dio non è una passeggiata, ma un esodo che impegna la vita stesa e bisogna essere equipaggiati per non morire lungo la strada: «Alzati, mangia perché il cammino è troppo lungo per te. Si alzò, mangiò, bevve e camminò con la forza di quel cibo quaranta giorni e quaranta notti verso il monte di Dio, l’Oreb» (1Re 19,7-8).

  • La vedova di Zarèpta prepara un pane per il profeta Elia. anticipo del pane eterno perché la farina della sua madia non si esaurì (cf 1Re 17,11-16).

  • Gesù stesso ricorda la manna come anticipazione del pane disceso dal cielo che ora è lui stesso, mandato dal Padre a nutrire gli uomini con la sua volontà di salvezza (cf Gv 6,31-33).

11 Pane al mattino e carne alla sera ricevette anche Elia, quando fuggiva dalla regina Gezabele e rifaceva al contrario il cammino del suo popolo: dalla terra promessa alla montagna di Dio, l’Oreb nel Sinai (cf 1Re 17,6). Camminare verso la montagna di Dio non è una passeggiata, ma un esodo che impegna la vita stesa e bisogna essere equipaggiati per non morire lungo la strada: «Alzati, mangia perché il cammino è troppo lungo per te. Si alzò, mangiò, bevve e camminò con la forza di quel cibo quaranta giorni e quaranta notti verso il monte di Dio, l’Oreb» (1Re 19,7-8)

12 Detta di Ippolito, prete romano del sec. II: è stata reintrodotta nella liturgia dalla riforma di Paolo VI in attuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II.

 



Giovedì 23 Giugno,2011 Ore: 04:56
 
 
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