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www.ildialogo.org Domenica 5a Tempo Ordinario -A- 6 febbraio 2011,di Paolo Farinella, prete

Domenica 5a Tempo Ordinario -A- 6 febbraio 2011

di Paolo Farinella, prete

La liturgia di oggi, 5a domenica del tempo ordinario-A ci propone testi antichi che sembrano scritti per oggi: è la logica della Parola di Dio, quella stessa che Gesù ha svelato nel suo primo approccio pubblico, nella sinagoga di Nàzaret, dove durante la liturgia dello Shabàt, legge la seconda lettura e subito dopo: «Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”». (Lc 4,16-21, qui v.21). «Oggi» si riferisce ad una lettura del profeta Isaia (Terzo Isaia) del sec. V a. C., lo stesso autore di la liturgia odierna ci propone un brano. La Parola scritta cinque secoli/sei/otto secoli prima ha valore «oggi» perché è «il Lògos-carne» che ha piantata lo tenda sua in mezzo a noi.
            Ciò significa che è nella natura della Parola essere attuale «oggi» come ieri, come , si spera, anche domani; non possiamo leggere la Scrittura per diletto spirituale o tranquillità psicologica o peggio ancora per appagamento rituale, cioè come parte di un rito «obbligato» con funzione riempitiva del tempo cultuale. La Parola è un giudizio politico sul nostro tempo, sui nostri criteri, sulle nostre scelte: essa valuta perché misura la corrispondenza tra il nostro essere di fatto e il nostro dovere essere alla luce del progetto di Dio, di cui la Bibbia riporta le coordinate fondamentali, quasi il codice di interpretazione.
            Partecipando all’Eucaristia noi facciamo una scelta: accettiamo di misurarci sul metro di Dio per verificare se siamo «a immagine e somiglianza» sua (cf Gen 1.27) o se siamo, come Adam ed Eva, per conto nostro, autoreferenti. Proclamando e ascoltando la Parola, noi in un certo senso «diventiamo Parola» perché essa attraverso l’ascolto «abita in noi» (cf Rm 8,9.11; 1Cor 3,16; 2Cor 13,5; Gc 4,5) e noi diventiamo i profeti che l’annunciano al mondo dove viviamo con la vita, le parole, i gesti, le scelte e le valutazioni che facciamo. Tutto ciò impedisce un approccio «spiritualistico» con la Parola, relegandola alle cose del mondo dell’al-di-là e disprezzando le cose dell’al-di-quà, cioè la storia degli uomini che è il «luogo principe» della storia di Dio. La Parola di Dio non riguarda «le anime», ma impegna la persona in ogni suo aspetto e realtà perché la proietta sull’orizzonte degli uomini e delle donne perché profondamente radicata nel cuore di Dio: «Il Lògos era Dio» (Gv 1.1)
La 1a lettura ci proietta subito nel contesto del ritorno dall’esilio da Babilonia, dopo che nel 538 a. C., Ciro re di Babilonia, autorizza gli Ebrei a ritornare in patria e a ricostruire Gerusalemme e in essa il tempio. Nel V sec a. C. al ritorno dall’esilio di Babilonia, i reduci più forti e più furbi si accaparravano terreni e ricchezze senza occuparsi dei più deboli. La competizione economica tra i pochi ricchi ha generato una stuolo di nuovi poveri che pagavano così le conseguenze della ricostruzione e, come si direbbe oggi, della crescita economica. «C’è sempre qualcuno che paga per tutti»[1] e questo qualcuno sono sempre i poveri. Sembra la descrizione della situazione di oggi nel mondo e in Italia, dove un’orda di nuovi poveri segue come scia la corsa alla ricchezza di pochi, protetti da leggi su misura.
In un mondo che tutti si affannano a definire «globalizzato» per scaricare colpe e delitti individuali, si giunge all’ignominia di parlamenti che legiferano per favorire «cricche» e anche singoli delinquenti, a danno del bene di tutti: i ricchi e le cricche pagano e spartiscono, corrompono e si lasciano corrompere, i politici e i governi si vendono pur di avere il sostegno al potere iniquo. I poveri sono la cartina di tornasole di una civiltà e di una società di Diritto. Compito della Chiesa, specialmente dei pastori, dovrebbe essere la vigilanze sulle pecore deboli e la difesa di quelle affaticate:
 
«2Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? 3Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. 4Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. 5Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. 6Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura» (Ez 2,2-6).
 
Da parte sua il profeta Zaccaria lancia la maledizione sul popolo che sarà senza scampo perché chi lo governa: «non si cura [delle pecore] che si perdono, non cercherà le giovani, non curerà le malate, non nutrirà quelle ancora sane; mangerà invece le carni delle più grasse e strapperà loro persino le unghie» (Zc 11.16). Da questi si evince che quando un pastore non sta dalla parte dei poveri e degli oppressi, delle vittime del progresso, è una maledizione che aggrava la realtà ancora di più.
Davanti alla 1a lettura non c’è possibilità di scelta perché Dio ha fatto la sua scelta di campo, o meglio la sua «scelta preferenziale»: Dio sta sempre dalla parte dei poveri che possiamo identificare nel  volto visibile del Crocifisso che Paolo nella 2a lettura annunzia contro sapienza mondana. Paolo non è portatore di «valori», ma di una Persona che il mondo rifiuta perché ritenuta «perdente»: è crocifisso, ma questa è la sua forza perché egli agisce e si presenta e si propone nella sapienza dello Spirito. Il vangelo odierno aggiunge solo una conseguenza: chi fa l’esperienza dell’abisso perduto di Dio e del suo Spirito può presumere di rappresentarlo presso i popoli e gli altri: luce, sale, splendore che oggi riceviamo in abbondanza nella santa Eucaristia che iniziamo disponendoci nella dimensione che Paolo ci propone nella 2a lettura: la dimensione del Crocifisso, non come vessillo di civiltà, ma come mistero d’iniquità, il mistero del male che invade il mondo e che il Crocifisso ancora redime, unendo a sé tutti i «piccoli cristi» anonimi della storia e degli orrori del mondo: sono i crocifissi innocenti che ancora oggi con il Crocifisso sono inchiodati sulla croce della redenzione. Accostiamoci all’altare del «Padre dei Poveri», ma prima di invocare lo Spirito Santo che ci abilità alla verità della celebrazione, facciamo nostre l’invito del salmista con l’antifona di introito, (Sal 95/94,6-7): «Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio».
 
Spirito Santo, tu convochi la Chiesa a condividere la vita con i poveri,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu vuoi una Chiesa non di elemosina, ma di giustizia,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la luce che nella Chiesa sorge come l’aurora,                 Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai sei la Giustzia che cammina davanti alla Chiesa,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la Gloria del Padre che invia il Figlio ai poveri,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu fai brillare il Cristo, luce delle genti e Sposo della Chiesa, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu spingi i credenti ad amministrare con giustizia i loro beni, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu annunci porti al mondo il mistero di Dio che è il Crocifisso,          Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la Sapienza che svela la debolezza della Chiesa mondana,        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sostieni la debolezza di Paolo perché sia testimone del risorto,       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, hai costituito Paolo apostolo perché manifestasse te crocifisso,          Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la voce che ci fa invocare il Nome del Signore Gesù,    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il sale della Parola che è il Signore Gesù, il Cristo di Dio,          Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il sapore che da vivifica chi cerca Dio con cuore puro, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il candelabro che illumina la santa Chiesa, madre e sposa,        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il monte dove brilla la Parola spezzata per tutte le genti,            Veni, Sancte Spiritus!
 
Due immagini definiscono questa domenica 5a del tempo ordinario-A: la luce e il sale, assunti come identità della vita cristiana. Gesù non parla di metafora perché non dice che la vita è come il sale o come la luce; egli parla di identità: Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo. Vi sono pagani che si ammantano di stinti vestiti cristiani, discettando di identità cristiana occidentale per servirsi della Chiesa per scopi immondi. Vi sono molti chierici che, lasciandosi ingannare, diventano pagani anch’essi per difendere una religione senza Cristo opporla ad altre identità non cristiane. Gli uni e gli altri, pongono così le fondamenta per una nuova crociata di religione. Noi ci ripariamo all’ombra della Trinità che ci apre all’orizzonte della umanità chiamata a formare un solo popolo in un solo Regno:
 
(greco)[2]
Èis to ònoma
toû Patròs
kài Hiuiû
kài toû Hagìu Pnèumatos
Amèn.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e del Santo Spirito
 
Ci inginocchiamo davanti al Crocifisso, presente nei crocifissi della storia di tutti i tempi e specialmente negli emarginati dei nostri giorni e opponiamo l’identità del sale e della luce a quanti vogliono usare la «religione» come strumento di guerra. Nessuno potrà mai sradicarci dalla radicalità evangelica perché la nostra forza è nella libertà che promana dal perdono che invochiamo dallo Spirito del Signore risorto, Padre dei poveri. Lasciamo che lo Spirito che scruta le profondità di Dio, esaminiamo anche la nostra coscienza.
 
[Esame di coscienza. Pausa prolungata per dare all’anima il tempo di riflettersi
 
Signore Gesù, povero che porta il Regno di Dio,       Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, afflitto che consola i diseredati,                      Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, Pace che costruisce i poeti della pace, Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, Giusto che porta la fame di giustizia, Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, Luce che spezza le tenebre,                 Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, Sale che conserva la fedeltà al vangelo,          Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, Sale che scompare per essere utile,     Maràna tha, Signore nostro, vieni!
Signore Gesù, Parola, Pane e Vino di condivisione,   Maràna tha, Signore nostro, vieni!
 
Dio onnipotente che ripudia sacrifici e culto appariscenti all’esterno, ma vuoti quanto a significato; che gradisce il cuore contrito e l’amore di sé come dono supremo di vita e di fede, che con la fede dei Patriarchie delle Matriarche ci sala e ci illumina in vista del Regno, per i meriti del Signore Gesù, dei profeti e dei santi apostoli, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente [breve pausa 1-2-3]
 
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]
 
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]
 
Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Preghiamo (colletta). O Dio, che nella follia della croce manifesti quanto è distante la tua sapienza dalla logica del mondo, donaci il vero spirito del Vangelo, perché ardenti nella fede e instancabili nella carità diventiamo luce e sale della terra. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo. Per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
MENSA DELLA PAROLA
 
Prima lettura Is 58,7-10. Accadeva al ritorno dall’esilio. I più forti si reinstallavano nel paese senza preoccuparsi dei molti che vivevano in miseria: affamati, senzatetto, sottoposti alle peggiori vessazioni. E’ la situazione che si trova ogni giorno sotto i nostri occhi, nelle nostre città. I pii Giudei del sec. V andavano al tempio per onorare Dio e uscendo calpestavano il povero senza ritegno e contro la Legge. E’ il tema del formalismo del rito: essere cristiani della domenica e pagani nei giorni feriali. Costoro pretendono anche che Dio stia dalla loro parte, condividendo razzismo, disprezzo e ripugnanza per gli altri. Essi hanno un creato un «dio» a loro immagine e somiglianza per questo sono ripudiati dal Dio d’Israele, il «Padre degli orfani e difensore delle vedove» (Sal 68/67,6). La vigorosa predicazione di Isaia conserva purtroppo una tragica attualità in un’epoca in cui un’implacabile competizione economica condanna un numero crescente di persone alla miseria e produce persino dei «nuovi poveri».Ascoltiamo questa Parola di Dio che viene ad illuminare il nostro cammino perché il rito che celebriamo sia espressione della nostra vita e segno di una conversione di giustizia solidale e comunitaria.
 
Dal libro del profeta Isaia 58,7-10
Così dice il Signore: «7Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? 8Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. 9Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, 10se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio». -  Parola di Dio.
 
Salmo responsoriale (112/111, 4-5; 6-7; 8-9).  Il salmo è molto affine al salmo precedente, il 111/110 sia per la struttura letterario-poetica che per l’insegnamento. Come il precedente e molti altri salmi ha una impostazione «alfabetica»: ogni versetto è preceduto da una lettera dell’alfabeto ebraico con cui si intende dire che l’uomo immerso in Dio adempie «tutti» i comandamenti di Dio, dalla A alla Z e per tutta al vita. I1 salmo 112/111 è centrato sull’uomo giusto a cui applica le espressioni che il salmo precedente il 111/110 applica a Dio. C’è un rapporto intimo tra Dio e l’uomo perché il primo ha l’impegno di adempiere tutta la sua promessa di alleanza e l’uomo quella di  trasmetterla e diffonderla nel mondo. Se nel primo salmo Dio è «misericordioso e pietoso» (Sal 111/110,4), nel secondo «misericordioso, pietoso e giusto» è l’uomo che «teme il Signore» (Sal 112/111,4.1). Sia in riferimento a Dio, sia in riferimento all’uomo «la sua giustizia rimane per sempre» (Sal 111/110,3; 112/111,3). Questa sintesi perfetta di umano e divino è l’Eucaristia dove si compie ogni giustizia perché Dio si fa Parola e Pane perché l’uomo viva in pienezza e felicità.
 
 


Rit.Il giusto risplende come luce.
Beato l’uomo che teme il Signore
4 Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
5 F.lice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia. Rit.
6 Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
7 Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore. Rit.
8 Sicuro è il suo cuore, non teme,
9 Egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria. Rit.


 
Seconda lettura 1Cor 2,1-5. Eloquenza e sapienza umana possono valorizzare chi ne è dotato e rendere persuasive le sue parole. Paolo però non si è presentato ai suoi Corinzi con discorsi mondani per accreditare se stesso. Al contrario ha prospettato loro l’orizzonte di Dio che passa inevitabilmente dall’impotenza del Dio Crocifisso, davanti al quale crolla ogni tentativo di addomesticare il vangelo, piegandolo ai compromessi con la sapienza del mondo che si identifica con il potere malefico che in esso viene esercitato. Il predicatore del Vangelo non disprezza le parole convincenti, ma deve farsi da parte di fronte alla trascendenza del messaggio che annuncia e deve lasciare trasparire solo quello e la Persona con cui lo stesso messaggio si identifica: il Cristo Gesù, morto, crocifisso e risorto. Solo la forza dello Spirito e la potenza della croce sono in grado di convertire i cuori perché lo Spirito e il Crocifisso esigono un incontro e non superficiali atti di culto.
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2,1-5
1Anch’io, fratelli e sorelle, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. 2Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. 3Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. 4La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio. - Parola di Dio.
 
Alleluia. Gv 8,12 Io sono la luce del mondo, dice il Signore, chi segue me avrà la luce della vita.
 
Vangelo Mt 5,13-16. Il brano del vangelo odierno conclude la proclamazione delle Beatitudini ed inizia il «discorso della montagna». La sua composizione è eterogenea e si trova mal combinata in questo punto del vangelo, come si rileva da contesti degli altri sinottici (cf Mc 9,50 e Lc 14,34-35). Vi si trovano tre sentenze: una sul sale (v.13), una sulla luce (v. 14a) e l’ultima sulla città (v. 14b). Essere sale della terra significa avere coscienza di stare nel cuore del mondo con un compito prezioso: alimentare la coscienza di essere figli. Essere luce significa non nascondere, ma svelare la Parola di Gesù. Infine la città sul monte indica la visibilità di Dio che il credente non può offuscare o impedire. La gioia di coloro che hanno ricevuto il dono di poter partecipare al «regno dei cieli» non deve fare loro dimenticare la responsabilità nel mondo presente! Con la loro condotta, essi devono testimoniare, senza ostentazione, ma senza timidezza, il sapore del Vangelo e la luce che esso diffonde dentro e accanto a loro nel cuore del mondo.
 
Dal Vangelo secondo Matteo 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli. - Parola del Signore.
 
Sentieri di omelia
Domenica scorsa abbiamo proclamato l’introduzione al discorso della montagna in Mt, le 8+1 beatitudini che ci hanno presentato il prologo della «Carta Costituzionale» del Regno. Dei cinque discorsi che Mt fa pronunciare a Gesù, in parallelo con i cinque libri che la tradizione giudaica attribuisce a Mosè,  il primo a buon diritto può essere considerato «fondativo». Mt scrive per gli Ebrei e quindi vuole presentare Gesù non come un traditore della fede dei Padri, ma addirittura come il nuovo Mosè, il legislatore dell’alleanza rinnovata.
Gesù «salì sulla montagna» (Mt 5,1) come «Mosè salì verso Dio» che «lo chiamò dal monte» (Es 19,3)[3]: dal Sinai scendono i comandamenti consegnati a Mosè che li porta al popolo, dalla montagna di Gesù scendono le beatitudini annunziate direttamente al popolo degli emarginati e degli impuri, dei poveri e dei diseredati. Sul monte Sinai Mosè sale per prendere la Legge di pietra che racchiude in sé le norme della vita, dalla montagna delle beatitudini, Dio stesso «si pone a sedere» (Mt 5,1) perché insegna direttamente ai discepoli «che si avvicinano per ascoltarlo».
Sul Sinai Dio dice a Mosè: «Scendi … così dirai agli Israeliti …»  (Es 19,21; 20,22) sulla montagna delle Beatitudini, è Gesù stesso che parla con autorità e dice direttamente: «Voi siete il sale, voi siete la luce». Non manda più intermediari. Ognuno di noi può ascoltarlo dentro il proprio cuore o, in termini moderni, dentro la propria coscienza. Al Sinai una massa di schiavi diventa «popolo» attraverso la coscienza di una Legge, al monte delle beatitudini, una massa di esclusi prende coscienza di essere un popolo di figli prediletti. Dopo le beatitudini e prima di iniziare le «differenze» radicali tra la religione ufficiale e il vangelo di Gesù, Mt inserisce le due sentenze sul sale e sulla luce, prolungata nell’immagine della città posta sul monte. Le due sentenze sono un miscuglio non ben amalgamato composto da una parte che Mt riceve dalla tradizione orale e una parte che opera diretta, redazionale di Mt.
1.      Il sale. Questo «lòghion – detto/sentenza» è tramandato da tutti e tre i vangeli sinottici, ma con tre significati diversi: Mc conserva la forma più antica perché di stampo escatologico: «Ognuno sarà salato col il fuoco [o per il fuoco» (Mc 9,50), espressione che si trova soltanto in Marco. Lc invece trasforma la sentenza sul sale in una parabola che sprona chi si impegna nel regno di Dio ad andare fino in fondo, senza mai perdere la funzione di sale: «34Buona cosa è il sale, ma se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato? 35Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via» (Lc 14,34-35). L’aspetto escatologico di Mc e l’impegno coerente fino in fondo di Lc, fanno del sale l’immagine della «nuova religiosità» predicata da Gesù con le sue esigenze di coerenza, a differenza della religione dei farisei e degli scribi che è formale ed esteriore perché ha come obiettivo la soddisfazione degli uomini, ma non il rapporto vero con Dio.
In Mt invece cambia la prospettiva perché il sale diventa una specie di allegoria «missionaria» in cui il sale rappresenta i discepoli che iniziano l’avventura del nuovo rabbi: «Voi siete il sale detta terra» (Mt 5,13). Questa espressione che identifica «sale e discepoli» è propria di Mt e quindi non faceva parte del testo primitivo, ma è una annotazione redazionale alla luce dello sviluppo missionario della Chiesa del sec. I d. C.
Essere il sale della terra significa avere coscienza di esserne un elemento prezioso e determinate perché senza sale la terra non può vivere, mentre se il sale mantiene la sua consistenza e la sua identità di sale, anche la terra può vivere e realizzare la sua storia[4].
Mt impone quindi un senso anche morale alla funzione del sale: se i discepoli sono il sale della terra, è necessario che la Chiesa mantenga sempre la sua consistenza e la sua peculiarità. Se perde la fedeltà a se stessa in quanto prolungamento del suo Signore, essa non solo perde se stessa, ma perde anche il mondo che resta così senza sapore.
2.      Il «lòghion – detto/sentenza» sulla luce (cf Mt 5,14-15) invece è stata totalmente rielaborata da Mt, ma nello stesso senso applicato al sale. In Mc la luce che viene tolta da sotto il moggio[5] è simbolo della parola di Gesù che progressivamente viene rivelato e capito dai presenti: «21Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? 22Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce» (Mc 4,21-22). Mt riprende il senso di Mc, ma vi aggiunge di suo una connotazione morale: per fare un parallelismo con il sale, ripete il tema missionario: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14) che riprende una sentenza del Vangelo apocrifo di Tommaso, segno di antichità: «C’è luce in un uomo di luce, e risplende sul mondo intero» (n. 24). La sentenza sulla luce è prolungata dall’immagine della città posta sul monte[6] che si conclude con una applicazione morale: la vita del credente deve essere un segno «visibile» perché deve manifestare la presenza di Dio nel mondo, aprendo così alla prospettiva della testimonianza[7].
 
Cosa vuol dire oggi essere sale e luce? Il sale ha diverse proprietà: purifica le ferite, preserva i cibi dalla corruzione, mantiene il calore e dà sapore. Anticamente veniva usato come merce di scambio (da cui il termine «salario» per indicare lo stipendio) e veniva mangiato nella stipulazione di alleanze … Per essere gradite a Dio, le vittime dovevano essere cosparse di sale, simbolo di fedeltà (cf Lv 2,13)[8]. Per questo la Scrittura dice: «Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale» (Lv 2,13). Quando Gesù sull’altare della croce offre se stesso in nome dell’umanità, dice «Tutto è compiuto» (Gv 19,30), nel senso che la sua sofferenza e la sua morte sono state il sale con cui ha salato l’alleanza nel suo sangue e ha lasciato il sapore nella storia per sempre. Per questo, oggi possiamo ascoltare questa parola rivolta direttamente a noi: Voi siete il sale… voi siete la luce. Il discepolo ha la stessa missione del maestro, ma a certe condizioni che sono illustrate dal profeta Isaia nella 1a lettura.
 
Il profeta Isaia si scaglia contro il formalismo del culto e specialmente le pratiche di digiuno con le quali i giudei credevano di comprare Dio. Come tutte le religioni contemporanee, anche Israele considera il digiuno come atto essenziale della religiosità specialmente nei riti della espiazione che prenderanno forma nella celebrazione di Yom Kippùr (cf Lv 23,26-32) oppure nel ricordo penoso dei giorni dell’assedio di Gerusalemme (cf Zc 8,19; 7,3-5; 2Re 25,1.4.8.25). Alcuni profeti, come Isaia però diffidavano di queste pratiche perché si prestavano, col pretesto del digiuno a dichiarare l’impurità della materia e quindi suscitare il disprezzo delle cose create, sviluppando un vero e proprio manicheismo «ante litteram» oppure perché il digiuno si svolgeva in un clima e con un atteggiamento solo formali, snaturando il rapporto uomo-Dio (cf Is 58; Zc 7,1-14). Dall’altra parte invece il profeta Gioele accetta il digiuno, almeno in certe occasioni perché lo interpreta come segno di conversione genuina e non come sacrificio (cf Gl 1,13-14; 2,12-17). Se è espressione di conversione, il digiuno ha un senso perché pone al centro delle sue finalità la relazione intima con Dio e si realizza nell’amore e per amore di Dio con una preghiera e un culto autentici (cf Zc 7) e nell’amore per gli uomini che si esprime nell’elemosina come mezzo di giustizia sociale (cf Is 58) oppure come metodo che educa all’attesa del Regno degli ultimi tempi (cf Gl 2).
La nuova ascesi proposta dal profeta si colloca sul versante della umanità e di quell’umanità che nulla conta agli occhi dei potenti e del potere: dividere il pane con l’affamato. Il profeta usa parole e pensieri che verranno riprese dall’evangelista Mt nel capitolo 25, nel discorso finale sul giudizio. Non esiste infatti digiuno senza «agàpe» perché il privarsi di qualcosa ha due significati: è indice che chi si priva possiede ciò di cui si priva, ma significa anche sperimentare che la privazione di cibo, di comodità o di abitudini rende più leggeri e più attenti, più vigili e meno dormienti. Un atteggiamento deve essere chiaro: non conta il digiuno in sé, ma la fede che lo sorregge e le motivazioni che lo animano (cf Is 58,8-9).
Il vero digiuno è l’incontro con le persone più bisognose e solo così si può incontrare Dio perché Dio è in fila con i poveri e occupa l’ultimo posto perché nessuno possa restare indietro. Tutte le religioni antiche ritengono il digiuno una via maestra di purificazione e di religiosità. Il digiuno di cui parla il profeta è il digiuno dall’egoismo, dall’interesse privato, dalla corruzione, dalla violazione dei principi di diritto fondamentali. I cristiani oggi se vogliono fare un vero digiuno e se vogliono vivere una religiosità autentica, devono verificare il loro modo di rapportarsi sulle scene del mondo.
Il digiuno oggi per i credenti è non appoggiare politiche eversive e antidemocratiche, non fare accordi con governi e politici che promettono interessi e favori privati a danno del bene comune, non rendersi disponibili per attività e scelte politico-economiche non solo immorali, ma anche soltanto dubbie. Quando i cristiani fanno alleanze di convenienza a dispetto dell’etica, della coerenza e della verità per avere privilegi e favori, nessun digiuno può lavare l’ignominia dell’ingiustizia compiuta. Se poi queste cose sono fatte dalla gerarchia, cioè da coloro che dovrebbero vigilare, allora peccato si aggiunge a peccato e si compie un atto di apostasia perché si rinnega la persona stessa di Dio che così non è testimoniato come «Padre dei poveri», ma è strumentalizzato.
Quando si arriva a toccare con mani impure la coscienza di un popolo sedimentata nella Carta suprema, la Costituzione, manipolandola e manovrandola a piacere per il proprio tornaconto  personale o di gruppo, un cristiano testimone della Gloria di Dio, entra in digiuno e prende posizione, anche se ciò gli dovesse costare l’ostracismo perpetuo e la stessa vita. Di fronte all’uso della religione nella propaganda partitica o di fronte a chi si arroga l’identità «cristiana» e disprezza tutti gli altri, il cristiano digiuna, prendendo le distanze e chiamando le cose per nome e, se necessario, entrando in lotta non violenta contro chi fomenta queste degenerazioni: «Voi siete il sale… voi siete la luce». Il cristiano non è il custode della civiltà occidentale o della inesistente civiltà cristiana, egli è il sale e la luce che sono compatibili con qualsiasi civiltà e qualsiasi cultura. Il cristiano è veramente, in questo senso, il Figlio dell’Uomo, le cui radici sono in cielo e i cui rami ramificano su tutta la terra.
Paolo è tassativo nelle 2a lettura: non è andato tra i Corinzi con la sapienza cioè con le arti dell’argomentazione e con i discorsi logici di persuasione. Egli ha portato solo la testimonianza del Crocifisso e per non oscurare questa testimonianza non ha esitato a presentarsi con un linguaggio debole e povero che è il linguaggio di Dio che rifiuta di scendere dalla croce per dare prova della sua onnipotenza. Ridurre il Crocifisso a simbolo della civiltà significa crocifiggerlo un’altra volta sull’altare di un paganesimo che si dichiara religioso per convenienza e non per convinzione. Il cristiano sale e luce e che digiuna non ha nulla da spartire con i devoti del Crocifisso che lo vogliono solo sulle pareti, mentre poi gli sparano quando arriva sui barconi della miseria a cercare pane e una vita meno sventurata.
Il vangelo non dice «Voi sarete» come auspicio futuro, ma «Voi siete», al presente indicativo con valore permanente: siete adesso, ora, qui e lo siete per vocazione, per natura e per grazia perché il vostro «essere sale e luce» è uno «stato permanente», una condizione essenziale della fede che diventa un fondamento della vita. In forza della chiamata, in forza del battesimo, il credente riceve il ministero della testimonianza che nella storia si fa profezia, condivisione, politica, economia, progettualità di società, decisione di stare sempre dalla parte degli ultimi che sono i primi nel cuore di Dio. In una parola «voi siete il sale … siete la luce» significa che noi siamo responsabili della credibilità di Dio, il quale parla attraverso le nostre scelte, i nostri gesti, le nostre politiche, i nostri volti, le nostre parole. Se, però, siamo scipìti, a null’altro serviamo che ad essere buttati fuori, tra gli avanzi superflui.
 
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
[Pausa: 1-2-3]
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. [Pausa: 1-2-3]
 
Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. [Pausa: 1-2-3]
 
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
 
Preghiera universale [intenzioni libere]
MENSA EUCARISTICA
Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:
 
«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),
Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.
Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.
 
[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
 
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.                         Benedetto nei secoli il Signore.
 
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
 
Preghiamo (sulle offerte). Il pane e il vino che hai creato, Signore, a sostegno della nostra debolezza, diventino per noi sacramento di vita eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen!
 
PREGHIERA EUCARISTICA V/c («Gesù modello di Amore»)
Il Signore sia con voi.            E con il tuo spirito.  In alto i nostri cuori.   Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.                    È cosa buona e giusta.
 
E’ giusto renderti grazie, Padre misericordioso: tu ci doni il tuo Figlio, Gesù Cristo, nostro fratello e redentore.
Osanna nell’alto dei cieli. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Christe, elèison, Pnèuma, elèison.
 
In lui ci hai manifestato il tuo amore per i piccoli e i poveri, per gli ammalati e gli esclusi. Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli.
Con noi spezzi il Pane del cielo perché anche noi condividiamo il pane della nostra vita. Christe, elèison, Kyrie, elèison, Pnèuma, elèison (cf Is 58,7).
 
Con la vita e la parola annunziò al mondo che tu sei Padre e hai cura di tutti i tuoi figli. Per questi segni della tua benevolenza noi ti lodiamo e ti benediciamo, e uniti agli angeli e ai santi cantiamo l’inno della tua gloria:
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Benedetto nel Nome del Signore colui che viene. Christe, elèison, Pnèuma, elèison, Kyrie, elèison.
 
Ti glorifichiamo, Padre santo: tu ci sostieni nel nostro cammino soprattutto in quest’ora in cui il Cristo, tuo Figlio, ci raduna per la santa cena. Egli, come ai discepoli di Emmaus, ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.
Osanna nell’alto dei cieli. Nella santa Assemblea, il Cristo per noi sorge come l’aurora e rimargina le ferite della vita (cf Is 58,8).
 
Ti preghiamo, Padre onnipotente, manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue.
Noi imploriamo lo Spirito del Signore Gesù e tu rispondi distendendo la sua ombra su di noi (cf Is 58,9).
 
La vigilia della sua passione, mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Se offriremo il pane all’affamato, se sazieremo chi è digiuno, brilleremo come il meriggio nell’oscurità (cf Is 58,10).
 
Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Saldo è il nostro cuore perché confida nel Signore, la Vite vera piantata dal Padre (cf Sal 112/111,8; Gv 15,1).
 
Fate questo in memoria di me.
Nella santa Eucaristia, non sappiamo altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso (cf 1Cor 2,2).
 
Mistero della fede.
Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta.
 
Celebrando il memoriale della nostra riconciliazione annunziamo, o Padre, l’opera del tuo amore. Con la passione e la croce hai fatto entrare nella gloria della risurrezione il Cristo, tuo Figlio, e lo hai chiamato alla tua destra, re immortale dei secoli e Signore dell’universo.
Egli è venuto a noi in debolezza e trepidazione e il suo vangelo non si basò su discorsi di sapienza  (cf 1Cor 2,3).
 
Guarda, Padre santo, questa offerta: e Cristo che si dona con il suo corpo e il suo sangue, e con il suo sacrificio apre a noi il cammino verso di te.
Egli è il testimone fedele, l’esegeta del Padre che parla a noi nei segni della Santa Cena (cf Ap 1,5; Gv 1,18).
 
Dio, Padre di misericordia, donaci lo Spirito dell’amore, lo Spirito del tuo Figlio.
Lo Spirito del tuo Figlio viene in aiuto alla nostra debolezza e ci fa invocare il tuo Nome santo (cf Rm 8,26).
 
Fortifica il tuo popolo con il pane della vita e il calice della salvezza; rendici perfetti nella fede e nell’amore in comunione con il nostro Papa … , il Vescovo … , le persone che amiamo e che vogliamo ricordare … tutte le persone alle quali abbiamo promesso la nostra preghiera.
Siamo il sale della terra, custodito dal Santo Spirito perché non perdiamo il sapore della fede (cf Mt 5,13).
 
Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa’ che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e dei sofferenti.
Siamo la luce del mondo se ci lasciamo illuminare dalla Parola del Padre dei poveri (cf Mt 5,14; Gb 29,16).
 
La tua Chiesa sia testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo.
Con la forza della nostra testimonianza fondata sullo Spirito, accendiamo la lucerna della fede per offrirla al mondo come Chiesa che serve (cf Mt 5,15).
 
Ricordati anche dei nostri fratelli che sono morti nella pace del tuo Cristo, e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede … NN … ammettili a godere la luce del tuo volto e la pienezza di vita nella risurrezione;
concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna, dove tu ci attendi.
 
In comunione con la beata Vergine Maria, con gli Apostoli e i martiri, e tutti i santi innalziamo a te la nostra lode nel Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.
PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO PADRE ONNIPOTENTE, NELL’UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.
 
Padre nostro in greco (Mt 6,9-13)
Idealmente riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo, dicendo:
 

Padre nostro, che sei nei cieli,
Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,
sia santificato il tuo nome,
haghiasthêto to onomàsu,
venga il tuo regno,
elthètō hē basilèiasu,
sia fatta la tua volontà,
genēthêtō to thelēmàsu,
come in cielo così in terra
hōs en uranô kài epì ghês.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,
e rimetti a noi i nostri debiti,
kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn
e non abbandonarci alla tentazione,
kài mê esinènkēs hēmâs eis peirasmòn,
ma liberaci dal male.
allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

 
Antifona alla comunione Mt 5,16: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
 
Dopo la comunione
 
Preghiamo. O Dio, che ci hai resi partecipi di un solo pane e di un solo calice, fa’ che uniti al Cristo in un solo corpo portiamo con gioia frutti di vita eterna per la salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
Benedizione e saluto finale
 
Il Signore è con voi oggi e sempre                           E con il tuo spirito!
Il Dio che ci invia a spezzare il pane con gli affamati, sia sempre davanti a noi per guidarci,          Amen!
Il Dio che nel Crocifisso rivela al mondo la sua impotenza, sia dietro di voi per difendervi.
Il Dio che è il Sale e la Luce del mondo, sia accanto noi per confortarvi e consolarci.   
E su tutti voi, che avete partecipato a questa liturgia nel segno di Gesù Ebreo per sempre, Figlio di Donna, Padre della Pace e Figlio dell’Uomo tra gli uomini, discenda dal cielo la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!
 
L’Eucaristia termina come rito, l’Eucaristia inizia come vita.
Andiamo nel mondo e portiamo frutti di pace e di rinascita!
Rendiamo grazie a Cristo, il Figlio diletto del compiacimento del Padre.
_________________________
© Domenica 5a del tempo ordinario-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova
[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]
Paolo Farinella, prete – 06/02/2011 - San Torpete - Genova
 
 
DOPPIO APPUNTAMENTO A GENOVA E A RAPALLO
 
Accademia dei Virtuosi
Ensemble della Scuola Giuseppe Conte
e Cappella Musicale della Chiesa di San Torpete in Genova.
 
Luca Franco Ferrari, Direttore
 
Donne in musica. Compositrici, intellettuali e virtuose nella storia della musica sacra europea.
2 - L’apoteosi.
 
Isabella Leonarda (1620-1704), Litanie della Beata Vergine Maria
 
SABATO 12 FEBBRAIO 2011, ore 17,30
Chiesa di San Torpete, Piazza San Giorgio, Genova
 
DOMENICA 13 febbraio 2011, ore 16,30
Oratorio dei Bianchi o della Santissima Trinità, vico della Rosa, Rapallo (GE)
Replica realizzata con il sostegno della Provincia di Genova, Assessorato alla Cultura.
 
Per info sui CONCERTI DI SAN TORPETE 2010-2011 V EDIZIONE
visita il programma completo sul sito: www.musicaeculturasantorpete.com
 


[1] Ritornello di «Se un uomo», canto paraliturgico degli anni’60.
[2] La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.
[3] Mt prende alla lettera il testo della LXX: Mosè «anèbē eis to òros» (Es 19,3) e lo applica tale e quale a Gesù che «anèbē eis to òros» (Mt 5,1).
[4] Al tempo di Gesù il sale era utilizzato nei forni come catalizzatore del calore: dopo circa un anno veniva buttato via perché ormai inservibile in quanto andavano perdute le capacità di catalisi. «Il sale è l’elemento più prezioso della terra, perché tutto ciò che essa produce ha sale e solo i sali minerali che nutrono l’umanità, allo stesso modo anche il cristiano deve produrre frutti di sale, come dice espressamente Mc 9,50: Abbiate sale in voi stessi e vivete in pace tra di voi» (Bibbia
[5] Il moggio era un mobiletto, un mastello che poggiava su tre o quattro piedi, per cui «sotto il moggio» è equivalente a «sotto il letto» come dice espressamente Mc 4,21 (cf Lc 8,16; Mt 11,33).
[6] Un allusione a questa immagine si ha anche nel Vangelo apocrifo di Tommaso (n. 32): «Gesù disse, “Una città costruita su un’alta collina e fortificata non può essere presa, né nascosta”».
[7] Il detto sulla luce posta sul moggio è conosciuta dalla tradizione giudaica, tra la fine del sec. I e l’inzio del sec II d. C., epoca del Rabban Gamaliele (cf Talmud B. Shabbàt 116b) dove si narra una parodia sarcastica di Mt 5,15-16 giocando sulle parole ebraiche: «Hòmer – moggio» e «hàmor – asino» (cf testo in E. E. Urbach, Les Sages d’Israël, 315-316).
[8] Nel cortile delle donne nel tempio di Gerusalemme vi erano quattro stanze, in una delle quale erano custoditi il vino, l’olio e il sale necessari ai riti sacrificali. Le altre stanze servivano a conservare la legna per il fuoco; a ricevere i lebbrosi per la dichiarazione di guarigione e nell’ultima si ricevevano i «nazirei», coloro cioè che facevano voto di non tagliarsi barba e capelli per un certo periodo.


Mercoledì 02 Febbraio,2011 Ore: 14:20
 
 
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