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www.ildialogo.org La CEI e la Politica,da Adista Notizie n. 35 del 06/10/2012

La CEI e la Politica

da Adista Notizie n. 35 del 06/10/2012

Casini, Polverini, Bagnasco, Monti


FOLGORATO SULLA VIA DI BAGNASCO, CASINI SFIDUCIA POLVERINI

36861. ROMA-ADISTA. Nel caso delle dimissioni di Renata Polverini dalla presidenza della Regione Lazio (prima solo annunciate, ma effettivamente rassegnate vari giorni dopo, il 27 settembre), è la tempistica, più che il balletto di annunci e smentite che ha caratterizzato l’epilogo dell’avventura dell’ex segretaria dell’Ugl ai vertici della Regione, ad essere significativa. Sembrava infatti, fino al 22 settembre, che Polverini ce la facesse a gestire la crisi di discredito che aveva colpito lei e la sua maggioranza. Pd, Sel, Idv e Verdi Federazione della Sinistra e Lista Civica dei Cittadini avevano raccolto le firme in calce alle dimissioni dei propri consiglieri, con l’intento di far decadere l’intero Consiglio regionale e di arrivare ad elezioni anticipate. Per farlo, servivano 36 firme, cioè la metà più uno dei 71 consiglieri (70 più la Polverini) in Regione. L’opposizione ne contava però solo 27. Con un paio di fuoriusciti dalla maggioranza si sarebbe arrivati a 29, ma senza l’Udc l’operazione era destinata a fallire. Il partito di Casini nicchiava, ma sembrava propenso a mantenere il sostegno alla giunta. Anche perché i suoi uomini in Regione, il capogruppo in Consiglio Regionale Carducci, il potente vicepresidente della Regione (nonché assessore all’urbanistica) Ciocchetti e l’assessore alle politiche sociali e alla famiglia, Forte, facevano quadrato attorno a Polverini. La quale, con il plebiscito ottenuto alla sua proposta di spending review regionale, la sua presa di distanza dai gruppi dirigenti della maggioranza che la sosteneva, la sua indignazione esibita sempre a favore di telecamera, sembrava poter reggere l’urto.

Poi, il 22 settembre, da Genova, sono arrivate le dure parole del card. Angelo Bagnasco (presidente della Cei), che hanno creato le prime vere crepe nell’asse Udc-Polverini. Il giorno dopo, a Sky Tg24, Casini tentava ancora di mediare, derubricando i giudizi critici di Buttiglione su Polverini, pubblicati in un’intervista uscita su Repubblica (22/9) («Polverini farebbe bene a lasciare, non può far finta di nulla. Avrebbe fatto meglio a dimettersi per la dignità sua e di tutta la politica»), come una «posizione personale», ed invocando rispetto per l’autonomia del partito a livello locale. Ma il card. Bagnasco rincarava la dose ed il 24 settembre, nel corso della sua prolusione al Consiglio permanente della Cei, parlava di «reticolo di corruttele e di scandali delle Regioni, motivo di disagio e di rabbia per gli onesti». «È l’ora – aggiungeva – di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione: soprattutto nelle regioni sta emergendo una rete di corruttele e scandali». A quel punto Casini era costretto a rompere ogni indugio e, davanti alle telecamere del Tg3, dichiarava che era venuto il momento di restituire la parola agli elettori, proponendo un election day che accorpasse politiche a Regionali, nel 2013. Da qui, il passo obbligato di Polverini: la firma della lettera di dimissioni. (valerio gigante)


L’INDIGNAZIONE DI OGGI, IL SOSTEGNO DI IERI. STORIA DEL RAPPORTO CEI-POLVERINI

36862. ROMA-ADISTA. Le parole del card. Angelo Bagnasco sulle vicende che hanno portato la Regione Lazio verso la crisi (v. notizia precedente) sono state lette da giornali e televisioni come il frutto della legittima indignazione della Chiesa di fronte allo spettacolo di una politica corrotta e in totale distonia con le attese di un Paese in profonda crisi etica, oltre che sociale ed economica. Peccato però che di questo “spettacolo”, specie quello che si è consumato alla Regione Lazio, la Chiesa non sia stata e non sia semplice spettatrice.

La gerarchia ecclesiastica è infatti stata tra le più accese sostenitrici della parabola del centrodestra, dal 1994 al 2011. E anche del successo di Polverini la Chiesa non è stata certamente spettatrice neutrale. Basti ricordare che il card. Camillo Ruini ricevette a casa sua, a pochi metri dai Musei vaticani, Silvio Berlusconi e Gianni Letta, il 20 gennaio 2010, per dare il via libera della Chiesa alla candidatura di Polverini in funzione anti-Bonino. O la smaccata dichiarazione di voto del direttore di Avvenire Marco Tarquinio che, sulle colonne del giornale dei vescovi, scriveva (27 febbraio 2010): «Niente e nessuno mi farà digerire uno schieramento che assegna un ruolo guida a una “laicista ideologica” del calibro e della storia di Emma Bonino. Come diceva, a diverso proposito, un mio laicissimo maestro di giornalismo e di coerenza: da che parte è andata quella signora lì? Ah, bene, io me ne vado di corsa da quest’altra…». Solo che da quell’altra c’erano Berlusconi, Storace, Buontempo. E, appunto, l’ex fascista Polverini. Alla cui candidatura giunse l’ancora più ufficiale benedizione del Vicariato. Una nota del vicario del papa per la diocesi di Roma, il card. Agostino Vallini, datata 14 marzo 2010, affermava infatti che non era possibile «equiparare qualunquisticamente tutti i progetti politici, perché non tutti incarnano i valori in cui crediamo. Né si possono concedere deleghe di rappresentanza politica a chi persegue altro progetto politico, che ci è estraneo e che non condividiamo». Quali fossero i «valori umani e civili», quali i «diritti irrinunciabili» che «i cittadini cristiani intendono sostenere con il proprio voto», il cardinal Vallini lo spiegava puntualmente subito dopo: «La libertà religiosa, la difesa della sacralità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, le libertà fondamentali della persona, la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, aperta alla maternità e paternità responsabile, la libertà educativa e di istruzione, il lavoro retribuito secondo giustizia, la cura della salute, l’apertura agli immigrati in un sistema di leggi che coniughi insieme accoglienza, legalità e sicurezza, la casa, la salvaguardia del creato».

Insomma, per la prima metà dell’elenco, tutti i punti qualificanti della campagna elettorale del centrodestra. Ma se il messaggio contenuto nella nota del Vicariato ai cattolici che ancora intendevano votare per Emma Bonino non fosse stato abbastanza chiaro, supplivano le “note a margine” del quotidiano dei vescovi Avvenire che, il 14 marzo 2010, nell’inserto diocesano RomaSette, spiegava i veri motivi che avevano spinto il card. Vallini a stendere la nota: «C’è infatti chi, singoli ma anche organi di stampa, se l’è presa con un presunto “silenzio” della Chiesa di fronte alla candidatura dai toni e dai programmi laicisti (e pure con la pretesa di parlare a nome dei cattolici) di Emma Bonino – mai nominata direttamente nel testo – alla guida del centrosinistra». Per non parlare del Foglio, quotidiano vicinissimo al card. Ruini, che appena due giorni dopo, il 16 marzo, riportava un’intervista proprio al predecessore del card. Vallini in Vicariato. Al quotidiano diretto da Giuliano Ferrara, Ruini dichiarava: «I cittadini che fanno riferimento all’etica cristiana, ma anche tutti coloro che vogliono salvaguardare le strutture portanti della nostra civiltà, hanno qui un preciso criterio per l’esercizio del diritto/dovere del voto. Dopo le tormentate vicende relative alla presentazione delle liste, è tempo infatti di concentrare l’attenzione sulle questioni di sostanza, innanzitutto quella della scelta delle persone che dovranno guidare le Regioni italiane».

Il clima di entusiasmo pro-Polverini che si respirava negli ambienti ecclesiastici in quel periodo spinse anche alcuni parroci, e un vescovo, a valicare decisamente il tradizionale, e puramente formale, atteggiamento di prudenza e “terzietà” della Chiesa sotto elezioni. Così, il vescovo di Rieti, mons. Delio Lucarelli, decise (9 gennaio 2010) di sponsorizzare personalmente l’apertura della campagna elettorale, nella provincia di Rieti, della candidata del PdL alla presidenza della Regione Lazio. Accompagnata da Maurizio Gasparri, Polverini fu infatti ricevuta in episcopio dal vescovo Lucarelli e da lui stesso accompagnata, dopo il colloquio, per una preghiera in cattedrale, rendendo così pubblico il sostegno ecclesiastico alla candidata presidente. Ad accompagnare Polverini in casa del vescovo e in cattedrale c’era anche don Valerio Shango, parroco congolese sostenitore dichiarato di Silvio Berlusconi del PdL, che si era pubblicamente vantato di aver fatto eleggere il candidato di centro-destra Giuseppe Emili a sindaco di Rieti. (valerio gigante)


SCURDAMMOCE ‘O PASSATO. E CEI E VATICANO DIVENTANO GUARDIANI DELLA “LINEA MONTI”

36863. ROMA-ADISTA. Sullo sfondo più ampio della crisi della Regione Lazio (v. notizie precedenti), si inizia ad intravedere la strategia politica della Chiesa cattolica per i prossimi mesi. Dopo aver puntato tutto, e in maniera fallimentare, sul centrodestra berlusconiano, difeso sino alle sue ultime stanche propaggini, la gerarchia ecclesiastica si lancia oggi in una strenua difesa di Monti e del suo esecutivo. L’optimum, per la gerarchia ecclesiastica, sarebbe per la verità ancora un governo di centrodestra, ma in una versione “deberlusconianizzata” Ma si tratta di una prospettiva attualmente non praticabile. Nell’attesa, meglio quindi ripiegare su un Terzo Polo a salda guida Udc e con un programma moderato stilato a partire dall’“agenda Monti”, che non esclude l’alleanza con il Pd (in una posizione però subordinata al programma di rigore e riforme già scritto altrove) e che sia soprattutto attento a non toccare le prerogative, i privilegi, le esenzioni sino ad oggi garantiti alle gerarchie ecclesiastiche (come la vicenda Imu ha ampiamente dimostrato, v. Adista Notizie nn. 93, 95 e 97/11). Una linea sulla quale, dopo anni di divisioni, sembrano convergere sia la presidenza della Cei che la Segreteria di Stato vaticana. Il papa ha incontrato Monti già 7 volte in 10 mesi. Molto più di una investitura. E Bagnasco non ha mancato di far avere più volte a Monti ed ai suoi ministri le parole di stima e apprezzamento dei vescovi italiani. Nel corso della sua prolusione al Consiglio permanente della Cei del 24 settembre, ha addirittura aperto la strada ad un “Monti bis”: la partita sul futuro del Paese, ha detto il cardinale, si gioca sullo scenario europeo e poi su quello mondiale, dove «bisogna saper stare con competenza e autorevolezza riconosciuti».

In vista del Terzo Polo, oggi tanto caldeggiato ma in passato visto con scetticismo dai vertici della Chiesa, è intanto in programma Todi2 che si svolgerà il prossimo 22 ottobre. Ma sarà essenziale sapere con quale legge elettorale si voterà. Se restasse in vigore l’attuale, infatti, le carte potrebbero mischiarsi. Ma con l’attuale sistema il Pd vincerebbe a mani basse, ed il ruolo dei centristi sarebbe probabilmente trascurabile. Eventualità che PdL e Udc stanno tentando di scongiurare.

Nonostante le palesi contraddizioni e cambi di casacca che hanno caratterizzato l’atteggiamento dei vertici della Chiesa nei suoi rapporti con la politica italiana, difficile che, in questa fase di memoria corta e di stampa compiacente, qualcuno arrivi a mettere seriamente la Chiesa di fronte alle proprie responsabilità. Deve esserne consapevole lo stesso Bagnasco, se nel corso della sua prolusione facendo riferimento al sentimento ostile che si è fatto strada nella cittadinanza, ha evocato «lo spettro dell’astensione, che circola e rischia di apparire a troppi come la lezione da assestare a chi non vuol capire». Peccato però che proprio quell’astensione che oggi il presidente della Cei definisce uno «spettro» sia stata abilmente cavalcata ed incentivata proprio dai vertici della Chiesa quando, nemmeno molti anni fa (era il 2005) Ruini scelse di schierare la Chiesa in una aperta campagna per il non voto, in occasione dei referendum abrogativi sulla Legge 40, oggi stravolta dalle sentenze della Corte Costituzionale e da quelle di Strasburgo. (valerio gigante)


BAGNASCO INVOCA IL RINNOVAMENTO. MA SOLO IN POLITICA

36864. ROMA-ADISTA. «Veniamo da mesi particolarmente impegnativi e intricati, che dettagliano una condizione sempre più complessa, per noi italiani come per l’Europa». Dobbiamo «constatare che c’è carenza di quella visione capace di tenere insieme i diversi aspetti dei problemi e coglierne i nessi, abbarbicati come spesso si è alla propria visione di parte, quando non al proprio tornaconto personale». «L’Italia, riversa nella contingenza, stenta a maturare una prospettiva adeguata». A queste frasi, tratte dalla relazione di apertura del Consiglio permanente della Cei del 24 settembre scorso, il card. Angelo Bagnasco ha fatto seguire l’allarme: «Non si è infranto un equilibrio da riaggiustare; è accaduto qualcosa di più consistente e profondo che ha portato a galla di colpo le contraddizioni, le ingenuità, le fughe in avanti, gli squilibri, i rinvii accumulatisi nei decenni e sui quali evidentemente ci si illudeva di continuare a lucrare».

Uno scoramento, quello del presidente dei vescovi italiani, che pervade un po’ tutta la sua relazione introduttiva e che non sembra mitigato dalla considerazione che il «nostro popolo tiene, resiste; naturalmente si interroga e patisce; ma non si arrende e vuol reagire» e «sempre meno si lascia illudere dalle chiacchiere, ed esige la nuda verità delle cose». «Auspichiamo – è l’augurio del cardinale presidente – che questa componente del Paese sia meno trascurata o resa pressoché invisibile, per essere invece più determinante. Solo un sano anticonformismo ci salva dalla stagnazione e può attrezzarci per cooperare al cambiamento».

«La Chiesa non è moribonda»

Chiaro, nella prolusione del presidente della Cei, è il riferimento agli scandali (Ior, VatiLeaks) che hanno coinvolto la Chiesa e colpito Benedetto XVI, al quale viene espressa la massima solidarietà: «Ci stringiamo a lui – ha detto Bagnasco – come a roccia solida e nocchiero austero, che conduce con trasparenza e parresia la barca di Pietro tra scogli ieri ignoti. Dal laccio di tradimenti impensabili o malevoli interpretazioni, a liberarlo è puntualmente la sua mitezza e la sua disarmante affabilità, procedendo egli nella propria missione ancora più amato». Ma si lancia anche in una convinta quanto prevedibile difesa d’ufficio: «La Chiesa non è moribonda – come a volte si vorrebbe e viene rappresentata –, lacerata da divisioni, soffocata da contro-testimonianze, in condizioni di mera sopravvivenza. La Chiesa è unita e – seppur sotto sforzo – vuole affrontare le traversie del tempo con umiltà, vigore e lungimiranza». E forte è la rivendicazione di un agire giusto e praticamente unico nel panorama umano: «Se nessuno ha interesse a nascondere la verità, non si può tacere che la Chiesa è rimasta forse l’unica a lottare per i diritti veri dei bambini, come degli anziani e degli ammalati, della famiglia, mentre la cultura dominante vorrebbe isolare e sterilizzare ciò che di umano resta nella nostra civiltà».

D’altronde, «l’edificazione di una comunità nazionale che prescinda dalle proprie radici cristiane sarebbe una forzatura antistorica», in particolare in Italia, «culla ed esempio di un modello di civiltà decisivo per i destini del mondo», ma oggi fonte di preoccupazione. In questa stagione, si indigna Bagnasco, «per talune componenti di potere, il Vangelo avrebbe addirittura qualche responsabilità per la situazione in cui si è; e non avrebbe comunque più nulla da dire alla società odierna. Il cristianesimo, in realtà, sa di essere esperienza non di regresso, ma propulsiva, perché capace di proporre modelli di vita in cui l’esasperazione del consumismo e del liberalismo è bandita, in vista di uno sviluppo comunitario più equilibrato e più garantista rispetto alla dignità di ogni persona». La Chiesa, perciò, «fa appello alla responsabilità della società nelle sue diverse articolazioni» «perché prevalga il bene generale su qualunque altro interesse. (…). È l’ora di una solidarietà lungimirante, della concentrazione assoluta sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione dei partiti, delle procedure partecipative ed elettive, di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione». «Nefaste» sono le conseguenze «quando – per interessi economici – sull’uomo prevale il profitto, oppure – per ricerca di consenso – prevalgono visioni utilitaristiche o distorte». «Dispiace molto – aggiunge Bagnasco, con evidente riferimento alla situazione del Lazio e non solo – che anche dalle Regioni stia emergendo un reticolo di corruttele e di scandali, inducendo a pensare che il sospirato decentramento dello Stato in non pochi casi coincide con una zavorra inaccettabile» (v. notizie precedenti).

Monti sei tutti noi! Per ora

L’analisi politico-istituzionale del card. Bagnasco dimostra, se ce n’era ancora bisogno, il feeling con Monti e il suo governo, non fosse che per averci liberato di Berlusconi, diventato insostenibile da parte delle gerarchie ecclesiali, pur dopo essere stato gratificato di tanto sostegno. «In una congiuntura particolarmente acuta, la politica – ricostruisce il presidente della Cei – ha ritenuto proprio di dovere fare un passo indietro rispetto alla conduzione del governo del Paese. Ora è chiaro interesse di tutti che il governo votato dal Parlamento adempia ai propri compiti urgenti, e metta il Paese al riparo definitivo da capitolazioni umilianti e altamente rischiose». Ma bisogna andare oltre, anche perché «non si può sottovalutare il sentimento ostile che va covando nella cittadinanza». «Le elezioni – osserva ancora – non sono un passaggio taumaturgico, ma vincolo democraticamente insuperabile, e quindi qualificante e decisivo. (…). Per questo bisogna prepararsi seriamente, non con operazioni di semplice cosmesi, bensì portando risultati concreti per il Paese e un rinnovamento reale e intelligente delle formazioni politiche e il loro irrobustirsi con soggetti non chiacchierati». Qualche scapaccione ai partiti, dunque, qualcuno ai poteri finanziari: «in questa stagione sembriamo capitati in un vicolo cieco, costretti a subire la supremazia arbitraria della finanza rispetto alla vitalità civile e culturale», e, in filigrana, quella che sembra una bacchettata a Marchionne: un avanzamento del nostro Paese «non può avvenire a scapito del lavoro, sostegno vitale dei singoli e delle famiglie, nonché di quel sudato patrimonio di professionalità industriale che ha raggiunto livelli di eccellenza mondiale, ed è guardato talora con avidità da altri Paesi. In questo campo è difficile credere ai “benefattori”!».

Unioni omosessuali e fine-vita

Due argomenti “scottanti” all’ordine del giorno di questo Consiglio: unioni omosessuali e fine-vita. Sulle prime, il card. Bagnasco ha fatto in breve rilievi culturali, giuridici, sociologici: «Nell’opinione pubblica – ha fra l’altro detto – la questione viene rappresentata come contrapposizione tra una concezione laica del matrimonio e della famiglia e una concezione cattolica, con l’accusa che si vuole imporre allo Stato laico una visione confessionale. Ma non è così: si tratta invece della dialettica tra diverse visioni “laiche” dei diritti. Si parla, ad esempio, di “libertà di scelta” a proposito delle unioni di fatto; ma è paradossale voler regolare pubblicisticamente un rapporto quando gli interessati si sottraggono in genere allo schema istituzionale già a disposizione. In realtà, al di là delle parole, ci si vuol assicurare gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio, senza l’aggravio dei suoi doveri. Inoltre, si dice che certe discipline giuridiche non impongono niente a nessuno, ma solo permettono di avvalersi di una norma da parte di chi lo desidera. In verità, è la situazione complessiva a non essere più la stessa: infatti, a fronte di determinate leggi, si modifica il significato proprio dell’istituzione matrimoniale, il pensare sociale ne viene pesantemente segnato e, di conseguenza, l’educazione dei propri figli». «Per questa ragione, il riconoscimento di determinate situazioni o pratiche, non è mai neutrale: pur se non obbliga alcuno, è fortemente condizionante per tutti».

È invece attesa con trepidazione dal vertice episcopale l’approvazione del testo di legge sul testamento biologico che risente fortemente delle pressioni ecclesiali: «Rimane un ultimo passo da compiere, se non si vuole che un’altra legislatura si chiuda con un nulla di fatto, nonostante un grande e proficuo lavoro svolto a difesa della vita umana nella sua inderogabile dignità: com’è noto, si esclude ogni accanimento, ma anche ogni forma, palese o larvata, di eutanasia, e si promuove quel “prendersi cura” che va ben oltre il doveroso “curare”». (eletta cucuzza)


Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Sabato 06 Ottobre,2012 Ore: 15:13
 
 
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