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www.ildialogo.org Dai culti ammessi alla libertà religiosa,di Agenzia NEV del 18/02/2015

Libertà religiosa - DOCUMENTAZIONE
Dai culti ammessi alla libertà religiosa

di Agenzia NEV del 18/02/2015

Intervento di saluto del pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), in apertura del Convegno “Dai culti ammessi alla libertà religiosa” svoltosi il 16 e 17 febbraio 2015 a Roma presso il Senato della Repubblica.


Roma (NEV), 18 febbraio 2015 – Intervento di saluto del pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), in apertura del Convegno “Dai culti ammessi alla libertà religiosa” svoltosi il 16 e 17 febbraio 2015 a Roma presso il Senato della Repubblica.
Ringrazio gli autorevoli relatori di questa tavola rotonda che apre il convegno “Dai culti ammessi alla libertà religiosa”, organizzato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) in collaborazione con la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS). Ringrazio le illustri personalità, del mondo accademico italiano ed europeo, che interverranno nella ricca e impegnativa giornata di domani: avremo modo di ricevere prospettive diverse su un’ampia varietà di questioni; tra gli altri – desidero ricordarlo fin da ora – ascolteremo il contributo di mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI. Ringrazio i rappresentanti delle istituzioni dello Stato (in particolare il presidente del Senato Pietro Grasso) e della politica, delle realtà religiose, tutti i partecipanti. E mi sia consentita una parola di sincero ringraziamento ai professori Roberto Zaccaria e Alessandro Ferrari che, nella seconda parte della giornata di domani, illustreranno i risultati delle fatiche compiute dal gruppo di giuristi che si è incaricato di redigere quel testo di legge, che è poi il cuore di questo simposio.
In ricordo di Gianni Long
Dedichiamo il convegno al giurista, fratello, amico Gianni Long, che ci ha lasciato poco tempo fa: lo ricordiamo anche di fronte a voi e soprattutto di fronte alla moglie Danielle e al figlio Guido, che sono con noi qui stasera. E’ un atto dovuto, senz’altro, ma profondamente sentito e partecipato, a un credente evangelico, a un dirigente del protestantesimo italiano e a un giurista che ha fatto della libertà religiosa uno dei temi centrali della sua vocazione professionale, culturale e spirituale. Mi limito a ricordare due suoi libri, tra i numerosi lavori, che sono alla base dei nostri ragionamenti: “Alle origini del pluralismo confessionale: il dibattito sulla libertà religiosa nell’età costituente” (Il Mulino, 1990) e “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica: ordinamenti interni e rapporti con lo Stato” (Il Mulino 1991). Due testi che ci dicono non soltanto quanto sia stato lungo il cammino della libertà religiosa in Italia, ma che ci danno la misura di quanto resti ancora da fare.
Gianni Long ha ricoperto prestigiosi incarichi istituzionali e accademici. Per citare solo quelli principali: Consigliere presso la Camera dei Deputati, con specifiche funzioni attinenti ai rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose; membro della Commissione Consultiva per la Libertà Religiosa presso la Presidenza del Consiglio; docente universitario alle Università Luiss (Roma), di Urbino e Paris Sud; e ancora docente di diritto ecclesiastico alla Facoltà Valdese di Teologia.
Dal 2000 al 2006 Gianni Long è stato presidente della FCEI, e in questa veste è intervenuto innumerevoli volte sul tema che oggi ci raccoglie in quest’aula. Lo ha fatto in una stagione diversa dall’attuale, nella quale la strada appariva ancora più in salita rispetto ad oggi, in un tempo nel quale la stessa idea di pluralismo religioso era maggiormente vaga e indefinita, al punto da spingerlo a parlare di “momento attuale dichiaratamente transitorio”. C’è da chiedersi se tale “transitorietà” possa oggi essere considerata solennemente conclusasi: il primo a rallegrarsene sarebbe lui.
Ma Gianni non è stato solo un uomo di diritto e figura di spicco del protestantesimo italiano. Chi lo ha conosciuto, anche solo a distanza, com’è il mio caso, non poteva non rimanere impressionato dalla vastità della sua cultura, dalla sua eccezionale competenza musicale, dalla sua passione per il confronto pubblico serio e ordinato, dalla sua conversazione brillante, spiritosa, persino dalle sue conoscenze calcistiche. Una persona davvero speciale. Perciò, ancora una volta: grazie Danielle, grazie Guido per aver accolto il nostro invito a condividere con noi questa iniziativa.
Un programma di impegno
Il convegno di oggi e di domani è solo l’ultimo di una serie succedutasi nel corso degli anni più recenti. Lo ricordo perché è importante avere un’idea complessiva dell’impegno con cui la FCEI e la CCERS attuali hanno inteso proseguire e accelerare il percorso degli anni precedenti.
Il 22 novembre 2011, a conclusione del programma di manifestazioni per il 150° dell’Unità d’Italia attuatosi in ambito evangelico, una nutrita delegazione delle nostre chiese ebbe un’udienza con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano: fu l’occasione preziosa per esprimere le criticità in materia di libertà religiosa tutt’ora presenti in Italia. Nel pomeriggio dello stesso giorno, nel convegno dal titolo “Il protestantesimo nell’Italia di oggi. Vocazione. Testimonianza. Presenza”, potemmo confrontarci con le reazioni e gli intendimenti dei rappresentanti della politica. In entrambe le sedi ricevemmo stimolo ed incoraggiamento a proseguire, a farci in qualche misura promotori di un serio approfondimento per arrivare al varo di una legge che superi definitivamente l’obsoleta normativa di epoca fascista sui “culti ammessi”.
Abbiamo assunto questo duplice incoraggiamento, sforzandoci di tenere insieme l’offerta di una riflessione attenta con il confronto più specificatamente “politico”. La consapevolezza che l’Italia sia ormai un paese caratterizzato anch’esso da un sempre più dinamico e variegato pluralismo religioso e confessionale, se cresce tra gli addetti ai lavori (cosa di cui non possiamo che rallegrarci), non sembra invece essere assunta con il dovuto impegno e la necessaria urgenza, da parte di chi ha la responsabilità di fare le leggi, come questione di grande rilievo per la qualità della convivenza democratica. Tanto più basso è il livello di consenso all’interno del nostro popolo rispetto alla materia, e insensibili sono gli organi d’informazione e di costruzione dell’opinione culturale. Il metodo che abbiamo adottato, pertanto, è tutt’ora necessario e dà forma anche al nostro appuntamento di quest’anno: il convegno, infatti, si chiuderà con una tavola rotonda composta da personalità politiche, chiamate ad esprimersi sullo “spirito” di un testo di legge sulla libertà religiosa e di coscienza, e sulla reale volontà politica di colmare finalmente la clamorosa mancanza di una normativa all’altezza dei tempi e delle sfide, in Italia, in Europa e nel mondo. In questa direzione, abbiamo voluto aggiungere una novità, rispetto agli appuntamenti degli anni precedenti: abbiamo chiesto alle varie forze politiche di intervenire attraverso i capi-gruppo, o autorevoli sostituti legittimati, perché sarà poi compito loro individuare tempi e modi più appropriati per l’iter da seguire.
Il nostro auspicio è quindi che il dibattito sia costruttivo. Per parte evangelica, ribadisco l’impegno delle nostre chiese a vigilare, incoraggiare, offrire una voce unitaria e una prospettiva ecumenica e dialogante a tutto campo. A questo riguardo, consentitemi un’ultimissima considerazione.
Religione e dialogo
E’ noto che le chiese che compongono la FCEI sono in larghissima maggioranza tutelate dalle Intese, a norma dell’art. 8 della Costituzione. Lo stesso vale per alcune chiese che siedono al tavolo della CCERS. Di certo esse non vivono l’impegno per la libertà, in primis per la libertà religiosa, in spirito di velleità corporativistiche. Il 1° giugno 1887 l’on. Ruggero Bonghi pubblica un suo commento al tema della presenza religiosa in Italia; non può fare a meno di nominare anche gli evangelici, sente però il dovere di precisare che “la messe raccolta è una quantità così piccola che si può trascurare”. Puntuale arriva la replica da parte protestante. La Civiltà Evangelica – settimanale della chiesa metodista wesleyana – ribatte così: “Gli evangelici sono – una minoranza, sì – ma sono!... Confortiamoci col pensiero che anche le minoranze sono utili”. Oggi i numeri di questa “minoranza” sono cresciuti. Ma pur sempre una pattuglia, sono gli evangelici in Italia. Continuiamo a trovare conforto nel pensiero che “anche le minoranze sono utili”. Tutte le minoranze! Perché la libertà religiosa non può essere per qualcuno e non per altri: essa è tale se veramente e fattivamente è per tutti.
Per profondo convincimento spirituale e teologico ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda di chi, dal di dentro della competenza giuridica, vuole rendere attenti a una sorta di “mimetizzazione” del panorama religioso agli occhi del diritto e della politica, ma aggiungerei anche dell’opinione pubblica. E condividiamo le preoccupazioni di chi denuncia la riduzione del pluralismo religioso e culturale a un problema numerico, quasi che fosse sufficiente per la democrazia incrementare la quantità dei soggetti garantiti e non far crescere la qualità delle garanzie. Sosteniamo da tempo, anche con marcate dialettiche interne, (gli evangelici non sono fatti con lo stampino), una comprensione della laicità come “spazio pubblico”, in cui le religioni siano visibili, possano interloquire tra di loro e con le altre culture, contribuendo così alla decisione comune, rinnovando quel patto di cittadinanza che può rappresentare un cammino nuovo negli anni futuri.
Non dimentichiamo, però, e chiediamo che nessuno dimentichi, soprattutto quelle voci che si levano a difesa dell’urgenza di una nuova regolamentazione del pluralismo religioso, che la questione del cosiddetto “ritorno” delle religioni nella scena pubblica si riveste oggi anche di una dimensione di drammaticità. Le nostre coscienze sono quotidianamente esposte, anzi violentate, da notizie e immagini che parlano di un mondo impazzito: da Parigi alla Danimarca, dalla Siria alla Libia alla Nigeria, dalle teste tagliate, alle bambine fatte esplodere, dalle vite arse dentro una gabbia di ferro a quelle schiantate nel volo da un balcone. Fino ai barconi della morte. Non penso si possa parlare di una legge sulla libertà religiosa e di coscienza prescindendo da questa dimensione di drammaticità.
La cultura laica e democratica deve assumersi le proprie responsabilità. La politica deve farlo. Ma anche le comunità di fede sono chiamate a questo compito. Anzi, per esse deve essere una priorità. Imparare e praticare l’ospitalità del linguaggio, per dirla con un’espressione di Paul Ricoeur. Un’impresa ben più ampia, profonda, urgente, (“utile”, avrebbe detto la Civiltà Evangelica), della semplice riaffermazione assolutistica della propria verità unita a un atteggiamento amichevole verso gli altri. Per quanto possa sembrare la via umanamente più percorribile, non ci si può più fermare sulla soglia di una gentile accoglienza reciproca, forse anche di una collaborazione mirata, mantenendo però ciascuna religione la convinzione di realizzare sul piano storico il principio della trascendenza (invece di essere portati da esso), e realizzarlo in modo superiore rispetto alle altre. Occorre che ciascuna comunità di fede, e tutte le comunità di fede insieme, dichiari una sorta di “status confessionis”: il mondo non è terreno di conquista, il mondo ha bisogno di unità, oggi più che mai. La convinzione (e innanzitutto la convinzione religiosa) ha diritto a riconoscimento e tutela, senza che le leggi entrino nella questione del contenuto. Perché la convinzione intima porta le persone a compiere atti decisivi per la convivenza umana. Ma è responsabilità delle religioni dire senza equivoci che tale convinzione, o motivazione, intima è riferita a Dio, o a un principio che resta comunque inafferrabile e ingestibile, e non è riferita alla traduzione etica.
Narra il secondo Libro delle Cronache che “i figli di Moab e i figli di Ammon marciarono contro Giosafat per fargli guerra…E Giosafat ebbe paura…Allora lo Spirito di Dio investì in mezzo all’assemblea Iazaael, figlio di Zaccaria…Iazaael disse: Porgete orecchio, voi tutti di Giuda, e voi abitanti di Gerusalemme! Così vi dice il Signore: Non temete e non vi sgomentate…questa non è battaglia vostra, ma di Dio”. L’ospitalità del linguaggio! “Se non si può sognare il miracolo di una lingua comune, si può almeno sperare di potersi comprendere. Nella comprensione si dimostra la nostra umanità comune, non già nell’adozione di una verità unica o un unico linguaggio” (Rostagno).
Abbiamo fiducia che il cammino del dialogo (per le comunità di fede innanzitutto dialogo interreligioso ed ecumenico) lascia il segno nelle coscienze e motiva a cercare “il bene della città”, secondo l’espressione del profeta Geremia (29,7). Venga, dunque, la legge sulla libertà religiosa e di coscienza, in vista di un consenso convintamente vissuto del nostro popolo.
NEV - Notizie Evangeliche, Servizio stampa della Federazione delle chiese evangeliche in Italia - via Firenze 38, 00184 Roma, Italia tel. 064825120/06483768, fax 064828728, e-mail: nev@fcei.it, sito web: http://www.fcei.it .


Giovedì 19 Febbraio,2015 Ore: 21:34
 
 
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