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www.ildialogo.org Domenica 11a Tempo Ordinario - C - 13 giugno 2010,a cura di Paolo Farinella

Domenica 11a Tempo Ordinario - C - 13 giugno 2010

a cura di Paolo Farinella

Riprendiamo il ciclo del «tempo ordinario-C» che avevamo sospeso con l’inizio della Quaresima. Da oggi fino a novembre non avremo interruzioni particolari nella lettura continua del vangelo di Luca. Riprendiamo pertanto l’idea centrale di questo vangelo, che è il terzo dopo Mt e Mc. Presi insieme, questi tre libretti si chiamano «sinottici» (syn-optikós – con un colpo d’occhio) perché, avendo la stessa struttura di fondo e lo stesso canovaccio, possono essere letti su tre colonne parallele, sebbene ognuno conservi una prospettiva propria finalizzata ad un proprio uditorio. Il 3° vangelo si compone di 24 capitoli e circa 27.000 parole complessive in greco. La lingua greca è di buon livello, certamente superiore a quello degli altri vangeli, anche se non proprio eccelso. Superiore a Lc come lingua e stile letterario in tutto il NT vi è solo la Lettera agli Ebrei. L’autore, specialmente nei primi due capitoli che trattano dell’infanzia di Gesù, spesso imita lo stile letterario del greco della Lxx che è la Bibbia greca dei primi cristiani. Gli studiosi parlano di «semitismi», cioè di imitazioni dello stile semitico da parte di un autore greco non semita: se ne contano solo in Lc poco meno di un centinaio.
Lc, come anche Mt, ha come fonte principale il vangelo di Mc che però integra con altre tradizioni sia comuni con Mt (fonte Q) sia esclusive di Lc, là dove, come il vangelo di oggi, non si trova un parallelo negli altri vangeli. Lc non è un giudeo convertito, ma un cristiano di seconda generazione, di professione medico e greco per nascita e formazione. Nato probabilmente ad Antiochia di Siria dove conobbe Paolo di cui divenne amico, medico e discepolo fedelissimo. Lc lo seguirà nei suoi viaggi apostolici e ne raccoglierà la predicazione.
Lc rielabora lo schema del vangelo di Mc secondo un suo progetto teologico che ruota attorno all’idea di «viaggio» che nella penna di lucana non è una passeggiata, ma assume il valore di «esodo» (cf Lc 9, 31), quasi un paradigma della salvezza. Tutto il vangelo è un affresco sul viaggio/esodo che Gesù compie dal nord della Palestina, dalla Galilea, al sud della Palestina, nella Giudea. Scopo del viaggio/esodo è attraversare la fede e l’incredulità di Israele e giungere nella città santa di Dio, Gerusalemme: la città dei destini. Qui si compirà il suo «esodo» (Lc 9,31). Per Lc Gerusalemme è la città dei destini di Dio e dell’uomo, la città del fallimento di Dio e dell’uomo, il teatro della storia della salvezza dove in Gesù converge Dio stesso e da cui emerge la nuova comunità nata dalla Pasqua. A Gerusalemme inizia la nuova teologia della storia, quasi una nuova creazione.
Il vangelo di Lc potrebbe essere considerato una piccola biblioteca, apparentemente disordinata e per rendersene conto, basta avere alcune chiavi di lettura. Se un lettore legge di seguito tutto il vangelo segnando con un colore tutti i passi in cui Gesù o altri pregano, si troverà tra le mani il «vangelo della preghiera» illustrato da personaggi, atteggiamenti, disposizioni, ecc.; se colora con un diverso colore i passi in cui Gesù si rapporta, parla, tratta con donne, avrà il «vangelo delle donne»; se, invece, colora i passi dove si parla di misericordia e perdono, avrà il «vangelo della misericordia» oppure «della gioia», ecc. Dante Alighieri, a buon ragione, ha definito Luca «scriba mansuetudinis Christi – narratore della mansuetudine di Cristo» (De Monarchia, I,16).
La liturgia di oggi, nel suo complesso, ci presenta tre affreschi, due (1a lettura e vangelo) hanno come protagoniste due donne, vittime di un sistema maschile che dopo averle sfruttate, usandole e asservendole, le condanna in nome di un perbenismo sociale e religioso di facciata. Il profeta Nàtan nella 1a lettura e Gesù nel vangelo svelano invece la radice del male, con una differenza. Nàtan non considera la donna che resta una vittima di un sopruso di potere, ma si preoccupa di ristabilire l’ordine etico davanti al re e nel contempo la dignità dello stesso re e della sua dinastia. Gesù al contrario opera la sua «scelta preferenziale per i poveri» e sta dalla parte della donna che non condanna, per la quale ha addirittura parole di elogio, riconoscendole la missione profetica: per tre volte la pone in contrapposizione alternativa al fariseo Simone che si reputa religioso e perbene: « Tu non hai…lei invece…» (vv. 44.45.46). E’ il capovolgimento che Maria aveva cantato nel suo Magnificat: «ha rovesciato i potenti dai troni / ha innalzato gli umili» (Lc 1,52)
Dal canto suo San Paolo porta alle estreme conseguenze il rapporto tra l’agire e le motivazioni. Osservare con scrupolo le regole della religione non significa essere religiosi, perché il comportamento da solo, staccato dalle ragioni del cuore e della fede, è un guscio vuoto pieno di illusioni. Si possono celebrare liturgie sontuose, splendide, perfette esteticamente e celebrare il nulla. Spesso e volentieri si confonde la religiosità come sinonimo di fede, mentre la connessione non è spontanea e automatica: non sempre agli atteggiamenti di religiosità ostentata o semplicemente esteriore corrisponde una disposizione di fede. La fede esige una relazione esistenziale effettiva, coinvolgente, dinamica e affettiva. Per Paolo bisogna «con-sperimentare» la vita e le scelte della persona a cui ci si lega: inventa il termine «con-crocifisso» (v. 20) e tanti altri quasi a dire che l’amore non si può servire del vocabolario comune perché il suo linguaggio come quello della fede, hanno bisogno di nuovi strumenti per comunicare la pienezza che hanno in sé. La religione dei Farisei non è più sufficiente, ora occorre la fede dimessa e quasi timida della prostituta anonima per incontrare il Signore, piangere sui suoi piedi e asciugarglieli con i capelli della nostra gratitudine. In fondo lo aveva già detto ai suoi discepoli: se non vi convertite dalla vostra religione di facciata, le prostitute e i peccatori vi precederanno nel regno dei cieli (Mt 21,31). Entriamo nel mistero dell’Eucaristia, abisso di perdono che ci rigenera a vita nuova.
 
Spirito Santo, tu guidasti Natan contro l’onnipotenza prevaricatrice di Davide,                   Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu indicasti David peccatore nel gesto e nella parola del profeta,                    Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai rivelato a Davide che il peccato è disprezzo della Parola,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci insegni che la spada chiama spada e non costruisce la pace,                   Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la coscienza in noi che ci invita a perenne conversione,                        Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il Confessore che celebra le misericordie del Signore,               Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu rendi beato chiunque si apre al perdono del Padre nel Figlio,                     Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il rifugio che ci preserva sempre da ogni pericolo,                                Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei la giustificazione che alimenta la nostra e purifica le opere,                  Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci chiami ad essere con crocifissi con Cristo,                                              Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu non annulli mai la grazia di Dio che abita in noi,                            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu hai guidato i passi della donna peccatrice verso Gesù, il liberatore,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei l’olio profumato che la donna cosparso sul corpo del Signore, Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu ci chiami a liberarci dalle nostre ipocrisie che generano ingiustizie,            Veni, Sancte Spiritus!
Spirito Santo, tu sei il perdono che il Signore ha cosparso sulla donna innamorata, Veni, Sancte Spiritus!
 
Oggi celebriamo una liturgia affollata da molti protagonisti. Nella 1a lettura vi è un profeta che svela la coscienza intorpidita del re; vi è lo stesso re che aveva l’abitudine di mandare gli altri in guerra, mentre lui si prendeva le loro mogli; vi è la donna che non ha diritto di parola perché mera proprietà dell’uno o dell’altro. Nel vangelo troviamo un fariseo tronfio nella sua sicumera di perbenista che dispensa giudizi senza misericordia a cui si contrappone un’altra donna che invece prende in mano la sua vita e sfida la religione esteriore e le convenzioni del suo tempo. In mezzo vi è Gesù che prende parte e si schiera: salva la donna dallo sguardo cupìdo degli uomini che la giudicano, rimandandoli alla verità di se stessi. Egli svela il segreto di Dio che è il perdono senza condizione. L’Eucaristia è prendere coscienza della differenza che c’è tra oppressori e oppressi, tra imitazione di Dio e parodia di lui, tra religiosità di maniera e fede del cuore, la sola che ci permette di essere «concrocifissi» e «conrisorti» con Gesù. Entriamo in questa avventura di amore sconfinato nel Nome della santissima Trinità, la cui tenda è dentro ciascuno di noi:
 
(ebraico)
Beshèm
ha’av
vehaBèn
veRuàch
haKodèsh.
Amen.
(italiano)
Nel Nome
del Padre
e del Figlio
e dello Spirito
Santo.
 
Nel contesto della nuova alleanza stipulata «nella carne e nel sangue» del Figlio, non abbiamo nemmeno bisogno di chiedere perdono perché il Signore lo ha già concesso preventivamente. Possiamo stare però davanti a noi stessi per interrogarci sulla Presenza di Dio in noi e sulla corrispondenza della nostra vita con la fede che diciamo di professare. C’è sempre una distanza tra quello che viviamo e quello che desideriamo e questa distanza si chiama progetto di vita che parte da ciò che siamo per camminare verso una pienezza e armonia di vita che si acquisisce lungo i giorni della nostra esistenza. Il perdono di Dio è la gioia ritrovata di essere sempre amati senza condizioni.
 
Signore, ogni volta che pecchiamo facendo finta di non esserne coscienti, perdona e salvaci,         Kyrie, elèison!
Cristo, che hai salvato la donna peccatrice dal giudizio dei benpensanti, perdona e salvaci,            Christe, elèison!
Signore che invii sempre un profeta Nàtan a rischiararci la coscienza, perdona e salvaci,    Kyrie, elèison!
Cristo che sveli il segreto del cuore davanti al mistero dell’amore, perdona e salvaci,                      Christe, elèison!
 
Dio onnipotente che invia il profeta Nàtan a svelare l’intrigo, l’adulterio e l’omicidio di Davide, che manda Gesù Cristo a salvare la donna peccatrice dal potere nefasto degli uomini, che usano la religione per coprire le loro debolezze, che ci convoca al vangelo del perdono e dell’amore senza condizioni, per i meriti dei Giusti di Israele, dei profeti, coscienza viva della Chiesa e per i meriti delle donne di tutti i tempi che hanno subito la prevaricazione e la condanna in nome di un’etica senza morale, per i meriti della Chiesa, «casta e meretrice», ci guidi sul sentiero delle beatitudini che conducono al Regno del Padre, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
 
GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente.     [breve pausa 1-2-3]
 
Signore, Figlio Unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre: tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. [breve pausa 1-2-3]
 
Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo: [breve pausa 1-2-3]
 
Gesù Cristo con lo Spirito Santo, nella gloria di Dio Padre. Amen.
 
Preghiamo (colletta). O Dio che non ti stanchi mai di usarci misericordia, donaci un cuore penitente e fedele che sappia corrispondere al tuo amore di Padre, perché diffondiamo lungo le strade del mondo il messaggio evangelico di riconciliazione e di pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
Mensa della Parola
Prima Lettura 2Sam 12,7-10.13. Il brano di oggi è una inserzione nel racconto della duplice colpa commessa da Davide: adulterio con la moglie di un suo generale e omicidio di questi per coprire la conseguente gravidanza. In questa squallida vicenda di prevaricazione di un potente a danno di un sottoposto e della sua donna, l’autore sviluppa una «teologia della storia» che cerca di ricavare il senso nascosto degli eventi che anche nella negatività più completa, nascondono sempre un appiglio per raggiungere la salvezza. Nulla è perduto, perché Dio sempre e comunque persegue l’obiettivo di salvare, con una sola condizione: la presa di coscienza del male esige la richiesta di perdono. Il brano di oggi fu inserito nel racconto, probabilmente prima del sec. VIII a.C. Oggi lo stesso brano è «Parola di Dio» per noi qui e ora: nessuno di noi può e deve dirsi escluso dall’amore infinito di Dio che supera sempre qualsiasi nostro peccato perché in ciascuno di noi si annida un «piccolo Davide prevaricatore». Per permettere una maggiore linearità del testo, lo integriamo con gli otto versetti che la liturgia esclude, limitandosi a riportare solo i versetti sul perdono, sganciati dal loro contesto, a differenza della liturgia.
 
Dal secondo libro di Samuele 12,7-10.13
[1Il Signore mandò il profeta Nàtan a Davide, e Nàtan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. 2Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, 3mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. 4Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui». 5Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Nàtan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. 6Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata».] 7Allora Nàtan disse a Davide: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, 8ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. 9Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Urìa l’Ittìta, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammonìti. 10- Parola di DioEbbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittìta”».[«11Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. 12Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”».] 13Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Nàtan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».
 
Salmo responsoriale  32/31,1-2; 5.7-11. Il salmo 32/31 è diviso in due parti distinte: la prima (vv. 1-7) ha un andamento penitenziale perché sottolinea la «beatitudine» del perdono dei peccati attraverso l’esperienza personale del salmista; la seconda (vv. 8-11) ha una struttura didattica perché ha l’obiettivo d’insegnare una morale: la sofferenza e il castigo sono finalizzati alla crescita, insegnamento tipico della scuola sapienziale (Dt 8,5; Pr 3,11-12; Eb 12,7). Secondo il trattato ebraico «Zohàr–Splendore» [trattato Bereschìt–In principio, 8b], Nàtan pronunciò la sua accusa a Davide nel giorno di Yom Kippùr ed è questo il motivo per cui il  salmo è considerato salmo penitenziale per eccellenza. Per noi il salmo ha un valore cristologico, perché proclamandolo nell’Eucaristia «confessiamo» (v. 5) che il Signore è più grande di qualsiasi nostro peccato (cf 1Gv 3,20) perché ci ha dato in pegno il suo Spirito che anima la nostra preghiera e la nostra fede.
 
Rit.: Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato.
 


1. 1 Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
2 Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno. Rit.
2. 5 Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato. Rit.
3. 7 Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia,
mi circondi di canti di liberazione.
11 Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia! Rit.


 
Seconda lettura Gal 2,16.19-21. La lettera ai Gàlati è probabilmente scritta da Efeso nel 54-55 durante il 3° viaggio missionario. La Galàzia è la regione a nord dell’Anatòlia centrale dove oggi è la capitale della Turchia, Ànkara[1]. A Paolo, che aveva appena lasciato la regione, giungono voci che alcuni cristiani giudaizzanti venuti da Gerusalemme, hanno cominciato a screditare Paolo e il suo vangelo liberale. Egli scrive la lettera che ha come tema centrale l’opposizione irriducibile tra il «vangelo della libertà» di Paolo e il sistema religioso giudaizzante. Il vangelo di Paolo è centrato sulla libertà della grazia che chiama i Pagani allo stesso modo dei Giudei, senza prima sottometterli al sistema religioso di quest’ultimi. Egli sostiene la libertà dello Spirito santo di «soffiare dove vuole» e come vuole, a differenza dei Giudeo-cristiani che volevano subordinare al Giudaismo e alle sue norme l’adesione a Cristo: per diventare cristiani bisognava prima farsi Giudei. In questo brano Paolo inventa parole nuove e forti come «con-crocifisso» (v. 20) con cui evidenzia l’osmosi totale tra il discepolo Paolo e il Signore Gesù. Per noi è l’Eucaristia il sacramento dell’osmòsi: diventiamo la Parola che ascoltiamo e il Pane che mangiamo e la fraternità che sperimentiamo. Qualche anno dopo, Paolo riprenderà i temi della lettera ai Gàlati e li svilupperà in modo organico nella lettera ai Romani.
 
Dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati   2,16.19-21.
Fratelli e Sorelle 16sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. 19In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. 20Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. 21Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano. - Parola di Dio
 
Lettura del Vangelo. Lc 7,36-8,3. Il racconto dell’unzione di Gesù prima della morte da parte di una donna «peccatrice» (v. 37) è esclusivo di Lc e si compone di due parti: il racconto in sé (cf Lc 7,36-39. 44-47.48-50) e una parabola all’interno (cf Lc 7,41-43)[2]. La tradizione pre-evangelica conosceva un racconto di unzione prima della morte, avvenuta in casa del fariseo Simone per mano di una donna anonima nella cittadina di Betània, tra Gerusalemme e il deserto di Giuda (cf Mt 26,6-13; Mc 14,3-9). Gv riprende questa tradizione, la modifica e dà un nome alla donna: «Maria» a cui fa ungere i piedi di Gesù che asciuga anche con i suoi capelli (cf Gv 12,1-8) dando al gesto il valore profetico di annuncio preventivo della risurrezione: la donna unge il Cristo prima che la morte lo scalfisca, come anticipo della risurrezione. Lc riformula il racconto apportando nuovi elementi originali: nessun cenno a Betània, anonimato della donna, nessuna discussione sull’opportunità del gesto e anche sul costo del profumo. L’insegnamento di questo racconto e la rispettiva parabola è duplice: 1) Gesù non emargina e non allontana nemmeno chi è sprofondato nell’abisso del peccato perché anche la peccatrice può essere profeta di risurrezione e 2) per Gesù il perdono è il segno anticipato della risurrezione che è patrimonio e mèta di tutta l’umanità. Non possiamo che andare e fare come lui.
 
Canto al Vangelo Mc1,15
Alleluia. Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio / come vittima di espiazione per i nostri peccati. Alleluia.
 
Dal Vangelo secondo Luca Lc 7,36-8,3.
In quel tempo, 36 uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37 Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38 stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39 Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 40 Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41 «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42 Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43 Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44 E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47 Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48 Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49 Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». 8,1 In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. 2 C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3 Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni. – Parola del Signore.
 
Sentieri di omelia
Nel brano del vangelo di oggi bisogna individuare diversi livelli perché ci troviamo di fronte ad una pagina molto manomessa nella sua storia redazionale. Proviamo a semplificare le cose. In origine, ancora in fase di trasmissione orale, si tramandava il racconto di una unzione del Signore prima della sua morte fatta da una donna anonima, in casa di un fariseo di nome Simone in una località imprecisata vicino Betània (cf Mc 14,39; Mt 26,6-13). Di fronte allo stupore dei presenti, Gesù giustifica il gesto della donna alla luce della tradizione giudaica che valuta le cure prestate ad un cadavere più preziose dell’elemosina. In questo modo Gesù annuncia che sta per morire e la donna si appresta a preparare il suo corpo in vista della risurrezione. La donna è «ispirata» in questo gesto, perché non vi sarà tempo per osservare la Legge, visto Gesù morirà la vigilia del grande Shabàt di Pasqua. Al primo stadio quindi della tradizione, il gesto della donna anonima è letto da Gesù come un gesto profetico che anticipa e annuncia la morte imminente. Ancora una volta, l’impossibile è possibile: una peccatrice diventa profetessa e una donna previene i tempi che stanno accadendo.
In una seconda fase, l’evangelista Gv riprende questa tradizione anonima e la personalizza (cf Gv 12,1-8): l’unzione avviene sei giorni prima della Pasqua; l’azione è collocata a Betania in casa di Lazzaro e delle sorelle Marta, che si occupa dell’accoglienza, e Maria, che invece unge di olio i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli (cf Gv 12,3). In Gv non c’è alcun fariseo di nome Simone, né vi sono altri commensali; non si dice affatto che Maria fosse una pubblica peccatrice come in Lc; l’unzione è fatta sui piedi e non sul capo come invece sottolineano Mc e Mt. Lo scandalo di Giuda di fronte allo «spreco» di una grande quantità di profumo (1 libbra = 300 gr), è messo a tacere da Gesù che invece accoglie il gesto di Maria come preparazione anticipata della sua sepoltura: per la tradizione giudaica la cura dei morti ha valore più dell’elemosina.
Dal canto suo Lc adatta il racconto primitivo al suo uditorio e al suo vangelo, imperniato sul tema del perdono: parla di un invito in casa di un fariseo di nome Simone (che per Mt e Mc è Simone il lebbroso), dice che la donna era conosciuta perché prostituta di quella città, non parla dell’unzione di Betania né ora né dopo e non accenna al disputa dello spreco perché la discussione sulle norme della Toràh non interessavano i suoi lettori greci. Infine Lc inserisce dentro il racconto la parabola che il Signore dedica al suo ospite per spiegare l’operato della donna. Lc ama i conviti tanto che si può dire che formano un genere letterario proprio (cf Lc 5,27-32; 7,36-50; 14,1-24) che egli utilizza per inserire insegnamenti e parabole nuovi. Per Lc il convito è un espediente per inserire insegnamenti di Gesù che gli derivano o dalla sua personale tradizione o da quella comune. Il banchetto del vangelo di oggi non ha un significato particolare perché fa solo da sfondo al gesto dell’unzione. In primo piano sta la donna, l’olio e Gesù. Il nucleo centrale del racconto è semplice: il perdono che Gesù accorda prima di morire ad una donna è un anticipo del dono della sua vita.
Il perdono non è un atto di generosità, o di condiscendenza, ma la condivisione della vita che Gesù vive come anticipo della morte violenta che subirà. Perdonare è offrire in anticipo. Per questo il perdono è un gesto profetico che rende visibile la Presenza di Dio. Gesù perdona una peccatrice senza chiederle nemmeno di pentirsi: è il perdono preventivo. Lc ci tiene a sottolineare che nei capitoli 7 e 9 Gesù è attorniato da peccatori (cf 7,34; 8,1-4).
Il libro del Deuteronomio proibisce di usare doni e denaro di prostitute per uso sacro: «Non porterai nel tempio del Signore, tuo Dio, il dono di una prostituta … poiché è un abominio per il Signore, tuo Dio» (23,19). La logica vorrebbe che se Gesù fosse un uomo giusto e timorato di Dio non dovrebbe accettare alcun dono da «quella prostituta» perché lo rende impuro e inabile alla preghiera. Ancora una volta Gesù si trova a cozzare contro il muro del legalismo (Mc 2,16; 3,5). Simone il fariseo invece di domandarsi come mai Gesù si dispensa dall’osservanza della Legge, gode nell’animo suo di coglierlo in fallo per poterlo denigrare: egli infatti si reputa superiore. Egli secondo Lc «disse tra sé» (v. 39): nemmeno il suo pensiero vuole esternare perché teme forse di diventare impuro, eppure egli sa che la donna «è una peccatrice» (v. 39). Non sappiamo se lo sa perché la conosce o perché la frequenta. Egli non riesce ad andare oltre il suo perbenismo religioso di facciata che gli ha fatto dimenticare anche i doveri dell’ospitalità. Sembra che l’evangelista ci voglia dire che egli invitò Gesù per coglierlo in fallo, non per incontrarlo. Il suo convito è una trappola, non l’occasione di una comunione.
            Gesù tenta di scuoterlo e inventa una parabola solo per lui e per tutti i farisei che giostrano la loro vita quotidianamente attorno ai debiti e ai doveri da assolvere. Hanno scambiato Dio per un contabile fiscale. In essi non c’è il minimo segno della gratuità, per loro tutto è «dovere», tutto è obbligo: vivono per punizione. Vivere responsabilmente non significa vivere per dovere perché chi vive «per dovere» accetta di vivere in schiavitù degli altri o della propria paura. Il dovere o nasce dall’amore o è costrizione e morte. In questo stagno di legalismo e di osservanze religiose di purità, in questa religione del vacuo, fatta di cose come se Dio fosse un vuoto da riempire, Gesù scaglia il sasso del perdono gratuito, basato sull’incontro tra persone e la relazione che li lega. Egli parla di due debitori che vedono sanare il loro debito in modo imprevisto e molto insolito: uno riceve un condono pari ad una somma corrispondente a 500 giornate lavoro, mentre l’altro solo 50. La riconoscenza dei due verso il creditore sarà inevitabilmente proporzionata al debito condonato.
Nelle parole di Gesù però non vi è «quantificazione» materiale perché il confronto tra i due è dato dal contesto polemico in cui è raccontata la parabola. Gesù volutamente intende esasperarne la risposta, come di fatto avviene. Il vero obiettivo di Gesù è convincere gli uditori ad abbandonare una religione di mercato del genere «tu dai una cosa a me e io do una cosa a te», che è lo scambio tipico di una transazione di prostituzione. Egli invita a salire in alto, ad accedere ad una fede di libertà, dove il rapporto del cuore e i sentimenti valgono più di tutti gli obblighi e doveri messi insieme. Ancora una volta si ribaltano i ruoli: la prostituta abituata a mercanteggiare le sue prestazioni con i clienti, è la donna libera che prova compassione e gratitudine, mentre i farisei che dovrebbero essere «immagine di Dio» e modelli di fede, sono immersi in una religiosità di prostituzione dove comprano e vendono Dio e le loro prestazioni in base agli utili che ne possono ricavare.
Il vangelo di oggi è tutto centrato sulla figura di Gesù, la cui umanità diventa il «luogo» privilegiato dell’incontro tra Dio e l’umanità. Al di fuori dell’uomo Gesù noi non posiamo incontrare Dio: per giungere alla sua divinità, dobbiamo attraversare obbligatoriamente la sua umanità. La donna, per giunta prostituta, è l’immagine di Cristo che ama senza calcolo e si abbandona all’incontro lasciandosi guidare solo dal suo cuore. La donna che tutti disprezzano, mentre ne abusano, è posta da Gesù sulla mensa della dignità e dell’onorabilità, svelando il segreto stessa della vita: molto le è perdonato perché molto ha amato (v. 47). Solo l’amore salverà il mondo e solo le donne sanno custodire l’amore perché esse sono il segno più genuino della materna paternità di Dio.
 
Professione di fede
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

 
[breve pausa 1-2-3]
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si é incarnato nel seno della Vergine Maria e si é fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno é risuscitato, secondo le Scritture; é salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.  [breve pausa 1-2-3]
 
Credo nello Spirito Santo, che é Signore e da la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio é adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.         [breve pausa 1-2-3]
 
Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
 
Preghiera universale [intenzioni libere]
MENSA EUCARISTICA
Presentazione delle offerte e pace. Entriamo nel Santo dei Santi presentando i doni, ma prima, lasciamo la nostra offerta e offriamo la nostra riconciliazione e concediamo il nostro perdono, senza condizioni, senza ragionamenti, senza nulla in cambio: lasciamo che questa notte trasformi il nostro cuore, fidandoci e affidandoci reciprocamente come insegna il vangelo:
«Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono» (Mt 5,23-24).
 
Solo così possiamo essere degni di presentare le offerte e fare un’offerta di condivisione. Riconciliamoci tra di noi con un gesto o un bacio di Pace perché l’annuncio degli angeli non sia vano.
Scambiamoci un vero e autentico gesto di pace nel Nome del Dio della Pace.
 
[La benedizione sul pane e sul vino è tratta dal rituale ebraico]
 
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra, della vite e del lavoro dell’uomo e della donna; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.                         Benedetto nei secoli il Signore.
 
Preghiamo perché il nostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
Il Signore riceva il sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
 
Preghiamo (sulle offerte). O Dio, che nel pane e nel vino doni all’uomo il cibo che lo alimenta e il sacramento che lo rinnova, fa’ che non ci venga mai a mancare questo sostegno del corpo e dello spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
PREGHIERA EUCARISTICA DELLA RICONCILIAZIONE Il
Prefazio proprio: La penitenza dello spirito
 
Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. In alto i nostri cuori.       Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore nostro Dio.                     È cosa buona e giusta.
 
È veramente giusto renderti grazie, è bello cantare la tua gloria, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno:
Dice il Signore a Davide: tu hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi (cf 2Sam 12,9).
 
Tu hai mandato il tuo Figlio per rivelarci il mistero insondabile del tuo amore di Padre che guarda sempre al cuore e mai all’esteriorità, dandoci un segno irreversibile della tua paternità nel perdono della donna peccatrice che il tuo Spirito ha trasformato in profetessa della risurrezione a dispetto della vanagloria che la circondava.
Pietà di noi, Signore, abbiamo peccato contro di te e abbiamo smarrito il nostro cammino. Nella tua misericordia tu ci rigeneri sempre come tuoi figli. (cf 2Sam 12,13; Sal 51/50,1).
 
E noi, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo senza fine l’inno della tua lode:
Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Kyrie, elèison, Christe, elèison. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo. Christe, elèison, Kyrie, elèison. Osanna nell’alto dei cieli.
 
Noi ti benediciamo, Dio onnipotente, Signore del cielo e della terra, per Gesù Cristo tuo Figlio venuto nel tuo nome: egli è la mano che tendi ai peccatori, la parola che ci salva, la via che ci guida alla pace.
Nella santa assemblea, noi siamo beati perché tu ci ridoni la gioia del perdono (cf Sal 32/31,1.11).
 
Tutti ci siamo allontanati da te, ma tu stesso, o Dio nostro Padre, ti sei fatto vicino ad ogni uomo; con il sacrificio del tuo Cristo, consegnato alla morte per noi, ci riconduci al tuo amore, perché anche noi ci doniamo ai nostri fratelli.
Noi «confessiamo» al Signore le nostre colpe ed egli ci circonda canti di liberazione preservandoci da ogni pericolo (cf Sal 32/31, 5-7).
 
Per questo mistero di riconciliazione ti preghiamo di santificare con l’effusione dello Spirito Santo questi doni che la Chiesa ti offre, obbediente al comando del tuo Figlio.
Non siamo giustificati per le opere della Legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo (cf Gal 2,16).
 
Egli, venuta l’ora di dare la vita per la nostra liberazione, mentre cenava, prese il pane nelle sue mani, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO È IL MIO CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.
Noi siamo stati «con-crocifissi» con Cristo e non siamo più noi a vivere, ma Cristo vive in noi  (cf Gal 2,20).
 
 Allo stesso modo, in quell’ultima sera egli prese il calice e magnificando la tua misericordia lo diede ai suoi discepoli, e disse: PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA,VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI.
Cristo non è morto invano perché oggi celebriamo il memoriale del suo corpo e del suo sangue (Cf Gal 2,21).
 
FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.
Alzeremo il calice della salvezza e invocheremo il nome del Signore (Sal 116/115,13).
 
Mistero della fede.
Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua risurrezione: salvaci, o Salvatore del mondo.
 
Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, noi ti offriamo, o Padre, il sacrificio di riconciliazione, che egli ci ha lasciato come pegno del suo amore e che tu stesso hai posto nelle nostre mani.
Una peccatrice portò un vaso di profumo e piangendo cominciò a bagnare i piedi del Signore di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo (cf Lc 7,37-38).
 
Accetta anche noi, Padre santo, insieme con l’offerta del tuo Cristo, e nella partecipazione a questo convito eucaristico donaci il tuo Spirito, perché sia tolto ogni ostacolo sulla via della concordia, e la Chiesa risplenda in mezzo agli uomini come segno di unità e strumento della tua pace.
Il Signore non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cf Ez 35,11).
 
Lo Spirito, che è vincolo di carità, ci custodisca in comunione con il nostro Papa Benedetto, il Vescovo Angelo, il collegio episcopale,i presbiteri, i diaconi, le nostre famiglie… N.N. … i bambini nati nelle ultime e prossime ventiquattro ore, le persone che si amano, coloro che servono, quanti soffrono in ogni luogo e regione del mondo e tutto il popolo cristiano.
«Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: “è una peccatrice!”»(Lc 7,39).
 
Accogli nel tuo regno i nostri fratelli, che si sono addormentati nel Signore… N.N. … e tutti i defunti dei quali tu solo hai conosciuto la fede.
Disse il Signore al fariseo, guardando la donna: «sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (Lc 7,47).
 
Tu che ci hai convocati intorno alla tua mensa, raccogli in unità perfetta gli uomini di ogni stirpe e di ogni lingua, insieme con la Vergine Maria, con gli Apostoli e tutti i santi nel convito della Gerusalemme nuova, per godere in eterno la pienezza della pace.
Rivolto alla donna, il Signore le disse:«La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!» (Lc 7,50).
 
Dossologia[è il momento culminante dell’Eucaristia: il vero offertorio]
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,  a te, Dio Padre onnipotente,  nell’unità dello Spirito Santo,  ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 
Padre nostro in aramaico: Idealmente riuniti con gli Apostoli sul Monte degli Ulivi, preghiamo, dicendo:
 

Padre nostro che sei nei cieli

Avunà di bishmaià
sia santificato il tuo nome
itkaddàsh shemàch
venga il tuo regno
tettè malkuttàch
sia fatta la tua volontà
tit‛abed re‛utach
come in cielo così in terra
kedì bishmaià ken bear‛a.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Lachmàna av làna sekùm iom beiomàh
e rimetti a noi i nostri debiti
ushevùk làna chobaienà
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
kedì af anachnà shevaknà lechayabaienà
e non abbandonarci alla tentazione
veal ta‛alìna lenisiòn
ma liberaci dal male.
ellà pezèna min beishià. Amen!

 
Antifona alla comunione Lc 7,47: «Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato», disse il Signore al fariseo che condannava la donna peccatrice.
 
Dopo la Comunione
Da Il Dio della vita di Gustavo Gutierrez, fondatore della teologia della liberazione  
Le vie di Dio non sono le nostre vie (cf Is 58); per lui gli ultimi della storia diventano i primi. La preferenza per il debole e l’oppresso attraversa tutta la Bibbia; il popolo di Israele deve rendere testimonianza di tale predilezione, e il Messia è venuto a proclamarla con gesti e parole. Luca – lo sappiamo – è particolarmente sensibile a questa questione, e per questo ci presenta Dio che si rivela agli insignificanti della storia, agli anawim: Zaccaria, Elisabetta, Simeone, Anna, e soprattutto Maria; tale rivelazione ci parla anche del profondo mutamento di valori e di situazioni operato dalla venuta del Messia. Il canto di Maria lo dice con forza: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1, 51-53). [...] Non è opportuno tentar di edulcorare quanto il Cantico di Maria ci dice dell’amore preferenziale di Dio per gli umiliati e i maltrattati, e della trasformazione della storia implicata dalla sua volontà di amore. Con ciò non si rende più spirituale il testo, lo si svuota del Dio che Gesù Cristo è venuto a rivelarci e lo si rende etereo e inoffensivo verso i privilegi ingiusti di questo mondo. La forza spirituale delle parole di Maria consiste nel farci vedere come la ricerca della giustizia debba essere posta nella cornice della gratuità dell’amore di Dio, pena la perdita del suo significato profondo, e al tempo stesso nell’aiutarci a comprendere che questo amore libero e gratuito – che dà motivo alla nostra preghiera e azione di grazie – esige da parte nostra solidarietà con chi vive una situazione contraria al disegno di vita del Dio di Gesù Cristo.
 
Da André Trocmé: Gesù e la rivoluzione non violenta -, Jesus and the Nonviolent Revolution
La gente è portata a pensare alla nonviolenza come a una scelta tra l’uso della forza e l’inazione. Ma la scelta reale si pone ad un altro livello. La nonviolenza non ha a che vedere tanto con il “non uccidere”, quanto con il mostrare compassione, salvare, redimere, essere una comunità risanante. Si può solo scegliere tra fare il bene alla persona che si trova sul nostro cammino, o fargli del male. Fare il bene è amare una persona; non farlo equivale a ucciderla. Amare qualcuno è restaurarlo fisicamente, socialmente e spiritualmente. Trascurare o rimandare questa restaurazione è già uccidere.
 
Preghiamo. Il pane del cielo che ci hai dato, o Padre, alimenti in noi la fede, accresca la speranza, rafforzi la carità, e ci insegni ad aver fame di Cristo, pane vivo e vero, e a nutrirci di ogni parola che esce dalla tua bocca. Per Cristo nostro Signore. Amen.
 
Benedizione e saluto finale
Il Signore che ha punito il potere prevaricatore del potente Davide, ci colmi della sua fortezza,      Amen.
Il Signore che manda i profeti a richiamarci al senso della giustizia giusta, ci doni la sua pace.
Il Signore che guarda al cuore e non alle apparenze, ci rafforzi nella fedeltà a noi stessi.
Il Signore che le opere non possono comprare, vi ridoni lo spirito di servizio fatto con gioia.
Il Signore sia sempre davanti a noi per guidarci.
Il Signore sia sempre dietro di voi per difenderci dal male.
Il Signore sia sempre accanto a noi per confortarci e consolarci.
 
E la benedizione dell’onnipotente tenerezza del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre.                                                Amen!
 
La messa come rito «è compiuta» nella testimonianza della vita. Andiamo incontro al Signore nella storia.
Nella forza dello Spirito Santo rendiamo grazie a Dio e viviamo nella sua Pace.
_________________________
© Nota: Domenica 11a del Tempo Ordinario –C, Parrocchia di S. Maria Immacolata e San Torpete – Genova
L’uso di questo materiale è libero purché senza lucro e a condizione che se ne citi la fonte bibliografica
Genova, Paolo Farinella, prete 13/06/2010 – San Torpete – Genova
 


[1] I Gàlati erano una popolazione mista di Galli (discendenti di alcune tribù celtiche insediatisi nell’attuale Turchia nel sec. III a.C.) e di Greci che occupavano la «provincia di Galàzia nel nord dell’attuale Turchia: l’Anatolia.
[2] J. Delobel, «L’Onction par la pécheresse», in N.R.Th (1967), 415-475; G. Bouwman, «La pécheresse hospitalière», in Eph. Th. Lov. (1969), 172-183.


Mercoledì 09 Giugno,2010 Ore: 14:35
 
 
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