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www.ildialogo.org IL FIGLIO DELL’UOMO E’ VENUTO PER DARE LA PROPRIA VITA IN RISCATTO PER MOLTI,di p. Alberto Maggi OSM

XXIX TEMPO ORDINARIO – 21 ottobre 2012 - Commento al Vangelo
IL FIGLIO DELL’UOMO E’ VENUTO PER DARE LA PROPRIA VITA IN RISCATTO PER MOLTI

di p. Alberto Maggi OSM

Mc 10, 35-45

[In quel tempo], si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole

diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Dio è amore che si mette a servizio degli uomini. E cerca uomini che lo accolgono per fondersi con loro e farli diventare l’unico vero santuario dal quale si irradia il suo amore, al sua compassione e il servizio all’umanità.

L’ostacolo all’accoglienza di questo amore nei vangeli si chiama “ambizione”, “vanità”. Ambizione e vanità, che specialmente nelle persone religiose, diventano degli handicap. Infatti le rendono cieche e sorde all’annunzio del Signore. E’ quello che l’evangelista ci vuole insegnare con questo brano del vangelo di Marco, cap. 10, versetti 35-45.

Nonostante che Gesù per la terza volta – nel linguaggio biblico il numero tre significa “completamente, pienamente” – abbia annunziato qual è il suo futuro, cioè la morte a Gerusalemme per mano del potere religioso e civile, due discepoli, Giacomo e Giovanni si avvicinano a lui. In realtà non gli sono vicini, lo accompagnano, ma non lo seguono.

Si avvicinano per cosa? Gli dicono: “Vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”, quasi con arroganza espongono questa loro esigenza. E cosa vogliono? Vogliono i posti d’onore. Gesù ha detto che a Gerusalemme sarà ammazzato, ma l’ambizione e la vanità – come abbiamo detto – rendono le persone cieche e sorde.

Lo chiamano Maestro, ma non lo ascoltano. Vogliono i posti più importanti.

E Gesù li tratta da ignoranti, dice che non sanno quello che chiedono. “Potete bere il calice che io bevo”, il calice in questo caso è indice di sofferenza, di dolore, di morte, “o essere battezzati” … il battesimo significa “essere immersi” nella prova nella quale Gesù sarà sottoposto. E loro con arroganza rispondono: “Lo possiamo”.

Di fatto Marco poi scriverà al momento della cattura di Gesù “Tutti allora abbandonatolo fuggirono”. Infatti Gesù dice: “Sì anche voi passerete la prova che io passo, “anche voi berrete a questo calice”, e sarete travolti da questi avvenimenti” ma in senso negativo.

Infatti soccomberanno tutti quanti al momento della prova. Ebbene la richiesta dei due discepoli provoca l’indignazione degli altri dieci, non perché si scandalizzino, ma perché tutti ambivano agli stessi posti d’onore e quindi l’ambizione di pochi suscita la divisione nella comunità, divisione che può portare alla morte.

Allora ecco l’importante insegnamento di Gesù. Gesù li deve chiamare, e se li chiama è perché gli sono lontani, prende l’esempio dei governanti e l’opinione che Gesù ha è molto negativa, dice “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano”, cioè spadroneggiano, “ su di esse e i loro capi le opprimono”, letteralmente impongono la loro autorità.

Ebbene Gesù per tre volte afferma: “Tra di voi però non sia così”. Qualunque imitazione delle strutture di potere, di obbedienza, di sottomissione, che esistono all’interno della società e vengono poi fatte rinascere nella comunità cristiana, vanno eliminate. Sono tutte sospette e non appartengono a Gesù e al suo messaggio.

Quindi questi rapporti tra superiori e inferiori, tra chi comanda e chi ubbidisce, non fanno parte della comunità cristiana. Quindi Gesù è molto chiaro. “Tra voi però non è così”. E poi Gesù dice: “Chi vuol diventare grande …”, quindi Gesù ammette l’ambizione alla grandezza, che però si manifesta attraverso il servizio.

Tra voi sarà vostro servitore”. Servire, per Gesù, non diminuisce e non toglie la dignità dell’uomo, ma è ciò che gli conferisce la vera grandezza. Quindi il servizio è quello che dà all’uomo la vera grandezza. Naturalmente un servizio perché si è obbligato, perché in tal caso è un servizio che umilia. Il servizio che volontariamente viene esercitato per amore dell’altro, mettere quello che io ho a disposizione dell’altro, per comunicargli vita.

E Gesù continua: “Chi vuol essere il primo”, quindi Gesù non esclude la possibilità per alcuni di essere il primo, laddove il primo significa il più vicino a lui. “Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Lo schiavo in quella cultura, in quella società, era il livello più infimo. Quindi Gesù ammette grandezza, ammette anche l’essere primi, ma come si arriva a questa grandezza, ad essere i più vicini a lui?

Attraverso il servizio reso per amore agli altri e accettando di essere considerati gli ultimi della società. Perché? Ed ecco la grande rivelazione di Gesù, in una cultura e in una religione, come in tutte le altre in cui le divinità pretendevano di essere servite dagli uomini, “Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.

Questo è il Dio di Gesù. Il Dio di Gesù non è un Dio che chiede, ma un Dio che dona, non è un Dio che chiede agli uomini di servirlo, ma è lui che si mette a servizio degli uomini. E gli uomini che accolgono questo servizio, trasportati dall’onda di questo amore che si traduce in comunicazione di vita, di opere, si mettono anche loro a servizio degli altri, moltiplicando così l’azione creatrice del padre.




Venerdì 19 Ottobre,2012 Ore: 16:02
 
 
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