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www.ildialogo.org Natale 2010 - Messa del giorno,di Paolo Farinella, prete

Natale 2010 - Messa del giorno

– Sabato 25 dicembre ore 10,00 –


di Paolo Farinella, prete

Così non avete potuto vegliare con me un’ora sola! (Mt 26,40)

Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is 9,5)

 

Chi ha paura di un bambino? Nessuno sta sulle difensive davanti ad un bimbo appena nato! Il «vangelo di natale» è tutto qui: Dio viene in mezzo a noi come bambino perché nessuno possa sentirsi fuori posto. Se Dio diventa Bambino tutto cambia e acquista un senso diverso: per noi si aprono le porte solenni dell’amicizia con Dio perché ora si compie il mistero descritto dal profeta autore della 1a Lettera di Giovanni:

 

1 Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita 2 – la vita infatti si si manifestò, noi l`abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi – , 3 quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1Gv 1,1-3).

 

Toccare il Verbo della Vita! Quale stridore! Eppure è qui il cuore del cristianesimo, a differenza di tutte le altre religioni, comprese quelle storiche come l’ebraismo e l’islamismo. Ebrei e Musulmani come anche le religioni orientali, non ammettono e non accettano che Dio possa essere «umano». Per loro è una bestemmia sacrilega dire che Dio si possa fare persona umana perché Dio è il «separato» dalle ambiguità della condizione umana.

In Gesù Cristo invece Dio ha scelto l’ambiguità, la contraddizione e il limite umano come «luogo» della manifestazione della sua identità. Per noi questo è il vangelo di Natale: Dio è Emmanuele, nome ebraico che significa Dio-con-noi, cioè Dio vicino, accanto, Dio compagno di viaggio e ospite che ci riceve all’arrivo.

Natale è il giorno della seduzione: «Tu mi hai sedotto, Signore, ed io mi sono lasciato sedurre» (Ger 20,7). Lasciamoci sedurre da quel Dio che si accorcia così tanto da farsi Bambino per essere alla nostra portata. Se qualcuno pensa di essere indegno o indegna di stare qui, perché il suo cuore gli rimprovera qualcosa, ebbene sappia una volta per tutte che Dio è più grande del suo errore, limite, peccato ( 1Gv 3,20); sappia che è Dio a stare davanti a lui o a lei per dirti: non avere paura, questa notte tu puoi rinascere perché io sono già nel tuo cuore e nel tuo desiderio: «Convertitevi/cambiate mentalità e credete al Vangelo»: Io-Sono Gesù Cristo (Mc 1,15.1).

Scopriremo che noi siamo poveri pur essendo pieni di cose; che noi siamo mendicanti di Vita pur essendo schiacciati dalle apparenze e sapremo condividere pane e vita. Invochiamo insieme lo Spirito Santo perché ci introduca nel mistero dell’incarnazione, ci purifichi gli orecchi per ascoltare, gli occhi per vedere e ci accompagni mentre saliamo all’altare dell’Eucaristia per spezzare il Pane con tutte le genti, popoli, nazioni e lingua sparsi ai quattro angoli del mondo. Buon Natale con tutto il cuore! Mentre accendiamo le candele della corona di pane che ci ha accompagnato durante tutto l’avvento, antifona d’ingresso (cf Is 9,5): È nato per noi un Bambino, un figlio ci è stato donato: egli avrà sulle spalle il dominio, Consigliere ammirabile sarà il suo nome.

 

Santissima Trinità, Unico Dio, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di sapienza e di scienza,  Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di intelletto e di pietà,   Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di pace e di mitezza, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito Santo, dono pasquale, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di consiglio e di fortezza,Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di grazia e di preghiera, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito del Messia benedetto, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di Dio incarnato, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito di Gesù risorto, Veni, Sancte Spiritus.

Spirito dei figli di Dio, Veni, Sancte Spiritus.

Sapienza di Dio incarnata, Veni, Sancte Spiritus.

 

L’arte bizantina raffigura la culla di Gesù sempre a forma di sepolcro perché il Bambino che nasce è già illuminato dal mistero della morte che ne spiega la vita, proiettato sul monte Calvario dove regalerà se stesso per amore nostro e ci aprirà le porte della risurrezione. Se vogliamo incontrarlo dobbiamo ripercorrere la sua esperienza umana, dalla grotta alla Croce. Questa notte nasce per noi la speranza che acquieta la nostra inquietitudine, secondo il grido di Sant’Agostino: «perché ci hai fatti per te, [o Signore] e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te»1. Ognuno di noi oggi scrive il suo nome sulla carne viva di Dio e vi rimarrà indelebile per sempre.

 

Annuncio della nascita del Signore:

Accogliamo il vangelo dell’incarnazione, l’annuncio della nascita del Signore Gesù:

 

Oggi un Bimbo nasce per noi! Oggi un Figlio ci è dato per sempre!

Oggi il Verbo carne è generato. Il suo Nome è Gesù e significa «Dio è salvezza»!

E’ il Messia, il Redentore! E’ Gesù di Nàzaret, il figlio di Maria, il Lògos eterno.

Maràn athà – Signore nostro vieni, tu che eri, che sei e verrai ancora.

Egli vive nel seno della Trinità, che adoriamo, celebriamo e invochiamo in questa Veglia di Natale, segnandoci con il segno della croce che è il sigillo trinitario della nostra fede:

 

(ebraico)

Beshèm

ha’av

vehaBèn

veRuàch

haKodèsh.

Amen.

(italiano)

Nel Nome

del Padre

e del Figlio

e dello Spirito

Santo.

 

Amen, in ebraico significa: Dio [è mio] Re fedele! Dio è fedele sempre, anche quando noi non siamo fedeli! Questo è Natale! Nessuno questa notte si senta estraneo o fuori luogo. Dire Natale è dire noi stessi! Entriamo nella nostra coscienza, raccogliamo ogni coccio e deponiamo tutto su questo altare perché solo Dio può trasformare le pietre in pane, la nostra miseria in benedizione di salvezza, la nostra tristezza in gioia. Chiediamo perdono al Signore, con fiducia perché Egli è la Misericordia che ama. Esaminiamo la nostra coscienza

 

[Si fa un reale esame di coscienza , non simbolico, dopo qualche minuto]

 

Signore, Dio-Bambino che sei nostro Giudice, Kyrie, elèison! Kyrie, elèison!

Cristo, Principe di pace, sei il nostro Messia, Christe, elèison! Christe, elèison!

Signore, Salvatore del mondo, sei il nostro Redentore, Kyrie, elèison! Pnèuma, elèison!

Cristo, che nasci lontano dal lusso e dallo spreco, Christe, elèison! Christe, elèison!

Signore, che nasci tra i pastori, considerati impuri, Kyrie, elèison! Kyrie, elèison!

Cristo, che hai voluto essere adottato da un Giuseppe, Christe, elèison! Christe, elèison!

Signore, che porti la pace e condanni ogni guerra, Kyrie, elèison! Pnèuma, elèison!

Cristo, che vuoi essere il Dio vicino ad ogni persona, Christe, elèison! Christe, elèison!

Signore, tu sei nostro Padre! Ascolta e perdona! Kyrie, elèison! Kyrie, elèison!

 

Dio onnipotente, apparso a noi nella debolezza della fragilità umana, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen!

 

GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente [breve pausa 1-2-3]

 

Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]

 

Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]

 

Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.

 

Preghiamo (colletta). O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana. Egli è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Mensa della Parola

Prima lettura Is 52, 7-10. L’autore è forse un esiliato ritornato da Babilonia e si gode lo spettacolo che offre la vista della valle del Cedron dalle mura di Gerusalemme. Egli vede contempla la lunga processione di reduci che tornano da Babilonia che entrano in città cantando e lodando Dio. L’avanguardia del corteo giunge ad una porta custodita dalle guardie (v. 8) e porta la notizia che i figli d’Israele sono alle sue porte. La liberazione dall’esilio è la «buona notizia» cioè il «vangelo» che le guardie si affrettano a ripete alle altre guardie perché l’annuncio arrivi a tutta la città (v. 9) che come una madre angosciata aspetta la notizia dell’arrivo dei figli. Questo brano è uno dei più antichi testi (sec. V/IV a.C.) dove compare per la prima volta il termine «vangelo» che è l’annuncio di un evento che porta in sé la Shekinàh/Dimora/Presenza di Dio.

 

Dal libro del profeta Isaia 52, 7-10

7 Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: "Regna il tuo Dio". 8 Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. 10 Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio. - Parola di Dio.

Salmo responsoriale 97/96, 1; 2-3b; 3cd-4; 5; 6. Il Salmo è un inno che celebra la regalità divina e l’avvento del giudice del mondo. Forse in origine vi erano due composizioni separate. Secondo il più grande esegeta ebreo Rashì (sec. XI d.C.) l’inno verrà cantato in onore del futuro Redentore d’Israele. Noi lo cantiamo ora in onore del Lògos eterno che incontriamo e riconosciamo nel Bambino, Redentore d’Israele e Messia della Chiesa e del mondo.

Vittoria della vita sulla morte. Amore più forte dell’odio. Natale, prima tappa dell’itinerario pasquale del Cristo.

 

Rit. Tutta la terra ha veduto la salvezza del Signore.

 

1. 1 Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
il suo braccio santo.
Rit.

2. 2 Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
3 Egli s’è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa di Israele.
Rit.

3. Tutti i confini della terra hanno veduto
la salvezza del nostro Dio.

4 Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.
Rit.

4. 5 Cantate inni al Signore con l’arpa,
con l’arpa e con suono melodioso;
6 con la tromba e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.
Rit.

 

 

Seconda lettura Eb 1,1-6. Il prologo della lettera agli Ebrei, da cui sono tratti i versetti proclamati oggi, ha un andamento liturgico perché descrive l’intronizzazione gloriosa del Signore in una forma che assomiglia molto al prologo di Giovanni che proclamiamo oggi nel vangelo. Cristo è superiore ai profeti (vv. 1-3) e agli angeli (vv.4-5). Questa affermata superiorità di Cristo su profeti e angeli si capisce se si sa che la lettera è indirizzata a cristiani provenienti dal Giudaismo, i quali erano condizionati sia dalla storia di Israele (profeti) sia da alcune credenze tipiche dell’apocalittica, molto in voga nel sec. I d.C. L’autore invita a superare il passato e a guardare alla «novità» che è Cristo Signore: i profeti e gli angeli portarono la Toràh, Cristo è la Parola stessa di Dio che pianta la sua tenda «in mezzo a noi» (Gv 1,14).

 

Dalla lettera agli Ebrei 1,1-6

1 Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, 2 in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. 3 Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell’alto dei cieli, 4 ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. 5 Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto: "Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato"? E ancora: "lo sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio"? 6 E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: "Lo adorino tutti gli angeli di Dio". - Parola di Dio.

 

Vangelo Gv 1,1-18 (lett. breve 1,1-5.9-14). Il prologo di Gv che proponiamo in una traduzione letterale e più aderente al testo greco, è paragonabile all’ouverture di una sinfonia, in quanto come in una opera musicale, anticipa tutti i temi che verranno trattati nel corso del vangelo. L’autore si ispira al sapiente che nell’AT fa elogio della Sapienza (Sp 9,9-12; Pr 8,22-32; Sir 24,5-11) e, imitandolo, eleva un inno al Lògos/Verbo che come la Sapienza è contemplato nella sua divinità e trascendenza (v. 1; cf Sir 24,2-4; Pr 8,22-33; Sap 9-10). Il Lògos come la Sapienza è la vita del mondo che scorre nella sua immanenza (vv. 1-2; cf Sir 24,5-6; Pr 8,24-31; Sap 9,9). Questo Lògos inaccessibile si rende visibile perché viene ad abitare in mezzo al suo popolo (vv. 9-11; cf Sir 24,8; Sap 9,10), portando la novità imprevista: la vita stessa di Dio (vv. 12-14; cf Sir 24,12-22; Pr 8,32-36; Sap 9,11-12). Ormai il destino di Dio e quello dell’umanità sono intrecciati indissolubilmente e cammino insieme: questo è Natale.

 

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia. Un giorno santo è spuntato per noi: venite tutti ad adorare il Signore;

oggi una splendida luce è discesa sulla terra. Alleluia, alleluia.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Prologo) 1,1-18 (lett. breve 1,1-5.9-14); [trad. lett. dal greco di Paolo Farinella, prete)

 

1 In principio era il Lògos, / il Lògos era volto verso Dio / e il Lògos era Dio.

2 Egli era in principio volto verso Dio. / 3Tutto fu fatto per mezzo di lui, / e, fuori di lui, [tutto] diventò niente.

 

4 In [tutto] ciò che fu fatto [il Lògos] era vita / e [la] vita era la luce degli uomini;

5 la luce brilla nelle tenebre, / ma le tenebre non l’hanno accolta.

 

6 Venne un uomo inviato da Dio. / Il suo nome era Giovanni. /

7 Egli venne in vista della testimonianza

per rendere testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. /

8 [Egli] non era la luce, ma era necessario che lui rendesse testimonianza alla luce.

 

9 [Il Lògos] era la luce vera, / che illumina ogni uomo, / [egli] che è venuto nel mondo,

10 Egli era nel mondo / e il mondo fu fatto per mezzo di lui, / eppure il mondo non lo riconobbe.

 

11 [Egli] venne fra la sua gente, / ma i suoi non l’hanno accolto.

12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio, / [sì]a quelli che credono nel suo nome,

13 i quali non da sangue, né da volere di carne, / né da volere di uomo, / ma da Dio sono stati generati.

 

14 E il Lògos carne fu fatto / e venne ad abitare in mezzo a noi, / e noi vedemmo la sua gloria,

gloria come di unigenito dal Padre, / pieno [della] grazia della verità.

 

15 Giovanni rende testimonianza a suo favore / e ha gridato dicendo: «Ecco l’uomo di cui io dissi:

Colui che viene dopo di me / è passato avanti a me, / perché era prima di me».

 

16 Poiché della sua pienezza / noi tutti abbiamo ricevuto / e grazia per grazia;

17 perché la legge fu data per mezzo di Mosè, / la grazia della verità fu fatta/data) / per mezzo di Gesù Cristo.

 

18 Nessuno ha mai visto Dio: / il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre,

lui [ce] ne ha fatto l’esegesi / [ce] ne ha dato la spiegazione. – Parola del Signore.

Tracce di Omelia (Il Prologo di Giovanni:1,1-18)

 

I primi 18 versetti di Gv costituiscono il prologo di tutto il vangelo. Sono come l’ouvèrture che contiene tutti i temi che saranno sviluppati ed eseguiti nella sinfonia seguente: il Lògos, luce e vita, s’incarna per rivelare al mondo la salvezza e dare ai credenti il potere di diven­tare figli di Dio. Il pensiero corre spontaneo al libro della Sapienza, dove Ben Sira fa l’elogio della Sapienza (Sir 24) che identifica con la Legge.

 

[1] In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. [2]Egli era in principio presso Dio. Vi troviamo una costruzione a chiasmo, cioè incrociata, simile a quella che di Pr 8,22-23,

 

Giovanni 1-2:

1In principio2 era il Verbo

A

 

B

il Verbo era volto verso Dio

 

 

 

 

 

il Verbo era Dio

B’

 

A’

2Egli era in principio presso Dio

 

Proverbi 8,22-23:

22Il Signore mi creò

A

 

B

all’inizio (archēn) delle sue vie

 

 

 

23Dall’eternità mi costruì

A’

 

B’

all’inizio (en archēi), prima di creare la terra

 

Il pensiero corre immediatamente a Gen 1,1 che descrive il primo principio, quello della creazione: «Nel principio del “Dio creò il cielo e la terra”…». Il richiamo a Gen diventa esplicito, se consideriamo i primi due capitoli del IV Vangelo, dall’1,19 al 2, 11, dove scorgiamo che Gv intenzionalmente vuole descrivere una set­timana di vita di Gesù, quasi una settimana tipica. Abbiamo il seguente schema:

 

1,1: In principio; 1, 29: Il giorno dopo; 1,35: Il giorno dopo; 1,43: Il giorno dopo; 2,1: Tre giorni dopo

 

Un “In principio” (en archê) + sette giorni di lavoro sono un esplicito riferimento a Gen 1,1 con un parallelismo letterario che non può essere certamente casuale, ma è voluto, perché ci vuol dire che c’è rapporto e differenza tra la prima creazione, avvenuta nel segno di 10 parole, e l’ambiente, il mondo del Verbo, l’unica Parola del Padre che ri-crea perché dà la vita in abbondanza e questa parola/Lògos/Dabar è la persona del Figlio. Per ben tre volte in un solo v. si dice il Verbo (Lògos).

[ 2] Presso Dio. In greco è «rivolto verso Dio». Due volte in parallelo con il v. 18: (nel seno del Padre). La preposizione «pròs» greca indica relazione dinamica e totale: il Verbo non è solo una presenza, ma esprime anche una partecipazione, una comunione di persone in relazione tra loro: «volte» l’una verso l’altra.

[3] Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. [4]In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; [5] la luce splende nelle tene­bre, ma le tenebre non l’hanno accolta.

Traduzione letterale nel contesto biblico: Tutto è stato fatto per mezzo di lui e separato da lui tutto è nulla. Di tutto ciò che esiste (Egli, il Lògos) era la vita e la vita era la luce degli uomini, e la luce brilla nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno domata (repressa).

Il v. 3 evoca un vento decisivo nella storia della salvezza: il peccato e la caduta di Adamo nell’Eden. Infatti la preposizione greca chorìs che in prima battuta significa senza, in Gv 15, 5 e 20, 7 ha il significato di separato da..., mentre nella Bibbia greca dei LXX in 1 Sam 12, 21 e Is 40, 17 e 23, il termine oudèn (nulla, niente) traduce il tohu wabohu, espressione che troviamo in Gen 1,2 per indicare il caos iniziale e il vuoto prima della creazione: [2]Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Il verbo è un aoristo: un’azione precisa, fissa, determinata. Il riferimento a cui si ricollega il nostro testo è certamente il peccato di Adamo che trascina con sé, nel caos e nel nulla tutta la creazione.

Un altro indizio che il riferimento è esatto lo troviamo nel termine tenebre del v 5 che in Gen 2 ricoprivano l’abisso. Come l’abisso iniziale della crea­zione è dominato dalle 10 parole creatrici di Dio, così l’abisso delle tenebre umane ora dominato dalla luce che non può essere più domata perché è la Parola Unica e Unigenita di Dio che ora è vita. In Gv 14, 6 si dice che Gesù è la vita, espressione che si capisce solo se nel contesto dell’A.T. che definiva la Legge come sorgente della vita (Dt 8,3; 30,15-20).

Il Targum di Gn 3, non aveva esitato a identificare la Legge con l’albero della vita del Para­diso terrestre. Gv presentando il Lògos come vita s’inserisce in questa tradizione definen­dolo come nuova Legge (idea che sarà ripresa in 1, 17). Lo stesso deve dirsi per luce. Gv definisce Gesù come luce (8,12; 9,5; 12, 46), titolo che l’A. T. attribuiva alla Legge (Sl 19,8) e alla Sapienza (Targum 2 Bar 3, 14).

[6] Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. [7]Egli venne come testi­mone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.[8]Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

Appare Giovanni come testimone della luce, l’Elia che doveva venire, l’amico dello sposo, il più grande tra i nati di donna, con la sua testimonianza (valore giuridico) inizia una nuova tappa della storia di salvezza.

[9] Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. [10]Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. [11]Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.

Il v. 9 esprime un’idea di universalità, molto cara a Gv: nessun uomo è escluso dalla rive­lazione della luce. Il v 10 riporta tre volte il termine mondo con tre significati diversi: 1) senso geografico = nella terra; 2) senso cosmico = la creazione; 3) senso antropologico = gli uomini, il genere umano.

Il v 11: tutto il genere umano è rappresentato dalla sua gente (alla lettera: quelli proprio suoi, quelli della sua casa): Israele incredulo è il vero discendente di Adamo che si separa dalla luce dell’albero della vita..

[12] A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, [13] i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

Sono i due versetti centrali del prologo, dove all’accoglienza, contrapposta alle te­nebre che rifiutano, corrisponde il dono della filiazione divina: essere figli è un dono, non un diritto. L’espressione tekna (figli) si contrappone a Gv 8, 39, dove si parla di sper­ma (discendenza), quasi a sottolineare che la filiazione divina (tekna) aperta dal Verbo non è legata ad alcuna razza (sperma). Infatti il v 13 esplicita il senso: non da sangue, né da carne, né da volere di uomo. Il dono di diventare figli di Dio è offerto a tutti gli uomini, ad una sola condizione: credere nel Figlio

 

[14] E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua glo­ria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.

L’incarnazione del Verbo è descritta in una triplice tappa: 1) il Verbo carne fu fatto; 2) abita tra noi; 3) la sua gloria noi vediamo. Verbo-Carne: contrapposizione di contrari: l’eterno e il temporale; il divino e l’umano; la maestà di Dio e la debolezza umana. Ma se guardiamo al discorso del pane di vita in Gv 6, 51, possiamo anche dire che anche qui c’è un riferimento all’Eucarista: il mio corpo è la vera carne, strumento di redenzione. Il senso dell’incarnazione sta nella salvezza di Dio che noi possiamo ottenere nella carne dell’Eucari­stia. Il verbo abitare (greco: eskénosen, letteralmente «porre/piantare la tenda» è un’allusione biblica che richiama immediatamen­te ala presenza della gloria divina nella Tenda al tempo di Mosè. Inoltre è evidente il rife­rimento a Is 7, 14, dove si dice che l’Emmanuele è il Dio-con-noi. Infine come non pensare a Sir 1,11-20; Sap 9,10 secondo cui la Sapienza ha abitato nella nube che guidava il popolo nel deserto, durante l’esodo?

[15] Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». [16]Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. [17] Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

[18] Dio nessuno l’ha mai visto: pro­prio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Il v. 15 forse è un’aggiunta perché rompe il ritmo del testo. Mentre il v. 16 deve leggersi in­sieme al v 14: gloria piena di grazia e verità. Il senso riguarda la pienezza, cioè il compi­mento: Cristo è colui che compie che porta a pienezza la grazia (il dono, la legge) e la veri­tà (la rivelazione, cioè Gesù Cristo). Infatti il confronto tra legge e verità è ripresa al v 17 che riprende ed esplicita il concetto precedente. V. 18: Lui è il rivelatore, colui che raccon­ta il Padre perché lo ha visto. Se guardiamo il prologo nel suo insieme, scorgiamo questa costruzione simmetrica:

a)

vv. 1-2: Il Lògos-Verbo con Dio

 

b)

v. 3: il suo ruolo nella creazione

 

 

c)

vv. 4-5: comunica la vita all’uomo

 

 

 

d)

vv. 6--8: testimone Giovanni Battista

 

 

 

 

e)

vv. 9-11: la sua venuta nel mondo

 

 

 

 

 

f)

vv. 12-13: aper farci figli di Dioa

 

 

 

 

e’)

v. 14: la sua venuta nella carne

 

 

 

d’)

v. 15: testimone Giovanni Battista

 

 

c’)

v. 16: comunica la vita agli uomini

 

b’)

v. 17: il suo ruolo di ri-creazione

a’)

v. 18: il Figlio presso il Padre

 

In questo schema che riflette tutta la teologia giovannea e che verrà ripreso e sviluppato nel resto del Vangelo, c’è uno sviluppo logico e teologico della storia della salvezza. Da Adamo in poi, la storia può essere definita come un progressivo e costante allontanamento dell’umanità da Dio, contenuto dai continui interventi della fedeltà divina: la Legge, i Profeti. Ora, nel Verbo incarnato, inizia la risalita, il processo all’inverso, il ritorno al “principio”. Ora è Dio stesso che prende per mano l’Adamo di tutti i tempi e lo riaccompagna nel giardino di Eden per vivere ancora e per sempre la familiarità con Dio (Gen 2,8). Dallo schema infatti si rileva il seguente andamento progressivo:

Dio-creazione-uomo-vita-testimone-Lògos-nel-mondo

 

con l’obiettivo di “farci figli di Dio” attraverso una risalita verso le porte di Eden:

Lògos-nel-mondo-testimone-gloria-uomo-ri-creazione-Dio.

 

Tutto in appena 18 versetti, 253 parole (complessive): veramente la Santa Trinità, di cui il Verbo è l’evangelizzatore e il “testimone” inviato, è un Dio nascosto nella povertà e fragilità della parola umana.

 

Natale ci proietta con forza nella vita stessa di Dio, nel Santo dei Santi dell’Eternità, nell’identità stessa di quell’uomo che ora e solo ora si manifesta a noi come il Figlio Unigenito che viene a raccontarci il volto del Padre. Questo volto e questa identità possiamo non solo cogliere e riconoscere, ma partecipare nel Lògos-Parola e nel Lògos-Carne che a noi viene dato nella celebrazione pasquale che è l’Eucaristia, la vera Tenda della Dimora, il Santo dei Santi dell’Umanità di Cristo, l’Arca della Nuova Alleanza nella quale diventiamo figli nel Figlio.

 

[Breve pausa di silenzio e riflessione, poi segue rinnovo delle promesse battesimali in sostituzione del Credo]

 

PROFESSIONE DI FEDE

Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? Credo.

Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore,

che nacque da Maria vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti

e siede alla destra del Padre? Credo.

Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi,

la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? Credo.

 

Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la fede nella quale siamo stati battezzati e siamo rinati. Questa è la fede che noi ci gloriamo di professare, in Cristo Gesù nostro Signore. Amen.

 

Preghiera dei fedeli

Siamo venuti questa notte dalle nostre diversità, da diverse parti della città portando con noi gioie e dolori, tristezze e speranze, angosce e progetti di vita. Dio solo sa scrutare il nostro cuore e solo Lui sa valutare i nostri bisogni in ragione della nostra salvezza. Deponiamo su questo altare, tutto ciò che abita il nostro cuore perché lo Spirito Santo trasformi tutto unendolo al pane e al vino.

 

Su noi qui presenti che seguiamo la stella per trovare il Bambino!

Sugli ammalati nelle nostre case, e in ogni luogo di dolore! Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Sui bambini custoditi dal nostro amore e sui bambini abbandonati,

Sui nostri figli lontani, sui nostri cari vicini o distanti! Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Su quanti amiamo e sono con noi in questi giorni di Natale,

Su chi lavora, su chi non ha lavoro, su chi cerca lavoro! Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Su chi ha un’angoscia e un dolore, una piaga o disperazione!

Su chi è felice e sereno, amato e riamato, accolto e stimato! Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Su chi è ferito nell’amore per tradimento, per abbandono o superficialità!

Su chi perdona e chiede perdono, rinnovando il volto dell’Amore,Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Su chi è senza casa e senza dignità, senza speranza e senza sogni!

Su chi crede e su chi non crede, su ogni uomo e su ogni donna, Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Sugli innamorati e le innamorate, segni viventi di Dio che è Amore!

Su chi soffre per amore, su chi cura ferite d’amore, Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Sulla città di Betlemme, cuore del mondo e chiave della pace nel mondo!

Su tutto il mondo, martoriato da guerre, carestie e siccità, Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

Su di noi e sul nostro cuore, oggi, domani, sempre nel Nome Santo di Dio:

Sugli immigrati e sugli esuli, i rifugiati politici e i dispersi, Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!

 

[Tutti insieme:] Su tutti noi sia la luce del Natale, la conversione del cuore e la forza

dello Spirito per essere uomini e donne nuovi per un mondo nuovo. Amen! Amen!

[Intenzioni libere]

LITURGIA EUCARISTICA

Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:

 

«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24),

Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.

Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.

 

[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]

 

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore.

 

Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.

Il Signore riceva questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

 

Preghiera sulle offerte. Ti sia gradito, Signore, questo sacrificio, espressione perfetta della nostra fede, e ottenga a tutti gli uomini il dono natalizio della pace. Per Cristo nostro Signore. Amen!

 

PREGHIERA EUCARISTICA [Messa dei Fanciulli I]

 

Il Signore sia con voi E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori Sono rivolti al Signore.

Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio E’ cosa buona e giusta.

 

O Dio, nostro Padre, tu ci dai la gioia di riunirci nella tua Chiesa per dirti il nostro grazie con Cristo Gesù tuo Figlio. Egli è il Verbo incarnato che rivela agli occhi della nostra mente la luce nuova della tua Gloria.

Gloria a te, Signore! Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia (cf Is 9,2).

 

Tu ci hai tanto amato, che hai dato a noi il tuo Figlio Gesù per condurci fino a te.

Gloria a te, Signore! Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (cf Is 9,5).

 

Tu ci hai tanto amato, che hai dato a noi il tuo Santo Spirito per formare in Cristo una sola famiglia che questa notte adora il Dio invisibile venuto in mezzo a noi.

Gloria a te, Signore! Il popolo che camminava nelle tenebre, ha visto una grande luce (cf Is 9,1).

 

Per questi doni del tuo amore ti rendiamo grazie, o Padre, e uniti agli angeli e ai santi, cantiamo la tua gloria:

Tu sei l’Emmanuele-Dio-con-noi! Il Lògos che era, che è e che viene.

 

Sia benedetto Gesù Cristo, tuo Figlio, che ci hai mandato, amico dei Piccoli e dei Poveri, degli Immigrati e degli Esclusi, dei Rom e dei Barboni, dei Clandestini e delle Prostitute, dei Gay e delle Minoranze,

Tu Principe della pace, amico di pubblicani e peccatori, noi ci avviciniamo a te per ascoltarti.

 

Egli ci ha insegnato ad amare te, nostro Padre, e ad amarci tra noi come fratelli e sorelle senza distinzione di lingua, di cultura, di religione e di sesso.

Tu sei l’Emmanuele-Dio-con-noi! Avevi fame, avevi sete, eri straniero, stavi in carcere, eri nel bisogno e ti abbiamo assistito!

 

E’ venuto a togliere il peccato, il male che allontana gli uomini da te e li rende nemici tra loro.

Ogni volta che abbiamo fatto qualcosa al più piccolo dei fratelli e delle sorelle del Signore, lo abbiamo fatto a te, Padre dei poveri, nostro Dio (cf Mt 25,39-40).

 

Ci ha promesso il dono dello Spirito Santo che rimane sempre con noi perché viviamo come tuoi figli.

Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra alle persone che amano e costruiscono la Pace.

 

Ora ti preghiamo: Dio nostro Padre, manda il tuo Santo Spirito, perché questo pane e questo vino diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore.

Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia (cf Lc 2,7).

 

Prima della sua morte sulla croce, egli ci lasciò il segno più grande del suo amore: nell’ultima cena con i Suoi discepoli, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede loro e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO E’ IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Oggi nella città di Davide, sei nato per noi Salvatore: Tu se il Cristo Signore, Lògos fatto carne (Lc 2,11).

 

Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: PRENDETE E BEVETENE TUTTI:QUESTO E’ IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.

Questo per noi è il segno: abbiamo trovato un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. E’ il Signore Gesù! Si offre per noi! (cf Lc 2, 12).

 

Poi disse loro: FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14).

 

Mistero della fede:

In principio sei il Verbo e sei presso Dio e sei Dio. Sei il Signore morto e risorto e noi attendiamo la tua venuta alla fine del mondo (cf Gv 1,1).

 

Noi ricordiamo, o Padre, il tuo Figlio Gesù, morto, risor­to, salvatore del mondo. In questa notte santa si offre nelle nostre mani per mezzo di Maria e noi lo accogliamo e l’offriamo a te nostro sacrificio di riconciliazione e di pace.

Siamo venuti a Betlemme a vedere il Signore che è nato per noi (cf Lc 2,15).

 

Ascolta, o Padre, la nostra preghiera e dona lo Spirito del tuo amore a tutti quelli che partecipano alla tua mensa; fa che diventino un cuor solo e un’anima sola nella tua Chiesa, con il nostro papa … , il vescovo …, con tutti i vescovi, con quanti amiamo e con coloro che lavorano per il bene del tuo popolo.

Tutto fu fatto per mezzo te, / e, fuori di te, [tutto] diventò niente. 4 In [tutto] ciò che fu fatto tu, il Lògos sei vita / e [la] vita è la luce degli uomini; la luce brilla nelle tenebre, / ma le tenebre non ti hanno accolto (Gv 1,3-4).

 

Benedici e proteggi, o Padre, le nostre famiglie e tutte le famiglie del mondo: gli innamorati, i separati, i divorziati, uomini e donne, i ragazzi disorientati, i giovani precari e senza un chiaro futuro, gli ammalati e i moribondi.

Tu sei il Lògos, la luce vera / venuta nel mondo e illumini ogni uomo /. Tu sei nel mondo / e il mondo fu fatto per mezzo di te, / eppure il mondo non ti riconobbe». Sei venuto fra la tua gente, / ma i suoi non ti hanno accolto (Gv 1,9-10).

 

Ricordati dei nostri morti che sono viventi in te e presenti a noi…: prendili con te nella tua casa.

A quanti però ti hanno accolto, hai dato potere di diventare figli di Dio, / [sì] a noi che crediamo nel tuo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, / né da volere di uomo, / ma da Dio siamo stati generati» (Gv 1,12-13).

 

Padre santo, concedi a noi tuoi figli di venire un giorno a te nella festa eterna del tuo Regno con la beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, con tutti gli amici di Gesù canteremo per sempre la tua gloria.

«Tu il Lògos carne fosti fatto / e sei venuto ad abitare in mezzo a noi, / e noi vedemmo la sua gloria, gloria di unigenito dal Padre, / pieno [della] grazia della verità (Gv 1,14).

 

PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO, A TE, DIO PADRE ONNIPO­TENTE, NELL’UNITÀ DELLO SPIRITO SANTO, OGNI ONORE E GLORIA PER TUTTI I SECOLI DEI SECOLI. SIA GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI E SCENDA SULLA TERRA LA PACE E LA GIUSTIZIA. AMEN.

 

Padre nostro

[Gesù ha insegnato il «Padre nostro» nella lingua parlata da Maria e Giuseppe, la lingua aramaica. E’ buona cosa ascoltarlo e pronunciarlo nella stessa lingua parlata dal Figlio di Dio.]

 

Ci facciamo voce di tutta l’umanità, consapevoli che ogni volta che preghiamo il Padre qualificandolo come «nostro», noi impegniamo la nostra fraternità all’accoglienza cosciente e attiva di tutti, senza escludere alcuno in ragione della lingua, razza, religione, cultura e civiltà. Nessuno può invocare Dio come «Padre nostro» se nutre sentimenti razzisti o se definisce qualcuno con l’insulto di «extracomunitario» perché nella Casa del Padre tutti sono «comunitari», cioè figli allo stesso modo, con gli stessi doveri e gli stessi diritti. La preghiera del «Padre nostro» è l’antidoto contro ogni forma di razzismo, di pregiudizio e di paura, diversamente ci escludiamo da soli dalla universale paternità di Dio. Questo è il grande impegno di civiltà: Dio è Padre di tutti e tutti sono tra loro fratelli e sorelle, senza distinzione di razza, sesso, religione e cultura.

 

Con questi sentimenti, idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià

sia santificato il tuo nome

itkaddàsh shemàch

venga il tuo regno

tettè malkuttàch

sia fatta la tua volontà

tit‛abed re‛utach

come in cielo così in terra

kedì bishmaià ken bear‛a.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh

e rimetti a noi i nostri debiti

ushevùk làna chobaienà

come noi li rimettiamo ai nostri debitori

kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà

e non abbandonarci alla tentazione

veal ta‛alìna lenisiòn

ma liberaci dal male. Amen!

ellà pezèna min beishià. Amen!

 

Antifona alla comunione (Gv 1,14): Il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria.

Dopo la comunione

Preghiamo. Padre santo e misericordioso, il Salvatore del mondo, che oggi è nato e ci ha rigenerati come tuoi figli, ci comunichi il dono della sua vita immortale. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

 

A Natale, Dio continua a venire per dirci Io-Sono Dio e sono «umano»: accessibile e vicino. Oggi ognuno sappia di essere importante per Lui. Natale è abituarsi a sapere ricevere senza condizioni.

 

Il Signore che è nato per noi è con tutti voi! E con il tuo spirito!

Il Signore che in questo giorno santissimo ha visitato il vostro cuore vi benedica e vi protegga. Amen!

Il Dio che è nato da Maria nella pienezza del tempo vi colmi della pienezza del suo amore.

Il Dio che nessuno può vedere senza morire, ci mostri il suo volto nel Bimbo che celebriamo.

Il Dio che i cieli non possono contenere, venga in voi e vi stabilisca la sua Dimora.

Il Dio che viene a giudicare le genti, ci immerga nella sua misericordia, incarnata per noi.

Il Dio che è sempre fedele, anche se noi siamo infedeli, vi doni la sua pace e la sua luce.

Il Dio che viene a noi Bambino in ogni bambino e bambina, sia davanti a noi per guidarci.

Il Dio che è avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, sia dietro di voi per difendervi dal male.

Il Dio che Maria, la Madre, offre al mondo come Redentore, sia accanto noi per confortarcxi.

 

E su tutti voi, che avete partecipato a questa veglia di Natale, discenda dal cielo

la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!

la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!

 

Andando nella vita del mondo, portiamo a tutti il dono gratuito del nostro amore e della nostra accoglienza. Questa notte, domani, sempre: non abbiate paura di Dio che si fa Bambino perché ciascuno di noi possa diventare adulto nella fede e nell’amore. Fino alla fine dei tempi. L’Eucaristia è terminata come rito, l’Eucaristia inizia come vita: andiamo nel mondo e portiamo frutti di pace e di rinascita!

Rendiamo Grazie a Dio che nasce per noi!

Con amicizia e dal profondo del cuore a tutti: SIATE FELICI E FATE FELICI!

___________________________

Natale 2010 – Messa del Giorno – Anno A-B-C. – Parrocchia di S. M. Immacolata e S. Torpete

© Nota: L’uso di questi commenti è consentito citandone la fonte bibliografica

Paolo Farinella, prete – 25/12/2010 – San Torpete – Genova

 

APPUNTAMENTI

Domenica 26 dicembre 2010, Santo Stefano ore 10,00: Messa

Sabato 1 gennaio 2011, Maria Madre di Dio ore 10,00: Messa

Domenica 2 gennaio 2011, 2a dom. dopo Natale ore 10,00: Messa

Giovedì 6 gennaio 2011, Epifania ore 10,00: Messa

Venerdì 7 luglio alle ore 17 presso il Centro Banchi, in piazza Banchi, a Genova incontro con il prof. Mazin Qumsiyeh docente di genetica presso le Università di Betlemme e di Birzeit  ricercatore e di docente universitario presso la Yale University nel Connecticus sul tema: «Dalla Betlemme di Gesù alla Betlemme di oggi: i Diritti Umani e la disputa israelo-palestinese». E’ importante valutare l afavola del Natale «de noantri» con la realtà della Betlemme di oggi.

Sabato 8 gennaio 2011, «Concerto per organo» ore 17,30: Chiesa di S. Torpete - (Alessio Colasurdo –

organo) Musiche di Zipoli, Mozart, Cimarosa, Walond, Lucchesi, Schiavon, Colasurdo,

Beethoven, Gamberale, Provesi

Domenica 9 gennaio 2011, Battesimo di Gesù ore 10,00: Messa

 

Nota storica sulla data di Natale.

Nei sec. II-III dell’èra cristiana in tutto l’Oriente, alla data del 6 gennaio, si celebrava una festa generica detta Epifania (manifestazione) che inglobava la memoria del Natale e dei Magi. In Spagna, invece, nel sec. IV si celebrava il Festum Nativitatis Domini Nostri Jesu Christi. San Giovanni Crisostomo (345 ca.-407) in un’Omelia sul Natale, pronunciata nel 386, dichiarava che nella chiesa di Antiochia già da dieci anni vi era l’uso di celebrare la Nascita del Salvatore il 25 dicembre insieme alla chiesa di Roma dove, come anche a Milano, fin dal 336 si celebrava il Dies natalis Domini al 25 dicembre che era considerato il giorno genetliaco di Gesù. Papa Liberio nel 354 separa le due feste di Natale che assegna al 25 dicembre e dell’Epifania che assegna al 6 gennaio. Le due feste sono ancora accorpate al 6 gennaio nella chiesa ortodossa e armena (cf Dictionnaire de Spiritualité, f. LXXII-LXXIII, Paris 1981, 385)3.

I cristiani del nord del mondo celebrano il natale al 25 dicembre di ogni anno in inverno, mentre i cristiani del sud del mondo lo celebrano in estate. Il 25 dicembre è una data puramente convenzionale: essa è in relazione al 25 marzo, giorno in cui, secondo la tradizione, nella casa di Nazareth l’Angelo annunciò a Maria il concepimento di Gesù. Maria partorisce il Figlio nove mesi dopo il 25 dicembre. E’ il Natale. Oggi celebrano il Natale nello stesso giorno i cattolici, gli ortodossi e gli anglicani. Gli Ebrei sabato scorso hanno concluso la festa di Chanukkàh, ovvero la festa delle luci che dura otto giorni. Questa notte vogliamo essere in comunione con tutti. Il 25 dicembre è legato anche al solstizio d’inverno, dedicato al «dio Mitra», venerato in Roma e Oriente come il «Sole Invitto».

Nella notte più lunga dell’anno noi celebriamo la memoria di Colui che disse:«Io-Sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino» (Ap 22,16). Questa notte noi accogliamo la Sapienza che presiedette alla creazione, entrando con lei nella Tenda che ha piantato in Giacobbe ( Sir 24,8), la stessa che accoglie il Lògos eterno divenuto carne/fragilità per noi (Gv 1,14). Questa notte sia nostro l’atto di fede di Salomone re e profeta che all’inaugurazione del Tempio di Gerusalemme, non esista a proclamare: «Preferii [la Sapienza] a scettri e troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure ad una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia…L’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce perché non tramonta lo splendore che ne promana» (Sap 7,7-10).

Il Natale e il culto misterico di Mitra

Il Natale cristiano nasce nel contesto del culto al dio Mitra, che si celebrava nel solstizio d’inverno, in cui si ha il giorno più corto dell’anno e la notte più lunga. In onore di questo dio, venerato come «Sole Invitto» nella notte si celebravano riti magici, baccanali e orge sessuali in cui avevano un posto privilegiato le «vergini» che sacrificavano al dio della luce la loro verginità4. La Chiesa oppone a queste celebrazioni l’austera memoria del Verbo incarnato che nasce in una stalla, nella povertà più estrema. Essa fissa il Natale al 25 dicembre perché in questo giorno si compiono i nove mesi della gestazione iniziati il giorno dell’annunciazione avvenuta il 25 marzo, intorno all’equinozio di primavera. Il 25 dicembre è anche vicino al solstizio d’inverno ed è adatto a celebrare la nascita «verginale» di Gesù che viene celebrato come «sole che mai tramonta»5. Diamo di seguito alcune informazioni sul culto del dio Mitra per avere un’idea del clima che circolava all’inizio dell’era cristiana.

Il culto del dio Mitra di origini persiane si diffuse in modo massiccio a Roma verso la fine del sec. I d.C. Era una religione riservata agli iniziati per cui il culto è segreto: si celebrava in luoghi sotterranei detti mitrei. Il nuovo adepto doveva percorrere tramite prove e cerimonie sette gradi prima di entrare nel mistero della conoscenza: corvo, ninfo, soldato, leone, persiano, corriere del sole, padre. Pare che lo stesso imperatore Nerone fosse uno di questi iniziati. Il culto di Mitra fu introdotto nel mondo greco-romano dai pirati di Cilicia, deportati da Pompeo nel 67 a.C. in Grecia. Da qui al seguito delle legioni romani (molti soldati erano iniziati) si diffuse velocemente in Italia, in Dacia (Romania-Moldavia), Pannonia (parte di Ungheria, Austria e Slovenia), Mesia (Bulgaria), Britannia e Germania.

Mitra nasce con in mano una fiaccola ed un coltello. Con il lancio di una freccia fa scaturire acqua da una roccia, segno di vitalità e purificazione. Egli stipula un patto con il dio Sole. Da questo momento le due divinità saranno associate fino ad essere identificate. Anche il dio Veruna (il greco Urano) è associato a Mitra e insieme personificano la notte e il giorno: Veruna castiga i malvagi (notte) e Mitra protegge la giustizia e gli uomini onesti (giorno). Il centro del culto è la tauroctonìa (il sacrificio del toro), simbolo della fecondità universale e sempre presente in tutti i mitrei.

Accanto al toro vi sono altri figure simboliche: il serpente che beve il sangue del toro lo scorpione che gli punge i testicoli (tutti e due cioè vogliono impedire la fecondità della terra), il cane che bevendo il sangue del toro acquista energia e vitalità che trasferisce alla terra perché dalla sua coda germoglia il grano, simboli della risurrezione della terra e un corvo che fa da tramite tra il Sole-Mitra e la terra. Il dio Mitra è accompagnato da altre due divinità, Catèus e Cautòpates raffigurati sempre con le fiaccole, simbologia plastica di una trinità solare che raffigura il ciclo quotidiano del sole all’aurora, a mezzogiorno e al tramonto.

Il mitraismo fu uno dei principali antagonisti del cristianesimo sul quale avrebbe prevalso il culto di Mitra senza l’apostolo infaticabile delle genti, San Paolo di Tarso che lo diffuse capillarmente in tutto il Medio Oriente, la Grecia, parte dell’Asia fino Roma, cuore dell’impero, segnando così il declino del mitraismo. Mitraismo e il Cristianesimo comunque sono due religioni apocalittiche: rappresentano l’eterno combattimento del bene contro il male, dei figli della luce contro i figli delle tenebre. L’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) eleva il culto del Sole a religione di stato. Costantino che deve la sua prima vittoria ai cristiani, ribalta la situazione con l’editto del 313 d.C. a favore del Cristianesimo. Giuliano l’Apostata (361-363) cerca di riportare in auge il culto di Mitra, ma inutilmente perché nel 394 d.C. con la vittoria di Teodosio su Eugenio, il Cristianesimo diventa religione di stato e i mitrei saccheggiati e distrutti per fare posto alle nuove chiese e basiliche cristiane. Famosi in Roma sono i mitrei del Circo Massimo e S. Clemente ancora oggi visitabili.

 NOTE

1 Quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te. (S. Agostino, Confessiones, I, 1, PL 32).

2 Il principio di cui si parla non è un inizio temporale, ma un principio assoluto che tra­scende il tempo per entrare nella relazione del Lògos con Dio. E' una finestra sull'eternità del Verbo che decide di incarnarsi nella storia. Ne consegue che l'incarnazione del Verbo che si fa carne non è altro che la rivelazione in basso (nel mondo) della vita in Dio. L’esi­stenza eterna del Verbo è indicata dall'imperfetto era: un imperfetto divino (l'Apocalisse usera l'espressione era, è e sarà), quasi volesse dire il Verbo-Lògos è il principio, cioè il fondamento e la ragione di tutto ciò che è ed è stato creato (vv 3-4). Il termine ricorre an­cora nel v 14 dove però si aggiunge una novità: il Lògos-carne diventa. E questa discesa del Verbo non può essere compresa se non si parte dal principio, cioè dall'eternità divina del Verbo stesso. Al tempo di Gesù i rabbini avevano codificato la Legge in una serie di parole e di comandamenti: 10 parole della creazione e 10 i comandamenti. Parlando di Verbo al singolare, sembra che Gv voglia contrapporlo a que­sta inflazione di parole, dicendo che la Parola per eccellenza, che la Legge, la creazione e i comandamenti non sono altro che anticipi fragili dell'unica Parola che è il Figlio di Dio, il quale non ha più bisogno di tante parole, ma ora è Lui stesso che parla il Figlio e nel Figlio rivela la sua stessa vita.

3 L’autore di uno scritto anonimo, Adversus Judaeos/Contro i Giudei (8,11-18, CCL 2, 1954, pp. 1360-64) attribuito da alcuni a Tertulliano (150/160-220), già nella seconda metà del sec. II, riteneva che Cristo fosse nato il 25 marzo e fosse anche morto lo stesso giorno. Doveva essere così perché la perfezione della natura divina di Cristo esigeva che gli anni della sua vita sulla terra dovevano essere anni interi senza frazioni. E’ evidente che siamo in piena speculazione teologica fuori da ogni spiegazione storica. Clemente d’Alessandria (160-240) testimonia che i cristiani copti celebravano non solo l’anno, ma anche il giorno della nascita del Salvatore e cioè il 25° giorno del mese di Pachòn (15 maggio) o il 25 del mese Pharmùth (20 aprile) e sostiene che non esiste una tradizione univoca e condivisa sulla data esatta della nascita del Salvatore (Stromates I, 21, PG 8,888).

4 Nei primi secoli, i cristiani celebrano il Natale come argine e contrapposizione alle licenziose festività dell’equinozio d’inverno in onore del dio-Mitra, divinità di origine persiana onorata come Sol invictus/Sole invitto (v. pag. 23), in onore del quale in pieno inverno si è sviluppa una festa centrata sul simbolismo della luce, molto diffusa nell’impero romano tra i sec. I-III d.C., tanto che l’imperatore Diocleziano (284-305 d.C.) proclama il dio-Mitra «sostegno del potere imperiale», incrementandone il culto. In questa festa tutto diventa lecito perché crolla ogni freno inibitore e si scatena ogni sorta di trasgressione specialmente sessuale. Non di rado la festa è occasione per vendette personali fino all’omicidio.

5 Nello stesso periodo il 25 del mese di Kislèv, corrispondente ad una data tra il 15 e il 25 dicembre ca. i Giudei celebrano la festa ebraica di Chanukkàh (= illuminazione), detta anche Chàg Haneròth (Festa dei lumi), Chàg Haurìm (Festa delle luci) e Chàg Hamakkabìm (Festa dei Maccabei), in riconsacrazione del Tempio riconquistato da parte di Giuda il Maccabeo nell’anno 165 a.C. La Chiesa per non isolare i cristiani accerchiati dal culto del dio-sole/Mitra e dalla ebraica Festa delle luci, inventa la celebrazione del Natale del Signore, il Sole che sorge e mai tramonta. A Natale non domina solo il simbolismo della luce che contrasta il buio della notte, ma celebra Cristo stesso «Luce che illumina le genti» (Lc 2,32), «Stella luminosa del mattino» (Ap 22,16), Sapienza di splendore «che non tramonta» (Sap 7,10). Celebrare il Natale in pieno inverno è un atto di coraggio e di speranza, un invito a guardare oltre le apparenze: il seme morto e sepolto nei solchi, le giornate brevi e buie, il senso di morte che tutto pervade è la premessa della primavera quando la vita danzerà e sconfiggerà la morte in vista dell’estate che porterà la gioia del raccolto ed dell’abbondanza, simbolo di pienezza di vita.



Giovedě 23 Dicembre,2010 Ore: 07:19
 
 
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