- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (397) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Domenica 2a di Avvento – A – 5 dicembre 2010 –,di Paolo Farinella, prete

Domenica 2a di Avvento – A – 5 dicembre 2010 –

di Paolo Farinella, prete

La 2a domenica del tempo di Avvento-A è antitetica alla prima, pur essendo intimamente coerente con il suo messaggio. Domenica scorsa infatti, iniziando il tempo di Avvento, abbiamo contemplato il Cristo nella «gloria» della fine della Storia: il Cristo finale, o come abbiamo visto, «il Cristo Omèga» (Teilhard de Chardin). In altri termini la Chiesa ci ha fatto iniziare il nuovo anno liturgico invitandoci a riflettere sulla «fine» del tempo. Oggi, invece, la liturgia ci propone la povertà del Cristo incarnato nella Storia, dove assume l’identità dei peccatori, facendosi ultimo degli ultimi. Contempliamo, quindi, l’incarnazione della prima venuta del Signore. E’ una prospettiva che parte dalla conclusione per arrivare al principio.
Il metodo che induce a percorrere la propria esperienza, partendo dalla «fine» per giungere al «principio» è un metodo efficace perché insegna a non fermarsi mai sul passato, ma a vedere ciò che si vive alla luce del proprio esito finale. Questo procedimento con una parola difficile si può chiamare «prospettiva teleo-logica» (dal greco: tèlos-fine e lògos-discorso/prospettiva). La dinamica è la seguente: guardare ogni cosa dal punto di vista della sua conclusione. Ciò significa recuperare tutti gli aspetti anche secondari per abituarsi a leggere la vita non come appare, ma come veramente si esprime in vista di un obiettivo da raggiungere. Se ognuno cerca di collocarsi dall’angolo di prospettiva della fine, riesce a vedere se stesso e gli altri con maggiore distacco e anche con più verità perché dalla «fine» si lasciano cadere i rami secchi e le foglie morte e si guarda solo a ciò che conta e vale.
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!» è la citazione di Isaia riportata dai tre Sinottici (Mt 3,3 cf Is 40,3). La voce è meno di un soffio che si perde nell’aria, ma è sempre la voce di qualcuno che parla, che chiama, che insegna. Dietro ogni voce c’è sempre una persona viva e un sentimento da comunicare, espresso o temuto. La voce grida nel deserto che è il luogo della non vita e della aridità, dove facilmente da soli si muore. Il profeta Isaia chiede di preparare una strada nel deserto, cioè di rendere anche il deserto percorribile perché ciò che oggi appare un ostacolo può essere una via di salvezza. Mt invece pone la voce nel deserto perché ora la strada è già segnata, basta percorrerla predisponendosi interiormente.
Preparare la via del Signore, nella logica dell’incarnazione contemplata dal punto di vista della fine significa predisporre la propria vita come progetto essenziale all’interno di una visione più grande: nell’economia della vita del mondo, ognuno di noi è indispensabile perché portatore di quella porzione di verità essenziale e necessaria per la comprensione dinamica e totale del cosmo intero e quindi della verità finale. Nessuno può dire di essere inutile, perché ognuno di noi «è» il mondo intero, il regno di Dio, la speranza, la pace universale. Senza di noi il mondo e il regno di Dio somiglierebbero ad un mosaico senza un tassello, cioè un obbrobrio. Preparare la via del Signore, significa trovare se stessi e individuare il percorso da compiere per giungere alla prospettiva di Dio che è la pienezza delle singole persone e dell’insieme dei popoli.
La prima lettura ci parla di un germoglio che spunta da un tronco secco: questa è la prospettiva di Dio che riesce a trovare anche nel legno secco quel pizzico di linfa che fa emettere un germoglio che porta in sé l’annuncio di una nuova primavera. E’ vero! Anche le pozzanghere riflettono il sole, senza mai sporcarlo. Ognuno di noi, per quanto devastato possa essere dal male o dalla sofferenza porta in sé sempre uno sprazzo di luce e di verità, forse flebile, ma di certo importante ed essenziale per la comprensione dell’insieme e della totalità del mondo. Nessuno di noi ha il diritto di privare il mondo del senso del proprio essere. Tutte le contraddizioni della natura si ricomporranno: il lupo pascola con l’agnello, il leopardo farà la siesta con il capretto, il vitello e il leoncello mangeranno l’uno accanto all’altro, la mucca e l’orsa giocheranno insieme: sarà sufficiente un bambino a tenerli a bada. Tutte le contraddizioni hanno sempre dentro di sé la propria soluzione: basta volere preparare la via, cioè predisporre i mezzi per giungere a raddrizzare i sentieri, cioè prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie doti per sapersi affidare alla misericordia di Dio che non rifiuta alcuno.
E’ cominciato lo scempio del Natale, il rito dell’obbligo, la liturgia delle falsità: si fa finta di fare sul serio perché bisogna rispondere alle aspettative che noi pensiamo che gli altri abbiano: bisogna fare i regali, essere buoni, stare insieme: dobbiamo farlo per i figli, per i genitori… e perdiamo un’occasione per essere veri e pensare al mistero della nostra «incarnazione» che esige la verità della nostra consistenza che si traduce nell’essere e nel fare ciò che veramente corrisponde alla nostra vita, alla nostra anima, al nostro bisogno di autenticità. Non si può vivere di finta. Cominciamo noi a smitizzare il Natale commerciale e a scegliere l’austerità come criterio di vita e partecipazione al dolore e alla miseria che affligge tre quarti dell’umanità lontano e vicino a noi.
Dio non giudicherà «per sentito dire» (1a lettura v. 3), ma in base all’accoglienza che avremo riservato agli altri in quanto immagine di Cristo che si fa «diàcono» (2a lettura v. 8 traduzione letteralmente) d’Israele perché egli è la promessa fatta ai padri. Celebrare l’Eucaristia nel tempo di Avvento significa prendere coscienza che siamo «diaconi» della verità che è già dentro di noi, ma verso la quale corriamo perché è inesauribile e solo lo Spirito può contenerla, quello Spirito che invochiamo con le parole dell’antifona d’ingresso (cf Is 30,19.30): Popolo di Sion, il Signore verrà a salvare i popoli e farà sentire la sua voce potente per la gioia del vostro cuore.
 
Spirito Santo, tu custodisci il germoglio di Davide per il santo tuo popolo, Israele,  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ti posi su di lui per indicarlo alle genti di tutte le generazioni,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza,             Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, spirito di conoscenza e di timore del Signore, nostro Maestro e Guida,          Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu fai fiorire la giustizia e abbondare la pace per chi ti cerca col cuore,          Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu susciti i popoli a benedire il Signore da tutti i confini della terra,    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la consolazione delle Scritture che alimenta la speranza,                       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu susciti in noi gli stessi sentimenti che furono del Signore Gesù,      Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu disponi i credenti ad accogliersi gli uni gli altri per la gloria di Dio,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu convochi il popolo d’Israele e i popoli pagani alla stessa mensa,    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, sei la voce del profeta che invita alla conversione del cuore per il regno,       Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, dài la forza per preparare la via del Signore e raddrizzare i suoi sentieri,        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei l’acqua del Giordano che purifica e innesta nel Cristo risorto,  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ispiri Giovanni il Battezzante a predicare il battesimo di penitenza,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu battezzi nell’acqua e nel fuoco coloro che credono in Cristo risorto,         Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il ventilabro che pulisce il grano dalla zizzania nel fuoco d’amore,       Veni, Sancte Spiritus!
 
Qualunque sia il nostro stato di adesso, accendiamo la 2a candela della corona di Avvento davanti alla Gloria della Santa Trinità e invochiamo il suo Nome, fondamento della nostra disponibilità a lasciarci incontrare dal mistero dell’amore. Alla luce della 1a candela si aggiunge la 2a e il chiarore aumenta: è il segno visibile che noi possiamo cambiare il mondo se mettiamo insieme le nostre porzioni di luce. Inneggiamo a Cristo «Sole di giustizia», simboleggiatola questa candela con l’inno della liturgia delle Ore[1]:
 
1. Notte, tenebre e nebbia, fuggite:
entra la luce, viene Cristo Signore.
fra i canti e le preghiere, accogliamo il Signore.
4. Salvatore dei poveri, la gloria del tuo volto
2. Il sole di giustizia trasfigura
ed accende l’universo in attesa.
splenda su un mondo nuovo!
5. A te sia lode, o Cristo, al Padre e al Santo Spirito,
3. Con gioia pura ed umile,
oggi e sempre nei secoli. Amen.
 
Preghiamo. Signore, accendiamo la 2a candela, simbolo della Parola che illumina il nostro cammino (cf Sal 119/118,105). Essa arde e si consuma lentamente, in silenzio fino all’ultimo bagliore. Fa’ che nella nostra giornata anche noi possiamo ardere e consumarci nell’amore. Il tuo Spirito alimenti la nostra fiammella perché possiamo essere sorgente di calore e di luce per quanti incontriamo sul nostro cammino. Giungeremo alla santa Eucaristia, anticipo del Regno, non da soli, ma con una moltitudine di fiammelle che nessuno potrà contare di ogni lingua, popolo e nazione perché il mondo intero sarà un solo fuoco d’amore. Venga lo Spirito, luce beatissima del tuo amore nei nostri cuori. Amen.
 
La luce della Trinità illumina il nostro cammino, la nostra vita e il nostro peccato: nulla di ciò che siamo è estraneo a Dio perché Dio è il nostro Prossimo che condivide con noi le nostre attese e i nostri fallimenti. Preparare la via del Signore significa correre verso l’appuntamento dell’amore che genera la vita. Lasciamo generare dalla Santa Trinità che invochiamo con fiducia perché il Cristo è già alla porta e bussa (cf Ap 3,20):
 
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e dello Spirito
Santo.
Amen.
(ebraico)
Beshèm
ha’av
vehaBèn
veRuàch
haKodèsh.
 
L’Eucaristia domenicale è lo spartiacque, la cerniera tra una settimana che si chiude per sempre e un’altra che comincia. In quanto Pasqua della settimana, la domenica diventa il punto di arrivo della nostra diaspora, ma anche il punto di partenza per una nuova missione nel cuore della vita che è dove viviamo la nostra storia. Sette giorni dopo l’inizio dell’Avvento, ci domandiamo: qual’è stato lo spirito d’avvento che abbiamo vissuto? Abbiamo atteso qualcuno? Con quali sentimenti e con quale prospettiva? Abbiamo avuto coscienza che Dio stesso pur vivendo con noi per tutta la settimana ci ha atteso per questo appuntamento dove la sua paternità si esprime nella nostra fraternità e sonorità?
 
[Antifona]. O Lògos, Sapienza di Dio, che eri col Padre, prima che iniziasse l’opera creatrice, sii accanto a noi con il tuo Spirito, nel tempo propizio di Avvento: riempi i nostri cuori dei santi doni dello Spirito perché riconosciamo il Signore che passa nel tempo opportuno. Vieni, Santo Spirito, Padre dei poveri.
 
Signore, abbiamo anteposto la guerra alla pace, liberaci dal demone della violenza,            Kyrie, elèison!
Cristo, tu sei la Via per giungere al Regno, salvaci per il dono della tua vita,                        Christe elèison!
Signore, tu sei la Luce, perdonaci quando oscuriamo la tua immagine in noi,                      Pnèuma, elèison!
 
Dio onnipotente che chiama i popoli al raduno della Pace nella santa città di Gerusalemme perché depongano le armi e prendano gli aratri per costruire una civiltà universale di fraternità e di giustizia; che ci convoca per celebrare l’Avvento del Signore che viene; per i meriti di tutti coloro che costruiscono la pace, che lottano contro la fame e la povertà nel mondo; per i meriti dei Patriarchi d’Israele, degli Apostoli e dei Martiri, per meriti di tutti coloro che attendono la redenzione, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
 
Preghiamo (colletta). Dio dei viventi, suscita in noi, il desiderio di una vera conversione, perché rinnovati dal tuo Santo Spirito sappiamo attuare in ogni rapporto umano la giustizia, la mitezza e la pace, che l’incarnazione del tuo Verbo ha fatto germogliare sulla nostra terra. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
Mensa della parola
Prima lettura Is 11,1 – 10. Il brano della 1a lettura appartiene all’Isaia storico, vissuto nel sec. VIII a. C. e riguarda una profezia sul futuro re d’Israele. L’ultimo versetto (v. 10) non appartiene a questo oracolo, ma a quello successivo che la liturgia ha collocato qui per sottolineare più marcatamente il tema della discendenza davidica del futuro re e quindi del Messia, creando così un legame con il v. 1 che espone già questo tema. L’immagine dell’albero è spesso utilizzato nella Bibbia per descrivere lo sviluppo o la caduta di una dinastia regale (cf Ez 27; Giud 9,7-16). Il «virgulto di Iesse» (vv. 1 e 10) sarà un re diverso perché prenderà si di sé le caratteristiche del «resto d’Israele» e passerà attraverso il crogiuolo della sofferenza, raccoglierà in sé le migliori caratteristiche dei suoi antenati come la sapienza di Salomone (1Re 3,14-15), il coraggio di Davide e il timore dei Patriarchi (Gen 15,1-7; 18,27; 28,17; 2Sam 6,9, ecc.) per iniziare una nuova èra dominata dalla presenza dello Spirito di Dio che elargirà le sue virtù e instaurerà un tempo di «giustizia» (vv. 3-5) che ha come obiettivo i più piccoli e i poveri. Si profila all’orizzonte il messaggio di Gesù che andrà personalmente a cercare gli ultimi del mondo per farne i primi nel Regno.
 
Dal libro del profeta Isaia  11,1 - 10
1 In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. 3 Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; 4 ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca; con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. 6 Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. 7 La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. 8 Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. 9 Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. 10 In quel giorno avverrà che la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa. - Parola di Dio.
 
Salmo responsoriale 72/71, 1-2; 7-8; 12-13; 17. Il salmo 72 è dedicato a Salomone, re giusto e pacifico alla luce del quale tratteggia la figura ideale di un nuovo re che deve guidare Israele verso l’escatologia. La tradizione giudaica prima e poi cristiana vi hanno intravisto l’immagine del Messia il re messianico previsto da Isaia (9,5: 11,1-5) e Zaccaria (9,9-10). Noi proclamiamo questo salmo, consapevoli che Gesù, la Madonna e gli Apostoli lo hanno pregato tante volte in questa chiave, ma anche certi che mentre lo proclamiamo lo gustiamo realizzato nel segno dell’Eucaristia, il sacramento della regalità del Dio crocifisso e risorto.
 
Rit. Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.
 


1. 1 O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
2 egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. Rit.
2. 7 Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
8 E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. Rit.
3. 12 Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
13 Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri. Rit.
4. 17 Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato.


 

 
Seconda lettura Rm 15,4-9. Come è difficile per i credenti vivere il vangelo senza contaminazione! Ne abbiamo una prova nella 2a lettura: gli Ebrei divenuti cristiani hanno le Scritture che facilitano loro il percorso della fede, mentre i Pagani sono «più deboli» perché si affacciano alla fede per la prima volta e non conoscono l’AT. I primi si sentono più «forti» e privilegiati e cominciano a disprezzare i convertiti dal paganesimo. C’è sempre il rischio nella Chiesa che chi è già, possa assumere l’aria da 1° della classe, dimenticandosi troppo sovente che Gesù si è fatto servo per dare l’esempio. Paolo risolve il conflitto tra due etnie e culture, invitando a guardare Gesù che ha accolto Ebrei e Gentili senza alcuna differenza. Seguendo il metodo ebraico, Paolo si appoggia sulle Scritture (Sal 18/17,50; Dt 32,43; Sal 117/116 1, Is 11,10). Chi si accosta alla Parola di Dio e pretende di esserne figlio non può mai escludere alcuno dalla mensa della sua amicizia e fraternità nella fede. Il rifiuto degli altri, specie se poveri, immigrati e di differente religione, è il rifiuto stesso di Cristo.
 


Dalla lettera di Paolo apostolo ai Romani 15,4-9
Fratelli, 4 tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. 5 E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, 6 perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. 7 Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. 8 Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; 9 le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: “Per questo ti celebrerò fra le genti, e canterò inni al tuo nome”. - Parola di Dio.
 
Vangelo Mt 3,1 – 12. Giovanni il Battezzante è una figura centrale di tutto il NT: vi è nominato oltre 100 volte. Parlano di lui tutti e quattro i vangeli. I Sinottici (Mt, Mc e Lc) lo descrivono come il battistrada, il precursore di Cristo con caratteristiche comuni: vi è concordia sul nome, sul fatto che opera nel deserto di Giuda, i temi della sua predicazione sono la conversione fondata sulla confessione dei peccati, il lavacro nell’acqua del Giordano e infine la citazione di Isaia (40,3). L’evangelista Mt a queste caratteristiche comuni con gli altri due evangelisti, aggiunge il tema della vicinanza del regno (v. 2), lo stile di vita del profeta: vestito, cibo (v. 4) e la zona geografica. Giovanni riprende la predicazione profetica sotto la prospettiva della preparazione e dell’impegno a predisporre la strada in cui Dio dovrà passare. Gesù riprenderà da Giovanni la sua predicazione iniziale con l’invito alla conversione come atteggiamento permanente del credente (Mc 1,15; Lc 13,3-5). Dopo la risurrezione e lo stesso invito verrà fatto dagli apostoli e da Paolo (Lc 24,47; At 2,28; 26,20). La «conversione» ovvero il capovolgimento della vita diventa un cammino vocazionale dove ciascuno di noi, insieme come Chiesa viviamo la nostra missione profetica per vivere la vita qualitativamente più densa, più impegnata e vera.
 
Canto al Vangelo
Alleluia. Preparate la via del Signore; raddrizzate i suoi sentieri! /Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. Alleluia
 
Dal Vangelo secondo Matteo 3,1–12
1 In quei giorni, venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea, 2 dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. 3 Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”. 4 E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. 5 Allora Gerusalemme, tutta la Giudea tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6 e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 7 Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di potere sfuggire di sottrarvi all’ira imminente? 8 Fate dunque un frutto degno della conversione, 9 e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli di Abramo. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 lo vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12 Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”. - Parola del Signore.
 
Spunti di omelia
In questa 2a domenica di Avvento-A, due figure dominano la liturgia e sono descritte nella 1a lettura e nel vangelo. La 1a figura è lo «spirito del Signore» (v. 2) che custodirà il germoglio che nasce dal tronco secco di Davide, nel Vangelo giganteggia l’austerità di Giovanni il Battezzante che fa da cerniera tra l’AT e i tempi del Cristo. La 1a lettura è tratta dal capitolo 11 del profeta Isaia e quindi, ormai lo sappiamo bene, appartiene al profeta storicamente vissuto nel sec. VIII a.C. Il testo riporta un oracolo su futuro re d’Israele. L’ultimo versetto della lettura (v. 10) dovrebbe essere collocato con il brano seguente (Is 11,10-16), ma la liturgia lo colloca qui perché parla della «radice di Iesse» e quindi della discendenza davidica del Messia.
L’immagine dell’albero come simbolo della dinastia regale è ricorrente nella Bibbia che spazia dal rigoglìo fiorente alla desolazione di un albero secco, vivo solo in piccolo germoglio[2]«Resto d’Israele» che solo dopo essere potato radicalmente vedrà la luce e la prosperità. Solo dopo la prova, esploderà la presenza dello Spirito che invaderà il nuovo virgulto che trasmetterà tutta la sua potenza di vita e di futuro. . Questo passaggio costante tra lo splendore e l’abbandono significa che il nuovo re deve passare attraverso la sofferenza e la prova. Non esiste successo senza prova, pasqua senza venerdì santo. Il futuro re, il Messia, che nascerà dalla desolazione della casa di Davide, dovrà spuntare come un piccolo germoglio che si fa strada attraverso la secchezza del tronco divelto e moribondo. Questa descrizione si presta bene a definire la figura del
Il testo di Is 11 è importante perché elenca quelli che chiamiamo «i doni dello Spirito Santo» e che abbiamo appreso da bambini al catechismo. Qui sono elencati sei «doni» a coppie di due: sapienza/intelligenza; consiglio/fortezza; conoscenza/timore di Dio[3]. E’ interessante vedere come queste caratteristiche spirituali che costituiranno la personalità del nuovo re-Messia sono la sintesi delle caratteristiche dei suoi antenati: il Messia avrà la sapienza e l’intelligenza di Salomone (1Re 3,14-15), la fortezza di Davide (1Sa 24,9-16) e il timore dei patriarchi (Gen 15,1-7; 18,27; 28,17). A queste caratteristiche lo Spirito ne aggiunge una particolare che è la giustizia (vv. 3-5) che garantisce l’esercizio dei diritti del popolo (cf Sal 72/71) alla luce dell’ideale di giustizia sociale descritto dallo stesso Isaia (Is 1,15-17.21-25). La giustizia descritta di Isaia non è più un criterio di equità sociale che distribuisce i beni equamente in parti uguali. Essa diventa una discriminante perché per il profeta la giustizia è la protezione dei deboli che esprime la natura di Dio: egli è giusto perché perdona.
In questa prospettiva, Dio non poteva prendere una strada diversa da quella che intrapreso Gesù: farsi ultimo, farsi povero, mettersi in fila con i peccatori perché solo partendo dalla vita negata poteva giungere a proclamare la pienezza della vita. Andiamo incontro al Natale dove vediamo un bambino indifeso, fragile e alla mercé degli adulti: la sua vita e il suo futuro dipendono dalle scelte degli adulti. Non è un bambino prodigio o un Dio onnipotente quello che si cela nella fragilità di un bambino: è il Dio nascosto che suscita in noi il desiderio di proteggerlo dalla nostra idolatria, dalla nostra presunzione. Natale vuol dire prendersi cura di Dio e accudirlo con tutte le attenzioni che merita un bambino che entra nell’oscurità di un mondo che mangia i suoi stessi figli depredandoli anche del loro futuro.
Non esiste una vita facile, nemmeno per Dio perché anche lui deve sperimentare cosa significhi crescere «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini» (Lc 2,52). Le prove della vita possono essere un motivo di morte oppure un appuntamento con lo Spirito Santo che mai ci farà mancare i suoi doni perché possiamo essere resistenti ad ogni avversità come solo un germoglio sa e può esserlo. Prepararsi al Natale significa equipaggiarsi dei doni dello Spirito per imparare a «rinascere» sempre di nuovo con una speranza in più.
Possiamo realizzare tutto questo confrontandoci con la figura di Giovanni il Battezzante e la sua austera personalità, figura centrale nella nuova alleanza e anche storica,perché è presente in tutti i vangeli di cui in qualche modo costituisce il prologo. Nei Sinottici (MT, Mc e Lc) precede Gesù come precursore, come araldo, come amico. In Gv invece segue l’eternità del Lògos che indica come «agnello di Dio» (Gv 1,36), davanti al quale assume solo la forma di una «voce», cioè poco più di un cartello stradale per segnare la direzione (cf Gv 1,37-38).
I vangeli sinottici (Mt, Mc e Lc) riguardo a Giovanni descrivono alcune caratteristiche comuni che sono: il nome, la sua dimora nel deserto, il contenuto della sua predicazione e cioè la confessione dei peccati e la conversione, il bagno rituale nel fiume Giordano e la concorde citazione di Is. 40,3: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri » (Mt 3,3)[4]. Citando il profeta Isaia (il 2° Isaia o Deutero-Isaia)[5] I Sinottici presentano la predicazione del Battista come una evocazione dell’esodo nuovo (cf Is 43,16-19) che raccoglierà i figli dispersi d’Israele nell’esilio attorno alla figura e alla parola del Messia che così viene presentato come un nuovo Mosè, un condottiero che guiderà il Resto d’Israele fino al Regno di Dio.
Modificando la citazione di Isaia che aveva invitato a preparare una via «nel deserto», gli stessi Sinottici fanno di Giovanni «una voce che grida nel deserto», attribuendogli così la missione dell’amico dello sposo che chiama la sposa (Gv 3,29) e la funzione profetica di Osea che porta la fidanzata nel deserto per legarla a Dio con legami d’amore (Os 2,16 e Ger 2,2). Questi pochi accenni aprono invece una prospettiva grande: il NT nello stesso annuncio dell’arrivo di Gesù unisce i due grandi temi che fanno da perno all’AT: il tema dell’esodo e quello della nuzialità della nuova alleanza che qui sono simboleggiati dalla presenza delle acque del fiume Giordano che come un nuovo Mare Rosso immerge gli uomini e le donne del nuovo Regno nelle acque della vita per rigenerarli ad una pienezza di vita, fondata sull’amore.
Giovanni e i Sinottici, s’inseriscono nella prospettiva dell’universalità profetica che fa superare il particolarismo esclusivo di Israele: Dio non viene più per un popolo «solo» come è stato sul monte Sinai, dove ha dato la Toràh e con essa la coscienza di popolo ad una massa di schiavi. Il Dio di Gesù Cristo, preannunciato da Isaia e proclamato da Giovanni Battista viene per chiunque si pente e si converte. Si potrebbe dire parafrasando le parole dei profeti che Dio si converte a coloro che si convertono a lui (Dt 30,1-5; Ger 3,22-4,1; Mal 3,7) fino al punto di pentirsi del male che avrebbe potuto fare (Ger 18,7-8). Qui è delineata con chiarezza la teologia del «resto d’Israele» come è annunciato nell’oracolo del «sentiero di Isaia» che abbiamo proclamato domenica scorsa.
L’annuncio-invito della conversione percorre tutto il NT dall’inizio della vita pubblica di Gesù a dopo la risurrezione, dagli Atti degli Apostoli a Paolo perché costituisce la chiave di volta dell’incontro tra Dio e ciascuno di noi[6]«conversione».. La tradizione giudaica ha letto la storia dell’umanità da Adam ed Eva fino ad Abramo come un progressivo allontanamento da Dio che diventa inevitabilmente come una divaricazione dell’uomo dall’uomo. Al contrario la storia della salvezza da Abramo fino a Mosè è letta come un processo di lento avvicinamento che proseguirà con la predicazione profetica, interrotta con l’esilio e ripresa con il nuovo esodo descritto dal 2° Isaia. Gesù inaugurando gli ultimi tempi, guida l’umanità allo stato originario dell’Eden che si compirà alla fine della storia: questo appuntamento è preceduto da un tempo di
Nel vangelo (Mc 1,15) «conversione» traduce il termine greco «metànoia» che è composto dalla preposizione «metà - oltre» e «noûs - pensiero» per cui, in modo molto semplice possiamo dire che conversione significa capovolgimento del pensiero. Troppo spesso pensiamo che convertirsi riguardi il comportamento o cambiare atteggiamento. Non è così perché è simile a cambiare vestito. La conversione riguarda il pensiero, cioè le ragioni che fondano la vita e i criteri che usiamo per organizzarla: le modalità e gli stili di vita sono una conseguenza. La conversione pertanto non è il riconoscimento di Dio onnipotente, ma la scoperta di un Dio che ha dimenticato se stesso per permetterci di stare al suo fianco. Spesso identifichiamo la conversione con il rimorso o con il senso di colpa come se Dio dovesse stare lì a chiedere il conto senza sconti e misericordia. La conversione è un impegno totale sulla proposta di vita fatta da Dio in Gesù che diventa il nostro metro e la nostra misura. La prospettiva del Regno di Dio, ci obbliga a guardare in avanti, non a ripiegarci sul passato, sul quale tra l’altro non abbiamo alcun potere nemmeno di manomissione: il passato possiamo solo accettarlo e, in un contesto di conversione, offrirlo a Dio come un dono che ci appartiene. Quanto cammino ancora da fare per liberarci dalla nostra religiosità pagana!
Chi si converte ripone in Dio la fiducia della propria salvezza (Ger 17,5-11; 31,16-22; Is 2,6-22) e si fida e si affida a Dio, per cui il convertito è colui che fa l’affidamento della sua vita ed è certo di non essere né frainteso né deluso. Il segno di questo abbandono avviene nel simbolismo dell’acqua che materialmente accoglie, circonda e avvolge. Al tempo di Gesù erano diffuse molte forme purificatrici d’acqua come le abluzioni di purità dopo essere stati al mercato o in ambienti pagani, il battesimo come lavacro che si svolgeva a Qumran, ecc. Tutto queste forme di lavacro avevano la caratteristica di essere auto-dati: ognuno purifica se stesso. La seconda caratteristica era la ripetitività: si riceveva tutte le volte che ve ne era bisogno. Con il battesimo di penitenza di Giovanni inizia una nuova prospettiva: il battesimo è dato da «battista» cioè è un invito, un segno e un dono che si ricevono dalle mani di un altro, lo si riceve una sola volta che così diventa un impegno per tutta la vita. Qui nasce l’etica come conseguenza di una scelta di vita e non come premessa. Il comportamento segue sempre l’essere ed è un segnale che ci rivela la nostra consistenza e la nostra dimensione interiore.
A differenza della religiosità del suo tempo, Giovanni invita ad entrare in un Regno qualitativo, frutto di una doppia convergenza: la conversione di Dio all’uomo e la conversione dell’uomo a Dio. Nella celebrazione e4ucaristica noi viviamo questa doppia appartenenza: Dio ci appartiene per dono e noi gli apparteniamo per misericordia e per abbandono. In essa siamo radunati con i nostri bagagli, i nostri limiti e i nostri pregi; in essa confrontiamo tutto ciò con la Parola di Dio e infine sperimentiamo la comunione di vita nel Pane e nel Vino che impongono una conversione del cuore che ci rende liberi e veri. Qui insieme sperimentiamo la conversione come abbondanza di amore che si mette a servizio: la conversione come «diaconìa» perché sperimentiamo la fragilità di Dio che pur di conquistarci alla sua intimità non esita a diventare pane frantumato e vino sparso: al nostro abbandono Dio risponde con il suo annientamento. Come sono distanti il Dio e la severità di Giovanni Battista! Nell’Eucaristia noi gustiamo solo la tenerezza di Dio che ci fa la corte[7].
 
Professione di fede
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

 
[breve pausa 1-2-3]
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.  [breve pausa 1-2-3]
 
Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.         [breve pausa 1-2-3]
 
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
 
Preghiera universale [Intenzioni libere]
 
MENSA EUCARISTICA
Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:
 
«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).
 
Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.
Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.
 
[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutti della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; li presentiamo a te, perché diventino per noi cibo e bevanda di vita eterna.                  Benedetto nei secoli il Signore.
 
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva dalle tue mani il nostro sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
 
Preghiamo (sulle offerte).  Ti siano gradite, Signore, le nostre umili offerte e preghiere; all’estrema povertà dei nostri meriti supplisca l’aiuto della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
PREGHIERA EUCARISTICA II
(detta di Ippolito, prete romano del sec. II)
Prefazio d’Avvento/1: La duplice venuta di Cristo
 
Il Signore sia con voi.             E con il tuo spirito.    In alto i nostri cuori.    Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.        E’ cosa buona e giusta.
 
E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro.
Osanna nell’alto dei cieli. Benedetto colui che viene, nel Nome del Signore. Kyrie, eleison! Christe, elèison!
 
Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza.
Tu, o Signore, sei il germoglio del tronco di Iesse che noi attendiamo perché dalle sue radici germogli la Pace (cf Is 11,1).
Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa.
Su di te, Verbo incarnato, si è posato lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore(cf Is 11,2).
 
E noi, uniti agli Angeli e alla moltitudine dei Cori celesti, proclamiamo con gioia l’inno della tua lode:
Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti. Kyrie, eleison! Christe, elèison! Tutta la terra è piena della sua gloria (cf Is 6,3).
 
Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore.
Tu giudichi i poveri con giustizia perché i tuoi fianchi sono adorni della cintura della fedeltà (Is 11,4.5).
 
Egli, offrendosi alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo, lo diede ai suoi discepoli, e disse:  PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Nei giorni del Signore fiorirà la giustizia e abbonderà la pace (Sal 72/71, 7).
 
Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Nel tuo sangue saranno benedette tutte le stirpi della terra e tutti i popoli ti benediranno (cf Sal 72/71,17).
 
FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
O Signore nostro Dio, non tardare a darci l’anelito della tua venuta, Maràn athà – Signore nostro vieni!
 


 

MISTERO DELLA FEDE.
Contemplamio la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione e attendiamo il tuo ritorno. Maràn athà! Signore nostro, Vieni!
 
Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza, e ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale.
Tu ravvivi la nostra speranza con le Scritture che alimenta la nostra perseveranza e la nostra consolazione (Rom 15,4).
 
Ti preghiamo per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.
Donaci, o Padre gli stessi sentimenti che furono del Signore nostro Gesù Cristo perché con una sola voce rendiamo gloria a Te, nostro creatore (cf Rom 15,5-6).
 
Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell'amore in unione con il Papa …, il Vescovo …, le persone che amiamo e che vogliamo ricordare… e tutto l’ordine sacerdotale che è il popolo dei battezzati.
Convertici, Signore e noi ci convertiremo, facci ritornare e noi ritorneremo (cf Lam 5,21).
 
Ricordati dei nostri fratelli, che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che affidiamo alla tua clemenza…. ammettili a godere la luce del tuo volto.
Con la forza dello Spirito Santo prepareremo la via del Signore e raddrizzeremo i suoi sentiri (cf Mt 3,3).
 
Di noi tutti abbi misericordia: donaci di avere parte alla vita eterna, con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, gli apostoli e tutti i santi, che in ogni tempo ti furono graditi: e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.
Per i meriti della santa Chiesa, casta e peccatrice, siamo battezzati nello Spirito Santo e fuoco (cf Mt 3,11).
 
Dossologia[è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
 
Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell'unita dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
Padre nostro in aramaico: idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi i nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male.
ellà pezèna min beishià. Amen!

 
Antifona alla comunione (cf Mt 3,3; Mc 1,3; Lc 3,4): Voce che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
 
Dopo la Comunione
Da Benedetto Calati[8], che fu monaco dell’Eremo di Camaldoli: Da una sua conferenza al Centro d’infomazione biblica di Carpi, nel 1990 (Fonte: Giorno per giorno della Comunità del bairro, Goiás, Brasile del 23.11.2007).
 
«Benedetto Calati fu “uno dei più appassionati sostenitori del Concilio e tra i più convinti assertori della necessità di una profonda riforma della Chiesa, ispirata alla povertà evangelica e al primato dell’amore”. Negli ultimi anni della sua vita, P. Benedetto continuò con la lucidità di sempre a riflettere sui temi che gli erano più cari e a richiamare l’esigenza di dare passi più spediti in direzione di un maggior ecumenismo e dialogo tra fedi diverse, un minor “clericalismo”, maggiore parità tra uomo e donna. Di lui riportiamo il brano di una conferenza:
 
«La Chiesa cresce sia con l’ascolto della Parola di Dio da parte di tutto il popolo di Dio, sia per l’esperienza “data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali”, sia per la predicazione. Questo è quanto, più tardi, è stato chiamato il “senso ecclesiale”, il senso della chiesa. Occorre leggere la Parola di Dio “in ecclesia”, di cui la liturgia eucaristica è il momento supremo: la liturgia della Parola. Una volta si predicava che bastava entrare all’offertorio, quando il calice era scoperto, perché la Messa fosse valida; ma ciò non era vero: non è possibile rompere questa grande unità. L’autorità di San Gregorio, vescovo di Roma, si pone come garanzia a che l’intero popolo di Dio sia coinvolto nell’interpretazione della Parola, nella situazione concreta. Ed ecco l’ascolto vicendevole, anche affannoso, anche alla ricerca. Qui emergono tutti i vari carismi: il carisma del teologo, dell’esegeta di professione, ma anche di ogni membro del popolo di Dio. La tradizione non è una specie di archivio della Chiesa, in cui sono schedate le verità della fede, ma è la Parola di Dio in compimento nella storia. Talvolta dinanzi a certe proclamazioni del nostro “Credo”, diamo l’idea di svolgere un nastro su cui sono impresse le verità della fede, di recitare dei “Credo” anonimi. Quando si proclama la fede, è necessario stare attenti, affinché sia una proclamazione sentita, anche se enumerata per un certo ordine. Quindi nell’assemblea liturgica bisogna cercare di rinunziare al “correre”, procedendo invece con calma; e non soltanto i monaci, ma l’intero popolo di Dio. Non si deve avere fretta in quel momento. La tradizione viva conduce all’attuazione continua della Parola di Dio nell’oggi, nel problema concreto che emerge ora, all’inculturazione della fede nel nostro vivere storico».
 
Benedizione e saluto finale
Il Signore è con voi     E con il tuo spirito.
Il Signore che dà i doni dello Spirito per costruire un mondo di pace, ci doni la sua benedizione, Amen.
Il Signore che ispira ad ogni persona pensieri di pace e non di afflizione, ci consoli e ci rafforzi,               Amen.
Il Signore che ci invita a preparare la sua via e a raddrizzare i sentieri, ci colmi della sua tenerezza,          Amen.
Il Signore che ci convoca alla mensa della vigilanza in vista del Regno, ci protegga e ci sorregga,   Amen.
Il Signore sia sempre davanti a voi per guidarvi.                                                                              Amen.
Il Signore sia sempre dietro di voi per difendervi dal male.                                                              Amen.
Il Signore sia sempre accanto a voi per confortarvi e consolarvi.                                                     Amen.
 
E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre.                                                            Amen!
 
La messa è conclusa come celebrazione: continua nella testimonianza della vita. Andiamo incontro al Signore nella storia. Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.
___________________
© Nota: Domenica 2a Avvento Anno-A – Parrocchia di S. Maria Immacolata e San Torpete – Genova
L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte: Paolo Farinella, prete 05/12/2010.
 
 
APPUNTAMENTI IMPORTANTI
 
1.       Domenica 5 dicembre 2010 alle ore 20,30 su iniziativa del «Gruppo Famiglie Cascina Vecchia di San Giovanni Valdarno» della Parrocchia di San Lorenzo, diocesi di Fiesole, incontro riflessione, guidata da Paolo Farinella prete su «Il Tempo: prospettive, speranze e impegno per i credenti nel nostro tempo».
 
2.       Lunedì 6 dicembre 2010 alle ore 20,30 per iniziativa del Centro Studi Judicaria del PD a Tione di Trento, incontro con Paolo Farinella, prete dal titolo: «Italia sempre più alla deriva. Abbiamo il dovere di salvarla! Da dove partiamo?». 
 
3.       Martedì 7 dicembre 2010 alle ore 18 presso La Passeggiata librocaffè in Piazzetta Santa Croce, Genova (fermata Metro di Sarzano), presentazione del libro «Il sindacato dei sensibili» di Annalisa Margarino, baccalaureato in teologia e laureata in filosofia. Interverranno Gianni Priano, docente di filosofia e poeta, Caterina Bruzzone, docente di lettere e Fabio Caccia, titolare del locale.
 
4.       VENERDI’ 10 DICEMBRE 2010, ORE 21,00 a Genova, Palazzo Ducale, Sala del Minor Consiglio «RONCALLI LEGGE RONCALLI», Recital per voce e violoncello con Guido, attore e Diego Roncalli, violoncello che propongono brani anche inediti di Papa Giovanni XXIII.
L’appuntamento è molto importante, purtroppo la Direzione ha spostato l’orario dal pomeriggio alla sera: per questo dobbiamo fare in modo di essere più impegnati possibile perché ne va della nostra credibilità. Nella città del cardinale Bagnasco dimostriamo che il Concilio è punto di riferimento non negoziabile.
 
5.       SABATO 11 DICEMBRE 2010, mattinata: Palazzo Ducale, Genova, Convegno dei Radicali,
(Invitato, dirò due parole di saluto sul tema della laicità senza aggettivi)
 
6.       Domenica 12 dicembre 2010 ore 17,30 in San Torpete, Piazza San Giorgio, su iniziativa di «Centro Storico in concerto» IV edizione (2010-2011) del CIV San Bernardo, «Le Tambourins provençaux» (François Dujardin, percussioni provenzali e Silvano Rodi, organo), Musiche di Anonimi. N. Saboly – B. Schmifd – H. Newsiedler . M. Corrette – J. Paix – Séveran.
 


[1] Liturgia delle Ore, Prima Settimana, mercoledì, Lodi mattutine, Inno (vol. IV, 662).
[2]Gdc 9,7-16: apologo dell’albero-dinastia; Sal 1,3: il giusto è paragonato all’albero (cf Ger 17,8; Pr 11,30); Ger 11.19: l’albero è il profeta; Ez 31,3: il regno di Assiria è paragonato ad un cedro del Libano; Dn 4,7-27: il re di Babilonia è paragonato ad un albero rigoglioso (v. 17); Pr 3,18: la Sapienza è paragonata all’albero.
[3] Questo il testo ebraico e greco-Lxx. La Vulgata di San Girolamo invece sdoppia il «timore» (v. 2) in «pietà e timore» (vv. 2-3) dando così origine ai «sette doni dello Spirito Santo»: sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio che sono citati nel CCC al n. 1831 che nella nota 104 li riferisce direttamente al testo di Isaia letto dalla liturgia di oggi aggiungendo che questi «sette doni dello Spirito Santo… appartengono nella loro pienezza a Cristo, Figlio di Davide».
[4] Gli evangelisti modificano l’ambientazione geografica della citazione di Isaia 40,3 in questo modo (osservare la punteggiatura (i due punti [:] dopo grida e deserto):
a)       Is. 40,3: «Una voce grida:  nel desertopreparate la via del Signore, appianate nella steppa i suoi sentieri» che diventa:
b)       Mt 3,3: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri ».
[5] Cf Domenica 1a di Avvento-A, dove è stata fatta una succinta presentazione e ripartizione del libro di Isaia.
[6] Mc 1,15; Lc 13,3-5; 24,47; At 2,28; 26,20.
[7] Sarebbe stato necessario esporre le particolarità proprie del racconto di Mt come l’annuncio della vicinanza del Regno, lo stile di vita del Battista: il suo vestito di pelli e il suo nutrimento che richiamano le figure dei profeti, specialmente Elia che è direttamente collegato con la figura e il messaggio di Giovanni il Battezzante (Mc 9,11; Mt 11,14), ma non è possibile nello spazio di uno spunto di omelia: lo rimandiamo ad una prossima occasione.
[8] Gigino Calati era nato a Pulsano (Taranto) il 12 marzo 1914 ed entrò come novizio, a soli sedici anni, nell’Eremo di Camaldoli, assumendo il nome di Benedetto. Dopo aver terminato gli studi teologici, negli anni ’40, nel monastero di Fonte Avellana, fu maestro dei chierici ed ebbe modo di approfondire la conoscenza spirituale dei Padri della Chiesa e delle fonti camaldolesi. Dal 1951 fu procuratore presso la Santa Sede e superiore del monastero di San Gregorio al Celio in Roma, fino a quando, nel 1969 fu eletto Priore generale della Congregazione Camaldolese. Per 18 anni ricoprì quella funzione, fornendo un sostanziale contributo a trasformare l’eremo aretino in un importante centro di spiritualità e di cultura, conosciuto anche all’estero, per la sua apertura al dialogo e alla collaborazione tra personalità e forze di ispirazione diversa. Morì il 21 novembre del 2000.


Giovedμ 02 Dicembre,2010 Ore: 15:10
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Il Vangelo della domenica

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info