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www.ildialogo.org Domenica di Passione o delle Palme 17 aprile 2011 - Anno A,di Paolo Farinella, prete

Domenica di Passione o delle Palme 17 aprile 2011 - Anno A

di Paolo Farinella, prete

Domenica di Passione o delle Palme

17 aprile 2011 - Anno A

Iniziamo la settimana più importante dell’anno, rendendo grazie a Dio perché ci regala un’altra Pasqua, segno e anticipo della Pasqua finale. La nostra vita, il nostro cuore, i nostri affetti, i nostri figli, le nostre famiglie, i nostri dolori, le nostre gioie, le nostre ansie, i nostri amori, i nostri fallimenti, le nostre malattie, le nostre speranze… tutto è proteso verso questa «settimana santa» e tutto da essa promana che dalla sua origine e sorgente. Deponiamo tutto su questo altare che oggi è il nostro villaggio di Bètfage da cui noi partiamo come siamo e con ciò che abbiamo per incontrare il Risorto ed essere nel mondo donne e uomini di risurrezione e di dedizione. Entriamo dunque nel cuore di Dio con l’aiuto di Dio.

Con la Domenica delle Palme inizia la Grande Settimana, che i Padri della Chiesa chiamavano al modo ebraico la Settimana delle Settimane che significa la Settimana per eccellenza, il cui punto focale sarà la notte di veglia che vivremo sabato prossimo, 3 aprile alle ore 21,00 per essere figli «della Madre di tutte le sante veglie» come genialmente la chiamò Sant’Agostino (Sermone 219, PL 38, 1088). E’ la Settimana della memoria, vertice e fondamento di tutta la liturgia e della vita cristiana, senza della quale i riti dell’anno liturgico sono sale insipido (cf Mt 5,13), riti vuoti di una religiosità morta. Una settimana è solo un pugno di giorni in cui facciamo memoria di quella Prima Settimana di oltre due mila anni or sono che ha fatto del tempo un’eternità temporale e dell’eternità un tempo senza fine. Noi riviviamo i giorni della passione, della morte e della risurrezione del Signore Gesù perché Egli si fa nostro contemporaneo e compagno di viaggio, Maestro e cireneo.

I giorni del Triduo Santo, Giovedì, Venerdì e Sabato, sono considerati dalla Liturgia come un unico giorno che si prolunga fino alla 1a domenica dopo pasqua perché celebrano un unico evento che noi chiamiamo «mistero pasquale», espressione sintetica che è diventata una formula catechetica tecnica di fede con cui si descrivono cinque momenti: la passione, la morte, la risurrezione, l’ascensione di Gesù e la pentecoste. Ognuno di questi momenti rivela un aspetto della vita del Risorto senza esaurirne il contenuto1. Il ritornello pasquale infatti è: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore», ripetuto per tutti gli otto giorni dopo pasqua. Il triduo santo più l’ottava di Pasqua sono un supplemento di tempo per assimilare gli eventi che sono la ragione del nostro stare qui. Un solo giorno che inizia il Giovedì Santo con la Cena del Signore, raggiunge il culmine nella sera della Domenica di Pasqua, in compagnia dei discepoli di Emmaus «Resta con noi Signore!» (Lc 24, 29), e si prolunga negli otto giorni seguenti, segnati dal bianco della veste battesimale che abbiamo rinnovato nella santa notte. Entriamo, dunque, nel santuario della Settimana santa, celebrando il mistero dell’ingresso messianico di Gesù in Gerusalemme.

Ci è pervenuto un documento dell’anno 1000 che contiene un «Itinerarium» o Diario di viaggio di una certa Egèria o Etèria, dama galiziana di Spagna che tra il 363 e il 400 d.C. fece un viaggio in Terra Santa, annotando luoghi, impressioni e anche le liturgie che si svolgevano a Gerusalemme. Nel IV secolo nella Città Santa la domenica precedente la Pasqua, cioè oggi, si s’inaugurava la «Grande Settimana» con una lunga liturgia che durava tutto il giorno. Riportiamo in nota il brano relativo alla domenica delle palme2. Nei giorni seguenti clero e popolo andavano ogni giorno «alle ore 15», l’ora della morte in croce di Gesù, nella chiesa principale del Santo Sepolcro, detto «Martýrium», sotto il Gòlgota. La celebrazione di questa domenica fu importata a Roma dai pellegrini tra il V e VI sec. dove assunse carattere trionfale in onore di Cristo Re. Questo spiega perché la liturgia odierna è divisa in due parti: gioiosa all’inizio nel ricordo dell’ingresso trionfale di Gesù a dorso di un asinello e mesto, quasi penitenziale nella seconda parte (Messa) in memoria della Passione.

Dopo le esagerazioni medievali, in cui prevalse l’aspetto teatrale di rievocazione storica, con la riforma liturgica di Paolo VI (1970), questo giorno, che si chiama «Domenica delle Palme e Passione del Signore», ha ritrovato una grande austerità: tutto è centrato sulla proclamazione del Vangelo dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme secondo Matteo (anno A), secondo Marco o Giovanni (anno B), secondo Luca (anno C) che è quello che ci apprestiamo a proclamare oggi. Ogni evangelista descrive il fatto dal punto di vista della propria comunità e quindi vi sono differenze, ma tutti sono concordi nel mettere in evidenza che è Gesù a muovere eventi e situazioni, a dirigere la sua vita e la sua passione. Gli uomini di potere, religiosi e statali, si affannano attorno a lui, ma egli resta il centro di ogni movimento e di ogni fatto. E’ lui a dirigere la storia della salvezza che passa attraverso la vita, la passione, la morte e la risurrezione come discrimine e condizione per accedere al Regno di Dio. Entrare nella nuova alleanza non è una passeggiata. Gesù non si lascia trascinare dagli eventi né si abbandona alla rassegnazione: egli vive gli eventi come luoghi privilegiati del suo incontro col Padre. Idealmente uniti alla pellegrina Eteria e al popolo cristiano dei primi secoli, andando col cuore sul monte degli Olivi, ascoltiamo anche noi la proclamazione del vangelo di Lc 19,28-40

Benediciamo l’ulivo e le palme simboli visibili dell’accoglienza che il popolo d’Israele fece a Gesù. Era la festa delle di Sukkôt, cioè delle Capanne che durava otto giorni e durante i quali gli Ebrei andavano fuori dell’abitato per vivere nella capanne di paglia provvisorie a ricordo dell’esperienza del deserto vissuta dai loro padri dopo l’uscita dalla terra d’Egitto. Al tempo di Gesù in questa festa, caratterizzata da un clima di profonda gioia, si tagliavano rami di alberi sia per costruire le capanne sia per fare festa. In essa la liturgia prevedeva il rito dell’intronizzazione del Messia che sfociava nell’ultimo giorno, detto non a caso «Shimchà HaToràh – La Gioia della Toràh». Accogliendo Gesù come ci dice il vangelo, il popolo semplice riconobbe in lui il Messia atteso. Anche noi oggi accogliamo Gesù non come Messia, ma come Redentore, come Signore che viene ad aprirci le porte del Regno che noi siamo chiamati ad annunciare e diffondere nel mondo. Idealmente uniti agli Ebrei che accolsero Gesù acclamandolo «Messia» facciamo nostro il loro grido (Mt 21,9): «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».

 

Sia Benedetto il Signore che benedice i suoi figli. Benedetto sei tu, Signore, Messia e redentore!

Sia Benedetto il Signore che benedice Israele. Benedetto sei tu, Signore, Messia e salvatore!

Sia Benedetto il Signore che benedice la sua Chiesa. Benedetto sei tu, Signore, Inviato dal Padre!

Sia Benedetto il Signore che benedice l’ulivo. Benedetto sei tu, Signore, Figlio e creatore!

Sia Benedetto il Signore che benedice le palme di gioia. Benedetto sei tu, Signore, Maestro e fratello!

Sia Benedetto il Signore che benedice noi e i nostri cari. Benedetto sei tu, Signore, Crocifisso e risorto!

Sia Benedetto il Signore che benedice chi benediciamo. Benedetto sei tu, Signore, Uomo e Dio umile!

Sia Benedetto il Signore che benedice chi serve nella gioia. Benedetto sei tu, Signore, Amico e sostegno!

Sia Benedetto il Signore che benedice la grande Settimana. Benedetto sei tu, Signore, Dio tre volte santo!

Sia Benedetto il Signore nei secoli dei secoli, ora e sempre Benedetto sei tu, Signore, Nostra Speranza!

 

Dal Diario di Eteria sappiamo che nei giorni seguenti della settimana santa l’appuntamento era tutti i giorni «alle ore 15», l’ora della morte di Gesù, nella chiesa principale del Santo Sepolcro, detto «Martýrium», sotto il colle del Gòlgota. La celebrazione di questa domenica fu importata a Roma dai pellegrini tra il V e VI sec. e assunse carattere trionfale in onore di Cristo Re. Dopo le esagerazioni medievali, in cui prevalse l’aspetto teatrale di rievocazione storica, con la riforma liturgica di Paolo VI (1970), la domenica delle palme ha ritrovato una grande austerità: tutto è centrato sulla proclamazione del Vangelo dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme secondo Matteo (anno A), secondo Marco o Giovanni (anno B), secondo Luca (anno C).

 

Benedizione delle palme e dei rami d’ulivo

 

Antifona (Mt 21,9): Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel Nome del Signore: è il Re d’Israele. Osanna nell’alto dei cieli.

 

Il Signore che viene come re mite e non violento sia con tutti voi. E con il tuo spirito.

 

I vangeli sinottici che riportano il racconto dell’ingresso trionfale a Gerusalemme a dorso di un asino, simbolo del lavoro nei campi e opposto al cavallo simbolo di guerra, descrivono il fatto dal punto di vista della rispettiva comunità e quindi troviamo differenze in ciascuno. Tutti, però, sono concordi nel mettere in evidenza che è Gesù a muovere eventi e situazioni, a dirigere la sua vita e la sua passione: tutti gli ruotano attorno come pianeti intorno al sole. Gli uomini di potere, religiosi e statali, si affannano attorno a lui, ma egli resta il centro di ogni movimento e ogni fatto. E’ Lui che dirige la storia della salvezza che passa attraverso la vita, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione. Non si lascia trascinare dagli eventi né si abbandona alla rassegnazione. Idealmente uniti alla pellegrina Eteria e al popolo cristiano dei primi secoli, andando col cuore sul monte degli Olivi, ascoltiamo anche noi la proclamazione del vangelo del viaggio di Gesù da Bètfage, sulla via di Betania, oltre il monte degli Ulivi, a Gerusalemme la città del destino di Dio e del destino dell’umanità. Matteo scrive per la comunità di cristiani provenienti dal Giudaismo. Prima di ascoltare il vangelo, però, raccogliamoci in silenzio e preghiamo insieme con tutta la Chiesa universale, benedicendo le palme e gli ulivi, che simboleggiano la festa che il popolo fece a Gesù durante la festa di Sûkkot o delle Capanne, inneggiandolo come Messia che viene nel nome di Yhwh.

[breve pausa di raccoglimento]

 

Preghiamo. Dio onnipotente ed eterno, benedici questi rami di ulivo e queste palme che rechiamo in onore di Cristo, mite ed umile di cuore, e concedi a noi tuoi fedeli, di accompagnarlo esultanti nel cammino verso la Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

Vangelo-A    Mt 21,1-11

Gli Ebrei celebrano la festa di Sukkòt o delle Tende o dei Tabernacoli per ricordare la permanenza di Israele nel deserto. In questa festa si costruiscono capanne provvisorie con rami di palma e per otto giorni si dimora fuori dell’abitato, in clima di festosa gioia per l’attesa del Messia. L’ingresso di Gesù in Gerusalemme, avviene in questo contesto. Egli è l’umile Messia che viene a dorso di un’asina come aveva profetizzato Zaccaria 9,9 e non come un potente su cavalli e carrozze con corteo di nobili. Il suo corteo sono il popolo e i bambini. Il Messia figlio di Davide è il Dio dei poveri.

 

NOTA di metodo. Invito a coloro che leggono: leggere lentamente, senza fretta, leggere in modo che chi ascolta capisca quello che si proclama: la Parola abbia il tempo d’incarnarsi nel cuore di chi ascolta. Il lettore non è un semplice macinatore di parole, ma il profeta che annuncia il giudizio di salvezza di Dio a noi qui e ora e attraverso di noi alla Chiesa e attraverso la Chiesa al mondo intero. Non vanifichiamo questo ministero che ci rende partecipi dell’incarnazione del Lògos, che altrimenti non può diventare carne: la Parola che proclamiamo diventa la nostra carne, cioè la nostra vita.

 

Dal Vangelo secondo Matteo 21,1-11

1Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli 2dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. 3E se qualcuno poi vi dirà qualcosa, risponderete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». 4Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: 5«Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”». 6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 8La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 9La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». 10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea». Parola del Signore.

 

Antifone e Responsorii. Le due antifone che cominciano con «Le folle degli Ebrei» ripropongono la scena evangelica attualizzandola per noi che così siamo invitati a partecipare con la folla di allora ad esaltare il Cristo che entra in Gerusalemme non a dorso del cavallo, al tempo considerato strumento di guerra, ma a dorso di un mulo, compagno di lavoro dell’uomo. E’ festa ebraica di Sukkôt, (Capanne) e gli Ebrei vanno nel deserto portando rami di palma e di ulivo per intronizzare il Messia. Accogliendo Gesù, una parte degli Ebrei lo riconobbe come l’atteso discendente di Davide. I due responsorii che iniziano con «Mentre il Cristo» e «Quando fu annunziato», sono sullo stesso tono e descrivono gli stessi fatti, ma dal punto di vista profetico: accogliendo il Cristo, la folla ne anticipa la passione. Noi oggi possiamo incontrare il Signore nella Parola che proclamiamo mentre facciamo memoria del suo ingresso nella nostra vita e nella nostra storia attraverso l’Eucaristia che è il trono della sua divinità messianica.

 

Rit. Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

1 . Le folle degli Ebrei, portando rami d’ulivo,

andavano incontro al Signore

e acclamavano a gran voce: Rit.

3. Mentre il Cristo entrava nella città santa,

la folla degli Ebrei, preannunziando la risurrezione

del Signore della vita, agitava rami di palma e acclamava: Rit.

2. Le folle degli Ebrei lungo la strada

stendevano i mantelli,

e acclamavano a gran voce: Rit.

4. Quando fu annunziato che Gesù veniva a Gerusalemme,

il popolo uscì per a dargli incontro;

agitava rami di palma e acclamava: Rit.

 

Preghiamo (colletta). Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

MENSA DELLA PAROLA

Prima lettura Is 50, 4-7. Il profeta Isaia vive nel sec. VIII a. C. Una scuola di pensiero che si ricollega al suo insegnamento, un secolo più tardi, descrive un misterioso «servo di Dio» in quattro poemetti (Is 42,1-8; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12) che probabilmente hanno come modello la vita sofferente e perseguitata del profeta Geremia, icona del popolo oppresso. Il termine «servo» nella Bibbia è un titolo onorifico, riservato a colui che rappresenta un sovrano. Il profeta che parla a nome di Dio è il suo «servo» per eccellenza. La chiesa primitiva vi ha intravisto la figura del Cristo colpito e crocifisso. Nel 3° poemetto di oggi leggiamo il programma del metodo non-violento del «Servo» di fronte alla violenza che lo circonda e sovrasta.

 

Dal libro del profeta Isaia 50, 4-7

4 Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. 5 Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. 6 Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7 Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. – Parola di Dio.

 

Salmo responsoriale 22/21, 8-9; 17-18a; 19-20; 23-24. Il lamento del salmista si compie ai piedi della croce dove il Figlio di Dio è circondato dal potere famelico, che, come un branco di cani, cerca di dividersi le sue vesti e togliere di mezzo un fastidioso oppositore che grida con la sua stessa vita. Il salmo che si compone di 32 versetti, si divide in due parti: lamento e preghiera di un innocente perseguitato (vv. 1-22) e lode di ringraziamento in tono pasquale nella seconda con la prospettiva di «annunciare il Nome del Signore nell’Assemblea» (vv. 22-32, 1ui v. 22). Quando tutto sembra perduto, c’è sempre qualcuno che annuncia il Nome che salva nell’Assemblea pasquale dei fratelli e delle sorelle.

 

Rit. Dio Mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

1. 8 Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9 «Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Rit.

2. 17 Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
18 hanno scavato le mie mani e i miei piedi.

Posso contare tutte le mie ossa. Rit.

3. 19 Si dividono le mie vesti,

sulla mia tunica gettano la sorte.
20 Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Rit.

4. 23 Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
24 Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,

lo tema tutta la discendenza di Israele. Rit.

 

Seconda lettura Fil 2,6-11. «Spogliò se stesso». Il testo greco con il termine ekènōsen esprime l’idea di svuotamento radicale che è l’opposto dell’atteggiamento di Adamo che ha voluto invece riempire se stesso del potere assoluto di Dio. Nella Bibbia il «nome» indica la natura della persona e gli Ebrei chiamavano Dio stesso con il termine «hashèm» che significa appunto «il Nome». Nell’abbassamento fino alla morte, Gesù ritrova il suo «Nome» esaltato sopra ogni nome perché significa «Dio salva».

 

Dalla lettera di Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, divenendo simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al disopra di ogni nome, 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, 11 e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è il Signore!», a gloria di Dio Padre.   Parola di Dio.

 

Nota alla lettura del racconto della passione di Gesù.

La lettura della «Passione» costituiva il nucleo centrale del vangelo sia orale che scritto. Lentamente attorno ad esso si sono formate e successivamente aggiunte le altre parti: le cose che Gesù ha detto e ha fatto prima della sua morte e quelle dopo la sua morte e ascensione. Delle prime fanno parte i racconti di miracoli, le parabole e altri insegnamenti, delle seconde la vita della chiesa dopo Pentecoste e specialmente l’azione dello Spirito Santo dal tempo degli Apostoli fino a noi oggi. Ascoltiamo con attenzione con gli orecchi del cuore questo racconto che per noi ha la stessa importanza dell’Eucaristia. E’ il racconto del dramma di Dio che viene a incrociare quello dell’uomo. Siamo immersi nel mistero dell’infamia e dell’imprevedibilità: il mistero della morte di Dio che come il pellicano accoglie la morte perché i figli vivano. Noi siamo parte viva di questo racconto e dobbiamo scegliere, mentre lo ascoltiamo, dove collocarci e dove stare: con gli spettatori? con gli apostoli paurosi che fuggono? con i carnefici? con le donne che guardano da lontano? oppure vogliamo stare con Gesù all’ombra della Croce per raccogliere il suo sangue e conservarlo per le generazioni future? Il racconto della passione, della morte e risurrezione di Gesù è il primo vangelo orale che gli apostoli hanno annunciato agli Ebrei prima e ai Greci dopo. Oggi lo stesso vangelo viene annunciato a noi perché a nostra volta possiamo tramandarlo a chi viene dopo di noi. Entriamo nel cuore del mistero di Dio.

 

Canto al Vangelo Fil 2,8-9

Gloria e lode a te, o Cristo! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome. Gloria e lode a te, o Cristo!

 

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo 26,14–27,66

 

1° Lettore

Quanto volete darmi perché ve lo consegni?

In quel tempo, 14 uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti 15 e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. 16 Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.

 

Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?

17 Il primo giorno degli àzzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 18 Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». 19  I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

 

Uno di voi mi tradirà

20 Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. 21 Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». 22 Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». 23 Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. 24 Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». 25 Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

 

Questo è il mio corpo; questo il mio sangue

26 Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». 27 Poi prese il calice, rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. 29 Io vi dico che da ora in poi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». 30 Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

 

Percuoterò il Pastore e saranno disperse le pecore del gregge

31 Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge”. 32 Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 33  Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». 34 Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». 35  Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.

 

Cominciò a provare tristezza e angoscia

36 Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». 37 E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. 38 E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». 39 Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». 40 Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? 41 Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 42 Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». 43 Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. 44 Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. 45 Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. 46 Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

 

2° Lettore

Misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono

47 Mentre ancora parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48 Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». 49 Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. 50 E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. 51 Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52 Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada di spada moriranno. 53 O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54 Ma allora come si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». 55 In quello stesso momento Gesù disse alla folla: « Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato. 56 Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

 

Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza

57 Quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani. 58 Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. 59 I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; 60 ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. 61 Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». 62 Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 63 Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio». 64  «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza e venire sulle nubi del cielo».

65 Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; 66 che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». 67 Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, 68 dicendo: « Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».

 

3° Lettore

Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte

69 Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». 70 Ma egli negò davanti a tutti, dicendo: «Non capisco che cosa tu dici». 71 Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». 72 Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell’uomo!». 73 Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «E’ vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». 74 Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. 75 E Pietro si ricordò della parola di Gesù: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

 

Consegnarono Gesù al governatore Pilato

27,1 Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire. 2 Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato. Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, 4 dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». 5 Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. 6 I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». 7 Tenuto consiglio, comprarono con esso il “Campo del vasaio” per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato “Campo di sangue” fino al giorno d’oggi. 9 Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta denari d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, 10 e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore».]

 

Sei tu il re dei Giudei?

11 Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». 12 E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. 13 Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». 14 Ma egli non rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. 15 Ad ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. 16 In quel momento avevano un carcerato famoso, detto Barabba. 17 Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». 18 Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. 19 Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, fui molto turbata per causa sua». 20 Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. 21 Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». 22 Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». 23 Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».

24 Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: 25 «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». 26 Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.

 

4° Lettore

Salve, re dei Giudei

27 Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. 28 Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, 29  intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo, e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». 30 Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. 31 Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello, gli misero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

 

Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni

32 Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. 33 Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 34 gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. 35 Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. 36 Poi, sedutisi, gli facevano la guardia. 37 Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». 38 Insieme a lui venenro crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

 

Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla corce!

39 Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: 40 «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». 41 Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: 42 «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. 43 Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». 44 Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

 

Prete

Elì, Elì, lemà sabactani?

45 A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 46 Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 47 Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». 48 E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. 49 Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». 50 Ma Gesù, di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

 

[Qui si fa una breve pausa di adorazione]

 

31 Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, 52 i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. 53 Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. 54 Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!». [55 Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. 56 Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo.

 

Giuseppe prese il corpo di Gesù e lo depose nel suo sepolcro nuovo

57 Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. 58 Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. 59 Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito 60 e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. 61 Li, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.

 

Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete

62 Il giorno seguente, quello dopo la Parascève, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: 63 «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. 64 Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti!”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». 65 Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». 66  Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie. – Parola del Signore.

 

Spunti di Omelia.

Oggi l’omelia è stata diluita lungo tutta la liturgia di cui lasciamo parlare il clima che coinvolge l’atteggiamento di ciascuno. Facciamo tacere le parole di commento e ascoltiamo il silenzio di contemplazione di fronte a quello che Lc letteralmente chiama «lo spettacolo» della morte di Cristo (23,48), lasciandoci «possedere» da ciò che «si compie» davanti a noi. Ricordiamo solo due parole della Scrittura: Oggi Cristo Gesù mi manifesta il suo amore assoluto perché «dà se stesso per me» (Gal 2,20). Possa la nostra risposta essere quella del profeta Geremia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (20,7). Tutto il resto viene dal maligno (Mt 5,37). Chi di voi può avere paura di un Dio che si sottomette al dolore, alla sofferenza, alla persecuzione e alla morte per non lasciare alcuno di noi solo? Dei un Dio che si dona, possiamo fidarci e a lui affidarci. Sottolineiamo solo alcuni passi importanti del racconto della Passione secondo Matteo.

 

Mt 26,20: «Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici»

Gesù celebra la Pasqua che assume un duplice significato: è memoriale della pasqua ebraica perché rivive l’esodo dei suoi antenati e del suo popolo, liberato dalla schiavitù d’Egitto ed è anticipo del suo esodo personale che lo porterà alla morte di croce. Gesù non ha paura delle formule liturgiche: egli modifica il rituale e lo adatta alla circostanza che sta vivendo. Sul pane azzimo dopo la benedizione prescritta, aggiunge che quel pane non è solo memoria della fretta della fuga dall’Egitto, ma è il segno del suo corpo, cioè della sua vita donata per gli altri. Nella cena ebraica si bevevano quattro coppe di vino. Giunto alla 3a coppa, quella che la tradizione associa all’esodo e al Messia, Gesù ancora una volta cambia le parole: Questo è il mio sangue, dando un senso nuovo sia al rito che alla Pasqua intera. Pane spezzato e vino versato diventano i segni della nuova alleanza che diventerà reale ogni volta che noi facciamo come lui: quando ci spezziamo e ci versiamo per gli altri noi celebriamo l’Eucaristia che si fa memoriale della storia di Dio.

 

Mt 26,15: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?… Gli fissarono trenta monete d’argento»

I collaboratore di giustizia ante litteram, Giuda Iscariota3 svolge un ruolo molto apprezzato all’epoca: essere delatore a pagamento: Probabilmente lo faceva di mestiere perché l’informatore era una figura apprezzata dalle autorità che così mantenevano l’ordine e prevenivano eventuali problemi. Il prezzo pattuito era di trenta sicli d’argento (oggi shekel, che è la moneta ufficiale di Israele), corrispondenti a 120 denari romani: era il prezzo stabilito dalla legge per comprare uno schiavo (cf Es 21,32). Nel gesto di Giuda c’è un atto profetico inconsapevole: senza saperlo afferma che Gesù è veramente il «Servo di Yhwh».

 

Mt 26,38: «La mia anima è triste fino alla morte»

Gesù sperimenta l’angoscia dell’abbandono e della morte a cui vorrebbe sottrarsi per istinto di sopravvivenza, ma prevale la fedeltà di obbedienza al Padre che lo aveva inviato per amore dell’umanità. Rimettendosi alla volontà del Padre, Gesù recupera la disobbedienza di Adamo e di tutta la sua discendenza e nello stesso tempo imita Isacco che, secondo la tradizione ebraica, supplica il padre Abramo a sferrare il colpo con decisione per impedire che egli possa scalciare anche senza volerlo e così rendendo impuro e inadatto il sacrificio: è l’aqedàh – legatura di Isacco, Prima ancora di essere crocifisso, Gesù si lega alla volontà del Padre che diventa la sua croce e la sua gloria. Nell’ora dell’angoscia, gli apostoli prediletti «dormono». Nella storia della Chiesa, capita spesso che i «custodi d’Israele» dormano, mentre il popolo è schiacciato dall’angoscia di vivere, dalla difficoltà di sopravvivere: la passione di Cristo continua nel corpo martoriato di Cristo disseminato nei corpi dei poveri cristi. C’è in Italia e nel mondo il tentativo di usare la religione cristiana come religione civile a servizio di un potere senz’anima e senza etica e la gerarchia cattolica dorme e nel dormiveglia fornica con lo stesso potere, stipulando alleanze impure con uomini, gruppi e strutture che fanno i gargarismi con le parole religiose, ma il loro cuore è lontano dalla verità del vangelo e dalla testimonianza di vita. Nell’ora della morte i «discepoli prescelti» dormono e il loro sonno somiglia alla morte che avanza e non fa sconti a nessuno. La religione del tempo di Gesù, la chiesa ufficiale del suo tempo, uccise il Cristo perché lo vide antagonista all’esercizio del suo potere e se oggi Cristo tornasse fisicamente visibile, troverebbe vescovi e preti in prima fila, armati «con spade e bastoni» per togliere di mezzo un pericoloso sovvertitore di coscienze perché le chiama alla libertà dei figli di Dio.

 

Mt 26,38: «E lo baciò»

Il testo greco dice che Giuda (in ebraico significa «celebrato/onorato») baciò Gesù «con trasporto/tenerezza» (gr.: verbo composto «kata-philèō»). Al linguaggio non verbale che esprime il massimo della intimità tra due amici, non corrisponde l’intenzione di Giuda che invece pensa di venderlo come uno schiavo. Nessuna traduzione mette in rilievo che la risposta di Gesù è adeguata alla situazione. Egli infatti non dice «Amico» che sarebbe troppo in un contesto di tradimento, ma chiama Giuda con l’appellativo greco di «etâire» che significa semplicemente «camerata/compagno». Giuda non è un amico, ma un compagno di strada, un avventore occasionale con cui si instaura una breve familiarità di qualche ora. Ha mangiato con lui, ma senza condividerne il significato profondo che il gesto comportava. I segni devono essere veri perchP solo nella verità della relazione si esprime e si manifesta l’autenticità della persona.

 

Mt 27,17.20.26: Barabba e il Figlio del Padre

Barabba è un omicida e in aramaico/ebraico il suo nome significa «figlio di papà». Gesù si è presentato al suo popolo come «Figlio del Padre», in aramaico/ebraico «Bar-Abbà». Chiedendo al libertà per Barabba, la folla non sa che sta chiedendo la liberazione di tutti «i figli di padre» al prezzo della vita di un solo «Figlio del Padre» (=Bar-abbà). Anche quando tutto sembra finito e senza senso, anche nella morte, tutto ruota attorno a Gesù che dirige la storia e gli uomini alla luce del disegno della volontà di salvezza del Padre. Tutto si sta compiendo: il Figlio unigenito è venuto a dare la vita per i figli minori, caduti in cattività e divenuti briganti, ladri e assassini. Ora per loro si aprono le porte della prigionia, si spalanca la luce della libertà, mentre nello stesso istante il Figlio del Padre sale sul trono della sua croce da dove non scende più la maledizione degli dèi, ma la vita stessa di Dio data in benedizione ai figli minori di Adamo e di Abramo perché abbiano la vita e l’abbiano abbondantemente.

 

Mt 27,29: «I soldati…intrecciarono una corona di spine»

Nel giardino di Eden, Adamo con il suo gesto di ribellione e di disobbedienza, coinvolse nel suo destino anche la terra che per questo fu maledetta. La terra a sua volta, da amica dell’uomo, divenne sua nemica: «Maledetto sia il suo per causa tua! Con dolore ne trarrai cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te» (Gen 3,17.18). Le spine che i soldati mettono sul capo di Gesù è una graminacea pungente che sorge spontanea in Israele. Mettendo queste spine sul suo capo compiono un gesto che loro stessi non comprendono: Gesù prende su di sé le spine del dolore e della fatica che la terra produce per l’umanità. Egli si fa carico non solo dei delitti, ma anche della pesantezza dell’esistenza, specialmente del lavoro disumano che abbrutisce e lo rende schiavo. IN quelle spine vi sono anche tutte le morti a causa del lavoro o durante il lavoro. Gesù ribalta la situazione: ad Adamo che vuole usurpare Dio, sono date in conseguenza le spine della terra, Gesù che pone la sua volontà interamente in quella del Padre, prende su di sé le spine della terra e le riscatta, restituendo agli uomini e alle donne la dignità di figli e figlie di Dio.

 

Mt 27,38: «Insieme a lui vennero crocifissi due banditi, uno a destra e uno a sinistra»

Questa disposizione sembra dire che Gesù è «nel mezzo» come dice espressamente Giovanni (19,18). Il richiamo è all’albero della vita che Dio pose «in mezzo al giardino» di Eden (Gen 2,9). Gesù crocifisso è l’albero della vita a cui tutti possono attingere per avere al vita piena. Dalla morte nasce la vita e la croce è il nuovo albero che produce la conoscenza di Dio perché ora tutti quelli che passavano di là (cf Mt 27,39) possono leggere la scritta dell’investitura messianica di Gesù: «Gesù, il re dei Giudei».

 

Mt 27,51: «Il velo del Tempio si squarciò in due, da cima a fondo»

Gesù è crocifisso a mezzogiorno e agonizza fino alle tre del pomeriggio, quando muore dopo avere dato un forte grido. Alle tre del pomeriggio nel Tempio di Gerusalemme si celebrava il sacrificio «Tamid - perpetuo» per il eprodno dei peccati del popolo e il sacerdote scannava l’agnello del sacrificio. Nel momento in cui il sacerdote uccide l’agnello in sacrificio soave a Dio, Gesù muore sulla croce: «Ecco l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo» (Gv 1,29). Nello stesso istante in cui Gesù offre la vita al Padre, questi la ridona la mondo in copiosa benedizione: il velo del tempio si squarciò in due», liberando così la vita del Santo dei Santi (Kodesh ha-Kodashim) che il velo copriva. Nel Tempio di Gerusalemme il Santo dei Santi era la parte più interna del santuario preceduta dal cortile dei sacerdoti, da cui il sommo sacerdote entrava una volta all’anno, a Yòm Kippùr, per il sacrificio d’incenso. Il velo era di colore violetto era composto, in verità, da due teli in mood che il sommo sacerdote per entrare nel Santo dei santi doveva attraversare lo spazio tra i due teli, passando da destra e sbucando a sinistra e per uscire doveva fare il percorso inverso. I due pezzi erano una misura di sicurezza per essere certi che il Santo dei Santi non fosse svelato nemmeno per errore. Squarciandosi alla morte di Gesù, il fatto acquista rilevanza profetica: Dio non è più separato dal suo popolo e da questo momento nessun sacrificio sarà mediatore tra il popolo e il suo Dio. Ora nella Nuova Alleanza, è l’umanità di Gesù il nuovo altare dove s’immola il sacrifico vero: il dono dell’amore. L’umanità può vedere Dio e Dio può contemplare la Santa Assemblea orante del suo popolo. Quell’assemblea orante che noi costituiamo e che anticipiamo nel cammino verso la Pasqua, mentre ai bordi del sepolcro attendiamo il Signore che dorme nell’obbedienza del Padre suo e Padre nostro.

 

Mt 27,54: «Il centurione…: Davvero costui era Figlio di Dio»

Davanti a Gesù sono radunati i Giudei, le donne giudee e i soldati romani. I primi avrebbero dovuto riconoscere in Gesù l’inviato di Yhwh e invece lo hanno crocifisso, mentre i romani, i pagani per eccellenza, quelli che materialmente lo crocifissero, lo riconoscono come Figlio di Dio e lo gridano forte. Il momento della morte di Gesù coincide con l’eliminazione della barriera tra Israele e Pagani. Ora Dio è visibile anche dai Pagani. Il confine tra sacro e profano, puro e impuro è eliminato per sempre: Dio ora è veramente tutto in tutti (Col 3,11). E’ il principio dell’alleanza nuova, fondata sulla conoscenza di Dio e sulla sperimentazione dell’amore.

 

[Alcuni momenti di silenzio durante i quali ognuno ripercorre il testo della Passione e si sofferma su ciò che più attira l’attenzione della sua anima]

 

Credo o Simbolo degli Apostoli4

Io credo in Dio, Padre onnipotente, / creatore del cielo e della terra; [pausa 1-2-3]

 

e in Gesù Cristo, / suo unico Figlio, nostro Signore, / il quale fu concepito di Spirito Santo,

nacque da Maria Vergine, / patì sotto Ponzio Pilato, / fu crocifisso, morì e fu sepolto; [pausa 1-2-3]

discese agli inferi; / il terzo giorno risuscitato da morte; / salì al cielo, /siede alla destra di Dio onnipotente:

di là verrà a giudicare i vivi e i morti. [pausa 1-2-3]

 

Credo nello Spirito santo, / la santa Chiesa cattolica, / la comunione dei santi, / la remissione dei peccati,

la risurrezione della carne, / la vita eterna. Amen

 

Preghiera universale [intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

 

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

 

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

 

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

 

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

 

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene di tutta la sua santa Chiesa.

 

Preghiamo (sulle offerte). Dio onnipotente, la passione del tuo unico Figlio affretti il giorno del tuo perdono; non lo meritiamo per le nostre opere, ma l’ottenga dalla tua misericordia questo unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

Liturgia Eucaristica – Prefazio proprio

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore

Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. E’ cosa buona e giusta

 

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Benedetto colui che viene, il Messia, nel nome del Signore. Pace in terra e gloria nel più alto dei cieli! (cf Lc 19,38).

 

Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza.

Con le folle degli Ebrei, portando rami d’ulivo, anche noi veniamo incontro a te, Signore, e acclamiamo a gran voce: Osanna nell’alto dei cieli.

 

E noi con tutti gli angeli del cielo innalziamo a te il nostro canto e proclamiamo insieme la tua lode.

I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna al figlio di Davide. Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’Universo che viene mite, seduto su di un’asina (cf Mt 21,5).

 

Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.
O Signore Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritieni un privilegio l’essere come Dio; ma svuoti te stesso, assumendo una condizione di servo e diventando simile agli uomini (cf Fil 2,6-8).

 

Offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Noi proclamiamo che tu sei «Gesù Cristo, il Signore , la Gloria del Padre, fatto pane per noi (cf Fil 2,11).


Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA,VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Signore Gesù, umiliasti te stesso facendoti obbediente fino alla morte e alla morte di croce dal cui trono hai consegnato a noi lo Spirito della vita (cf Fil 2,8; Gv 19,30).

 

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
La nostra anima è triste fino alla morte, per questo vogliamo restare con te, o Signore, per vegliare e pregare con te nell’ora della morte, perché tu sei il Santo di Dio, lo scudo d’Israele (cf Mt 26,38; Sal 89/88,19).

Mistero della fede.
Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezione: salvaci, o Redentore del mondo.
Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.

A mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio… Il velo del Tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò e tu, o Signore Gesù gridasti, a gran voce: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito» (cf Mt 27,45.51;Lc 23,44-45).

 

Ti preghiamo: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.
Col centurione pagano, ai piedi della tua croce, riconosciamo che tu sei davvero il Figlio di Dio (cf Mt 27,54).

 

Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell’amore in unione con il nostro Papa …, il Vescovo…, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare… e tutto l’ordine sacerdotale, il popolo dei battezzati.

Sull’esempio di Giuseppe di Arimatea, ti deponiamo dalla croce e ti avvolgiamo nel lenzuolo della nostra fede per custodirti nel nostro cuore e nel cuore del mondo (cf Mt 27,59-60).

 

Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza…. ammettili a godere la luce del tuo volto.
Gesù rispose ad uno dei ladroni che morivano con lui: «Oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43).

 

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

 

Dossologia Eucaristica [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

 

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNI-TÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.

 

Padre nostro in greco (Mt 6,9-13): Riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo, dicendo:

 

Padre nostro, che sei nei cieli,

Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,

sia santificato il tuo nome,

haghiasthêto to onomàsu,

venga il tuo regno,

elthètō hē basilèiasu,

sia fatta la tua volontà,

genēthêtō to thelēmàsu,

come in cielo così in terra

hōs en uranô kài epì ghês.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,

e rimetti a noi i nostri debiti,

kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,

come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn

e non abbandonarci alla tentazione,

kài mê eisenènkēis hēmâs eis peirasmòn,

ma liberaci dal male.

allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

 

Antifona alla comunione (Mt 26, 42; cf Mc 14,36; Lc 22,42):

«Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà».

 

Benedizione e saluto finale

Il Signore che è entrato in Gerusalemme come re mite e umile di cuore, sia con noi ora e sempre, Amen.

Il Signore che è stato acclamato figlio di Davide e Messia e d’Israele, ci rende figli dello Spirito, Amen.

Il Signore che ha vissuto l’angoscia della tristezza, sia accanto a noi nell’ora dell’abbandono, Amen.

Il Signore che tradito e abbandonato da tutti i suoi apostoli, perdoni tutte le nostre fragilità, Amen.

Il Signore che si carica della croce di ciascuno, sia sempre davanti a voi per guidarvi, Amen.

Il Signore che sulla croce perdona i suoi uccisori, sia sempre dietro di voi per difendervi dal male. Amen.

Il Signore che dona la sua vita per noi, sia sempre accanto a voi per confortarvi e consolarvi. Amen.

 

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen!

 

La messa come rito è finita. Attende di essere «compiuta» nella testimonianza della vita.

Andiamo incontro al Signore nella storia.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

_________________________

© Domenica delle Palme, Anno-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 17/04/2011 - San Torpete – Genova

 

 

 

 

MEMORIALE DI LUDOVICA ROBOTTI

NEL 2° COMPLEANNO NON CELEBRATO

INSIEME ALLA FAMIGLIA, I NONNI E GLI AMICI

 

- domenica 10 aprile 2011-

 

 

INTRODUZIONE ALLA LITURGIA EUCARISTICA

di Paolo Farinella, prete

 

Oggi anticipiamo la Pasqua, perché per noi ricorre il 2° compleanno di Ludovica, nata l’11 aprile 2009 e morta il 3 febbraio 2010, dieci mesi scarsi, uno scampolo di vita. Oggi non può essere un giorno di tristezza, ma per noi è un giorno di gioia. Anzi è Pasqua. Più i giorni passano e più ci accorgiamo che Ludovica doveva venire al mondo, anche per un solo giorno, per essere quello che è stato e per insegnarci a guardare avanti con i suoi occhi di bimba che ancora non ha assaporato la vita, ma ci ha lasciato il compito di estendere la vita in suo Nome e per suo conto. Quando decidemmo di farla rivivere in una Associazione, noi non sapevamo quello che saremo diventati. Non sapevamo quello che facevamo. Oggi ne siamo più consapevoli e sappiamo che il Nome di Ludovica Robotti è «un progetto di progetti», è una proiezione di speranza, un movimento inarrestabile di circolarità di relazioni e di solidarietà.

Cliccando su google «Ludovica Robotti» vengono fuori oltre 4.000 richiami, eppure la bimba è stata conosciuta da alcune decine di persone. Una bimba di quasi 10 mesi è un Nome noto e in suo Nome si presentano a noi, dicendo: «Cerco la Ludovica Robotti». Lei si fa trovare, si fa accoglienza, si fa ascolto, si fa condivisione, si fa accompagnamento. Ludovica ci insegna che se vogliamo essere civili e cristiani dobbiamo superare il concetto di «elemosina» per sostituirlo con quello di «Giustizia» perché ogni persona ha il diritto di essere felice o almeno di non essere infelice in modo permanente. Lo esige la Costituzione italiana, lo impone il Vangelo.

Quando nell’Associazione incontriamo una persona, senza creare aspettative siamo obbligati a fermarci al suo fianco e ad ascoltare a 360° la situazione e la condizione della persona; dobbiamo conoscere la vita, le privazioni, le difficoltà, i risultati, le vittorie, le fatiche, perché chi bussa alla Ludovica Robotti non è solo «il suo bisogno del momento», ma una persona, una famiglia, un minore, un anziano/a che si trovano ad un certo punto del loro cammino e forse ad una svolta. A volte abbiamo casi insolubili materialmente, ma possiamo ridurre la solitudine, la disperazione, il senso di frustrazione.

Non siamo erogatori di soldi perché questa è la cosa più banale e più semplice di questo mondo. Per erogare soldi non era necessario che venisse a noi Ludovica Robotti e non era indispensabile mettere su una Associazione. Bastava solo mettere uno sportello e una persona che distribuisce biglietti e monete. Noi siamo «altro». Noi siamo «Ludovica Robotti» che ci ha portato oggi qui a questa celebrazione ad ascoltare il profeta Ezechiele che parla di «apertura di sepolcri» e del vangelo che annuncia che Lazzaro, «morto da quattro giorni» esce dal sepolcro che si spalanca davanti alla folla.

C’è una tradizione giudaica che dice come Dio dando all’uomo tutto il potere di cui disponeva, abbia riservato a sé solo «quattro chiavi»:

 

  • la chiave della pioggia (la natura);

  • la chiave del nutrimento (la vita);

  • la chiave della sterilità (la nascita);

  • la chiave dei sepolcri (la morte).

 

Oggi vediamo all’opera Dio che apre i sepolcri e a noi giunge il volto e il sorriso di Ludovica che non è mai morta perché nel momento in cui ha lasciato la terra ha seminato se stessa come germe di vita per gli altri e da quel sepolcro, nemmeno inaugurato, ha cominciato a scorrere il fiume dell’ascolto e della solidarietà che si fa giustizia e attenzione all’altro non come bisognoso, ma come persona in un momento di difficoltà.

Iniziamo a cambiare il vocabolario se vogliamo essere onesti: tutti noi siamo bisognosi di qualcosa e, allora, perché deve esserlo solo chi è sprovvisto di denaro? Chi ha denaro non è più ricco perché, molto spesso, manca di affetto, di amicizie, di cultura, di salute, di progetti, di amore. Spesso chi ha soldi si riempie di cose e crede di essere una persona compiuta, mentre è solo una finta persona vuota, colma di cianfrusaglie. Quando siamo sovraccarichi del nostro superfluo, noi siamo schiacciati dalla solitudine esistenziale; quando siamo svuotati dalla nostra umanità che condividiamo e spartiamo con gli altri, noi siamo pieni di fecondità generativa. Questo ci ha insegnato Ludovica Robotti e vi do alcuni esempi.

Abbiamo iniziato una raccolta di fondi per aiutare i minorenni, bambini e adolescenti sbarcati a Lampedusa (e non aggiungo altro). Oggi mi scrive Riccardo per dirmi che suo figlio Tommaso, di 6 anni e suo nipote Simone di 11 anni (che ha già una sua e-mail e a cui ho risposto), hanno chiesto ai parenti di non regalare loro uova di pasqua, ma di dare soldi che avrebbero mandato a don Paolo per i bambini di Lampedusa e mi sono arrivate € 100,00 che per valgono più di tutto l’oro del mondo. Genitori che educano i figli e li rendono partecipi della tragedia dei loro coetanei e questi che capiscono subito, è il segno che c’è ancora speranza. I soldi sono stati inviati a Ludovica Robotti; ne sono arrivati anche da Foggia, da Cecina, da Lucca, da Genova e da altre parti. Finché vi saranno questi gesti e adolescenti e bambini di questa caratura, possiamo avere la certezza che il mondo non finirà né oggi né nel 2012 perché ancora una volta i bambini e gli adolescenti salvano il mondo.

Insieme a Ludovica, abbiamo conosciuto la famiglia di Simone Costa di Torino, morto a due anni come Ludovica, e abbiamo saputo che anche essi hanno frequentato l’Associazione SAPRE di Milano che accompagna i genitori nel cammino di morte certa dei loro figli. Mentre Ludovica moriva in braccio alla mamma Valeria, il papà Emilio era al telefono e Chiara, la responsabile, gli diceva cosa e come fare. Al SAPRE, in nome di Ludovica, daremo la raccolta di oggi perché vive solo di offerte svolgendo gratuitamente un compito straordinario, 24 ore su 24, che sostituisce quello che dovrebbe fare per conto dello Stato il governo che invece è latitante in modo vergognoso.

Nel Nome di Simone Costa di Torino abbiamo istituito una borsa di studio che abbiamo intestato a lui, a favore di un ragazzo bravo, ma senza mezzi e così Simone e Ludovica ci impongono di osservare alla lettera il 2° comma dell’art. 3 della Costituzione: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». I nonni di Simone scrivono, che essendo impossibilitati a venire a Genova, vogliono «essere vicini ai familiari di Ludovica … e mandare un caloroso abbraccio da parte di tutta la nostra famiglia e dire loro che pensiamo spesso a lei e che siamo orgogliosi di fare parte di una Associazione che porta il suo nome» (Alessandro Cavaliere).

Per ora ci fermiamo qui, celebrando anche la nascita dell’Associazione in controtendenza di come sta andando l’Italia oggi: avvitata sull’individualismo. Il capo del governo, malato di «egotismo», ha detto in questi giorni che bisogna fidarsi solo di se stessi, come gli ha sempre insegnato suo padre. Il giorno si vede dal mattino, anche al buio: fidarsi solo di sé vuol dire fare gli interessi solo per sé, mentre noi a questa filosofia opponiamo con forza e con orgoglio l’impotenza di Ludovica, 9,5 mesi, e Simone, 24 mesi, che da maestri saggi e sapienti ci insegnano che la vita vale solo se sappiamo spartire il pane della nostra mensa, il tempo della nostra giornata, la professione che esercitiamo, le competenze che abbiamo, l’amore che nutriamo, la vita che abbiamo ricevuto.

Mai come quest’oggi acquistano valore profetico le parole del vangelo: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3).

A

nome di questa Assemblea, vogliamo dare il benvenuto agli amici che concelebrano con noi, Diego di Verona con la mamma e lo zio. Como lo scorso anno, nella stesa circostanza, sono qui per ricordare il papà di Diego, Luciano, morto giovane, i nonni Narciso, Rina e Rino e Angiola. Diego mi ha chiesto di aggiungere anche la sua amica Fiorella, morta quest’anno all’età di 54 come suo papà. E’ bella questa coincidenza che annulla la distanza tra adulti e bambini e ci impone di vivere e scegliere tra ciò che valido e ciò che è vuoto. Bimbi, adulti e vecchi hanno vissuto il loro tempo e per tutti, un giorno, 10 mesi, due anni, 50 anni, 70 anni sono solo un soffio, se davanti al Signore «Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato» (Sal 90/89). Entriamo in questo dimensione di fragile eternità e immergiamoci nell’ascolto della Parola per capire il senso più profondo della vita. Il resto lo diremo nell’omelia. Ora entriamo nella dimensione trinitaria che è relazione di amore.

OMELIA NELL’EUCARISTIA

DEL 2° COMPLEANNO DI LUDOVICA ROBOTTI

- domenica 10 aprile 2010 -

 

di Paolo Farinella, prete

 

La nostra amica grafica, Annalisa Gatto ( http://www.studiofluo.com/lavori.html ), immaginando Ludovica e l’Associazione ha pensato questo logo che riteniamo colga lo spirito, il corpo e i pensieri profondi della nostro essere e delle nostre intenzioni.

 

 

 

 

 

 

Il logo. Le due mani a cinque dita in direzioni opposte potrebbero dare l’idea di opposizione se non fossero legate insieme da un sesto dito, un pollice stilizzato, che diventa così la cerniera dei due palmi aperti e uniti come gemelli siamesi.

Le mani che potrebbero andare in direzione opposta sono costrette, essendo unite, a muoversi insieme dando vita ad un movimento che le trasforma in ali di armonia che vola nel cielo

della solidarietà.

Le mani non sono chiuse, ma aperte perché solo così sono pronte ad afferrarne un’altra che si offre magari chiedendo aiuto.

Le due mani hanno un solo colore, il rosso, il colore dell’amore appassionato, il simbolo fuoco che brucia, purifica e rafforza.

Le due mani sono speculari e non si distingue la mano che dà da quella che riceve, perché dare e ricevere sono parti di uno stesso movimento che si chiama Giustizia e si scrive Amore.

Ogni mano ha «6» dita, il numero della perfezione umana, cioè l’imperfezione dei singoli che uniti insieme come mani che volano, formano un riflesso della perfezione che non è mai compiuta perché è sempre in movimento come l’Amore, come il fuoco, come le mani del logo, simbiosi simbolica di solidarietà discreta che ascolta e condivide.

La scritta forma quasi la scia che accompagna il volo ideale dell’aquilone della Giustizia che nel nome di Ludovica vogliamo lanciare nel cielo della condivisione attraverso il nostro cuore e le nostre possibilità.

All’insegna di questo logo e per aprire come Gesù i sepolcri dell’indifferenza e dell’individualismo per aiutare i Lazzari che incontriamo per risorgere anche noi con essi, oggi, nel giorno di Ludovica Robotti lanciamo l’idea che è nata per ispirazione di Ludovica, ragionando in Associazione e con i genitori: la

 

 

 

 

 

 

 

Le banche sono luoghi di perdizione, società a delinquere, usurai autorizzati che arraffano denaro non loro e derubano coloro che glielo affidano. Noi vogliamo mettere su una Banca esattamente opposta e contraria: in questa Banca non conta il denaro che per noi resta solo quello che deve essere, uno strumento, ma conta quello che uno è.

Chi si iscrive con atto formale, mette a disposizione la propria professione, le proprie capacità, le proprie competenze, il proprio tempo:

 

  • io sono medico specialista: mi impegno a seguire una persona, una sola persona all’anno;

  • io sono psicologo: mi impegno a farmi carico di una persona all’anno per il ciclo necessario;

  • io sono idraulico: mi impegno per due/tre/cinque servizi all’anno;

  • io sono professore: mi impegno a dare lezioni di italiano ad uno/due ragazzi all’anno;

  • io sono avvocato: mi impegno ad assistere fino in fondo una persona all’anno;

  • io sono falegname, muratore, antennista, elettricista, assistente sociale;

  • io ho competenza in un settore: so riparare sedie, porte, finestre, tavoli; o altri settori;

  • io sono pensionato e posso dedicare due ore alla settimana per accompagnare una persona a sbrigare una pratica; o semplicemente ad andare a casa a fare compagnia o altro ….

Tre cose sono determinanti e obbligatorie: chi si rende disponibile deve accettare tassativamente due impegni sui quali deve giurare:

 

  • prendere un impegno limitato in modo che si possa mantenere fedele nella continuità;

  • agire sempre per nome e per conto dell’Associazione Ludovica Robotti – San Torpete;

  • non dare mai denaro in mano, nemmeno se uno morisse di fame lì davanti. Su questo punto deve intervenire solo e sempre l’Associazione; diversamente falliamo subito.

 

Noi non diamo mai denaro in mano alle persone che vengono, ma paghiamo tutto tramite banca così resta la traccia sempre e, comunque, è garanzia di trasparenza e di corretta contabilità. Per bollette e affitti trattiamo direttamente con gli uffici di competenza. A questo criterio deve adattarsi chiunque fa volontariato con la Ludovica Robotti. Se uno infatti agisce di testa sua, fa saltare tutti gli equilibri che stiamo creando in questi mesi di inizio di attività.

Chi volesse iscriversi si legga il 1° numero del Notiziario della Ludovica Robotti (vedi il sito: http://ludovicarobottisantorpete.jimdo.com/ ) oppure si prenda il foglio di adesione, se lo porti a casa, lo legga, lo compili in ogni sua parte (è importante), lo firmi e poi lo riporti qui in sacrestia a me, a Nicoletta, a Fabrizio, a Cristina, a Anna, a Maura. Noi faremo un elenco e in caso di bisogno contatteremo.

Nel Notiziario riportiamo la sintesi delle persone che hanno incontrato Ludovica Robotti fino al 31 dicembre 2010 mentre altri nel 2011 ne sono arrivati altri che stiamo accompagnando e di cui daremo relazione periodicamente.

Una situazione inaugurale. C’è una persona che ci può aiutare ad essere geniali e concreti. E’ venuta una persona anziana, un uomo, che ha fatto anche l’esperienza di barbone. Ha vissuto una vita di abbandono, di istituti che per quanto bene abbiano fatto non hanno certamente realizzato una vita affettiva come in una famiglia. Ora finalmente questa deliziosa persona, colta, appropriata, ha avuto la casa popolare che martedì il nostro socio Vincenzo De Barbieri andrà a visitare per conto dell’Associazione per rendersi conto di ciò che serve.

La richiesta di questo nostro amico è semplice: io non ho mai avuto una casa, sebbene l’abbia sempre desiderata. Ora ho una casa, ma non posso abitarla perché non ho nulla da metterci dentro. Non ho letto, non ho cucina, non ho acqua, luce, gas, non ho bicchieri, non ho piatti, non ho pentole, sedie, asciugamani … insomma il corredo per una casa di una persona anziana e sola. A noi sembra che sia giusto che abbia una casa e l’abbia decente. Se funzionasse già la Banca del Tempo o delle Professioni, sarebbe un caso in cui potremmo mettere a frutto le competenze e le professioni degli iscritti.

In questo caso, per inaugurare il logo che ci fa volare in alto e in profondità, nel giorno del compleanno di Ludovica, faremo così:

 

  • Attiveremo Massoero 2000 perché con alcuni ospiti in grado facciano alcuni lavori di muratura e diano il bianco e faremo le pulizie in grande.

  • Faremo attivare le utenze (luce, gas e acqua) ma servono un elettricista e un idraulico per gli allacci delle utenze, che devono essere certificate.

  • Infine servono le cose che rendono casa una casa: l’arredo della cucina, biancheria da camera e da cucina, utensìli di cucina, ecc. Qui vi è un elenco di cose che servono e facciamo in questo modo: non raccogliamo a casaccio perché trasformeremo la chiesa in un magazzino, ma solo quello che serve, per cui alla fine della Messa, chi volesse collaborare può prendersi un biglietto attenendosio a quanto vi è scritto:non portate di più né di meno – 4 bicchieri, vuol dire 4 bicchieri, non 6; oppure 3 pentole di varia misura significa 3 pentole, ecc.

Nessuno si preoccupi perché le occasioni saranno tante e quindi di volta in volta diremo ciò che serve. Il foglietto che prendete potete realizzarlo da soli, con altri o in gruppo o come viene meglio. E’ molto importante che portiate tutto impacchettato bene, in modo sicuro e da regalo, con un biglietto in evidenza con scritto sopra di cosa si tratta: voglio che quando la casa sarà a posto, il nostro amico possa divertirsi ad aprire i pacchi e provare le emozioni che si provano quando si apre un pacco regalo. Anche questo è un dono di Ludovica e l’inizio ufficiale dell’Associazione che lei ci ha lasciato.

 

 

PROCEDURE PER SEGNALARE SITUAZIONI

  1. Chiunque può segnalare un caso o una situazione.

  2. Non dovete chiamare me, ma nel Notiziario avete un numero di telefono che è della segreteria e risponde Anna Parodi, la quale vi dice quello che dovete fare.

  3. Alla persona interessata viene fissato un appuntamento, in genere tra il martedì e il giovedì, al quale la persona si presenta da sola o accompagnata, con la documentazione che ritiene portare.

  4. Il giovedì si riunisce la segreteria operativa e discute la richiesta.

  5. Si richiama la persona e si dà l’esito o le soluzioni.

Il consiglio ha stabilito che i colloqui, approccio molto delicato, siano fatti da un membro del consiglio direttivo e da una delle tre socie, assistenti sociali, per cui per ogni colloquio vi sono due di noi. A volte dietro la richiesta di denaro vi sono altri bisogni che è necessario individuare, chiamare per nome e indicare la via che può essere diversa da quella ipotizzata in prima battuta.

Se qualcuno volesse partecipare alle riunioni di giovedì per prendere conoscenza del lavoro e magari può dare una mano nello smistare il lavoro, può essere buona cosa. In questo caso avvertite pure la Anna allo stesso numero che è attivo solo di pomeriggio. Siamo in attesa di avere una sede propria, mentre attualmente ci avvaliamo della sacrestia.

Pausa di riflessione: tutto questo è stato messo in moto da una bambina che non ha mai pronunciato una parola, una bambina muta che ha saputo organizzare un sistema di coinvolgimento così profondo e così esteso che sono certo diventerà un fiore all’occhiello della nostra città e sarà, come già lo è, un orgoglio per noi, per coloro che verranno a contatto con noi per coloro che aiutiamo a sollevarsi, per questo mondo che ha avuto l’onore e la grazia di avere in prestito per pochi mesi un tesoro come Ludovica. Se valeva la pena vivere per me fino a 64 anni solo per conoscere lei, io, Paolo prete, vi dico oggi che ne valeva veramente la pensa.

Grazie Valeria ed Emilio, mamma e papà di Ludovica, grazie ai nonni di Genova Alessandra e Giorgio e ai nonni di Milano, Luisa e Augusto, agli zii Claudia e Jacopo e la loro figlioletta di tre mesi Elisa.

Grazie perché, oggi abbiamo la prova che Ludovica è viva e risorta, non è mai morta: voi infatti non avete perso Ludovica, l’avete regalata ad una famiglia più grande dove lei porta frutto e lo porta in abbondanza. Nel Nome di Ludovica, un abbraccio a tutte e a tutti e buona solidarietà nel segno della Giustizia.

Paolo Farinella, prete

e il Consiglio Direttivo

 

APPUNTAMENTI E ORARI

 

La settimana Santa trova il suo fulcro e il suo centro nel «TRIDUO SANTO» (Giovedì, Venerdì e Sabato Santi) che formano un solo giorno in tre tappe.

Ogni cristiano dovrebbe sentire «la necessità» di partecipare alla Liturgia di questo «giorno santo» che dà diritto a vivere tutto l’anno liturgico. Il triduo pasquale è la sorgente di tutte le domeniche, senza di esso non ha senso nemmeno la Messa della domenica. La stessa domenica, infatti, trae forza e consistenza da questo «triduo» che segna la nostra vita di credenti per sempre.

Credo che ogni credente, dovrebbe fare tre cose:

  1. Prendere ferie da lavoro (se lavora) per potere partecipare a tutto il triduo, dal giovedì al sabato;

  2. partecipare alla Liturgia come obbligo profetico di responsabilità verso il mondo;

  3. portare nel mondo della propria vita il sapore di questo giorno così lungo e unico.

Che il Signore ci renda degni di celebrare la sua Pasqua e la nostra risurrezione di uomini e donne dalla religione di convenienza e di pura osservanza, donandoci lo Spirito per proclamare al mondo con la nostra vita che «Christòs anèsthi! – Cristo è risorto! / Alithôs anèsthi! – Veramente è risorto!».

 

ORARI SETTIMANA SANTA 2011 IN SAN TORPETE - GENOVA

 

GIOVEDI SANTO 21 aprile 2011: ORE 17,30: Nella Cena del Signore»

VENERDI SANTO 22 aprile 2011: ORE 17,30: Passione del Signore

SABATO SANTO 23 aprile 2011: ORE 21,00: VEGLIA DI PASQUA:

DOMENICA DI PASQUA 24 aprile 2011: ORE 10,00: MESSA PASQUALE

LUNEDI DI PASQUA 25 aprile 2011: ORE 10,00: MESSA

 

© Domenica delle Palme, Anno-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 17/04/2011 - San Torpete – Genova

1 Per un approfondimento cf Domenica dell’Ascensione-Anno B, Introduzione.

2 Dal Diario di Egeria: «All’ora settima (ore 13,00) tutto il popolo sale al monte degli Olivi, cioè all’Eleòna, alla chiesa, e il vescovo pure; si dicono inni e antifone adatte al giorno e al luogo e parimenti si fanno delle letture. Quando ha inizio l’ora nona (le ore 15,00) ci si reca al canto di inni all’Imbomòn [dal gr.: altura/monte elevato, l’attuale cappella dell’ascensione] cioè al luogo da dove il Signore salì al cielo, e là ci si siede; tutto il popolo alla presenza del vescovo è invitato a sedere; solo i diaconi stanno sempre in piedi. Si dicono anche là inni e antifone adatte al luogo e al giorno: similmente si intercalano letture e orazioni. E quando inizia l’ora undecima (= ore 17,00) si legge il passo del vangelo in cui si racconta che i bambini con rami e palme andarono incontro al Signore dicendo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Subito il vescovo si alza e con lui tutto il popolo e allora dalla sommità del monte degli Olivi si ci muove, tutti a piedi. Tutto il popolo cammina davanti al vescovo cantando inni e antifone, rispondendo sempre: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Tutti i bambini del luogo, perfino quelli che non possono camminare perché sono troppo piccoli e che i loro genitori tengono al collo: tutti tengono dei rami, chi di palme e chi di olivi; e così si accompagna il vescovo nel modo in cui si accompagnò il Signore in quel giorno. Dalla sommità del monte fino alla città e di là fino all’Anàstasis [in greco «Risurrezione» una delle chiese del Santo Sepolcro] attraverso tutta la città, tutti, sempre a piedi, anche se vi sono dame e gran signori, accompagnano il vescovo dicendo responsori; e così pian piano, perché il popolo non si stanchi, si giunge che è già sera all’Anàstasis. Quando si è arrivati, benché sia tardi, si fa tuttavia il lucernale, un’altra preghiera alla Croce e si congeda il popolo» (Eteria, Diario di Viaggio, Edizioni Paoline 1979, 119-120).

3 Dalla città di Kèriot o Kìriot, a sud della Giudea (cf Gs 15,25), probabilmente identificata con le rovine di «el-Kureitèin» a km 20 ca. a sud di Ebron. Con questo nome c’è anche una cittadina di Moab (cf Ger 48,24.41), chiamata anche Kìrioth (cf Am 2,2). Sul problema degli informatori, cf W. Klassen, Judas: Betrayer or Friend of Jesus? Augsburg Fortress Publisher, Canada, 1996.

4 Il Simbolo degli Apostoli, forse è la prima formula di canone della fede, così chiamato perché riassume fedelmente la fede degli Apostoli. Nella chiesa di Roma era usato come simbolo battesimale, come testimonia Sant’Ambrogio: « È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l'espressione della fede comune» (Explanatio Symboli, 7: CSEL 73, 10 [PL 17, 1196]; v. commento in Catechismo della Chiesa Cattolica, 194).

 



Giovedì 14 Aprile,2011 Ore: 06:18
 
 
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