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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Maria Madre di Dio – A – B - C / 1° Gennaio,di Paolo Farinella, prete

Maria Madre di Dio – A – B - C / 1° Gennaio

di Paolo Farinella, prete

Nel 1969 con la riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II e con la pubblicazione del Messale romano riformato, Paolo VI ha dedicato il primo giorno dell’anno civile a «Maria Santissima Madre di Dio», contro il parere di molti padri conciliari che vedevano in questa scelta un impedimento al cammino ecumenico. La scelta di dare una connotazione marcatamente mariana al giorno dedicato alla «circoncisione» di Gesù non fu indolore perché ricevette le critiche di chi affermava la preminenza cristologica della liturgia. Il papa, dal canto suo, voleva smorzare le critiche di segno opposto: di chi accusava il concilio di avere ceduto alla teologia «protestante», sminuendo in modo eccessivo la figura di Maria[1].
In questo giorno si celebra il Figlio di Dio nato dalla figlia di Sion che lo offre al mondo: il Figlio di Maria, circonciso nell’alleanza della Pace (Nm 25,12; cf 1Mac 8,20.22) che è il nuovo «nome» della salvezza messianica. Il Messia che viene è, infatti, «il Principe della Pace» (Is 9,5); egli porta non una pace esteriore, ma la Pace essenziale, «quella sua» che è il fondamento della giustizia e della fede testimoniata: «Vi lascio la pace, vi do la pace, quella mia. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). Per questo motivo nel 1968, Paolo VI istituì «La Giornata Mondiale della Pace», da celebrarsi ogni anno al 1° gennaio sempre con tema particolare di riflessione. La pace non è un dato acquisito una volta per tutte; essa è «un lascito» un testamento che bisogna attuare e custodire, un impegno da accogliere e costruire lungo tutta la vita: «Vi lascio la pace, quella mia – eirênēn afìēmi hymîn, tēn emên». La pace non è un istinto naturale, ma un comandamento di alleanza ricevuto e accolto che bisogna seminare e coltivare per il mondo presente e quello futuro.
Il capodanno è l’Ottava di Natale e celebra la presentazione di Gesù al tempio per il rito della circoncisione, con cui ufficialmente veniva inserito per sempre e vitalmente nel suo popolo d’Israele e l’imposizione del Nome «Gesù/Ioshuà – Dio salva» che descrive la natura e la missione della sua vita (Lc 1,31; 2,21). Solo la poesia ispirata di Dante ha saputo evocare questa singolare sintesi tra divino e umano: «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio…» (Divina Commedia, Paradiso, XXX, 1). Questa festa è anche un punto d’incontro con le chiese d’oriente che celebrano con grande venerazione la Theotòkos/Madre di Dio.
La prima attribuzione del titolo di Madre di Dio a Maria di Nàzaret è di natura popolare ed è databile immediatamente tra il sec. I e il sec. II d.C., quando si consolida la figura di Maria nell’organizzazione della liturgia della chiesa delle origini. Il concilio di Efeso fu convocato dall’imperatore Teodosio II (401-450) l’11 ottobre 430 e si svolse nella chiesa di San Giovanni dal 22 giugno – 22 luglio 431. Papa a Roma era Celestino I (422-432) e patriarca di Costantinopoli Nestorio (ca. 381- ca. 451). Costui negava la divinità di Gesù e quindi anche la maternità divina di Maria: «Dio ha dunque una madre? Allora non condanniamo la mitologia greca, che attribuisce una madre agli dèi».
Gli rispose e gli si oppose Cirillo di Alessandria il più grande teologo del tempo che rifletteva la teologia del papa di Roma: «La Vergine è madre della divinità? Noi rispondiamo: il Verbo vivente, sussistente, è stato generato dalla sostanza medesima di Dio Padre, esiste da tutta l'eternità... Ma nel tempo egli si è fatto carne, perciò si può dire che è nato da donna». Gesù è il Figlio di Dio ed è nato da Maria. Il concilio di Efeso rifiutò l’eresia di Nestorio e approvò il testo di Cirillo ribadendo la dottrina del concilio di Nicea (325) che aveva affermato l’esistenza nella persona di Gesù delle due nature, divina e umana e dichiarando di conseguenza Maria di Nàzaret «Theotòkos-Madre di Dio»[2]. La fede già professata dal popolo fu sancita dal magistero della Chiesa.
In memoria della dichiarazione di Efeso del 431, Papa Sisto III (432-440) l’anno successivo, nel 432, fece edificare una basilica sull’Esquilino dedicata a Maria, Madre di Dio e conosciuta come S. Maria Maggiore. Essa fu la prima delle chiese erette in Occidente e dedicate alla Vergine. In questa chiesa si cominciò a celebrare il 1 gennaio una festa del Natale di Maria che fu la prima festa di Maria nella liturgia romana. Papa Pio XI per celebrare il 1500 anniversario dell’indizione del concilio di Efeso con l’enciclica Lux Veritatis del 25 dicembre 1931 istituì la festa della Divina Maternità della Beata Vergine assegnandola in memoria all’11 ottobre. Paolo VI la riportò alla data primitiva del 1° gennaio di ogni anno[3].
 L’ottava di Natale coincide anche con l’inizio dell’anno civile che così è messo sotto la protezione della Donna di Nàzaret la quale per grazia di Dio fu scelta come Madre del Creatore e Redentore, Madre e Sorella nostra. L’anno inizia col genere femminile. Sul nuovo anno invochiamo lo Spirito di Dio.
 
Spirito Santo, tu sei la benedizione feconda del Padre e del Figlio,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu fai brillare su Israele e sulla Chiesa il volto di Dio,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu volgi il cuore dei figli verso il volto della Trinità,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu generi in ogni cuore il dono messianico della Pace,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu poni il Nome santo e benedetto di Dio sul suo popolo,                Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu riveli le vie della salvezza alle genti del mondo,              Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu susciti l’esultanza dei popoli che temono Dio,                            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu accompagni il tempo alla pienezza della rivelazione,                   Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu guidasti Maria ad accogliere da donna il Figlio di Dio,                Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai fatto di Maria la Madre di Dio e Madre nostra,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci insegni la via del riscatto dalla legge disattesa,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu gridi nel cuore di ogni persona: «Abbà/Padre!»,                         Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci liberi da ogni schiavitù per farci eredi del Regno,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu suscitasti i pastori ad andare a trovare il Messia,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ispirasti i pastori a riferire lo stupore di quel Bambino,                Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai animato la lode dei pastori che glorificavano Dio,                 Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai rivelato a Maria e a noi il «mistero» del Nome Gesù,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu manifesti a noi che il Bambino Gesù è «Dio che salva»,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu resti con noi per sempre a scaldare il nostro cuore,                    Veni, Sancte Spiritus!
 
Per gli Ebrei il capodanno[4] è il giorno del giudizio che è sospeso per i «meriti della legatura (ebr.: Aqedàh) di Isacco[5]. Il capodanno cristiano si apre all’insegna della maternità che offre al mondo «Colui che viene, Benedetto nel nome del Signore» (Sal 118/117,26; Mt 21,9; 23,39, ecc.). Con l’ingresso del Verbo nel mondo il giudizio di Dio è già dato: «nulla vada perduto di quello che mi ha dato» (Gv 6,39). Iniziamo dunque il nuovo anno, ponendolo e ponendoci sotto lo scudo della benedizione di Dio perché come Maria di Nàzaret possiamo essere capaci di generare relazioni trinitarie ovunque siamo chiamati a vivere:
 

 

 (ebraico)
Beshèm
ha’av
vehaBèn
veRuàch
haKodèsh.
Amen.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e dello Spirito
Santo.
 
«Tutti infatti peccarono e furono privati della Gloria di Dio» (Rom 3,23). All’inizio del nuovo anno civile invochiamo la Gloria e la Maestà di Dio: regnino sempre su di noi e ogni nostra scelta, ogni nostro pensiero, attività, relazione, respiro, impegno, sofferenza, gioia … tutto sia vissuto, condiviso e amato «per la sua gloria immensa». Che ciascuna e ciascuno di noi in questo anno nuovo viva una vita piena come gloria del Dio vivente (Sal 8,3-5). Chiedendo perdono dei nostri peccati e delle nostre insufficienze, vogliamo «confessare» e riconoscere il Signore come nostro Dio, Creatore e Redentore, alla cui volontà, che cerchiamo con serena coscienza, vogliamo adeguarci e scegliere come fondamento della nostra libertà. Riceviamo l’assoluzione che è l’effusione della paternità di Dio su di noi affinché possiamo essere padri e madri di coloro che incontriamo nel nostro cammino. Dio infatti è giusto perché perdona[6].
 
[L’atto penitenziale di oggi è particolare perché impartiamo l’assoluzione sacramentale nella forma comunitaria prevista dal rituale. Dopo la benedizione dell’acqua che richiama il nostro battesimo e l’esame di coscienza che ci richiama l’immagine che Dio ha deposto in noi, verremo davanti al ministro che imporrà le mani e darà l’assoluzione singolarmente. Subito dopo avere ricevuto l’assolu-zione, ognuno si segnerà intingendo la mano nell’acqua benedetta.]
 
Benedizione dell’acqua
Benediciamo l’acqua simbolo della Parola di Dio e della Profezia, come la sua assenza è simboleggiata dalla siccità. Essa richiama la nostra storia della salvezza, dalle acque del Mare Rosso fino all’acqua del nostro battesimo. Il sacramento della riconciliazione dai Padri della Chiesa era chiamato il secondo battesimo o la «seconda tavola della salvezza». Preghiamo Dio Padre, perché nel sacramento della riconciliazione e del perdono rinasciamo alla nuova vita dall’acqua e dallo Spirito Santo.
 
Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito: hai creato l’acqua di vita che purifica.                Gloria a te, o Signore!
Tu hai predicato l’annuncio del regno col vangelo della conversione del cuore                
Fin dalle origini del mondo il tuo Spirito si librava sulle acque della creazione.
Nelle acque del diluvio hai prefigurato la morte e la salvezza del battesimo.                   
Nell’arca di Noè hai anticipato il fonte battesimale, tavola della nostra salvezza.                        
Hai liberato Israele dalla schiavitù facendogli attraversare illeso il Mare Rosso.             
Hai voluto essere battezzato nell’acqua del Giordano, come povero tra i poveri.                       
Dalla croce, hai versato dal tuo fianco sangue ed acqua, Spirito e Profezia.                   
Hai inviato gli Apostoli a battezzare i popoli nel Nome della santa Trinità.                     
Hai perdonato la donna Samaritana e hai avuto misericordia per l’adultera.                    
Sulla croce hai perdonato i tuoi carnefici coloro che ti toglievano la vita.            
Hai dato alla tua Chiesa il potere di rimettere i peccati a chi si converte.                                    Gloria a te, o Signore!
 
Santifica quest’acqua, o Padre, con la tua potenza perché rinasciamo alla vita.              Ti preghiamo, Signore!
Santifica quest’acqua, perché sia il segno della nostra seconda tavola di salvezza.          Ti preghiamo, Signore!
Santifica quest’acqua, perché ci rigeneri della penitenza e dell’Eucaristia.                     Ti preghiamo, Signore!
 
Per il mistero di quest’acqua santificata dal tuo Spirito, facci rinascere a vita nuova perché purificati nel mistero pasquale del tuo Figlio possiamo testimoniarlo nella vita e nella morte. Per Cristo nostro Signore. Amen!
 
Chiediamo perdono dei nostri peccati e delle nostre insufficienze, dei nostri fallimenti e dei nostri tradimenti, della volontà di fare il bene, mentre invece ci siamo trovati a fare il male. «Confessiamo» che il Signore è il nostro Dio, il nostro Creatore e il nostro Redentore. Egli compie in noi meraviglie perché ci rigenera nella sua misericordia che ci rigenera nel segno dell’acqua.
 
 [Congruo silenzio in cui ognuno fa il proprio esame di coscienza proiettando sul proprio cuore e sull’anno appena concluso la luce della misericordia di Dio, la misura della sua giustizia che è la croce del Signore Gesù e la fiducia nello Spirito Santo che guida i passi del nuovo anno verso la pienezza del regno.]
 
Signore, Dio eterno e creatore del tempo, tu ci convochi a darti «Gloria»,            Kyrie, elèison!
Cristo, ti sei fatto schiavo della Legge per liberarci da ogni schiavitù,                  Christe, elèison!
Signore, ti sei manifestato ai pastori, esclusi dal Tempio perché impuri,  Pnèuma, elèison!
Cristo, Figlio del Dio vivente, nato da donna, nato sotto la legge,                        Christe, elèison!
Cristo, Figlio della Santa Vergine Madre e figlio del popolo d’Israele,                  Christe, elèison!
 
Manda su di noi, Signore, il tuo Santo Spirito, che purifichi con la penitenza i nostri cuori e ci trasformi in sacrificio a te gradito; nella gioia di una vita nuova loderemo sempre il tuo Nome santo e misericordioso. Per i meriti di Gesù Cristo nostro Signore, morto e risorto per noi. Amen!
 
«O Signore nostro e Dio dei nostri padri delle nostre madri, regna sull’intero mondo nella tua Gloria e sorgi su tutta la terra nella tua Maestà» (cf nota 4). Grande è la tua misericordia, Signore, Dio «benigno e misericordioso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (Gl 2,13), tu conservi grazia per mille generazioni, sopporti la colpa, la trasgressione e il peccato (Es 34,6-7), nella tua grande clemenza vòlgiti a noi, tuoi figli, e ascoltaci! Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison!
 
Noi ci accostiamo con fiducia al trono della Grazia che è il Signore Gesù (Eb 4,16) per i cui meriti riceviamo la tua misericordia e otteniamo il tuo aiuto che ci converta al santo vangelo. Tu sei nostro Padre e nostra Madre e a Te ritorniamo, Dio dei nostri Padri Abramo, Isacco e Giacobbe e Signore delle nostre Madri, Sara, Rebecca, Rachele e Lia perché tu sei Dio, il Padre che è Madre. Kyrie, elèison! Christe, elèison! Pnèuma, elèison!
 
ASSOLUZIONE
Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione del peccati, vi conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace.
 
Io Vi assolvo TUTTI, CIASCUNO E CIASCUNA da TUTTI I VOSTRI peccati nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!
 
[Il prete asperge con l’acqua benedetta l’assemblea che conclude:]
 
Signore del cielo e della terra, nostro Creatore e Redentore, Re fedele per sempre, convertici e ci convertiremo, facci ritornare e noi ritorneremo (cf Lam 5,21), risanaci e noi saremo risanati (cf Sal 147/146,3), consolaci perché possiamo lasciarci consolare da te, o Consolatore di Gerusalemme (cf Bar 4,30), o Sposo della santa Chiesa. Amen!
Lodate il Signore perché è buono. Buono è il Signore, in eterno la sua misericordia. Gioiscono ed esultano i giusti perché il Signore Gesù è venuto per i peccatori. Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Amen! Amen!
 
In segno di ringraziamento e anche di penitenza a gloria di Dio che opera meraviglie, durante questa prima settimana dell’anno, compiremo tre gesti: diremo una parola di consolazione, compiremo un gesto di accoglienza, pregheremo come ci suggerisce il nostro cuore per quanti sono lacerati dall’odio e dalla violenza perché riscoprano la medicina del perdono
La Pace del Signore abita nel vostro cuore e pone la sua tenda nella vostra anima. E con il tuo spirito.
 
Ci siamo riconciliati con il Signore, riconciliamoci con le sorelle e i fratelli. Come promessa del nostro impegno di donne e uomini nuovi, per essere degni di bere l’acqua della Parola da condividere nella profezia della vita con chi incontreremo nel nostro cammino, memori della parola del Signore: «Se tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono»(Mt 5,23-24). 
 
Scambiamoci ora il segno della Pace e della riconciliazione per essere abilitati a presentare i doni dell’offerta.    
[Alla fine dello scambio di pace]
 
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente.             [breve pausa 1-2-3]
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]
Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Preghiamo (colletta). Padre buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi, donaci il tuo Spirito, perché tutta la nostra vita nel segno della tua benedizione si renda disponibile ad accogliere il tuo dono. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
Mensa della Parola
Prima letturaNm 6,22-27. Per il calendario gregoriano (inizio 15 ottobre 1582) l’ottava di Natale coincide con il 1° giorno dell’anno civile. Su questo anno invochiamo la Benedizione di Aronne, la più antica attestata dalla Scrittura (Num 6,23-27) e impartita al termine delle celebrazioni liturgiche. Essa è centrata sul Volto e sul Nome di Dio che ora, in Cristo, sono visibili e accessibili (Col 1,15-20). Sì! possiamo vedere il volto di Dio senza più morire (Es 3,6; 33.20.23) e possiamo pronunciare il Nome di Dio senza più paura perché è un Dio «propizio» (v. 25) che «benedice» (vv. 23.24.27) concedendo la «pace» (v. 26).
 
Dal libro dei Numeri Nm 6,22-27
22 Il Signore parlò a Mosè e disse: 23 «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli israeliti: direte loro: 24 Ti benedica il Signore e ti custodisca. 25 Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. 26 Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. 27 Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». - Parola di Dio.
 
Salmo responsoriale 66 (67), 2-3; 5; 6-8. Il salmo è un inno collettivo, probabilmente cantato per la conclusione della stagione dei raccolti (fine autunno). E’ un invito alla terra e ai popoli di lodare il Signore. Si percepisce il clima di ottimismo e di gioia che i cristiani fanno proprio anche in pieno inverno perché essi raccolgono il frutto della vite che Dio aveva divelto in Egitto e piantato in Israele: il Messia Gesù, la Benedizione del Padre su tutta l’umanità.


 
Rit. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
1. Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
3
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. Rit.
2. 5 Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,

governi le nazioni sulla terra. Rit.
3. 6 Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
8 Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.Rit.


 
Seconda lettura Gal 4,4-7. Non comincia solo un’èra nuova, ma il tempo raggiunge «adesso» la sua pienezza, cioè il tempo è diventato maturo per accogliere Dio, anche se lo rifiuta. La pienezza/il compimento si manifesta in un Figlio che nasce da donna, sottomesso alla Toràh che non libera e infine nella presenza dello Spirito Santo che ci consente oggi di celebrare l’Eucaristia e di chiamare Dio con il nome di «Padre».
 
Dalla lettera di Paolo apostolo ai Galati Gal 4,4-7
Fratelli e Sorelle, 4 quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, 5 per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio. - Parola di Dio.
 
VangeloLc 2,16-21. Il vangelo di oggi è lo stesso della Messa della Veglia e della Messa dell’aurora di Natale, ma riportato solo parzialmente. Un testo unico che la liturgia spezza in tre parti. Questo brano è stato scelto oggi per il v. 21 dove si parla della presentazione al Tempio al giorno ottavo per la circoncisione e l’imposizione del Nome. Oggi il Figlio di Dio diventa ebreo a tutti gli effetti, determinando così le radici giudaiche della nostra fede cristiana. Ascoltando la Parola e vivendo l’Eucaristia, come Maria, ebrea anch’essa, conserviamo nel nostro cuore il nostro essere cristiani autentici, fondato e radicato nel nostro sentirci «spiritualmente» ebrei.
 
Canto al Vangelo Eb 1,1-2
Alleluia. Molte volte e in diversi modi nei tempi antichi Dio ha parlato ai padri per mezzo dei profeti, / ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Alleluia.
 
Dal Vangelo secondo Luca 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] 16 andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19 Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20 I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. 21 Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo. - Parola del Signore.
 
Spunti di omelia
Quattro sono i temi importanti di oggi: la benedizione, la circoncisione dell’ottavo giorno, la pace e la donna nel segno della maternità che offre al mondo il Figlio il cui nome è «Principe della Pace» (Is 9,5). Temi impegnativi che non possono essere affrontati insieme, considerata la loro rilevanza e la brevità di un’omelia. Ci limitiamo pertanto a fare una sintesi armonica dei quattro temi che centriamo attorno al concetto di «benedizione», molto importante dal punto di vista biblico e forse una scoperta per molti di noi[7].
La liturgia giudaico-cristiana si conclude sempre con la «benedizione», così come ogni preghiera giudaica si apre sempre con una benedizione a Dio, il «Benedetto» per eccellenza: «Bārûk ’attà, Adonai… Benedetto [sei] tu, Signore…». L’inizio del nuovo anno è messo sotto il segno della benedizione così come, se guardiamo la storia della salvezza registrata nella Rivelazione scritta, sulla coppia umana appena creata, Dio pronuncia la prima parola che è una benedizione: «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi…”» (Gen 1,28). In queste parole sono associate benedizione e fecondità: «li benedisse…siate fecondi». E’ spontaneo chiedersene il motivo che stimola un’altra domanda: che cosa significa «benedire/benedizione»
Il verbo benedire e il sostantivo benedizione in secoli di pratica cultuale hanno perso il loro significato originario. Vogliamo tentare di recuperare una dimensione biblica senza pretendere di esaurire tutta la complessità di significato che questi termini hanno. Ecco il significato di benedire/ benedizione. In ebraico il verbo bārak (radice brk) significa dotare di forza vitale/ e il sostantivo berākāforza salutare, vitale. I due termini, sulla scia dell’accadico e dell’arabo hanno anche il significato di inginocchiarsi e ginocchio che in oriente sono un eufemismo, cioè un modo attenuato e indiretto, per indicare gli organi sessuali maschili. In sintesi: benedire significa trasmettere la propria capacità generativa ad un altro rendendolo fecondo. L’azione del benedire è unica, si può dare cioè una sola volta nella vita e non può più essere revocata. 
Quando l’Ebreo benedice Dio usa sempre il participio passato passivo bārûk-benedetto perché in Dio la benedizione è uno «stato» permanente della sua persona, mai un augurio: «Sia benedetto!» che indica un compiersi nel tempo. Dio è Benedetto. Sempre. Lui è la benedizione. Quando Dio benedice l’uomo trasmette la sua potenza vitale, la sua capacità generativa per renderlo partecipe della sua paternità generante. «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi…”» (Gen 1,28) dove il nesso tra benedire ed essere fecondi, cioè generare è esplicito. Se a questo aggiungiamo che in Gen 1,27 «Creò Dio Adam a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina lo/li creò», la connessione è definitiva. «Maschio» infatti in ebraico si dice «zakàr» e significa «pungente», mentre «femmina» si dice «nēqēbàch» e significa «perforata». La sessualità realizzata del pungente e della perforata fanno/sono l’immagine di Dio che rende feconda la nuova realtà «coppia» con la sua benedizione che genera figli sono «come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa» (Sal 128/127,3).
Quando l’uomo benedice trasmette tutta la sua energia di vita a colui che è benedetto. Dopo il fratricidio di Abele per mano di Caino (Gen 4,10), dice il testo ebraico: «la voce dei sangui- de (sic! plurale) di tuo fratello urlano vendetta a me dal suolo». I sangui! cioè tutte le generazioni future contenute nel grembo di Abele e stroncate da Caino urlano a Dio perché futuro e presente sono legati in vita e in morte.
Benedire l’anno nel suo principio temporale esprime la volontà di estirpare ogni intenzione di violenza e di sangue dai rapporti sociali perché benedire significa in questo contesto non solo assenza di guerra (prosperità), ma anche Pace (benessere). Partecipare alla «benedizione» del primo dell’anno vuol dire impegnarsi ad essere uomini e donne costruttori di pace, impegnati a generare la fecondità generativa della vita di cui la donna è l’archetipo originario perché tesse la vita come relazione d’amore. Nessuno uomo o donna che fomentino giustifichino o si rassegnino alla guerra, qualsiasi guerra, non possono partecipare alla benedizione né possono riceverla né possono darla. Chi pensa con categorie di guerra è semplicemente sterile, frustrato, inerte e inutile.
In Gen 27 Giacobbe, complice la madre, carpisce con inganno la benedizione al fratello maggiore, Esaù. Il quale Esaù, appena se ne rende conto, corre dal padre e implora per sé la benedizione, ma il padre Isacco non può fare nulla perché benedicendo il figlio minore, che per questo resterà benedetto per sempre (v. 33), si è svuotato definitivamente di tutta la sua capacità generativa. Esaù supplica il padre piangendo: «non hai conservato per me una benedizione?» (v. 36); «hai dunque una sola benedizione?» (v. 38). Isacco non può più benedire Esaù perché ha trasmesso a Giacobbe tutto il suo seme promessa/premessa del futuro. La benedizione/fecondità patriarcale conduce la storia della salvezza verso il futuro e viaggia attraverso il figlio minore e non il maggiore. Isacco accompagna Giacobbe, che deve scappare dall’ira del fratello Esaù, con queste parole: «Ti benedica Dio onnipotente, ti renda fecondo e ti moltiplichi»(28,3) che sono l’eco di Dio creatore in Gen 1,28: «Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi…”».
La benedizione come atto che trasmette la vita e la capacità di generarla in ogni relazione umana, comprende due elementi: il gesto dell’imposizione della mano o delle mani e una parola che accompagna e spiega il gesto. Il gesto senza la parola è solo mimica, la parola senza il gesto è solo suono evanescente. E’ la stessa dinamica della creazione: «Dio disse… e così fu». Parola e fatto. Dabàr/Lògos. La Parola è il senso dell’avvenimento che è incarnazione della Parola. Gli avvenimenti della storia personale, di coppia, di famiglia, di comunità e di popolo sono «le parole» con cui Dio parla agli uomini e alle donne di tutti i tempi, mentre la Scrittura ne è il codice cifrato per comprenderne senso e portata, in forza del principio che Dio parla agendo e agisce parlando.
In sintesi, benedire vuol dire essere in comunione di vita con colui/coloro che ricevono la benedizione; in senso spirituale significa generare colui/coloro che si benedice. Altrimenti: chi benedice è responsabile della vita di colui/coloro che benedice. Il nostro tempo è segnato da una sciagura: le parole sono separate dagli avvenimenti e spesso, le parole si rincorrono a vuoto approdando a nulla. Si rischia di perdere la parte migliore della vita, se non si riscopre il nesso amoroso e generante tra parola ed evento della vita: è il senso della benedizione dell’esistenza, quell’evento di vita e di amore che ci genera gli uni agli altri per renderci fecondi gli uni per gli altri. La frattura diventa cataclisma, quando sono le guide (genitori, insegnanti, formatori, governanti, deputati, superiori, parroci, vescovi…) a smarrire il raccordo tra parola ed evento, generando incertezza nei loro governati: i sangui degli eventi taciuti urlano a Dio la responsabilità di chi per opportunismo o convenienza non raccorda evento e parola.
Alla benedizione si ricollega anche la circoncisione al «giorno ottavo», perché consiste nell’incisione del prepuzio del pene maschile come segno di appartenenza al«regno di sacerdoti, una nazione santa» che è il popolo d’Israele (Es 19,6). In questo giorno, «otto giorni dopo» si dava anche il nome al nascituro, il nome che ne esprimerà la profonda natura per sempre perché il nome non è un’etichetta di distinzione, ma il segno fragile dell’anima interiore. Nel vangelo di Lc, il numero «otto» segna la vita di Gesù: all’ottavo giorno è circonciso (Lc 2,21) e riceve il «nome che è sopra ogni altro nome» (Fil 2,9), cioè Gesù /Iēsoûs /Yehoshuà’; «otto giorni dopo» si trasfigura sul monte (Lc 9,28) e infine risorge (Lc 24,1, dove si usa l’espressione liturgica «nel primo giorno dei sabbati» che è formula tecnica per indicare il giorno ottavo). In tutta la tradizione giudaica e patristica il giorno ottavo è descritto come il giorno del Messia. Nell’alfabeto ebraico il «n. 8» corrisponde alla lettera «ח» (heth), chiusa da tre lati, ma aperta sul quarto, quello verso il basso, verso la terra: dall’alto al basso, dal cielo alla terra, da Dio all’uomo perché i cieli possano riversarsi sulla terra: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19), riallacciando il colloquio d’intimità spezzato da Adamo ed Eva (Gen 2,8). E’ il movimento dell’incarnazione.
La festa ebraica di Sukkôt-Capanne durava sette giorni, ma era prolungata di un giorno per completarla con Shemini azeret L’ottava assemblea solenne che aveva una forte connotazione messianica (Zac 14,16) perché si compivano due sacrifici: uno per la remissione dei peccati del popolo (Antichità Giudaiche,X, 4, 245-247) e nel secondo si sacrificavano settanta buoi, uno per ogni popolo esistente sulla terra (Talmud (Sukkôt 55b) in espiazione per la loro salvezza, nella festa delle capanne che aveva una forte connotazione messianica. E’ l’espiazione universale di cui s’investirà Gesù sulla croce.Secondo la ghematrìa, il nome greco Iēsoûs ha il valore di 888 (= 8x3), mentre in ebraico, il termine Mashiàch ha il valore finale di 16 (= 8x2). Tutto ciò che riguarda Gesù, il Messia è sempre connesso con il «n. 8» in un rapporto non occasionale, ma salvifico e teologico. Come il 666 è l’imperfezione assoluta (3 volte 6) così l’888 è il massimo della perfezione perfetta.
Il Midrash Cantico Rabbà 1,1 riporta l’elenco dei dieci cantici che segnano la storia della salvezza: «Dieci cantici sono stati detti in questo mondo... Il primo cantico lo disse Adamo … L’ottavo cantico lo disse Davide, re d’Israele, per tutti i prodigi che aveva fatto per lui il Signore; egli aprì la sua bocca e disse il cantico, come sta scritto: E Davide in profezia cantò la lode davanti al Signore (2 Sam 22, 1/ Targum)». Davide re e pastore immagine, tipo e padre del Messia pastore e redentore, conclude l’ottavo cantico profetizzando il Messia, sua discendenza regale. Nella Bibbia greca della Lxx in 2Sam 22,51 l’ottavo cantico si conclude con un riferimento esplicito al Messia: «Al suo cristo/unto, a David e alla sua discendenza per sempre». E Davide nel Sal 12/11,1 canta al Messia sull’ottava corda dello strumento musicale che accoglie il suo discendente nel volto di quel Bimbo circonciso «quando furono compiuti gli otto giorni» perché assume la missione del Messia salvatore e pastore d’Israele che guida nel mondo futuro, nel mondo dei redenti. E’ la conclusione della storia. E’ il ritorno all’Eden dell’«in principio».
Il 1° gennaio, capodanno civile, memoria della circoncisione di Gesù, solennità della Madre di Dio ci introduce con la cetra a otto corde in un nuovo anno, un anno sotto segno del Messia redentore che riceve il nome di Gesù/ Iēsoû /Yehoshuà’ che significa «Dio è salvezza»[8].  Iniziando l’anno civile, entriamo dunque nella benedizione di Dio, diventando noi stessi un nome che porta benedizione e fecondità nel segno della Madre che ci insegna come essere fecondi sempre della Parola che si trasforma in rito e del rito che diventa vita, lungo le strade della nostra esistenza, in ogni incontro che sperimentiamo come testimoni risorti di quel Dio-Bambino che oggi diventa benedizione sparsa su noi e davanti al quale noi pronunciamo, benedicendo, il nostro «Amen!» in attesa del nostro giorno ottavo quando entreremo con il Messia nel «regno preparato per noi fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,34; cf Mishnàh, Pirqé Avot, 5, 6).
 
PROFESSIONE DI FEDE
Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra?                                            Credo.
Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria vergine,
morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre?                                        Credo.
Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,
la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna?                                          Credo.
Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede
che noi ci gloriamo di professare, in Cristo Gesù nostro Signore.                                    Amen.
 
Preghiera dei fedeli. All’inizio di un anno nuovo, veniamo dalle nostre famiglie e dalla nostre case, dai nostri affetti e dalle nostre preoccupazioni per essere la famiglia della famiglie di Dio, la casa affettuosa dove ognuno si senta a suo agio, accolto e benedetto. Dio solo scruta il nostro cuore e solo Lui valuta i nostri bisogni in ragione della nostra salvezza. Iniziamo l’anno nel segno della Donna e nelle sue mani deponiamo la nostra attesa e la nostra fede. La benedizione di Dio, che è la sua fecondità scenda copiosa su di noi, e attraverso di noi sul mondo intero e sulla Chiesa.
 
Su di noi che iniziamo l’anno civile nel segno della Benedizione,
Sia benedetto Colui che viene Benedetto del Padre, Maràn athà - Vieni, Signore Gesù!
Sui figli, bambini e bambine di cui gli adulti sono custodi,
Sui nostri figli lontani, sui nostri figli vicini o distanti! Maràn athà - Vieni, Signore Gesù!
Sulle persone che amiamo e con cui condividiamo la vita,
Su chi ama, su chi serve, su chi soffre e chi spera, Maràn athà - Vieni, Signore Gesù!
Su chi inizia l’anno senza luce, affogato nel buio dell’incertezza,
Su tutto il mondo, martoriato da guerre, carestie e siccità, Maràn athà - Vieni, Signore Gesù!
Su di noi e sul nostro cuore, oggi, domani, sempre nel Nome Santo di Dio:
 
Su tutti noi sia la conversione del cuore la benedizione del Padre, la Vita del Figlio e la forza dello Spirito perché con l’aiuto di Dio possiamo iniziare e portare a termine il nuovo anno e viverlo in benedizione vivente e generante per chiunque incontriamo nel nostro cammino. Amen! Amen!
 
[Intenzioni libere, poi]
 
Purificati e pacificati, entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni simbolo della nostra vita e della nostra partecipazione.
LITURGIA EUCARISTICA
Presentazione delle offerte [la benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.              Benedetto nei secoli il Signore.
 
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la santa Chiesa.
 
Preghiera (sulle offerte). O Dio, che nella tua provvidenza dai inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo, fa' che in questa celebrazione della divina Maternità di Maria gustiamo le primizie del tuo amore misericordioso per goderne felicemente i frutti. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
PREGHIERA EUCARISTICA III[9] Prefazio della B.V. M. II: Maria modello e madre della Chiesa
 
Il Signore sia con voi.                E con il tuo spirito.    In alto i nostri cuori.      Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.                         É cosa buona e giusta.
 
E’ veramente giusto renderti grazie, è bello esaltare il tuo nome, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Ci benedica il Signore e ci protegga (cf Nm 6,24).
 
Ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo, nella festa della beata Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa.
I cieli e la terra sono pieni della gloria della tua santità. Osanna nell’alto dei cieli.
 
All’annunzio dell’angelo, accolse nel cuore immacolato il tuo Verbo e meritò di concepirlo nel grembo verginale; divenendo madre del suo Creatore, segnò gli inizi della Chiesa.
Rallegrati, Maria, il Signore è in mezzo a te! Oh, sì! Eccomi la tua Parola si compia in me.
 
Ai piedi della croce, per il testamento d’amore del tuo Figlio, estese la sua maternità a tutti gli uomini, generati dalla morte di Cristo per una vita che non avrà mai fine.
Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua Madre.
 
Immagine e modello della Chiesa orante, si unì alla preghiera degli Apostoli nell’attesa dello Spirito Santo.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il tre volte «Santo».
 
Assunta alla gloria del cielo, accompagna con materno amore la Chiesa e la protegge nel cammino verso la patria,
fino al giorno glorioso del Signore.
Kyrie elèison, Christe elèison, Osanna nell’alto dei cieli. Christe elèison, Pnèuma, elèison.
 
E noi, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo con gioia l’inno della tua lode:
Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo. Kyrie elèison, Christe elèison, Pnèuma, elèison.
 
Padre veramente santo, a te la lode da ogni creatura.
Il Signore faccia brillare il suo volto su di noi e ci sia propizio (cf Nm 6,25).
 
Per mezzo di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, nella potenza dello Spirito Santo fai vivere e santifichi l’universo, e continui a radunare intorno a te un popolo, che da un confine all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perfetto.
«Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio», il Padre del Signore Gesù (cf Sal 67/66,5).
 
Ora ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri.
«Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi» (Fil 4,4).
 
Nella notte in cui fu consegnato, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Poniamo il Santo Nome su di noi, sulla Chiesa e sul mondo ed egli ci benedirà (cf Nm 6,27).
 
Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! (Gal 4,6).
 
FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
«Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore … nato da donna, nato sotto la legge» (cf Mc 12,29; Gal 4,4).
 
Mistero della fede.
Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione, attendiamo il tuo ritorno: Maràn, athà – Signore nostro, vieni.
 
Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell’attesa della sua venuta ti offriamo, Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo.
Non siamo più schiavi, ma figli ed eredi della promessa per volontà di Dio (cf Gal 4,7).
Guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione; e a noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito.
Come Maria, conserviamo la Parola di Dio meditandola nel cuore (cf Lc 2,19).
 
Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri, e tutti i santi e le sante, nostri intercessori presso di te.
«Lo spirito del Signore è su di me, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri» (cf Is 61,1; Lc 4,18).
Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell’amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro Papa Benedetto, il Vescovo Angelo, il collegio episcopale, il clero, le persone che vogliamo ricordare … N.N … e il popolo che tu hai redento.
«I pastori andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia» (Lc 2,15-16).
 
Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza nel giorno in cui il Cristo ha vinto la morte e ci ha resi partecipi della sua vita immortale.
«Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano» (Lc 2,18). 
 
Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi.
«I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,20).
 
Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; ricordiamo tutti i defunti … concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere per sempre della tua gloria, in Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale tu, o Dio, doni al mondo ogni bene.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, per la tua gloria immensa, o Lògos eterno circonciso nella carne.
 
Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
 
PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO, PADRE ONNIPOTENTE, NELLA UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA, PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. AMEN.
 
Padre nostro in aramaico:  Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:
 
Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male.
ellà pezèna min beishià. Amen!
 
Antifona alla comunione  ( Lc 2,19): Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
 
Dopo la comunione. In questo 1° giorno dell’anno, guardiamo al mondo intero e spalanchiamo il nostro cuore ai miliardi di uomini e donne che misurano il tempo e le stagioni con ritmi diversi dai nostri, perché sono scanditi dal ritmo della fame e della sete, della schiavitù e dello sfruttamento.
 
Te Déum laudámus                    
Concludiamo con l’Inno «Te Deum», ringraziando il Signore per l’anno che si è chiuso e ringraziandolo anticipatamente per quello che oggi inizia. L’inno detto «ambrosiano», dalla critica moderna è attribuito con certezza a san Niceta (335 ca. – dopo il 414) vescovo di Remesiana (oggi Bela Palànka, presso Niš in Serbia) dal 366 che lo compose introno all’anno 400, nel tempo in cui era viva la lotta contro l’eresia nestoriana che negava la divinità di Cristo. In origine l’inno era rivolto a Cristo, ma successivamente, attenuatasi la tensione eretica, l’inno acquistò il respiro trinitario che mantiene ancora oggi.
 


1. Noi ti lodiamo, Dio * ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, * tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli * e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo * il Signore Dio dell'universo.
I cieli e la terra * sono pieni della tua gloria.
sono pieni della tua gloria.
2. Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, * e lo Spirito Santo Paraclito.
3. O Cristo, re della gloria, * eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre * per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
4. Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.*
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria * nell'assemblea dei santi.
5. Salva il tuo popolo, Signore, *guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.
6. Degnati oggi, Signore, * di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.
7. Pietà di noi, Signore, * pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.


 

 
Dedichiamo all’Africa, il nostro pensiero e la nostra preghiera del 1° giorno del nuovo anno, a quel continente dalla cui salvezza dipende anche la nostra. «Si alza dolce, fiera, impetuosa la voce della figlia del mio popolo». Con queste parole nel 2004 il giornalista Jean-Léonard Touadi, presentava una raccolta di poesie di Elisa Kidanè, comboniana africana in Italia, terra di missione. Vogliamo proporre una sua poesia dedicata a Maria, Madre dell’Africa, che con quel suo «anticipando l’alba, generando l’aurora» ci rivela quale deve essere lo spirito di questo tempo di Natale e di ogni nostro giorno: anticipare l’alba e generare l’aurora o come dice il salmista: «Svègliati, gloria mia, svegliati il liuto e l’arpa e io vorrò svegliare l’aurora» (Sal 57/56,9; cf Sal 108/107,3).
Elisa Kidanè, Nei tuoi occhi[10].
 

1. Avanzi
 maestosa,
più che regina,
e nei tuoi occhi
riflessa sta 
una forza
a te solo conosciuta.
2. E vai,
da sempre,
macinando miglia
ingoiando polvere
caricando pesi
coltivando sogni.
3. E vai
con passo fermo
e coraggio infinito
segnando tappe
per capitoli nuovi
di un libro antico.
4. E continui
 ad andare,
instancabile
venditrice
di speranza.
Non importa
se la pioggia
inzuppa le tue ossa,
se il sole
nel Dio della Vita,
riflesso
nei tuoi occhi
custodito
nel tuo cuore
di Madre d’Africa
e ostinata custode.
 
 
 
 
 
brucia l’anima tua.
Nei tuoi occhi gentili
riflessa sta
una meta
a te solo conosciuta.
5. E vai
incontro alla notte.
Ad attenderti
le stelle,
impazienti di danzare
 al ritmo dolce
del tuo cuore.
6. Eppoi 
prima che spunti il sole,
riprendi il cammino
anticipando l’alba
generando aurora,
e i popoli d’Africa
vedendoti avanzare all’orizzonte,
maestosa,
più che regina,
rinnovano,
ancora una volta, la fede

 
Affidiamo alla protezione di Maria il nuovo anno che inizia nel segno della donna:
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, / Santa Madre di Dio; / non disprezzare le nostre suppliche
quando siamo nella prova, / e liberaci da ogni pericolo, / o Vergine gloriosa e benedetta.
 
Preghiamo. Con la forza del sacramento che abbiamo ricevuto guidaci, Signore, alla vita eterna, perché possiamo gustare la gioia senza fine con la sempre Vergine Maria che veneriamo madre del Cristo e di tutta la Chiesa. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
Il Signore è con voi oggi e sempre                                 E con il tuo spirito!
Il Signore che è nato per noi è con tutti voi!                   E con il tuo spirito!
 
Il Signore che si sottomette alla Toràh di Mosè vi benedica e vi protegga.
Il Dio che è nato da Maria nella pienezza del tempo ci colmi della sua pienezza.
Il Dio che nessuno può vedere senza morire, vi mostri il suo volto nel Bimbo che celebriamo.
Il Dio che i cieli non possono contenere, venga in noi e vi stabilisca la sua Dimora, la Shekinàh.
Il Dio che si è rinchiuso nel seno della donna vi riveli il suo Volto materno.
Il Dio che è sempre fedele alla sua promessa, ci doni la sua pace e la sua luce.
Il Dio che viene a noi Principe della Pace con un vangelo di pace, sia la vostra Pace.
Il Dio che viene a noi Bambino in ogni bambino e bambina, sia davanti a noi per guidarci.
Il Dio che è avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, sia dietro di voi per difendervi.
Il Dio che Maria, la Madre, offre al mondo come Redentore, sia accanto noi per confortarci.
 
E su tutti voi, che avete partecipato a questa liturgia nel segno di Gesù ebreo
per sempre Figlio della Donna e Padre della Pace, discenda dal cielo la benedizione
dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.                             Amen!
 
L’Eucaristia termina come rito, l’Eucaristia inizia ora come vita: andiamo nel mondo e portiamo frutti di pace e di rinascita! Rendiamo Grazie a Dio che nasce per noi!
_________________________
© Capodanno 2011 / Solennità della Madre di Dio – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova
[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]
Paolo Farinella, prete – 01/01/2011 – San Torpete – Genova
 
APPUNTAMENTI
Domenica 2 gennaio 2011,    2a dom. dopo Natale   ore 10,00: Messa
Giovedì 6 gennaio 2011,        Epifania                      ore 10,00: Messa
Sabato 8 gennaio 2011,          «Concerto per organo» ore 17,30: Chiesa di S. Torpete - (Alessio Colasurdo –
organo) Musiche di Zipoli, Mozart, Cimarosa, Walond, Lucchesi, Schiavon, Colasurdo, 
Beethoven, Gamberale, Provesi
Domenica 9 gennaio 2011,    Battesimo di Gesù     ore 10,00: Messa
 
APPENDICE 1
 
L’«Aqèdàh – legatura» di Isacco.
«Raggiunta la sommità [del monte Mòria], il padre [Abramo] si accinse ad erigiere l’altare del sacrificio, mentre Isacco lo aiutava portandogli pietre e malta. Terminato il lavoro, Abramo prese la legna e la sistemò sull’altare, poi, prima di adagiare il figlio sulla pira e scannarlo quale olocausto al Signore, lo legò [eb.: wayya‘aqod – legò, dal verbo ‘aqàd, da cui ‘aqedàh – legatura]”.
Gli disse allora Isacco: “Padre, presto, snuda la tua arma e legami ben stretto, mani e piedi: io sono un uomo giovane, ho appena trentasette anni, mentre tu sei vecchio. Non vorrei, nel veder eil coltello nella tua mano, essere colto dal panico e respingerti, spinto da quella forza indomabile che è l’istinto di sopravvivenza. Così facendo potrei anche procurarmi una ferita, una lesione che mi renderebbe inidoneo al sacrificio. Ti prego, padre mio, affrettati a compiere il volere del Signore, non indugiare. Rimboccati la veste, cingiti i lombi, e dopo avermi scannato bruciamo finché non sarò polvere; poi prendi le mie ceneri, portale a mia madre Sara e lasciale a lei, dentro un’urna: ogni volta che entrerà nella sua stanza, si ricorderà di suo figlio Isacco, e piangerà …
Dopo avere disposto la legna e legato Isacco sull’altare, sopra la pira, Abramo gli assicurò le braccia, si rimboccò la veste e premette forte su di lui con le ginocchia. Iddio, seduto sul Suo trono eccelso, vide come i loro due cuori diventavano uno solo, vide le lacrime di Abramo che cadevano su Isacco, e quelle di Isacco che cadevano sull’altare, inondato del pianto di entrambi. E nel momento in cui Abramo stese la mano e prese il coltello per sgozzare il suo figlio, Dio disse agli angeli: “Avete visto come il mio amato Abramo proclama nel mondo l’unicità del mio Nome? …
L’arcangelo Michele gridò ad Abramo: “Abramo! Abramo! Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male … Abramo lasciò Isacco, reso alla vita dalla voce celeste che aveva fermato il gesto di suo padre. Slegato che fu, Isacco si alzò in piedi e recitò questa benedizione: “Benedetto sii Tu, Signore nostro Dio che fai risuscitare i morti”. [Dio disse ad Abramo:] “Alza gli occhi, voltati, e vedrai la vittima dietro di te”. Abramo ubbidì e, impigliato fra i rovi, scorse quel capro che Dio aveva creato all’approssimarsi del primo sabato del mondo, destinandolo sin da allora a servire da olocausto in luogo di Isacco … 
[Disse] Abramo: “Quando i discendenti di Isacco commetteranno dei peccati che saranno per loro fonte di disgrazie, Tu potresti ricordarti del loro padre, perdonare la trasgressione e affrancarli dal dolore”. Dio [rispose]: “Quando, nel tempo a venire, i tuoi figli peccheranno al Mio cospetto, Io li giudicherò nel giorno di Capodanno. Se vorranno il mio perdono, in quel giorno suoneranno il corno di montone e Io, memore dell’animale che ha sostituito Isacco nel sacrificio, perdonerò i loro peccati”»[11].
 


[1] Nel concilio ecumenico Vaticano II, la minoranza «tradizionalista», istigata in modo particolare dalla Curia romana (cardinali Alfredo Ottaviani, Antonio Bacci) e sostenuta da alcuni cardinali residenziali italiani (Ernesto Ruffini di Palermo, Ermenegildo Florit di Firenze e Giuseppe Siri,di Genova) che a loro volta spingevano il vescovo scismatico Marcel Lefebvre, pretendeva un documento esclusivo dedicato a Maria. La maggioranza si oppose e ottenne che la figura della Madonna fosse ridimensionata e riportata alla sua reale consistenza di «creatura» sottoposta alla redenzione del Figlio Gesù. Prima della riforma liturgia, quasi tutte le domeniche erano «dominate» dalle feste della Madonna che così soppiantava il «mistero pasquale» proprio della celebrazione domenicale. Il concilio trovò un compromesso, sempre con la mediazione del papa, di trattare del ruolo di Maria nella storia della salvezza nel capitolo VIII della costituzione sulla Chiesa, «Lumen Gentium». Paolo VI intese venire incontro ulteriormente alla minoranza conciliare mettendo Maria in stratta connessione con la Chiesa, dedicandole il 1° giorno dell’anno civile. Da un punto di vista teologico si pongono non pochi problemi che restano quindi ancora irrisolti.
[2] L’imperatore Teodosio favorevole in un primo tempo a Nestorio, non voleva firmare il decreto del concilio, ma firmò quando vive un’immensa folla, spontaneamente convenuta davanti alla basilica di San Giovanni per inneggiare a Maria Theotòkos/Madre di Dio in un tripudio di festosità. L’imperatore impressionato accettò e diffuse il decreto conciliare contro Nestorio. Il popolò accompagnò ogni singolo vescovo alla propria dimora, illuminando la città con la luce delle torce e cantando inni di ringraziamento. Era il 31 luglio dell’anno 431. Esattamente 1532 anni dopo, Papa Giovanni XXIII volutamente l’11 settembre 1962 con un radiomessaggio volle convocare il Concilio Vaticano II il giorno 11 ottobre 1962 in memoria della convocazione del concilio di Efeso. Idealmente il papa, storico per formazione, volle anche ricollegarsi al tempo in cui la chiesa indivisa d’oriente e d’occidente professava la stessa fede, inviando così un invito all’ecumenismo a tutte le chiese di ogni denominazione cristiana. Giorno indimenticabile per noi che ne fummo testimoni attoniti ed emozionati protagonisti. La sera dell’11 ottobre 1962, il popolo romano si riversò spontaneamente e senza organizzazione in piazza San Pietro, ciascuno munito di una fiaccola come la folla dell’Apocalisse: «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi» (Ap 7,9), radunati in Piazza San Pietro, dalla chiamata speciale dello Spirito Santo che convocò la santa Chiesa universale, rappresentata dal popolo romano e dai cristiani ospiti a Roma, per acclamare il vecchio papa, «il papa del Concilio, Giovanni XXIII, che per primo su impulso dello stesso Spirito, convocò il santo Concilio. Fu uno spettacolo indimenticabile: un mare di fiaccole palpitava nel cuore della Chiesa, segno visibile di quella «novella pentecoste» che al mattino il papa aveva evocato nel suo discorso inaugurale. Ancora una volta, il popolò capì, sentì e visse l’evento prima della gerarchia. Dal Concilio di Efeso al Concilio Vaticano II, lo stesso «sensus fidei» dava corpo ad una fede corale e si riconosceva nell’evento del concilio che avrebbe rivoluzionato la chiesa e segnato il sec. XX. Quella sera, il papa, fuori di ogni protocollo, si affacciò alla finestra del suo studio e di fronte al mare di luci che dondolava davanti a lui, fece il più bel discorso del suo pontificato, passato alla storia come «Il discorso della luna» o «della carezza ai bambini».
[3] Anche per il dogma dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre 1854 il papa dichiarò ufficialmente ciò che il popolo da secoli professava e credeva. Lo stesso avverrà per l’ultimo dogma mariano: l’Assunzione del 15 agosto 1950. Singolare che le verità di fede che riguardano la Madre sono sempre anticipate dal popolo di Dio, prima ancora e a volte contro la teologia ufficiale, costretta a prenderne atto. Non è un caso che la tradizionale teologia cattolica insegna che il «sensus fidei» del popolo di Dio è infallibile allo stesso modo del magistero ufficiale nei casi in cui questi si trova nelle condizioni dell’infallibilità (cf Lettera di Giovanni Paolo II al card. Roger Etchegaray in occasione della pubblicazione degli Atti del Simposio Internazionale “L’Inquisizione” [Città del vaticano, 29-31 ottobre 1998], 15 giugno 2004, 2-3; la Lettera riporta altre citazioni magisteriali sull’argomento).
[4] In ebraico Rosh Hashanàh (lett. «testa/inizio dell’anno») cade tra settembre e ottobre (mese di Tishri) e dura dieci giorni e si conclude con lo Yom Kippur/giorno dell’espiazione al suono del corno di ariete per ricordare a Dio i «meriti di Isacco» che si fece legare dal padre Abramo per essere immolato (Aqedàh/legatura di Isacco). Dio sentendo il suono del corno e ricordandosi di Isacco, trasforma il giudizio di castigo in medicina di misericordia. In questo giorno si prega: «O Signore nostro e Dio dei nostri padri regna sull’intero mondo nella tua Gloria e sorgi su tutta la terra nella tua Maestà» (Ufficio di Rosh Hashanàh, Shemoné Esre, ’Elohènu ve’lohe).
[5] V., sotto, Appendice 1: «L’Aqèdàh – legatura di Isacco».
[6] Sul tema della giustizia che in Dio è sinonimo di misericordia, amore a perdere, cf P. Farinella, Il padre che fu madre. Una rilettura moderna della parabola del “Figliol prodigo”, Gabrielli Editore, San Pietro in Cariano (VR) 2010.
[7] Per l’approfondimento cf P. Farinella, Bibbia Parole Segreti Misteri, Il Segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano (VR) 2008: sul significato di «benedizione» pp. 61-65; sul significato della nascita «da donna», Ibid. pp. 101-111; sul significato della circoncisione al «giorno ottavo», Ibid. pp. 113-123. 
[8] Sul tema del simbolismo del numero «otto», cf P. Farinella, «Sulla corda ottva incontro al Messia. Simbolismo cristologico del numero “8” nella Bibbia e nella tradizione giudaico-cristiana», in SapCr 19 (2004) 129-171.
[9] La Preghiera eucaristica III è stata composta ex novo su richiesta di Paolo VI in attuazione alla riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Non ha un prefazio proprio, ma mobile e per questo, forse, ha finito per essere scelta, nella pratica, come la preghiera eucaristica della domenica.
[10] Fonte: «Giorno per giorno» della Comunità Evangelho è Vida del Bairro Rio Vermelho di Goiás [GO], Brasile del 25.12.2006.
[11] L. Ginzberg, Le leggende degli Ebrei. II Da Abramo a Giacobbe, Adelphi Edizioni, Milano 1997, 98-102.


Giovedμ 30 Dicembre,2010 Ore: 16:32
 
 
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