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www.ildialogo.org Conclusioni Zagrebelsky su riforme costituzione e piduismo nazionale,a cura di Enrico Peyretti

Conclusioni Zagrebelsky su riforme costituzione e piduismo nazionale

a cura di Enrico Peyretti

7 ottobre 2013 – Intervento di Gustavo Zagrebelsky, a conclusione della molto affollata assemblea (comitatowlacostituzione@gmail.com) a Torino, nella Fabbrica delle E, del Gruppo Abele, assemblea introdotta da vibrate parole di don Luigi Ciotti, seguito da molti interventi rappresentativi di realtà sociali, civili, culturali, sulle riforme costituzionali che il governo delle “larghe intese” intende promuovere, anche sovvertendo la procedura costituzionale stabilita nell'art. 138. Inoltre l'iniziativa di riforma non spetta né al governo né al Presidente della Repubblica, ma solo al Parlamento.
(appunti attentamente raccolti da enrico peyretti, nell'ascolto diretto)
- occorre una mobilitazione spirituale, un contributo anche emotivo, non solo razionale
- c'è un'operazione di rivincita sociale, per riportare il Paese a prima della Resistenza: siamo accusati di esserci liberati
- nessuna voce ufficiale, nemmeno al di sopra del governo, si è levata su questa progettata riforma costituzionale
- ipocrisia 1, di chi è al governo da anni: dice le cose in un modo, mentre sono in un altro. Noi qui non siamo contrari a riforme pratiche (bicameralismo, ecc.). Tutti rendono omaggio alla prima parte della Cost., ma è la parte non attuata! Così la si mette da parte, senza una politica per attuarla!
- ipocrisia 2. Formula ripetuta: “Subito una legge!” sul sistema elettorale, su corruzione, su migrazioni, e non se ne fa nulla. Per la legge Bossi-Fini, e prima Turco-Napolitano, l'economia vale più delle persone: infatti, il criterio regolatore, per queste leggi, sono le “esigenze economiche”
- ipocrisia 3. prima il risanamento, poi l'equità. Ma il risanamento viene fatto contro l'equità. Oggi lo stato può fallire (ieri era assurdo) perché la globalizzazione ha trasformato gli stati in aziende (espressioni rivelatrici: “l'azienda Italia”). Il plusvalore ieri era reinvestito nell'impresa, oggi è usato in speculazioni finanziarie, cioè in atti di furto. Ciò impoverisce il tessuto economico e il lavoro. La finanza domina lo stato, che deve ogni 2-3 mesi rifinanziarsi. La finanza comanda ai governi. I ministri di peso vengono tutti dalla finanza. Si ripete: “Ce lo chiedono i mercati”; “Non si può fare diversamente”. Questa è la fine della politica. Così cresce l'astensione. [Tra astensione, antipolitica, indifferenza, il 70% dei cittadini è fuori dal sistema politico, cioè dalla democrazia !]. Ci hanno tolto la politica. Per risanare la finanza pubblica si va contro l'equità. L'impoverimento dei cittadini è nell'interesse della finanza. L'indebitamento dello stato va ridotto con una politica di sviluppo sociale
- ipocrisia 4: la formula Monti e le larghe intese sono congelamento politico. Se tutti sono d'accordo non si muove nulla. È la fine della politica, bloccata. Se non si fa politica si fa tecnica, cioè esecuzione di una politica fatta altrove. Ma fare politica è nostro diritto
- la manifestazione del 12 ottobre a Roma è una iniziativa di cittadini, è politica dei cittadini. Non facciamo nessun nuovo partito
- su tav e notav: carenza di ascolto e di partecipazione; nulla in democrazia è deciso una volta per tutte
- la riforma costituzionale progettata è “piduista”. Per questa critica si sono risentiti dei nostri amici. Ma in realtà c'è un piduismo strisciante, prima di Gelli: è l'idea che gli affari si fanno liberamente, senza controlli e limiti costituzionali. Se il governo è più forte, più debole il Parlamento, controllo sulla giustizia e sull'informazione, allora vince il piduismo nazionale.



Martedì 08 Ottobre,2013 Ore: 19:05
 
 
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