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www.ildialogo.org 1<sup>a</sup> Domenica dopo Natale: la Santa Famiglia - A- 26 dicembre 2010,di Paolo Farinella, prete

1a Domenica dopo Natale: la Santa Famiglia - A- 26 dicembre 2010

di Paolo Farinella, prete

1a Domenica dopo Natale: la Santa Famiglia - A

- 26 dicembre 2010 -

La domenica dopo Natale è sempre dedicata alla riflessione sulla famiglia di Nazaret dove incontriamo tre progetti di vita connessi tra loro, ma ciascuno secondo una prospettiva e una funzione diverse. La liturgia non parla della famiglia «in genere», ma delle dinamiche che la Presenza di Dio opera in «questa famiglia»: nella famiglia dove Gesù è cresciuto nella coscienza di un pio e buon ebreo praticante.

Abbiamo fatto memoria della nascita di un Bimbo che viene a ricordarci l’obiettivo del nostro «rinascere» nello Spirito. Immediatamente dopo, quasi ad impedire che ci addormentassimo nell’illusione di una poesia edulcorata, fatta di zampogne e ninne nanne, la liturgia con la memoria di Santo Stefano, primo martire, ci ha richiamato al mistero della morte di Dio, che è l’«ora» della manifestazione della sua «Gloria/Kabòd/Dòxa»: il culmine dell’incarnazione: nel momento in cui Gesù scompare alla nostra vista raggiunge il massimo della sua reale incarnazione. La nascita senza la morte è una illusione e un inganno. Il Bimbo celebrato a Natale diventa pienamente Figlio in un’altra culla: la croce. Per questo l’arte bizantina raffigura la culla di Natale sempre a forma di sepolcro.

La domenica successiva, con la memoria della Santa Famiglia, la liturgia ci invita a riflettere sul tempo che intercorre tra la nascita e la morte, costituita dalla vita di relazione che in modo compiuto e forte si realizza in quel rapporto privilegiato di essenzialità che si chiama «famiglia». Dobbiamo stare attenti a non scadere nel patetico. E’ facile edulcorare discorsi sulla famiglia specialmente in questo tempo, a cavallo tra i due millenni, segnato dalla stanchezza che genera decadenza. Il «mistero dell’esistenza» in qualche modo è entrato in corto circuito alimentando da un lato la superficialità e dall’altro dando sfogo ad un individualismo esasperato per cui contano e hanno valore solo le relazioni «che servono» agli scopi soggettivi. In politica è venuto meno il senso del «bene comune», in ambito religioso si è sfilacciato il senso della comunità, sostituito da un non bene precisato bisogno di appartenenza che si manifesta nella nostalgia del passato. In campo sociale si è diluito il senso della condivisione tra generazioni per cui si moltiplicano gli interessi corporativi a dànno della realtà di popolo.

Viviamo in un’epoca in cui ciascuno cerca la propria realizzazione da solo, indipendentemente e anche contro gli altri. E’ diffuso, infatti, un sentimento generale negativo nei confronti della «politica»: domina l’egoismo che è la via solitaria del successo, a scapito della «politica» che è l’arte di vivere e affrontare «insieme» gli avvenimenti e i problemi della storia quotidiana. Da qui lo sfruttamento come criterio famelico di sviluppo: si sfrutta la terra, il mare, l’aria; si sfruttano le persone col lavoro nero; si sfruttano gli immigrati con la prostituzione e lo schiavismo; si sfruttano le conoscenze per avere favore invece di pretendere i propri diritti; si sfruttano le difficoltà per sottomettere con il marchio di morte dell’usura. L’umanità non è considerata una famiglia come possibilità per tutti, ma è vissuta come un contenitore da prosciugare, una mucca da mungere a cui nessuno sente l’obbligo di dare da mangiare: è la società sfilacciata a cui non sfugge nemmeno la comunità cristiana.

Noi non vogliamo perderci in un mare di recriminazioni in difesa della famiglia né vogliamo difendere un istituto di cui tutti parlano, ma pochi sanno di cosa si tratta. Prendiamo atto della confusione che regna e in mezzo a questa confusione sempre più ingarbugliata, proviamo a contemplare la Parola di Dio per assaporare, se è possibile, la prospettiva che ci offre il Signore per riuscire a vivere coerentemente e con verità la nostra esperienza di famiglia come luogo di relazioni.

La 1a lettura ci prospetta il mondo delle relazioni familiari del sec. II a.C. Nulla di trascendente, ma l’affermazione del modello di famiglia del medio oriente: il padre è il perno della casa, la moglie e i figli sono «dipendenti» e devono sottostare alla sua autorità. Al tempo del Siracide, molti disattendevano il 4° comandamento di onorare il padre e la madre, depositando i loro beni nel tesoro del tempio, facendoli dichiarare a disposizione di Dio e del culto, salvo riprenderseli alla morte dei genitori1. Gesù bollerà con parole dure questo comportamento, ma già la lettura di oggi del Siracide ci apre ad una prospettiva di autenticità nella verità. La relazione con i genitori assume il valore espiatorio, ripetuto due volte (Sir 3,3.17) e ha il sigillo della dimensione orante, ripetuta due volte (Sir 3,3.5). L’affermazione che la preghiera quotidiana di chi onora il padre e la madre verrà esaudita, pone le relazioni interparentali allo stesso livello di Dio, il quale si fa garante di questa autenticità che acquista il valore espiatorio del sacrificio nel tempio. L’affermazione è ripetuta due volte per significare che l’autore vi vuole dare una importanza forte e decisiva.

Lo stesso avviene nella 2a lettura: l’autore della lettera ai Colossesi, espone il sistema «famiglia» vigente nel sec. I d. C. Nulla di straordinario, per alcuni aspetti, la lettera ripete concetti molto banali. La fede non produce un cambiamento esteriore, ma si situa dentro ogni contesto per farlo maturare e portarlo a compimento: è la funzione del sale e del lievito (Mt 5,13; Lc 13,21). Essa si può incarnare in ogni cultura e società nel rispetto delle peculiarità proprie di ogni popolo. Se la fede fosse rivoluzionaria, dovrebbe assumere un solo modello ed esportarlo in tutto il mondo. E’ quello che vogliono i nostalgici della Messa di Pio V: per loro esiste un solo modo di essere cristiani e cattolici: il loro che diventa regola uguale per tutti. Non è così. Il cristianesimo ha il vestito dell’universalità e si concretizza nella sintesi dei diversi. La grande rivoluzione del Cristianesimo consiste nel fare emergere le ragioni proprie di ogni cultura e portarle al compimento supremo che è è travolgimento d’amore.

Oggi si parla di famiglia e ne parlano in modo particolare due categorie: chi non ha una famiglia (preti) e chi ne ha troppe (politici), con il rischio concreto di strumentalizzare sia la famiglia che il contenuto. Si ha l’impressione che si voglia difendere un modello di famiglia contadino, preindustriale che in verità non esiste più da un pezzo, perdendo a volte di vista l’orizzonte del futuro per incarnare nell’«oggi» la Parola di Dio che attende ancora una volta di essere generata. La Chiesa nella sua struttura visibile dovrebbe essere un esempio di dinamiche familiari, invece spesso, molto spesso, è una macchina da guerra che schiaccia i figli e onora i sudditi.

Saliamo in pellegrinaggio ideale a Gerusalemme, entriamo nel Sancta Sanctorum della Parola di Dio e riceviamo il Pane della conoscenza che genera in noi la volontà di vivere relazioni costruttive di vita fondate sulla fede nel Cristo risorto che ha inviato il suo Spirito per costituirci famiglia di Dio. Facciamo nostre le parole dell’antifona d’ingresso (Lc 2,16): I pastori si avviarono in fretta e trovarono Maria e Giuseppe, e il Bambino deposto nella mangiatoia.

 

Spirito Santo, tu ci hai dato il comandamento di onorare il padre e la madre, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu hai equiparato l’onore per il padre al sacrificio di espiazione, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu hai equiparato l’onore per la madre ad un tesoro prezioso, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci doni la beatitudine del timore del Signore, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci indichi le vie del Signore e ci sostieni nel cammino, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu susciti in noi il desiderio e la brama del Dio vivente, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu riversi in noi sentimenti di tenerezza, bontà e umiltà Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei la coscienza accesa che siamo realmente figli di Dio, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei il vestito della carità che esprime le nostre relazioni, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu deponi in noi la Parola di Cristo perché cresca con ricchezza, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu educhi alla sottomissione reciproca, fonte di libertà spirituale, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu sei l’angelo che apparve a Giuseppe per rassicurarlo, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu guidasti la santa famiglia sulle vie dell’esilio in Egitto, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu fosti lo scudo di difesa del bambino minacciato di morte, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu affidasti a Giuseppe padre adottivo l’Unigenito di Dio, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu guidasti il ritorno della santa famiglia alla casa di Nazaret, Veni, sancte Spiritus!

Spirito Santo, tu ci guidi e ci sostieni nella celebrazione della santa Eucaristia,, Veni, sancte Spiritus!

 

La festa di oggi è molto recente e ha il senso di indirizzarci alla comprensione sempre più profonda del mistero dell’incarnazione. Gesù non fu un Bambino prodigio, ma un bambino normale in una normale famiglia. Paolo VI nella riforma liturgica attuata in nome del concilio, volle collocare la memoria della Santa Famiglia di Nazaret nella domenica tra il Natale e Capodanno per metterla in stretta connessione con la nascita del Figlio di Dio e la memoria della Madre di Dio, impedendo così qualsiasi fuga di natura «spiritualista»: Gesù è uomo veramente2. In questa dimensione la presenza di Dio diventa molto umana e vicina alle nostre esperienze. Guardiamo alla famiglia umana e invochiamo il «Nome» della santa Trinità:

 

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Amen.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

 

Sapendo che Gesù è nato e cresciuto in una famiglia come ciascuno di noi, possiamo bene immaginarci momenti di vita intimi, forti, tesi, banali, ovvi, densi di sentimenti e anche pesanti. Tutto ciò rende Gesù più accessibile alla nostra esperienza e alla nostra fede. E’ la sua realtà pienamente umana che ci permette di «vedere Gesù» (Gv 12,21). Possiamo anche vederlo e sperimentarlo come Figlio di Dio che guarisce le ferite perdonando i nostri peccati (Lc 5,23), cioè le realizzazioni della nostra vita che abbiamo preteso di compiere indipendentemente dal suo comandamento dell’amore. Lasciamoci visitare da Gesù che è la Misericordia del Padre venuta per «me».

 

[Esame di coscienza con congruo e vero silenzio]

 

Signore, Dio-Bambino che sei nato in una famiglia di migranti per necessità, Kyrie, elèison!

Cristo, che ancor prima di nascere fosti ricercato dalla polizia di Erode, Christe, elèison!

Signore, che ci chiedi di instaurare relazioni per la crescita e l’armonia, Pnèuma, elèison!

Signore,che sei stato profugo, extracomunitario in cerca di sopravvivenza, Christe, elèison!

 

Dio onnipotente, che ha preparato una famiglia ad accogliere il Verbo della vita, per i meriti delle sante famiglie di cui la Scrittura tesse le lodi, per i meriti di tutte le oscure famiglie che nella rettitudine e povertà hanno tessuto la vita del mondo, per i meriti dei nostri genitori che hanno dato a noi ciò che hanno potuto e come hanno saputo, per i meriti della santa Famiglia di Nazaret che ha custodito e cresciuto il Figlio di Dio, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen!

 

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. [breve pausa 1-2-3]

 

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

 

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

 

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

 

Preghiamo (colletta). O Dio, nostro creatore e padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti secoli dei secoli. Amen.

Mensa della Parola

Prima lettura Sir 3,2-6.12-14 [gr. 3,3-6.14-17]

Ben Sira (lett. figlio di Sira da cui Siracide) intorno al 180 a.C. scrive il suo libro che il nipote tradusse in greco nell’anno 117 a.C. L’autore, che fonda una scuola per giovani Ebrei (cf Sir 51,23-30), prende come modello il libro dei Proverbi per dispensare la sua autorevole saggezza. Uomo aperto a diverse culture che sperimentò nei suoi viaggi, accoglie tutto ciò che è compatibile con la visione della Toràh. Il libro non ha un ordine perché è composto probabilmente dagli appunti con pensieri sparsi che egli ha preso in tutta la sua vita. Nella 1a parte (1,1-4,10) egli tratta della sapienza e delle virtù che genera come il timore, la fiducia, l’onore per i genitori (il testo odierno), l’umiltà, la docilità e l’elemosina. Il brano di oggi è un elogio dei buoni sentimenti filiali che rispecchia una struttura sociale ben definita. Siracide deve aspettare il suo autentico esegeta, Gesù di Nazaret per assaporare un senso di famiglia più ampio e universale. vedere il suo insegnamento proposto come essenziale per fare parte del Regno di Dio.

 

Dal libro del Siracide 3,2-6.12-14 [gr. 3,3-6.14-17]

2 Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole. 3 Chi onora il padre espìa i peccati e li eviterà e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita. 4 Chi onora sua madre è come chi accumula tesori. 5 Chi onora il padre avrà gioie dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. 6 Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre.14 Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, e non contristarlo durante la sua vita. 15 Sii indulgente anche se perde il senno, e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore. 17 L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa. – Parola di Dio.

 

Salmo responsoriale 128/127. Il salmo odierno è un «canto delle ascensioni» o «dei gradini» perché probabilmente veniva recitato dai fedeli mentre salivano la scalinata del Tempio per ringraziare Dio della felicità serena della propria famiglia che si basa sul fondamento del timore del Signore, cioè della vita vissuta alla sua presenza. Gesù qualche secolo dopo inviterà a costruire la propria casa sulla roccia della Parola che è la sua stessa persona (Mt 7,25) contro cui nessuna avversità potrà mai prendere il sopravvento. Intorno alla mensa dell’Eucaristia cresciamo come virgulti d’ulivo per sperimentare la benedizione di Sion e portarla sulle strade del mondo.

 

Rit. Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie

 

 

1. 1 Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.

2 Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene. Rit.

2. 3 La tua sposa come vite feconda

nell’intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d’ulivo

intorno alla tua mensa. Rit.

3. 4 Ecco com’è benedetto

l’uomo che teme il Signore.

5 Ti benedica il Signore da Sion.

6 Possa tu vedere il bene di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita! Rit.

 

 

 

Seconda lettura Col 3,12-21.

La lettera ai Colossesi è scritta forse a Roma, durante la prigionia degli anni 61-63. E’ attribuita a Paolo, ma appartiene qualche suo discepolo. Nel brano di oggi l’autore rappresenta i rapporti coniugali e familiari tipici del suo tempo, senza alcuna pretesa di cambiarli. Il testo, il tono e il contenuto non è nulla di straordinario, perché esalta l’ordinarietà consolidata del suo tempo. Oggi un testo come questo induce al sorriso compiacente. L’autore però indica due criteri per vivere anche le realtà più banali che danno il senso a tutto il testo e lo collocano tra i testi più belli della Scrittura. I criteri sono: «tutto avvenga nel nome del Signore Gesù» (v. 17) e « come conviene nel Signore» (v. 18). Queste due parole sono capaci di rivoluzionare qualsiasi sistema sociale perché rimandano ad una prospettiva superiore ad imitazione del Signore che ha dato se stesso per noi. L’espressione «nel Signore» è probabilmente un richiamo all’altra farse propria di Paolo «in Adamo» (1Cor 15,21-22; “Cor 5,21; Rm 5,12) con la quale si definisce il limite della progettualità umana. Se il Signore e il suo Nome sono i criteri che animano la vita del credente, le relazioni saranno sempre vere in qualsiasi struttura e condizioni di vita.

 

Dalla lettera di Paolo apostolo ai Colossesi 3,12-21

12 Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; 13 sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. 14 Ma sopra a tutte queste cose rivestitevi della carità, che le collega e unisce in modo perfetto. 15 E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! 16 La parola di Cristo abiti tra voi nella ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. 17 E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. 18 Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. 19 Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza. 20 Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. 21 Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino. - Parola di Dio.

 

Vangelo Mt 2,13-15.[16-18, aggiunti].19-23. Il brano del vangelo di oggi è un vero e proprio midràsh giudaico che rilegge alcuni fatti riguardanti Gesù alla luce di Mosè, il grande condottiero e profeta con qualche riferimento al patriarca Giacobbe. Gesù è un nuovo Mosè. Per affermare questo l’evangelista mette a confronto Gesù e Mosè. Tutta la letteratura rabbinica narra che la nascita di Mosè fu annunciato al Faraone e ai suoi maghi3. Anche la nascita di Gesù viene fatta ad Erode circondato dai Magi e dai sapienti della sua corte (Mt 2,4). Il Faraone fa uccidere tutti i neonati ebrei (Es 2,15-22); anche Erode fa lo stesso (Mt 2,16). Mosè è salvato dalla strage (Es 2,1-10), come anche Gesù è salvato dalla fuga (Mt 2,13-15). Mosè fugge dall’Egitto perché ricercato dalla polizia (Es 2,11-15); Gesù deve fuggire in Egitto per sfuggire alla polizia di Erode (Mt 2, 13-15). Mosè è chiamato dall’angelo perché ritorni in Egitto (Es 4,19); anche Gesù è richiamato dall’angelo perché torni in Israele (Mt 2,20). Le due esperienze messe a confronto ci dicono che anche oggi, non solo Israele, ma tutta l’umanità ha bisogno di un condottiero che la guidi ad una pienezza di vita che si apre al futuro e guarda alla fine della Storia, alla conclusione dell’esodo dell’umanità., quando si ricostituirà una sola universale famiglia umana che è il Regno di Dio.

 

Canto al vangelo Col 3,15-16

Alleluia. La pace di Cristo abiti nei vostri cuori / la parola di Cristo dimori tra voi con abbondanza. Alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 2,13-15.[16-18, aggiunti]. 19-23

13 Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». 14 Giuseppe si alzo, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15 dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il figlio mio4.

 

[Il seguente brano racchiuso tra [ ] non è compreso nel testo della Liturgia, ma è necessario per l’esegesi]

 

[ 16 Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, s’infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, calcolando il tempo sul quale era stato informato dai Magi. 17 Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:5 18 Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più]

 

19 Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20 e gli disse: «àlzati, prendi il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere bambino». 21 Egli si alzò, prese il bambino e sua madre, ed entrò nella terra d’Israele. 22 Ama quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea 23 ed andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno»6. – Parola del Signore.

 

Spunti di Omelia

Ci soffermiamo sul vangelo perché è impegnativo e delicato. Sulla 1a e 2a lettura, comunque, abbiamo anticipato qualcosa nell’introduzione generale. La liturgia riporta il brano dell’annuncio a Giuseppe e della fuga in Egitto, ma elimina i versetti intermedi e cioè Mt 2,16-18 che sono importanti per la comprensione del testo nel suo complesso e per questo noi li riportiamo7.

Il vangelo di oggi appartiene a quel blocco formato dai primi due capitoli di Mt e Lc che normalmente va sotto la denominazione di «vangeli dell’infanzia» perché da soli contengono tutto il vangelo che anzi anticipano e completano. Si potrebbe pensare che questi capitoli trattando di Gesù Bambino siano stati scritti per primi, mentre in realtà sono stati scritti per ultimi, dopo cioè la morte e risurrezione di Gesù che quindi diventa l’angolo di visuale da cui bisogna guardare leggendoli. I vangeli non sono una cronistoria come possiamo intenderla noi oggi perché non c’erano giornalisti con microfono e registratore a raccogliere le testimonianze «oggettive» dei testimoni oculari. I vangeli sono scritti per la catechesi e quindi sono opere prevenute, scritti da uomini prevenuti che avevano uno scopo preciso: suscitare l’adesione di fede in Gesù di Nazaret che loro credono il Messia d’Israele e il salvatore del mondo. Credenti che scrivono per suscitare ancora credenti8.

I primi due capitoli di Mt sono scritti particolari che l’autore indirizza ai cristiani provenienti dal giudaismo e che quindi erano imbevuti di sacra Scrittura, conoscevano a memoria la storia del loro popolo, i profeti, Mosè e i Patriarchi come conoscevano bene i metodi di lettura della Bibbia che noi abbiamo dimenticato. Conoscere i metodi di lettura della Bibbia delle prime comunità cristiane e quindi del giudaismo post-esilico significa scoprire le infinite ricchezze del vangelo che, se letto in se stesso, sganciato dal suo contesto giudaico, è un fiore fuori stagione, un albero rachitico e noi perdiamo la maggior parte del suo senso e messaggio. Il rischio di questa «ignoranza» (in senso etimologico) è la moralizzazione del messaggio evangelico che viene usato come espediente per veicolare valori, criteri e modi di vita estranei alla dinamica del vangelo che è e resta solo ed esclusivamente l’annuncio di una Persona: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, morto e risorto.

Ai primi cristiani non interessava nulla di Gesù bambino, perché essi parlavano del Messia il Figlio di Dio crocifisso e risorto che hanno conosciuto direttamente o mediante gli apostoli. Bisogna aspettare il 1223 quando Francesco di Assisi mise in scena a Greccio il 1° presepe vivente della storia: dodici secoli dopo la nascita di Gesu! Il cuore del vangelo è il mistero pasquale che si compone di cinque momenti: la passione, la morte, la risurrezione, l’ascensione e la pentecoste. Quando i vangeli sinottici furono quasi completi come raccolta di documentazione sia orale che scritta, Mt e Lc aggiunsero due capitoli sulla nascita di Gesù per approfondire il mistero dell’incarnazione del Cristo risorto. I vangeli dell’infanzia infatti vivono della proiezione della luce pasquale e senza la Pasqua non hanno senso, restando solo racconti fiabeschi edificanti. Proviamo con umile pazienza a capire di che cosa si tratta nel vangelo di oggi, interrogando il metodo giudaico di leggere la Bibbia. Il brano del vangelo di oggi è un midràsh della vita di Mosè9, riletta alla luce della vita di Gesù.

 

Midràsh (plurale Midrashìm) è un sostantivo che si forma dalla radice del verbo daràsh che, sia nell’AT che a Qumran significa ricercare, scrutare, esaminare, studiare. Nel giudaismo del post esilio babilonese i rabbini ne hanno fatto un metodo di interpretazione della scrittura superando il senso letterale10 e ricercando usando regole e tecniche proprie i significati nascosti, racchiusi nelle singole parole o frasi per attualizzarli e adattarli alle necessità dei tempi e delle comunità che si trovavano di fronte a nuovi problemi. Questa attività di interpretazione è stata raccolta per iscritto per cui si hanno due tipi di midràsh: uno giuridico da cui si ricavano le prescrizioni per la condotta di vita ed è detto «midràsh halakhàh11interpretazione normativa/regola di condotta»; l’altro è il «midràsh haggadàh»12 perché si basa sul racconto narrativo come strumento edificante.

 

Mt lo aveva già fatto nell’impostazione di tutto il suo vangelo dove Gesù pronuncia cinque discorsi che sono l’equivalente dei cinque libri della Toràh che la tradizione rabbinica e cristiana attribuiscono a Mosè (Pentateuco), lo aveva fatto ponendo la Toràh programmatica di Gesù «sulla montagna» (Beatitudini) come Mosè che «sale sulla montagna« per ricevere la Toràh (Es 19,3.12.13).

Se osserviamo il racconto evangelico e lo mettiamo a confronto con il racconto della vita di Mosè narrata nel libro dell’Esodo e nella letteratura rabbinica, noi restiamo stupefatti dalla perfetta coincidenza:

Gesù

Mosè

Mt 2,4: Erode riceve dagli esperti e dai Magi l’annuncio della nascita di Gesù come minaccia al suo trono.

Secondo le fonti rabbiniche i magi annunciano al Faraone la nascita di Mosè come una minaccia al suo potere13.

Mt 2,16: Erode manda i soldati ad uccidere tutti i neonati

Es 2,15.22: Il Faraone ordina di uccidere i neonati maschi ebrei

Mt 2,13-15: Gesù deve fuggire all’estero per scampare alla morte.

Es 2,11-15: Mosè deve scappare all’estero in Màdian per sfuggire alla polizia del Faraone.

Mt 2,20: Un angelo avverte Giuseppe di tornare dall’Egitto in Palestina. Le parole dell’angelo sono:

Es 4,19: Il Signore avverte Mosè di lasciare Màdian e tornare in Egitto. Le parole del Signore a Mosè sono:

«àlzati, prendi il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano la vita del bambino».

«Va’, torna in Egitto, perché sono morti tutti quelli che cercavano la tua vita».

 

Il segno che Mt dipenda da Esodo 4 è evidente nella citazione di Esodo: non si accorge di riportare il testo alla lettera, mantenendo il plurale che ha nel testo ebraico, mentre Gesù è cercato solo da Erode. Mt immedesima così tanto la vita di Gesù con quella di Mosè che ne moltiplica i nemici per rendere ancora più forte la somiglianza. Ciò non vuol dire che Mt non racconta avvenimenti storici, solo che li narra a modo suo, mettendo in evidenza la caratteristica del Messia che sarebbe stato un condottiero e una guida come Mosè lo fu per il popolo d’Israele. Ai Giudei che diventavano cristiani, in sostanza Mt dice: non perdete nulla della vostra ebraicità diventando cristiani, anzi acquistate qualcuno che è ancora più grande di Mosè. Guardate la vita di Gesù, il salvatore del mondo, è simile a quella del profeta di Dio che ha salvato Israele dalla schiavitù del Faraone. Per Mt Gesù è il nuovo legislatore, anzi è colui che assume la Toràh di Mosè e la porta a pienezza definitiva (Mt 5-8). Il bambino che Giuseppe deve proteggere è il nuovo Mosè salvato dalle acque e cresciuto da Dio per la missione di liberazione.

Accanto alla figura di Mosè, Mt pone anche un altro parallelo di Gesù con Giacobbe, il fondatore delle dodici tribù. Gesù appena nato deve fuggire dalla sua patria, dalla casa di suo padre e andare straniero in Egitto dove sopravvivrà fino al ritorno. Dunque Gesù scende in Egitto, passando per il deserto del Nèghev fermandosi all’ultimo avamposto ebraico che è la città di Bershèva, che aveva ospitato il patriarca Giacobbe. Qui Mt pensa a Gen 46,3: «Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te un grande popolo. Io scenderò con te in Egitto e io di certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi». Gesù come il suo antenato fondatore del suo popolo, scende in Egitto e ne ritorna per essere il fondatore del Regno di Dio: il nome del padre adottivo, Giuseppe, in ebraico deriva dal verbo yasàf che significa aggiungere/aumentare. Per dare la conferma che questa è l’interpretazione corretta, Mt al v. 15 cita il profeta Osea: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio» (Os 11,1)14.

Un altro indizio che il vangelo di oggi deve essere in questa chiave sta nei versetti che la liturgia ha tolto e si riferiscono al pianto della patriarca Rachele che è la moglie del patriarca Giacobbe: essa che è sepolta sulla via di Betlemme, piange in attesa che i suoi figli tornino dall’Egitto (Mt 2,18). La tradizione popolare aveva ammantato di romanticismo questo fatto e narra quindi che mentre Giacobbe era andato con i suoi figli esule in Egitto (Gen 35,19), Rachele fosse rimasta nella tomba in Israele sulla strada del ritorno ad aspettare i suoi figli esuli per ricostruire il popolo del Signore (Ger 31,15).

In questo nuovo contesto la fuga di Gesù in Egitto lo presenta come nuovo Giacobbe che torna dall’Egitto numeroso e forte per dare inizio al popolo dell’alleanza che Dio aveva promessa nella terra d’Israele. In ciò troviamo un tema pasquale: dall’esilio alla ricostruzione, dalla morte alla vita. Gesù ha vissuto giorni e anni oscuri come qualsiasi uomo, come qualsiasi immigrato esule in terra altrui. Egli anche in queste condizioni annuncia la Pasqua, cioè annuncia l’ineluttabile salvezza che è dentro ognuno e che aspetta solo di essere chiamata per nome e portata a compimento. Gesù è il primogenito di tanti fratelli e sorelle che vogliono guardare al futuro come ad un appuntamento con la risurrezione. Il messaggio di questo brano è semplice e lineare anche se descritto e illustrato con metodi a noi ignoti, ma non meno affascinanti e meno veri: Gesù il bambino che è nato è il nuovo Mosè e il nuovo Giacobbe. Come essi egli dà inizio ad una nuova Legge e ad una nuova Storia. Anche noi possiamo esserne parte, se lo vogliamo.

 

Professione di fede

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

[breve pausa 1-2-3]

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. [breve pausa 1-2-3]

 

Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. [breve pausa 1-2-3]

 

Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.

Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

 

Preghiera universale o dei fedeli [Interventi liberi]

MENSA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

 

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).

 

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

 

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; li presentiamo a te, perché diventino per noi cibo e bevanda di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

 

Preghiera sulle offerte. Accogli, o Signore, questo sacrificio di salvezza, e per intercessione della Vergine Madre e di san Giuseppe, fa’ che le nostre famiglie vivano nella tua amicizia e nella tua pace. Per Cristo nostro Signore. Amen

 

PREGHIERA EUCARISTICA II (detta di Ippolito, prete romano del sec. II)
Prefazio di Natale: Il misterioso scambio che ci ha redenti

 

Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori. Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio. E’ cosa buona e giusta.

 

E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro.

«Chi onora il padre espìa i peccati e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita» (Sir 3,4).

 

In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale.

Santo, Santo, Santo, il Signore Dio degli eserciti. Kyrie, eleison, Christe, elèison. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Christe, elèison, Pnèuma, elèison!

 

Per questo mistero di salvezza, uniti a tutti gli angeli, proclamiamo esultanti la tua lode:

Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene, nel Nome del Signore. Kyrie, eleison, Christe, elèison, Pnèuma, elèison!


Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.

Beati siamo noi se viviamo nel timore del Signore e camminiamo nelle sue vie » (Sal 128/127,1).

 

Egli offrendosi alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Benediciamo il Signore da Sion. Pace su Gerusalemme (cf Sal 128/127,4-5.6 [assente qui]).

 

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Il calice della benedizione che benediciamo è comunione con il Signore Gesù (cf 1Cor 10,16).

 

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

La tua Pace, o Signore, regni nei nostri cuori affinché possiamo vivere la nostra chiamata per essere tutti un solo corpo e possiamo rendere grazie (cf Col 3,15).

 

MISTERO DELLA FEDE.

Maràn athà! Vieni, Signore! Celebriamo la tua morte e risurrezione, attendiamo il tuo ritorno.

 

Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.

Come tu, Signore, ci hai perdonato, così anche noi perdoniamo, rivestendoci della perfezione dell’agàpe (cf Col 3,13-14).

 

Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Solo Dio è Padre e voi siete tutti fratelli: siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli (Cf Mt 5,48).

 

Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell'amore in unione con il Papa …, il Vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare… e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.

Come Giuseppe anche noi vogliamo prendere Gesù e sua madre e condurlo per le strade del mondo (Mt 2,13.20).

 

Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che affidiamo alla tua clemenza…. ammettili a godere la luce del tuo volto.
La tua Parola, o Padre, abiti con ricchezza nei nostri cuori perché possa istruirci con sapienza (Col 3,16).

 

Di noi tutti abbi misericordia: donaci di aver parte alla vita eterna, insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.

Tutta nostra vita in parole ed opere vogliamo porre sotto il segno del tuo Nome santo (Col 3,17).

 

Dossologia [è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

 

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male.

ellà pezèna min beishià. Amen!

 

Antifona alla comunione Lc 2,48-49 “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Gesù rispose: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.

Da Giuseppe Dossetti, intervista alla rivista Bailamme (nn. 18-19/1993)15

Viviamo in una crisi epocale. Io credo che non siamo ancora al fondo, neppure alla metà di questa crisi. Sempre più ci sto pensando. Sono convinto che lo scenario culturale, intellettuale, politico non ha ancora  esplicitato tutte le sue potenzialità. Noi dobbiamo considerarci sempre di più alla fine della terza guerra mondiale; una guerra che non è stata combattuta  con spargimento di sangue nell’insieme,  ma che pure c’è stata in questi decenni. Questa guerra è in qualche modo finita, con vinti e vincitori, o con coloro che si credono vinti ed altri che si credono vincitori.  La pace, o un punto di equilibrio, non è stata ancora trovata in questo crollo complessivo. [...] Non vedo nascere  un pensiero nuovo né da parte laica, né da parte cristiana. Siamo tutti immobili, fissi su un presente,  che si cerca di rabberciare in qualche maniera, ma non con il senso della profondità dei mutamenti. Non è catastrofica questa visione, è reale; non è pessimista, perché io so che le sorti di tutti sono nelle mani di Dio. La speranza non vien meno, la speranza che attraverso vie nuove e imprevedibili si faccia strada  l’apertura a un mondo diverso, un pochino più vivibile, certamente non di potere. Questa speranza, globale in un certo senso, è speranza per tutto il mondo, perché la grazia di Dio c’è, perché Cristo c’è, e  non la localizza in niente, tanto meno in noi. L’unico grido che vorrei fare sentire oggi è il grido di chi dice:  aspettatevi delle sorprese ancora più grosse e più globali e dei rimescolii più totali, attrezzatevi per tale situazione. Convocate delle giovani menti che siano predisposte per questo e che abbiano, oltre che l'intelligenza, il cuore, cioè lo spirito cristiano. Non  cercate nella nostra generazione una risposta, noi siamo veramente solo dei sopravvissuti. (Giuseppe Dossetti, Su spiritualità e politica).

 

Preghiera dopo la comunione

Padre misericordioso, che ci hai nutriti alla tua mensa, donaci di seguire gli esempi della santa Famiglia, perché dopo le prove di questa vita siamo associati alla sua gloria in cielo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

Berakàh/Benedizione e Saluto finale

Il Signore che viene nella storia, sia con voi. E con il tuo Spirito.

Il Signore atteso, figlio di Maria di Nazaret benedice il suo popolo nella pace.

Il Figlio adottivo di Giuseppe è l’Alfa e l’Omèga, il Principio e il Fine.

Il Figlio dell’uomo – Sia benedetto il suo Nome – è invocato su di noi.

Il Signore rivolga il suo sguardo su di voi e vi doni il suo Spirito.

Il Signore rivolga il suo Volto su di voi e vi doni la sua Pace.

Il Signore sia sempre davanti a voi per guidarvi.

Il Signore sia sempre dietro di voi per difendervi dal male.

Il Signore sia Sempre accanto a voi per confortarvi e consolarvi.

 

E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio

e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre. Amen!

 

La messa finisce come rito, continua nella testimonianza. Andiamo incontro al Signore che viene.

Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.

_________________________

© Festa della Santa Famiglia di – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete – Genova

[L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica]

Paolo Farinella, prete – 26/12/2010 – Genova

 

 

APPUNTAMENTI

 

Sabato 1 gennaio 2011, Maria Madre di Dio ore 10,00: Messa

Domenica 2 gennaio 2011, 2a dom. dopo Natale ore 10,00: Messa

Giovedì 6 gennaio 2011, Epifania ore 10,00: Messa

Venerdì 7 luglio alle ore 17 presso il Centro Banchi, in piazza Banchi, a Genova incontro con il prof. Mazin Qumsiyeh docente di genetica presso le Università di Betlemme e di Birzeit  ricercatore e di docente universitario presso la Yale University nel Connecticus sul tema: «Dalla Betlemme di Gesù alla Betlemme di oggi: i Diritti Umani e la disputa israelo-palestinese». E’ importante valutare l afavola del Natale «de noantri» con la realtà della Betlemme di oggi.

Sabato 8 gennaio 2011, «Concerto per organo» ore 17,30: Chiesa di S. Torpete - (Alessio Cola-

surdo – organo) Musiche di Zipoli, Mozart, Cimarosa, Walond, Lucchesi, Schiavon, Colasurdo, Beethoven, Gamberale, Provesi

Domenica 9 gennaio 2011, Battesimo di Gesù ore 10,00: Messa

 NOTE

1 Il Tempio di Gerusalemme non era soltanto un luogo di culto, ma di fatto era anche la più grande banca d’Israele che custodiva il ricchissimo tesoro del Tempio. Si tratta del «qorbàn» ovvero dell’«offerta» di cui parla Mc 7,10-13: «Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte [Es 20,12; Dt 5,16; Es 21,17; Lv 20,9]. Voi invece – se uno dichiara al padre e alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è “Korbàn”, cioè offerta a Dio – non gli permettete di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,10-13; cf Mt 15,4-6; J. Mateos – F. Camacho, Il vangelo di Marco, analisi linguistica e commento esegetico, vol. 2, Cittadella Editrice, Assisi 2002, 117-118.130-132).

2 Nel sec. XVII in molti paesi d’occidente sorgono associazioni familiari che si ispirano alla santa Famiglia di Nazareth. Dato il loro costante incremento, nel 1893 il papa Leone XIII concede uno statuto e anche una festa dedicata alla santa Famiglia fissata per la 3a domenica dopo l’Epifania che papa Benedetto XV nel 1914, alla vigilia della 1a guerra mondiale trasferisce al 19 gennaio e successivamente nel 1921 ne estende il culto a tutta la chiesa di rito latino. Nel calendario attuale è fissata nel 1969 da Paolo VI in attuazione dalla riforma liturgica conformemente ai dettami del concilio ecumenico Vaticano II, operando così anche un cambiamento di prospettiva: da festa nata per esigenze pastorali in funzione di una spiritualità della famiglia in un mondo sempre più secolarizzato, ora la celebrazione è un’ulteriore tappa nel cammino di comprensione del mistero del Verbo incarnato alla cui luce ogni realtà diventa «sacramentale» ed espressione visibile dell’alleanza nuova.

 

3 S. Muñoz Iglésias, «El Evangelio de la infancia en S. Mateo», in Sac. Pag. II (1959), 121-149.

4 Cf Os 11,1.

5 Ger 31,15.

6 Cf In ebraico il nome Nazaret ha assonanza con nezer che significa germoglio, per cui il riferimento potrebbe essere a Is 11,1 che parla di germoglio che spunterà dalla radici di Jesse (nezer shoresh). Nazaret è un villaggio nel nord della Palestina nella regione della Galilea a km 140 ca. a nord di Gerusalemme.

7 Le letture liturgiche hanno questo limite: sono scelte non in funzione del loro senso nel contesto della Scrittura, ma come «pezzi» in funzione della lunghezza e quindi della liturgia. C’è dunque ancora un uso strumentale della Scrittura che invece dovrebbe essere continua, lineare senza interruzioni e adattamenti, in base al principio che la Parola di Dio è ispirata e quindi bisogna capirla nel suo senso letterale e nel suo senso nascosto per giungere al senso pieno. Sem qualcosa non si capisce basta spiegarlo si spiega. Le persone sono formate e attrezzate culturalmente più che in passato: non è il caso di manipolare la Parola di Dio

8 Riportiamo quanto abbiamo scritto nella Nota esegetica generale della 4a domenica di Avvento-A nella introduzione generale: «E’ importante però sottolineare che i vangeli dell’infanzia non sono cronache «storiche», ma riflessioni «teologiche» esposte in forma di racconto popolare. Si è in un tempo, nella seconda metà del sec. I d. C. in cui pullulano i«vangeli apocrifi» che sprigionano la fantasia e abbondano di soprannaturale in modo eccessivo ed è naturale che gli evangelisti vogliano porre un freno a queste immaginazioni immaginifiche sulla nascita miracolosa di Gesù. La nascita verginale unita alla estromissione di Giuseppe nella sua paternità biologica, può essere una allegoria o una metafora di mediazione nel processo che si va formando della divinizzazione di Gesù. I vangeli dell’infanzia infatti sono scritti dopo la Pasqua e quindi gli eventi sono illuminati dalla teologia che si è sviluppata sia attraverso la tradizione orale sia attraverso gli scritti del NT, primi fra tutti quelli di Paolo. La terminologia infatti è pasquale: «Signore, Cristo». Solo se sono contestualizzati all’interno di questo processo lungo e costante, i racconti dell’infanzia acquistano tutta la loro limpidezza e potenza: sono un annuncio pasquale anticipato della salvezza di cui Yoshuà di Nàzaret è portatore».

9 R. Bloch, Quelques aspects de la figure de Moïse dans la tradition rabbinique, Moïse, l’homme de l’alliance, Desclée, Paris 1955, 164.

10 In ebraico si chiama peshàt/peshùt che alla lettera significa: Questo è…/cioè/il senso è… e si riferisce sempre al significato immediato di ogni parola, frase o brano. Esistono quindi vari tipi di midràsh e spaziano dall’esegesi della scrittura alle omelie per le feste importanti.

11 Dal verbo halàch che significa camminare e quindi via, condotta, regola di vita.

12 Dal verbo higgîd - annunciare/raccontare. Si tratta racconti storici o leggendari, edificanti simili alle nostre agiografie o vite dei santi perché servono a stimolare l’emulazione e ad edificare.

13 Cf S. Muñoz Iglesias, El Evangelio de la infanzia en S. Mateo, in Sacr. Pag., II (1959), 121-149; L. Ginzberg, Le leggende degli Ebrei, vol. IV. Mosè in Egitto, Mosè nel Deserto, Milano 2003, 25-34.

14 P. H. Cave, «St Matthew’s infancy narration», in N.T.St., 63 (1962), 382-390; M. Bourke, The literary genus of Matthew 1-2, in Cat. Bib. Quart. 1960, 167-173.

15 Tratto da «Giorno per giorno» della comunità di Base del bairro del Goiás (Brasile) del 15.12.2007.



Giovedì 23 Dicembre,2010 Ore: 07:30
 
 
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