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IV TEMPO ORDINARIO – 30 gennaio 2011
BEATI I POVERI IN SPIRITO

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM


Mt 5,1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
La nuova realtà di Dio che Gesù ha fatto conoscere, non poteva essere accolta e inserita negli schemi dell’antica alleanza, per cui Gesù ha avuto bisogno di proporre una nuova alleanza. E’ quella che ci presenta Matteo nel capitolo 5 con le sue beatitudini. Leggiamo.
Vedendo le folle Gesù salì su il monte”. L’evangelista pone l’articolo determinativo e indica un monte già conosciuto, ma non dice il nome. Qual è questo monte già conosciuto? Simbolicamente è il Sinai. Come Mosè salì su il monte e da Dio ricevette le tavole dell’alleanza, ugualmente Gesù sale su il monte ma non riceve nulla da Dio. Lui, che è Dio – l’evangelista lo ha definito “il Dio con noi” – proclama la nuova alleanza.
Mentre Mosè, il servo del Signore, ha imposto un’alleanza tra dei servi e il loro signore, basata sull’obbedienza alle sue leggi e sul servizio, Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, propone un’alleanza tra dei figli e il loro Padre, non basata sull’obbedienza, ma sulla somiglianza. E il servizio non sarà più rivolto dagli uomini verso Dio, ma Dio parte verso gli uomini e il servizio degli uomini sarà verso i loro simili.
Questa è la novità portata da Gesù. E, in sostituzione delle dieci parole del decalogo, l’evangelista presenta le beatitudini, otto inviti alla pienezza della felicità. La prima, che è la più importante perché determina l’esistenza di tutte le altre, riguarda i “poveri per lo Spirito”. L’evangelista non beatifica quelli che sono già poveri. Quelli che sono già poveri saranno oggetto dell’attenzione, dell’aiuto e dell’amore della comunità cristiana.
Gesù chiede ai suoi di sentirsi responsabili della felicità e del benessere degli altri. Pertanto la prima beatitudine riguarda i poveri per lo Spirito, cioè non quelli che la società ha reso poveri, ma quelli che liberamente e volontariamente si mettono nella condizione di povertà, ma non per andarsi ad aggiungere ai tanti, troppi poveri che l’umanità ha creato, ma per eliminare le cause della povertà.
Gesù invita ad abbassare il livello di vita per permettere a quelli che l’hanno troppo basso di innalzarlo. In una parola sentirsi responsabili della felicità e del benessere degli altri, non attraverso l’elemosina, ma attraverso la condivisione.
Ebbene, quelli che liberamente e volontariamente fanno questa scelta, Gesù li proclama “beati”, cioè immensamente felici, perché “di essi è …”, il verbo è al presente, quindi riguarda l’immediatezza della risposta di Dio, “… il regno dei cieli”. Non un regno nei cieli, l’aldilà, ma il regno dei cieli, espressione che si trova nel vangelo di Matteo, laddove gli altri evangelisti adoperano “regno di Dio”.
Quindi si tratta del regno di Dio, Dio che diventa il re di queste persone. Quindi la proposta che Gesù fa in questa beatitudine è questa: quelli che liberamente e volontariamente, per amore, si prendono cura del bene e del benessere degli altri, sono felici perché a loro Dio stesso. Di loro si prenderà cura il Signore. Queste beatitudini non sono rivolte a un singolo, ma a una comunità.
E’ un insieme di persone che deve modificare le basi stesse della società. Dopo di questo l’evangelista presenta situazioni classiche di sofferenza dell’umanità con la promessa eventuale di liberazione. La beatitudine riguarda quelli che “sono nel pianto”, letteralmente gli afflitti, e il riferimento è al profeta Isaia, dove si parla di coloro che sono oppressi dalla situazione politica, economica e religiosa, che non possono fare a meno di gridare la loro sofferenza.
Per comprendere le beatitudini, l’invito alla beatitudine lo dobbiamo posporre. Dobbiamo leggerle così: “Quelli che sono nel pianto”, cioè quelli afflitti, “beati perché saranno consolati”. Non sono beati perché sono afflitti, ma perché saranno consolati. L’evangelista non dice che saranno confortati, il verbo consolare indica l’eliminazione alla radice della causa della sofferenza.
L’altra beatitudine riguarda i miti. Anche qui il riferimento e all’Antico Testamento, al salmo 37, versetto 11, dove questo termine non riguarda la mitezza di carattere, ma una condizione sociologica negativa. E’ la stessa differenza che c’è tra l’umile e l’umiliato. Chi sono questi miti, questi umiliati? Sono coloro che sono stati diseredati, che hanno perso tutto e il salmista promette loro di tornare in possesso di un terreno. Il possesso della terra indica la dignità della persona.
Ebbene, Gesù dice: “I diseredati beati perché avranno in eredita la terra” non un terreno, ma la terra, cioè conosceranno all’interno della comunità cristiana che si prenderà cura di loro, una pienezza di dignità mai conosciuta.
Queste due beatitudini vengono riassunte e formulate nella terza. “Quelli che hanno fame e sete di questa giustizia”, quelli che ne fanno un desiderio vitale, una condizione vitale, “beati perché saranno pienamente saziati”. Dopo aver passato in esame i mali e le situazioni negative della società con la possibile eliminazione di queste sofferenze da parte di Dio e della comunità, Gesù passa a parlare degli effetti dell’accoglienza della prima beatitudine negli individui.
Quelle che adesso vedremo non sono qualità di differenti persone, ma atteggiamenti abituali riconoscibili, che sono il frutto dell’adesione alla prima beatitudine. Quindi Gesù proclama “Beati i misericordiosi “, qui non si guarda un sentimento, ma un atteggiamento abituale di una persona che è sempre pronta ad aiutare. Allora Gesù dice “i misericordiosi”, cioè quelli che sono riconoscibili perché sono sempre pronti ad aiutare, “beati perché riceveranno sempre aiuto”, “troveranno misericordia”.
I puri di cuore”, questa è una condizione che si trova nel salmo 24, al versetto 4, per accedere al tempio. Ebbene qui i puri di cuore, il cuore non è la sede degli affetti, ma indica la mente, la coscienza della persona. Possiamo tradurre “le persone limpide, le persone trasparenti”, queste sono beate perché “vedranno Dio”. Non si tratta di una visione futura, nell’aldilà – nell’aldilà tutti vedranno Dio, anche chi non è stato puro di cuore – ma di un’esperienza continua, presente e profonda in questa esistenza terrena.
Le persone che sono limpide con gli altri permettono a Dio di farsi presente nella loro vita e loro lo percepiranno presente in ogni situazione. Queste due beatitudini vengono riassunte e formulate nella terza. “Gli operatori di pace”, anche qui Gesù non sta parlando dei pacifici, ma di quelli che costruiscono la pace, quindi in queste beatitudini non si tratta di qualità delle persone, ma di atteggiamenti abituali che rendono questi individui riconoscibili e sono tutti frutto della prima beatitudine.
I costruttori di pace”, per pace si intende la felicità, quella che dona pienezza di vita alle persone, “beati perché saranno chiamati figli di Dio”, cioè Dio li riconoscerà come suoi figli perché gli somigliano e avranno tutta la protezione di Dio. Infine l’ultima delle beatitudini riguarda “i perseguitati per causa della giustizia”, la giustizia è la fedeltà a tutto questo programma.
Quelli che accolgono la prima beatitudine e mettono in atto questo processo di cambiamento delle strutture della società, quelli che, accogliendo questa prima beatitudine, vedranno trasformarsi questa loro esistenza e saranno sempre pronti ad aiutare, ad occuparsi del bene degli altri, ebbene questi non andranno incontro all’applauso della società, dell’autorità religiosa, bensì alla persecuzione.
Il termine ‘persecuzione’ che l’evangelista adopera riguarda infatti la persecuzione per motivi religiosi. Quelli che sono fedeli a tutto questo programma, dice Gesù, saranno perseguitati, ma saranno “beati perché … “, e c’è la stessa risposta della prima beatitudine. Immediatamente appena c’è la scelta della povertà, Dio si occupa di questi, di essi è il regno dei cieli, analogamente nell’ultima beatitudine “beati i perseguitati per la giustizia perché di essi è il regno dei cieli”, cioè Dio si prende cura di queste persone.
Quindi tra chi perseguita e chi viene perseguitato Dio sa sempre da che parte schierarsi, con i perseguitati e mai con chi perseguita.


Mercoledì 26 Gennaio,2011 Ore: 15:59
 
 
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