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www.ildialogo.org Domenica 3a del tempo ordinario – A - 23 gennaio 2011,di Paolo Farinella, prete

Domenica 3a del tempo ordinario – A - 23 gennaio 2011

di Paolo Farinella, prete

Con la domenica di oggi, 3a del tempo ordinario, inizia la lettura quasi continua del vangelo di Matteo attribuita dalla liturgia all’anno-A del ciclo ordinario. Questa lettura continua sarà sospesa in Quaresima e durante tutto il tempo pasquale per riprenderlo subito dopo Pentecoste e fino all’Avvento, quando comincerà l’Anno-B. La liturgia di oggi ci offre tutti gli elementi essenziali per introdurci al vangelo di Matteo. Nella 1a lettura infatti, troviamo una profezia di Isaia, parte della quale avevamo proclamato nella veglia di Natale. La profezia riguarda il Messia escatologico atteso da Israele con il compito di radunare «le pecore disperse d’Israele» (Ez 34,5-6; Mt 15,24; 10,6; cf Zc 13,7) per ricomporre l’unità del gregge (Gv 10,11-18; 17,21).
Questa unità è molto fragile perché è sempre a rischio come dimostra la 2a lettura tratta dalla 1a lettera ai Corinzi, divisi in partiti e gruppi contrapposti e in competizione tra loro. San Paolo è drastico a riguardo e riporta tutto al cuore della fede: Cristo è uno solo e non può essere frammentato per interessi o calcoli o travisamenti anche di ordine morale. L’unità è il bene prezioso della Chiesa perché è il segno distintivo della testimonianza. Come può credere il mondo se i cristiani sono divisi tra loro? Quale senso ha «Cristo» annunciato come luce alla «Galilea delle genti» che vive nelle tenebre, se ognuno lo manipola secondo i propri fini e interessi?
Il tema è attualissimo perché oggi la Chiesa universale e cattolica in particolare si trova in una situazione ancora peggiore di quella dei Corinzi. Oggi nella Chiesa non vi sono solo partiti, ma anche fazioni, sottofazioni e il disorientamento è allucinante, se anche un papa, pur rispettando la lettera dei documenti, si oppone e vanifica lo spirito e la forza dirompente di un concilio ecumenico, il Vaticano II, che per la prima volta ha visto e contemplato veramente la «novella pentecoste» della Chiesa, convocata nell’assise conciliare. Tutta la Chiesa era presente, tutta la Chiesa ha riflettuto, tutta la Chiesa ha deciso e un papa, Paolo VI, ha attuato nella scia del concilio e spesso andando oltre la lettera superata dagli eventi, cioè dalla forza dirompente degli effetti del concilio.
L’ignaro popolo di Dio oggi è scandalizzato e molti si allontanano dalla Chiesa cattolica in due modi: restando senza tenere conto di ciò che il magistero dice che è la forma peggiore di vanificazione perché è l’indifferenza del disprezzo: il papa dica quello che vuole, noi agiamo secondo la nostra coscienza. L’altra forma è l’abbandono fisico e formale: molti chiedono di essere addirittura cancellati dal registro del battesimo per affermare apertamente un dissenso netto e una contrapposizione radicale. Attorno a noi, vediamo un grande disagio che cammina insieme ad un grande amore per la Chiesa. Spesso si ha la sensazione che la gerarchia voglia tanto camminare alla testa del gregge da non accorgersi che questi ha cambiato direzione ed è andato per un’altra strada, lasciandola da sola. Oggi assistiamo al divorzio della gerarchia dal proprio popolo.
Bisogna ritornare alla Scrittura e mettersi alla scuola di Gesù, rabbi itinerante che viene a fare il suo invito di conversione anche a noi. Qui è il cuore del vangelo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17). I vangeli sinottici (Mc, Mt e Lc) sono unanimi: la prima parola che Gesù pronuncia all’inizio del suo ministero itinerante è l’invito alla «conversione», cioè alla novità radicale del cuore perché la conversione concerne il «pensiero» e quindi l’essenza stessa dell’esistere. Procediamo con ordine introducendo il vangelo di Mt.
I vangeli canonici, cioè quelli riconosciuti come ispirati, sono quattro: Mt, Mc, Lc e Gv. Il vangelo di Mt è il primo della lista perché si riteneva che Mc ne fosse una specie di riassunto. Gli studi biblici però degli ultimi tre secoli, ma definitivamente sdoganati dal concilio ecumenico Vaticano II, hanno dimostrato che il vangelo di Mc è il primo in ordine cronologico e che sul suo canovaccio sono stati costruiti anche Mt e Lc. Questi «tre vangeli si chiamano “sinottici”[1], perché, per lo più, presentano la stessa materia, nello stesso ordine, ed è possibile seguirne “con un solo sguardo” il racconto, se li si dispone su colonne parallele. Il loro schema differisce profondamente da quello del vangelo di Giovanni»[2].
«In ordine cronologico, il 1° vangelo è Mc che è lo schema-canovaccio di cui si servono Mt e Lc[3]«viaggio» di fede. Lc stesso infatti organizza tutto il vangelo come un «viaggio» di Gesù da Nazaret a Gerusalemme e, per questo viene usato nel catechismo rivolto ai ragazzi che si apprestano al sacramento della confermazione. c) Mt è il vangelo del catechista, colui cioè che da catecumeno è diventato discepolo e ora si appresta a formare gli altri ad innamorarsi di Gesù e viene usato nella catechesi dei giovani e degli adulti. In tutto il vangelo, Mt presenta Gesù come «maestro», sempre nella posizione di docente: seduto che insegna ai suoi discepoli e alle folle (cf Mt 5,1-2), secondo il costume dei rabbini ebrei.. Uno schema catechetico, potrebbe essere questo: a) Mc è il vangelo dei catecumeni, cioè aiuta a scoprire Gesù per la prima volta e, per la sua immediatezza e vivacità, viene usato nel catechismo rivolto ai bambini dai 6 agli 8 anni. b) Lc è il vangelo del discepolo che è il catecumeno che ha deciso di seguire Gesù nel suo
Mt scrive per i cristiani che provengono dall’ebraismo e quindi hanno una consuetudine storica e liturgica con l’AT, di cui si nutrono e da cui hanno imparato ad attendere il Messia che l’autore presenta come manifestato nella persona di Gesù di Nazaret. Nel vangelo infatti ricorre come un ritornello l’espressione «perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo di…» o simili (cf  Mt 1,22; 2,5.15.17.23; 12,17; 13,35; 21,4). In origine forse del vangelo di Mt esisteva una prima stesura in aramaico databile tra il 40 e il 50 d.C., ma a noi è pervenuto solo un testo in greco scritto dopo l’anno 70, l’anno della distruzione di Gerusalemme, ma su materiale più antico e su tradizioni preesistenti: è il vangelo che il concilio di Trento  (Sessione IV, 8 aprile 1546, DS 1502-1503) collocò come primo considerandolo il vangelo più completo. Entriamo dunque nel mondo di Matteo, con l’aiuto dello Spirito Santo che invochiamo come Maestro e nostro Catechista, proclamando insieme l’antifona d'ingresso (Sal 95,1.6): Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra; splendore e maestà dinanzi a lui, potenza e bellezza nel suo santuario.
 
Spirito Santo, tu sei il futuro glorioso della Galilea delle genti perché la converti,    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la grande luce che illumina il popolo che cammina nelle tenebre,         Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu moltiplichi la gioia e aumenti la letizia di chi cerca il Signore,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu spezzi il giogo di tutti gli aguzzini che prosperano sulla terra,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il tremore che vince il timore di chi sta davanti al Signore,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu alimenti la ricerca del cuore finché non trova il volto di Dio,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la bellezza contemplata del Signore che abita in chi ti cerca,    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la terra dei viventi che fai abitare nella casa del Signore,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu crei e generi unità nella Chiesa perché non vi siano divisioni,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il fondamento della perfetta unione del pensiero e del sentire, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ricomponi sempre il copro di Cristo spezzato dal superbia umana,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu consacrasti l’apostolo Paolo alla predicazione e non alla ritualità, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu accompagnasti Gesù ad iniziare il suo ministero nella Galilea pagana,       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu fai vedere la vicinanza del Regno che sollecita alla conversione,  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ispirasti i fratelli Simone ed Andrea a diventare pescatori di umanità,        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ispirasti Giacomo e Giovanni a lasciare il padre per seguire il Figlio,          Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la forza con la quale Gesù guariva ogni sorta di malattia e infermità, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci convochi all’Eucaristia perché esercitiamo il ministero profetico,           Veni, Sancte Spiritus!
 
L’attività pubblica di Gesù, per Mt comincia dopo che «Giovanni era stato arrestato» (Mt 4,12), quasi a proseguirne la missione e a raccoglierne il testimone. «Nessun uomo è un’isola»[4], nemmeno Dio che quando entra nella storia e inizia l’avventura del Regno, si avvale di ciò e di chi c’era prima di lui. Nessuno è inutile nella storia della salvezza perché ognuno è indispensabile in quanto parte di un tutto. Gesù in un primo tempo fu probabilmente discepolo di suo cugino Giovanni. Si distaccò ben presto da lui perché la sua predicazione era più attinente ad un Dio che esercita il giudizio come una catastrofe, mentre egli viene ad predicare «un anno di grazia» (Lc 4,19; Is 61,2) come tempo supplementare di misericordia e di conversione: solo in una relazione dinamica si può stare davanti a Dio e Dio accetta di stare davanti a noi solo in una dimensione di libertà.
 
(greco)[5]
Èis to ònoma
toû Patròs
kài Hiuiû
kài toû Hagìu Pnèumatos
Amèn.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e del Santo Spirito
 
Oggi cominciamo un cammino di conoscenza attraverso il vangelo di Mt, come annuncio agli Ebrei. Oggi prendiamo coscienza che Dio ci affida la sua Parola come strumento di lettura della nostra vita e della sua. Oggi noi c’interroghiamo: quale posto occupa la Parola nella nostra vita? Come cristiani siamo invitati ad essere «il sale della terra» (Mt 5,13), ma il sale deve avere in sé il sapore, altrimenti non serve a nulla. Esaminiamo il nostro cuore e facciamo posto alla Parola affinché anche noi possiamo scrivere il nostro vangelo con la nostra vita.
 
[congruo esame di coscienza]
Signore, spesso ci ostiniamo a stare nel buio per non vedere la luce, abbi pietà di noi,        Kyrie, elèison!
Cristo, che convochi la Chiesa all’unità, perdona la nostra rincorsa alle divisioni,    Christe, elèison!
Signore, che ci chiami a conversione, ammorbidisci la durezza del nostro cuore                 Pnèuma, elèison!
 
Dio Padre onnipotente che manda il Figlio a cominciare il pellegrinaggio sulla terra dalla regione pagana di Galilea, che convoca i popoli e le singole persone alla mensa della conversione come appello di libertà e di comunione, che si dissocia dalla severità di Giovanni Battista per dispensare la medicina della misericordia, per i meriti di Isaia il santo profeta dell’evangelo della consolazione, per i meriti di Giovanni Battista che ebbe il merito di indicare l’Agnello di Dio, per i meriti di Paolo l’apostolo dell’unità della Chiesa nella verità, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
 
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI…
e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente [breve pausa 1-2-3].
 
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]
 
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]
 
Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Preghiamo (colletta): O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli Apostoli, fa' che le nostre comunità, illuminate dalla tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dalle tenebre anelano alla luce. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo. Per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Mensa della Parola
Prima lettura Is 8,23b- 9.1-3 Il binomio luce-tenebra è costante nella Bibbia, dalla prima pagina della Genesi alla Prima Lettera di Giovanni (2,9) dove diventa sinonimo del binomio amore-odio. La 2a parte della 1a lettura è stata proclamata nella veglia di Natale. Il profeta descrive la deportazione degli Ebrei di Galilea a Babilonia. E’ l’anno 732 a.C. Le tenebre sono reali perché era uso accecare con ferri roventi i prigionieri per impedire loro di fuggire o organizzare rivolte. Su questo sfondo di morte e di tenebra, il profeta alza lo sguardo verso il futuro escatologico sul cui sfondo contempla la felicità portata dal Messia (cf Mt 4,12-17; Lc 1,76’79; Ef 5,8-14). Il NT farà proprie le parole di Isaia e dirà che Cristo è luce delle genti perché porta la salvezza come liberazione, ma anche perché l’accompagna con un afflato etico nuovo che coinvolge le scelte di vita tra la luce del bene e le tenebre del male. L’Eucaristia è la scuola che ci prepara ad essere strumenti e segni di luce.
 
Dal libro del profeta Isaia 8,23b- 9.1-3
8,23b In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. 9,1 Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2 Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian. – Parola di Dio.
 
Salmo responsoriale 27/26, 1; 4; 13-14. Salmo di fiducia e di lamento si divide in due parti nette: a) nei vv 1-6 domina il tema di fiducia e di abbandono che si sviluppa in quello centrale della «ricerca di Dio»; b) nei vv. 7-14 prevale il tema del lamento che la liturgia non riporta. Le due parti però sono bene legate tra loro da altri temi come la salvezza, gli avversari, il cuore, la ricerca, la vita. Nella liturgia ebraica questo salmo è pregato negli ultimi dieci giorni del mese di Elùl che introduce a Yom Kippùr. Dio concede a Israele un tempo per prepararsi all’incontro del giudice che condona i peccati. Secondo la mistica ebraica nel mese di Elùl «il Re è nel campo» per farsi trovare e realizzare il sogno della sposa del Cantico dei Cantici: «Io sono per il mio amato ed il mio amato è per me» (Ct 6,3). Tutto ciò si compie misticamente nell’Eucaristia.
 
Rit. Il Signore è mia luce e mia salvezza.


1. 1 Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò paura? Rit.
2. 4 Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario. Rit.
3. 13  Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
14 Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.


 

 
Seconda lettura 1 Cor 1,10-13.17.La comunità cristiana di Corinto, a cui Paolo era legato in modo particolare, ha provocato sempre grandi sofferenze all’apostolo, di cui abbiamo testimonianza nelle due lettere sopravvissute e forse in una terza andata perduta. Una delegazione di Corinzi (cf 1Cor 16,17) raggiunge Paolo, che soggiornava ad Efeso, per esporgli i problemi sorti nella comunità (v. didascalia alla 2a lettura della domenica 2a del tempo ordinario-A). Paolo risponde con la lettera prima ai Corinzi. Il brano di oggi affronta il tema degli scismi e delle divisioni che si sono formalizzate in fazioni attorno a figure significative, Paolo, Pietro, Apollo, ecc. Paolo liquida immediatamente la fazione nata intorno al suo nome, riportando al centro dell’attenzione il «vangelo della Croce», cioè la centralità di Cristo. Non può esistere una chiesa che non sia di Cristo. Le fazioni nella Chiesa nascono quando ci si ferma alla persona del ministro e si perde di vista la persona di Gesù. Un elemento importante e di grande attualità sta nel v. 17 dove Paolo liquida l’aspetto rituale a vantaggio del ministero della parola: «Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo». E’ questo il motivo per cui nella celebrazione eucaristica la Parola deve avere l’onore che le compete perché solo la parola dà senso al rito che da solo diventa ritualismo magico.
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1,10-13.17
10 Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. 11 Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. 12 Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo!». 13 E’ forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo? 17 Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. - Parola di Dio.
 
Vangelo Mt 4,12-23. Con il brano del vangelo di oggi inizia la lettura ciclica del vangelo di Mt, assegnato all’anno liturgico A, durante il quale la liturgia espone più dettagliatamente gli aspetti catecumenali della catechesi e della Parola. Il vangelo della vita pubblica di Gesù inizia con un trittico che comprende il ministero di Giovanni il Battista (3,1-12) che è stato letto in Avvento, il battesimo (3,13-17) su cui abbiamo riflettuto nella domenica dopo l’Epifania e le tentazioni di Gesù (4,1-11) su cui ci soffermeremo in quaresima. Con il brano di oggi che segue i precedenti si descrive l’inizio dell’attività di Gesù in Galilea, la regione nord della Palestina. Esso si compone di due parti: a) i vv. 12-17 che attualizzano la profezia di Isaia riportata per esteso nella 1a lettura odierna; e b) vv. 18-22 che riportano la chiamata dei primi quattro discepoli. Per Mt che scrive per i cristiani giudei, Cristo è il compimento escatologico delle profezie. Per questo ministero messianico, egli convoca alcuni testimoni, come prescrive la Toràh (cf 2Cor 13,1; Mt 18,16; Dt 17,6; 19,5) perché possano essere garanti delle sue parole e dei suoi gesti. E’ l’Eucaristia che ci converte perché possiamo essere abilitati a testimoniare la Persona di Gesù che viene a radunare la nuova umanità del Regno di Dio.
 
Canto al Vangelo Mt 4,23
Alleluia, alleluia. Gesù predicava il vangelo del Regno / e guariva ogni sorta di infermità nel popolo.
 
Dal Vangelo secondo Matteo 4,12-23
Quando Gesù 12 seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13 lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: 15 «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! 16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitano in regione e ombra di morte una luce è sorta». 17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». 18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19 E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca. insieme a Zebedèo, loro padre, riparavano le loro reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 23 Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. - Parola del Signore.
 
Spunti di omelia
Il vangelo di Matteo ci accompagnerà nel nostro cammino, attraverso la liturgia domenicale, per tutto l’anno nel periodo del tempo ordinario. E’ necessario pertanto dire qualcosa d’introduttivo sull’intera opera: creare il quadro di riferimento di tutti i singoli brani che faremo domenica dopo domenica. Oggi cerchiamo di vedere il mosaico nel suo complesso, riservandoci ogni domenica di esaminarne in frammento.
Il testo che noi possediamo è scritto in greco e non dice chi è l’autore: il nome Matteo non vi compare. I quattro vangeli canonici, infatti, rigorosamente parlando, sono «anonimi»; essi riportano una intestazione che deriva dalla tradizione e sono chiamati vangelo «katà Maththàion», «katà Màrkon», «katà Loukân». «katà Iōànnēn». La traduzione italiana della preposizione «katà» è «secondo» che tradotta letteralmente significa «alla maniera di» per cui avremo «Vangelo alla maniera di Matteo, alla maniera di Marco, alla maniera di Luca e alla maniera di Giovanni» oppure si potrebbe dire anche vangelo «secondo la prospettiva di… Matteo, di Marco, di Luca, di Giovanni».  Già questa intestazione è un avvertimento, una messa in guardia a stare attenti perché ci troviamo di fronte a quattro prospettive diverse o a quattro angolazioni differenti.
Non si possono leggere i quattro vangeli come se fossero un’unica trattazione, o peggio come se fossero una cronistoria della vita di Gesù. Non è possibile tracciare una vita di Gesù e tutti coloro che ci hanno provato, hanno fallito perché alla fine l’unica vita possibile di Gesù a cui possiamo e dobbiamo fare riferimento è la quadruplice prospettiva dei vangeli, che noi conosciamo «alla maniera di» Matteo che non è la stessa di Marco o di Luca o di Giovanni. E’ la testimonianza che la Scrittura per i primi cristiani non era qualcosa di morto, un deposito da custodire, ma era una parola viva capace di descrivere lo stesso volto in quattro forme diverse, in funzione cioè dei gruppi a cui era diretta. La Parola di Dio non è asettica e non cade dal cielo come una struttura organica e inviolabile: essa è Parola incarnata che si adatta alla mentalità e alla lingua dell’uditore. E’ Dio che si mette al passo dell’uomo e non viceversa.
L’attribuzione dei singoli vangeli ai nomi degli evangelisti deriva dalla tradizione[6]. La stessa tradizione unanime identifica l’autore del 1° vangelo in Matteo uno dei dodici apostoli di Gesù. Il fatto di attribuire uno scritto a qualcuno degli apostoli ne determinava l’autorità e la credibilità. Il nome «Matteo» che in ebraico significa «dono di Dio» (Matthàion) è sempre presente negli elenchi dei Dodici scelti da Gesù (cfr Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 6,15; At 1,13) con una qualifica particolare: è un «pubblicano» (Mt 10,3), cioè un esattore delle imposte per conto dell’occupante romano (cf Mt 9,9)e per questo ritenuto due volte colpevole e disprezzato.
Il popolo odiava i «pubblicani» che venivano considerati «impuri» e quindi in stato permanete di peccatori. Gesù lo chiama al suo seguito e lo trasforma in un «apostolo»: «Andando via di là, Gesù vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi!”[7]. Ed egli si alzò e lo seguì» (Mt 9,9). Siccome Gesù quando chiama Matteo si trova nella città di Cafarnao in Galilea (nord della Palestina; cfr Mt 9,1-8; Mc 2,1-12), patria di Pietro, si può dedurre che anche Matteo esercitasse il suo esecrabile mestiere nella stessa città, posta appunto «presso il mare» (Mt 4,13; cfr Mc 2,13-14).
Partendo dalle frammentarie notizie della tradizione (v. nota 5), specialmente di San Girolamo e di Origene, alcuni studiosi hanno pensato che Mt avesse scritto un primo vangelo in ebraico o meglio in aramaico[8] di cui il testo greco è una traduzione. Le cose non stanno così e bisogna fare chiarezza, in modo molto semplice, data la complessità delle questioni. Innanzitutto bisogna acquisire definitivamente che i vangeli non sono opere asettiche o storiche scritte a tavolino, ma sono il risultato finale di una stratificazione di decenni che a sua volta è frutto di una tradizione orale inizialmente avvenuta in lingua aramaica e che mano a mano viene messa per iscritto lentamente e in forma anche disordinata. I vangeli non sono opere nate appositamente nell’ambito di una programmazione editoriale. Al contrario sono tutti scritti occasionali e tutti scritti non per soddisfare le curiosità legittime o morbose dei posteri, ma per rispondere alle necessità e all’urgenza della predicazione immediata. L’ipotesi più probabile della formazione dei vangeli, in forma molto schematica, è la seguente:
1)      Gesù inizia la sua predicazione e la sua attività pubblica di rabbì itinerante intorno all’anno 28 d. C. (essendo nato intorno al 7 a.C. ha circa 35 anni).
2)      Nessuno raccoglie le sue parole o registra le sue azioni, ma «le folle erano stupite del suo insegnamento» (Mt 7,28; Mc 1,22).
3)      Nell’anno 30 circa Gesù muore all’età di 37 anni circa, non lasciando alcuno scritto. Nasce la Chiesa (libro degli Atti di Lc).
4)      Dopo la Pentecoste descritta in At 2, gli apostoli iniziano a predicare che Gesù è il Messia d’Israele e testimoniano ciò che hanno visto e ciò a cui hanno assistito. Tutto ciò accade esclusivamente all’interno dell’ebraismo per cui la prima predicazione apostolica si rivolge agli Ebrei. La prima comunità cristiana è giudea e la prima predicazione avviene in aramaico e/o in ebraico. Nessuno può escludere anche che i primi scritti siano stato composti in queste lingue: l’ebraico che era la lingua sacra della Parola di Dio oppure l’aramaico che era la lingua comune parlata dalla gente. Forse è a questo livello che nella comunità giudeo-cristiana si mette per iscritto un primo resoconto della vita di Gesù in aramaico che non ci è pervenuto.
5)      Avviene un fatto nuovo: insieme ad alcuni Ebrei, anche alcuni Greci credono in Gesù (cf At 10,1-48). Comincia una comunità «mista» ebraico-pagana come è descritta in At 6,1-8.
6)      Con i viaggi e le iniziative dei credenti il Nome di Gesù e coloro che credono in lui si diffondono sia in Palestina che fuori, anche in Grecia e nell’Anatolia (attuale Turchia). Iniziano a circolare con ogni probabilità in forma autonoma e libera, forse come pro memoria, elenchi di miracoli, di parabole, di detti di Gesù che i predicatori usavano nella loro attività. Nascono le «tradizioni» letterarie/catechetiche.
7)      Intanto inizia l’apostolo Paolo si converte nell’anno 34 (circa 4 anni dopo la morte di Gesù)[9] e dopo un soggiorno di alcuni anni in Arabia (34-36/38) ritorna ad Antiochia di Siria dove insieme con Barnaba comincia la sua intensa e immensa attività apostolica con viaggi in Palestina e fuori, narrati negli Atti di Luca.
8)      Viaggiando, l’apostolo Paolo non può essere presente in tutte le comunità da lui fondate o visitate per cui mantiene il collegamento tra le diverse comunità attraverso le lettere che sono quindi scritti non organici, ma occasionali, in funzione della situazione o dei problemi emersi nel frattempo.
9)      Tra gli anni 50 e 52 da Corinto vedono al luce le due lettere ai Tessalonicesi; tra il 54 e il 58 ad Efeso quelle ai Filippesi, la 1 e 2 Corinzi e quella ai Galati; da Corinto la lettera ai Romani. Queste lettere circolano tra le chiese e naturalmente diffondono il pensiero di Paolo e della chiesa primitiva.
10) Nell’anno 66 d. C. vi è la prima rivolta ebraica che si conclude con la distruzione del Tempio (29 agosto 70) da parte di Tito che porta a Roma tutto il tesoro del Tempio nel cui atrio l’esercito sacrifica davanti alle insegne romane: il Tempio del Dio d’Israele è profanato per sempre (cf Mt 24,15).
11) Dopo l’anno 70, cioè tra 20 e 10 anni dopo le lettere alcune lettere di Paolo, Marco, che fu discepolo di Paolo e Pietro (At 12,25; 15,39; Col 4,10; 1Tim 4,11; Fil 1,24; 1Pt 5,13), raccoglie le tradizioni di cui dispone e per la prima volta dà forma ad un’opera narrativa che riporta gli insegnamenti di Gesù con le parole e con i gesti. Lo schema di questo scritto primitivo è semplice: a) Predicazione di Giovanni Battista, b) Ministero di Gesù in Galilea prima (v. vangelo di oggi) e in Giudea poi, c) morte e risurrezione.
12) Tra gli anni 75 e gli anni 85 Matteo, proveniente dall’ambiente giudaico e Luca, un greco discepolo di Paolo, partendo dallo schema di Marco che assumono a loro modello letterario, danno forma e contenuto ad altri due scritti di predicazione e di formazione: Mt scrive per i Giudei mentre Lc scrive per i Greci. Sia l’uno che l’altro si avvalgono non solo di Mc, che integrano anche con altre tradizioni che Mc non conosce e di cui loro sono venuti a conoscenza. Lc addirittura dice espressamente di avere fatto «accurate ricerche» (Lc 1,1-4). Questi tre vangeli (Mt, Mc e Lc), poiché hanno la stessa struttura di fondo e sono interdipendenti tra loro, pur essendo tre opere distinte, sono chiamati «sinottici»[10].
13) Il vangelo di Mt non è una traduzione di un eventuale testo anteriore in aramaico, ma è scritto direttamente in greco, ma si vede che chi scrive ha una mentalità e un retroterra culturale giudaico. Con ogni probabilità l’autore del primo vangelo non è Matteo l’apostolo, ma il testo può essere nato all’interno della comunità ebraico-cristiana che aveva nell’apostolo Matteo il suo riferimento. Gli antichi avevano l’onestà di attribuire gli scritti alle figure che in qualche modo lo avevano determinato, influenzato o generato: poiché il vangelo riflette il pensiero e la predicazione dell’apostolo Matteo, è naturale che anche lo scritto redatto da altri vada sotto il suo nome. 
14) Alla fine del sec. I, intorno all’anno 90, vede la luce il IV vangelo che va sotto il nome di Giovanni, con le stesse modalità e le stesse tappe di quello di Matteo: attorno alla predicazione dell’apostolo si forma una comunità che ne riflette e ne sviluppa l’insegnamento. Qualcuno raccoglie questo materiale e dopo diversi processi redazionali che vanno dalla predicazione orale, alla liturgia, alle raccolte parziali, si arriva alla definitiva stesura del testo come lo possediamo noi oggi. Nello stesso periodo in cui nasce il IV vangelo si consuma la separazione ufficiale tra la chiesa nascente e la sinagoga, da cui vengono espulsi i giudei che diventano cristiani. Nasce il canone ebraico che espunge il libro del Siracide perché non pervenuto in ebraico e il libro della sapienza che i cristiani leggevano in chiave messianica. Da questo momento la corrente farisaica che incarna l’ebraismo ufficiale e la chiesa cristiana che si riferisce al giovane rabbi ebreo Gesù di Nazaret, proseguono il loro cammino separatamente e spesso l’uno contro l’altro, con grave danno per noi che abbiamo perso per strada la matrice ebraica delle nostre origini.
15) Il canone cattolico è definito in modo conclusivo solo nel concilio di Trento[11] che si oppone a Lutero che aveva tolto dal canone una serie di libri considerati non ispirati[12] che pubblica l’elenco dei libri ispirati come lo era stato definito dal concilio di Firenze (4 febbraio 1442; DS 1335) che a sua volta aveva preso l’elenco della Bibbia Vulgata di san Girolamo che nel 382 aveva fissato di fatto il canone attuale.
16) In questo canone il vangelo di Matteo è messo al primo posto nella lista dei quattro vangeli riconosciuti come canonici non perché è cronologicamente il primo (lo è Marco), ma perché si credeva che Marco avesse fatto un riassunto di quello di Matteo che così veniva considerato come superiore. Gli studi biblici hanno definitivamente dimostrato che invece è Matteo e Luca che sviluppano il vangelo di Marco adattandolo e integrandolo «katà Maththàion» e  «katà Loukân». Domenica prossima continueremo l’introduzione generale e presenteremo la divisione e la struttura del vangelo di Matteo, esaminando anche il significato semantico e teologico della parola «vangelo».
Una breve parola sul brano del vangelo odierno che è tratto dal capitolo 4 che prepara l’ambiente e il clima per il 1° discorso di Gesù. Gesù inizia il suo ministero itinerante di predicatore. Il luogo che sceglie è già una indicazione programmatica che verificheremo andando avanti: non comincia dalla Giudea (sud) e da Gerusalemme che è la sede del tempio. Al contrario egli comincia dal nord della Palestina, nella regione di Galilea , non solo lontano dai luoghi della religione ufficiale, ma in un territorio che la stessa religione considerava alla stessa stregua di una regione «pagana», tanto che veniva indicata con l’espressione dispregiativa «Galilea delle Genti» (v. 15). Gesù quindi comincia il suo ministero in territorio pagano: va alla ricerca dei lontani e va ad incontrarli a casa loro.
Il brano è un «sommario», cioè offre sinteticamente un quadro dell’attività di Gesù in un contesto geografico che ne disegna le dimensioni e la portata e mette in evidenza che Gesù è veramente un laico che non ha bisogno di una autorizzazione per prendere decisioni che riguardano non solo la sua vita, ma anche la sua attività pubblica. In un tempo in cui anche gli atei riscoprono la devozione correndo dietro ai preti al fine di averli alleati e i laici credenti abdicano alla loro dignità, preferendo essere minorenni cresciuti, l’atteggiamento di Gesù è dirompente: il suo ministero nasce dalla sua coscienza e dalla sua responsabilità. Per Matteo, la scelta di Gesù di cominciare dalla città di «Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali» (v. 13) è il compimento della profezia di Isaia. Il profeta aveva annunciato la luce per «il popolo che camminava nelle tenebre», mentre Mt modifica il testo e parla di «popolo che giace/dimora nelle tenebre» (Is. 8,23-9,1; cf Mt 4,16) per rafforzare l’idea del radicamento delle regioni siro-palestinesi nel paganesimo. Mentre Isaia usava il binomio «tenebre/luce» solo in riferimento ad Israele, Mt non solo dice espressamente che i Pagani avranno accesso alla stessa luce, ma anche che saranno i Pagani a portare la luce ad Israele.Il Gesù di Mt supera i confini del nazionalismo religioso per impostare un progetto di missione universale, dove nessuno sarà estraneo a Dio. Da qui possiamo dedurre che la predicazione di Paolo nel mondo greco ormai è acquisita.
Più avanti Matteo sempre in questo territorio pagano farà incontrare Gesù è il centurione romano, un non-Ebreo che lo supplica di guarire il suo servo. Di fronte all’apertura dello straniero, Gesù profetizza che i pagani verranno dall’oriente e dall’occidente a sedere a mensa con i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe che sapranno accogliere la novità di Dio meglio dei figli d’Israele (Mt 8,1-13; cf anche Lc 13,28-29). Giovanni Battista radunava intorno a sé solo «puri», al contrario Gesù s’immerge nei territori degli impuri ai quali porta la Parola che li convoca alla mensa dell’intimità con Dio. Per5 sottolineare ancora di più la sua differenza con Giovanni il Battista, Gesù non imporrà alcun rito purificatore e non battezzerà alcuno: egli è il Dio che cammina sulle strade degli uomini per incontrare le persone nel contesto reale della loro vita quotidiana.
L’inizio della predicazione di Gesù non è molto originale se lo confrontiamo con quello di Marco (1,14-15) che è più incisivo, lapidario e coinvolgente:

Mc1,14-15
Mt 4, 12,17
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò in Galilea, predicando il vangelo di Dio, e diceva:
12 Quando Gesù  seppe che Giovanni era stato arrestato,si ritirò nella Galilea, 17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertiteti e credete al vangelo»
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

 
L’Autore sembra compiacersi di questo inizio quasi anonimo perché mette sulla bocca di Gesù le stesse parola di Giovanni il Battista, quasi a sminuire la novità di Gesù: «In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: “Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino”» (Mt 3,1-2). Sembra che Gesù continui in modo lineare l’attività del Precursore, col rischio di apparire lui il discepolo del Battista. Matteo sembra propendere per «l’ermeneutica della continuità» che toglie ogni originalità alla predicazione del nuovo rabbi. Se Gesù è così appiattito sul passato, rappresentato da Giovanni, non si capisce quale è la sua missione e in che cosa consista la sua originalità che si esprime, come sappiamo «nell’ermeneutica della rottura» che passa attraverso il compimento: Gesù compie l’attesa dell’AT, ma va anche oltre e capovolge la prospettiva di ogni teologia che riposa sul «già» senza nemmeno intravedere «il non ancora» del futuro.
Tutto ciò è vero, però sembra che l’autore ne abbia coscienza, perché a questo livello volutamente presenta Gesù che in scena in modo dimesso, quasi banale. Poiché la novità Gesù la porta con il suo 1° discorso che pronuncerà nel capitolo seguente, non ci resta che una soluzione: per dare spazio e forza all’impatto del «discorso della montagna» che si rivela come un capovolgimento radicale alla maniera profetica, Matteo riduce l’effetto e la portata dell’inizio. Prepara lo scenario e il clima perché potente risuonino le parole della montagna. Da un punto di vista letterario, è un ottimo metodo narrativo.
L’invito alla «conversione» è un altro punto essenziale di questo brano e anche di differenza tra la prospettiva giovannea e quella di Gesù. La conversione per Giovanni è legata al battesimo di penitenza, cioè ad un atto rituale di purificazione, Gesù invece lega l’invito alla conversione alla proclamazione del vangelo, rendendola più dolce e redimente perché sulla sua bocca il termine «metànoia/cambiamento-di-pensiero» (v. 17) è realmente un radicale mutamento di pensiero che coinvolge non gli atteggiamenti esteriori, ma la coscienza della singola persona che la Parola di Dio convoca alla salvezza. Per Giovanni prevale il giudizio giudicante di un Dio severo, per Gesù, invece, prevale l’atteggiamento accogliente di un Dio che parla di alleanza.
La vocazione degli apostoli a questo livello ha solo l’obiettivo di dare valore legale alla propria predicazione perché ogni cosa o evento sia stabilito sulla parola di due o tre testimoni (cf Mt 18,16; 2Cor 13,1; cf Dt 17,8; 19,15). Gli apostoli sono così i garanti delle parole di Gesù e i testimoni di ciò che la sua Parola produce. Compito della Chiesa non è altro che garantire che Dio è all’opera nel mondo, chiamando per nome i germi di Spirito santo che sono disseminati su ogni carne (Gl 3,1). La chiamata dei primi discepoli avviene all’interno di relazioni affettive e parentali ben definite: due coppie di fratelli (vv. 18.19), quasi a sottolineare che al fede in lui non genera rapporti burocratici di appartenenza ad un sistema, ma introduce in una realtà affettiva nuova, affine alla parentela di sangue (Mc 3,32-35). Credere nel Signore Gesù significa scoprire dentro di sé il volto e il nome dei fratelli e delle sorelle che abitano il nostro cuore anche a nostra insaputa perché il mondo intero diventa la tenda del convegno che consacra la fraternità come prospettiva e dimensione della divinità.
Se dovessimo sintetizzare questo brano in poche parole, saremmo costretti a dire più o meno così: Gesù non esita a rompere con gli ambienti dei puri che affollavano la religione dei praticanti per aprirsi a coloro che si ritenevano e che socialmente erano lontani dal disegno di Dio. Se Gesù venisse oggi, forse, non metterebbe piede nelle parrocchie, ma andrebbe per le strade ad incontrare tutti coloro che la religione ufficiale espelle in nome della purezza del «deposito della fede». All’inizio del vangelo di Mt, prendiamo atto che Gesù è poco religioso alla maniera tradizionale e molto umano alla maniera divina.
Domenica prossima prima di introdurre le Beatitudini, tratteremo della divisione del vangelo di Mt e dei motivi che la sostengono.
 
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
[breve pausa 1-2-3]
 
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.  [breve pausa 1-2-3]
 
Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.         [breve pausa 1-2-3]
 
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
 
Preghiera dei fedeli [intenzioni libere]
Preghiamo (sulle offerte).  Accogli i nostri doni, Padre misericordioso, e consacrali con la potenza del tuo Spirito, perché diventino per noi sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore. Amen


PREGHIERA EUCARISTICA V/d
LA CHIESA IN CAMMINO VERSO L’UNITA’[13]
 
E’ veramente giusto renderti grazie, e innalzare a te, Signore, Padre buono, l’inno di benedizione e di lode. 
Santo, Santo, Santo tu sei, o Lode d’Israele, ti acclama il coro degli angeli in cielo, ti invoca l’assemblea dei credenti sulla terra.
 
Per mezzo del tuo Figlio, splendore d’eterna gloria, fatto uomo per noi, hai raccolto tutte le genti nell’unità della Chiesa.

Prima di abbracciare la croce offrì se stesso per l’unità del tuo popolo perché fosse segno del tuo amore.
Con la forza del tuo Spirito continui a radunare in una sola famiglia i popoli della terra, e offri a tutti gli uomini la beata speranza del tuo regno.
Cieli e terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto nel tuo Nome colui che viene.
 
La Chiesa risplende come segno della tua fedeltà all’alleanza promessa e attuata in Gesù Cristo, nostro Signore.
Kyrie, elèison, Christe, elèison, Kyrie, elèison! La Chiesa ti loda, ti benedice, ti adora e ti glorifica e con la forza del tuo Spirito ti rende grazie per la tua gloria immensa.
 
Per questo mistero di salvezza ti lodino i cieli ed esulta la terra e la Chiesa unanime proclama la tua gloria: 
Vieni, Signore, e converti la tua Chiesa perché nel mondo splenda come segno della tua benevolenza: rendici santi perché tu sei Santo, o Dio unico d’Israele, o Santa Trinità.
 
Ti glorifichiamo, Padre santo: tu ci sostieni sempre nel nostro cammino  soprattutto in quest’ora in cui il Cristo, tuo Figlio, ci raduna per la santa cena.  Egli, come ai discepoli di Emmaus,  ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.
La tua Parola è la luce che rifulge nelle tenebre sul tuo popolo anche se abita in terra tenebrosa (cf Is 9,1).
 
Ti preghiamo, Padre onnipotente, manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo e il suo sangue. 
Moltiplica la gioia e aumenta la letizia dell’Assemblea che oggi convochi alla mensa della vita (cf Is 9,2).
 
La vigilia della sua passione, mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI:  QUESTO È IL MIO CORPO  OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
O Signore, sei nostra luce e nostra salvezza, il Pane che ci nutre della tua santità e bellezza (cf Sal 27/26,1)
 
Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e bevetene tutti:  questo è il calice del mio Sangue  per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti  in remissione dei peccati. 
Alziamo il calice della salvezza per invocare il tuo santo Nome e cercare il tuo volto (cf Sal 116/115,13).
 
Fate questo in memoria di me.
Il nostro cuore si rinsalda perché spera in te che contempliamo nel santuario della umanità di Gesù (cf Sal 27/26,14)
 
Mistero della fede.
Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta.
 
Celebrando il memoriale della nostra riconciliazione, annunziamo, o Padre, l’opera del tuo amore. Con la passione e la croce  hai fatto entrare nella gloria della risurrezione  il Cristo, tuo Figlio, e lo hai chiamato alla tua destra, re immortale dei secoli e Signore dell’universo. 
Per il mistero della tua morte e risurrezione rendici disponibili all’unità per superare le divisioni che nella Chiesa deturpano il tuo Nome e il tuo Volto (cf 1Cor1,10).
 
Guarda, Padre santo, questa offerta: è Cristo che si dona con il suo corpo e il suo sangue, e con il suo sacrificio apre a noi il cammino verso di te. Dio, Padre di misericordia, donaci lo Spirito dell’amore, lo Spirito del tuo Figlio.
Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e nei secoli. Nessuno lo può dividere senza vanificarne il vangelo (cf Eb 13,8).
Fa’ che la Chiesa locale di… si rinnovi nella luce del Vangelo. Rafforza il vincolo dell’unità  fra i laici e i presbiteri,  fra i presbiteri e il nostro Vescovo …  fra i Vescovi e il nostro Papa …;  in un mondo lacerato da discordie la tua Chiesa risplenda segno profetico di unità e di pace.
Non è Paolo o Pietro ad essere stato crocifisso per noi, ma solo tu, o Signore Gesù che chiami Pietro e Paolo ad essere servi della Chiesa sempre e dovunque (cf 1Cor 1,13).
 
Ricordati anche dei nostri fratelli  che sono morti nella pace del tuo Cristo,  e di tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede: ammettili a godere la luce del tuo volto  e la pienezza di vita nella risurrezione. 
Pellegrini del tuo vangelo di conversione, camminiamo verso la Gerusalemme celeste in attesa di ricomporre la piena comunione dei Santi insieme a coloro che ci hanno preceduto nel segno della tua misericordia (cf Mt 4, 17; Conc. ecum. Vaticano II, Lumen Gentium, cap. VII).
 
Concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna, dove tu ci attendi. 
Ti vedremo come sei, nella Gloria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Unico Dio, Santa Trinità.
 
In comunione con la beata Vergine Maria, con gli Apostoli e i martiri, e tutti i santi,  innalziamo a te la nostra lode  nel Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.
 
Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Padre nostro in greco (Mt 6,9-13)
Idealmente riuniti con gli Apostoli della Chiesa delle origini, preghiamo, dicendo:
 

Padre nostro, che sei nei cieli,
Pàter hēmôn, ho en tôis uranôis,
sia santificato il tuo nome,
haghiasthêto to onomàsu,
venga il tuo regno,
elthètō hē basilèiasu,
sia fatta la tua volontà,
genēthêtō to thelēmàsu,
come in cielo così in terra
hōs en uranô kài epì ghês.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
Ton àrton hēmôn tòn epiùsion dòs hēmîn sêmeron,
e rimetti a noi i nostri debiti,
kài àfes hēmîn tà ofeilêmata hēmôn,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
hōs kài hēmêis afêkamen tôis ofeilètais hēmôn
e non abbandonarci alla tentazione,
kài mê esinènkēs hēmâs eis peirasmòn,
ma liberaci dal male.
allà hriûsai hēmâs apò tû ponērû. Amên.

 
Antifona alla comunione Sal 33,6. Guardate al Signore, sarete raggianti, e il vostro volto non sarà confuso.
 
Dopo la Comunione
Da Fausto Marinetti, L’eresia dell’amore. Conversazioni con don Zeno Saltini[14], Borla Editore, Roma 1999.
 
«Se insegniamo ad essere amati e non ad amare, è un fallimento. Il vero amore è ripetere Cristo. [...] L’amore è la grande ginnastica dello spirito per uscire da noi stessi. L’uomo è un animale che deve trasformarsi in angelica farfalla. Un delitto inculcare nei giovani la cattiveria di schiacciare gli altri: “Studia, fatti una posizione!”. [...] Dovete dare al mondo un figlio giusto, non un egoista. La strada dell’uomo sono le esigenze umane, che si risolvono tutte in un’armonia. Sono belle. Studiare l’uomo è stabilire quali sono le sue esigenze. Studi quelle di uno, scopri quelle di tutti. E questo fa l’uomo sociale, completo, sobrio, fratello di tutti. Quando vedi uno che ha fame, vedi la tua stessa esigenza, vedi te in lui; vedi il volto di Cristo sofferente che ti condanna. È lì la fede. La mente è fatta in maniera che sentiamo i nostri bisogni, non quelli degli altri. Impossibile capire la fame. Dobbiamo illuminare il popolo perché non faccia l’elemosina. Se il bambino impara che ogni uomo ha uno stomaco, diventa rivoluzionario. Il vangelo è semplice ed entra nell’anima dei bambini perché incide sulle esigenze, che sono sicure: allora studiamo Dio nell’uomo. [...] Nessuno può negare la fame. Non c’è evidenza più evidente di questa, eppure il popolo non la vede, perché vive nell’ingiustizia, nell’ignoranza. Non è vero che chi ha la pancia piena pensa a chi ce l’ha vuota. È solo con lo spirito che si vede chi non mangia e ci si educa alla generosità. Molti stabilimenti che producono armi, giocattoli, superfluo, sono inutili... In America pagano i contadini per non produrre o per estirpare. Delitti sociali. È lecito non lavorare? No, è peccato. Al giudizio ci dirà: “Avevo fame e non hai prodotto per darmi da mangiare”. Bisogna educare i bambini fin da piccoli a pensare a quelli che non mangiano».
 
Preghiamo. O Dio, che in questi santi misteri ci hai nutriti col corpo e sangue del tuo Figlio, fa' che ci rallegriamo sempre del tuo dono, sorgente inesauribile di vita nuova. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
Benedizione e saluto finale
 
Il Signore è con voi oggi e sempre                           E con il tuo spirito!
 
Il Signore che inizia il suo ministero dalla Galilea delle genti, vi illumini con la sua luce                             Amen!
Il Dio che manda il suo Figlio a predicare la conversione del cuore, vi accolga nella pace.
Il Dio che invia il Servo ad illuminare il popolo disorientato, ci dia l’anelito della testimonianza.
Dio che chiama la chiesa di Corinto a rendere riconoscibile il suo Volto, vi dia la sua forza.
Il Dio che Giovanni annuncia come Agnello immolato, sia sempre davanti a noi per guidarci.
Il Dio che ci ha convocati all’Eucaristia, sacramento di unità, sia dietro di voi per difendervi.
Il Dio che ci dona lo Spirito come germe della giustizia fraterna, sia accanto noi per confortarci.
 
E su tutti voi, che avete partecipato a questa liturgia nel segno di Gesù Ebreo per sempre, Figlio di Donna, Padre della Pace e Figlio dell’Uomo tra gli uomini peccatori, discenda dal cielo la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!
 
L’Eucaristia è terminata come rito, l’Eucaristia inizia ora come vita: andiamo nel mondo e portiamo frutti di pace e di rinascita! Rendiamo grazie a Cristo, il Figlio diletto del compiacimento del Padre.
 
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© Domenica 3a Tempo Ordinario-A – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova
[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]
Paolo Farinella, prete – 23/01/2010 - San Torpete - Genova
 


[1] Da «syn-òràō: insieme vedo» dal tema verbale «op-» da cui «syn-òpsis = con [uno] sguardo». M. J. Lagrange, Sinossi dei quattro Evangeli, Mondadori, Milano 19922; M. Laconi, et al., «Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli», in Logos – Corso di studi biblici, vol 5; Elledici, Leumann-Torino 2002, 315; A. Pitta, Sinossi paolina, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1994; A. Poppi, Sinossi dei quattro vangeli. Greco-Italiano, I (Testo), Padova, Messaggero, 199210; F. J. Schierse, Sinossi dei Vangeli. Traduzione dei principali testi sinottici con paralleli dal Vangelo di Giovanni, dai Vangeli apocrifi e dalla prima letteratura cristiana, Roma, Città Nuova, 1971; J. Schmid, Sinossi dei tre primi evangeli, con passi paralleli di Giovanni, (ediz. ital. a cura di F. Montagnini), Brescia, Morcelliana, 1970.
[2] La Sacra Bibbia, Nuovo Testamento, a cura della Conferenza Episcopale Italiana (conosciuta come «Bibbia CEI» 3a edizione), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, 23; cf G. Segalla, Evangelo e vangeli. Quattro evangelisti, quattro Vangeli, quattro destinatari, EDB Bologna 1992.
[3] «I tre vangeli sinottici… si assomigliano molto fra loro, hanno cioè in comune molto materiale: circa 350 versetti sono uguali in Matteo, in Marco e in Luca: si chiama materiale di “triplice tradizione”; Matteo e Marco hanno in comune circa 170 versetti, Luca e Marco circa 30, Matteo e Luca oltre 240: tutto questo materiale è detto di “duplice tradizione”; inoltre ogni evangelista ha una parte di materiale proprio: Matteo circa 320 versetti, Marco solo 50 e Luca invece oltre 550» (C. Doglio, Introduzione ai Vangeli e all’Apocalisse, Scuola di formazione per laici (pro manuscripto), Genova 1993, 16).
[4] Titolo del famoso libro di Thomas Merton, pubblicato in Italia da Garzanti nel 1998.
[5] La traslitterazione in italiano non è scientifica, ma pratica: come si pronuncia.
[6] Già intorno all’anno 130 Papia, Vescovo di Gerapoli in Frigia (zona centrale dell’Anatolia (attuale Turchia), citato dallo storico Eusebio di Cesarea (265ca. – 340ca.), scrive: «Matteo raccolse le parole (del Signore) in lingua ebraica, e ciascuno le interpretò come poteva» (cf Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, III,39,16). Prima di riportare la citazione di Papia, lo stesso Eusebio afferma: «Matteo, che dapprima aveva predicato tra gli ebrei, quando decise di andare anche presso altri popoli scrisse nella sua lingua materna il Vangelo da lui annunciato; così cercò di sostituire con lo scritto, presso coloro dai quali si separava, quello che essi perdevano con la sua partenza» (Storia Ecclesiastica.,III, 24,6). Lo stesso Eusebio riporta anche una citazione del grande esegeta Origine (185 – 253) che commentando i vangeli, afferma: «Per primo fu scritto quello secondo Matteo, il quale... lo pubblicò per i fedeli provenienti dal Giudaismo, dopo averlo composto nella lingua degli Ebrei» (Cit. da Storia Ecclesiastica, VI, 25, 3-6). Alcuni anni dopo  anche San Girolamo (340 – 419 o 420) afferma che «Matteo, detto anche Levi, da pubblicano fattosi Apostolo, fu il primo di Giudea che scrisse il vangelo di Cristo, nella lingua degli Ebrei, per quelli che si erano convertiti al giudaismo» (De viris illustribus [Sugli uomini illustri], cap. III, in E. Camisani, a cura di, Opere scelte di San Girolamo, Utet,Torino, 1971, vol. I, pp. 114-115).
[7] Anche Marco (cfr 2,13-17) e Luca (cfr 5,27-30) raccontano la chiamata dell’uomo seduto al banco delle imposte, ma lo chiamano «Levi». Il pittore Michelangelo Merisi detto Caravaggio (1571 – 1610) ha saputo esprimere intensamente la drammaticità della chiamata e il capovolgimento della vita del pubblicano Matteo/Levi nel famoso dipinto, conservato a Roma nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
[8] Nel 1955 nella grotta n. 7 di Qumran fu trovato un frammento di papiro siglato come «frammento 7Q5» che alcuni studiosi datarono intorno all’anno 50 d.C. Il frammento misura cm 3,9 di altezza e cm 2,7 di larghezza. Il gesuita spagnolo Joseph O’ Callaghan, esperto papirologo, lo esaminò e, in base alla coincidenza di alcune lettere dell'alfabeto greco credette di trovarsi di fronte ad un brano del Vangelo di Marco: «...perchè non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret...» (Mc 6-52,53). Se un brano di Mc si trova a Qumran nell’anno 50, ciò significa che il vangelo esisteva molto tempo prima e quindi bisognava spostare indietro la datazione dei vangeli che sarebbero stati composti qualche decennio dopo la morte di Gesù. Questa ipotesi però non sta in piedi, in forza di molti altri dati che provengono dagli stessi evangeli.
[9]Oppure nell’anno 36, se Gal 2,1 si riferisce alla conversione dell’apostolo.
[10] Dal greco «syn-òràō – insieme vedo» dal tema verbale «op-» da cui «syn-òpsis = con [uno] sguardo». Se si mettono in parallelo i tre vangeli di Mt, Mc e Lc si scopre facilmente che il vangelo di Mc comprende in tutto 631 versetti, mentre Mt ne ha 1068 e Lc 1149. Dei 631 di Mc ben 600 si trovano in Mt e Lc e solo 31 versetti circa sono esclusivi suoi. Mt oltre ai 600 di Mc ha circa 235 versetti in comune con Lc, e solo 230 suoi propri. Lc infine oltre ai 330 versertti in comune con Mc ne ha 235 in comune con Mt, per cui gli restano 548 versetti propri. Questa somiglianza però non deve ingannare, perché emergono le differenze anche gravi. Si può parlare di vangeli che sono »concordemente discordanti». Per cogliere questa problematica che gli studiosi definiscono «la questione sinottica», basta consultare una qualsiasi «sinossi»: famosa è la Sinossi dei quattro vangeli secondo la sinossi greca del P.M.-J. Lagrange O. P., Morcelliana, Brescia 19705, cui seguì in epoca più recente A. Poppi, Sinossi dei quattro vangeli, Edizioni Messaggero, Padova 1974 (ristampa); A. Pitta, Sinossi paolina, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1994. Per uno sguardo d’insieme succinto e abbastanza abbordabile, cf W. Harrington, Nuova introduzione alla Bibbia, Centro Editoriale Devoniano, Bologna 1975, 479-448.
[11] Sessione IV, 8 aprile 1546, Decretum de libris sacris et de traditionibus recipendis (DS 1502-1503).
[12] Per l’AT sono sette libri: Giuditta, Tobia, 1-2 Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc, Lettera di Geremia oltre alle aggiunte contenute nei libri di Ester e di Daniele, riportate nella Bibbia della Lxx. Per il NT sono sette libri: Lettera gli Ebrei, Lettera di Giacomo, Seconda Lettera di Pietro, Seconda e Terza lettera di Giovanni, Lettera di Giuda e Apocalisse.
[13] Questa preghiera eucaristica forma un tutto unico con il suo prefazio, che non si può mai cambiare: di conseguenza, non si può dire quando è prescritto un prefazio proprio. E’ particolarmente adatta per i formulari delle Messe per varie necessità .
[14] Zeno Saltini nato il il 30 agosto 1900, a Fossoli di Carpi (Mo), a quattordici anni, lasciati gli studi, scelse di lavorare nei poderi della famiglia, entrando così in contatto con la dura realtà dei braccianti. Dopo il servizio militare, l’intenzione di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore, lo portò a laurearsi in legge, e poi a decidere di farsi prete, per cercare piuttosto di prevenire che ci fossero quelli che finiscono in galera. Quando, nel 1931, celebrò la sua prima messa, adottò come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere. Sarà il primo di molti. Dieci anni dopo, una ragazza fuggita di casa accettò di diventare la mamma “di vocazione” dei più piccoli tra gli ospiti di quella strano prete. Anche lei seguita da molte altre. Alla fine della seconda guerra mondiale (durante la quale molti componenti integrarono le file della resistenza antinazista), occupato il campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, don Zeno e i suoi costruirono la loro città. Accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formarono le prime famiglie di sposi, che chiesero a don Zeno di accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli come quelli che sarebbero nati dal loro matrimonio. Nacque così Nomadelfia, che significa "Dove la fraternità è legge". Le pressioni politiche dei partiti di destra e la difficile situazione economica degli anni che seguirono portarono al tentativo di “abolire” Nomadelfia. Il Sant’Ufficio ordinò a don Zeno di lasciare. Costretti ad abbandonare Fossoli, i Nomadelfi si rifugiarono a Grosseto, in una grande tenuta da bonificare, frutto di una donazione. Per restare fedele alla sua famiglia, il prete chiese ed ottenne dal Papa, nel 1953, la rinuncia all'esercizio del sacerdozio. Anni più tardi, quando, nel 1961 i Nomadelfi si diedero una nuova Costituzione come associazione civile, don Zeno chiese alla Santa Sede di riprendere l'esercizio del sacerdozio. Il 22 gennaio 1962 celebrò la sua "seconda prima messa". Il papa, ricevendo i Nomadelfi, nell’agosto 1980, per una “serata” di festa, disse: "Se siamo chiamati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti". Qualche mese dopo, don Zeno, colpito da infarto, moriva a Nomadelfia. Era il 15 gennaio 1981.


Luned́ 17 Gennaio,2011 Ore: 15:39
 
 
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