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www.ildialogo.org I COMPORTAMENTI DEL PREMIER «AMMORBANO L’ARIA». LA CEI SCARICA BERLUSCONI,di Agenzia Adista n. 71 2011

I COMPORTAMENTI DEL PREMIER «AMMORBANO L’ARIA». LA CEI SCARICA BERLUSCONI

di Agenzia Adista n. 71 2011

36315. ROMA-ADISTA. Pressato da più parti anche all’interno della stessa Chiesa – gruppi di base, singoli fedeli che hanno scritto lettere alle testate cattoliche, ma anche confratelli vescovi (v. Adista n. 69/11) e, in fondo, perfino il papa che, prima di partire per la Germania, ha indirizzato il consueto telegramma al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano auspicando per l’Italia un «intenso rinnovamento etico» –, alla fine il card. Angelo Bagnasco si è visto costretto ad intervenire sulla situazione politica italiana e, nella sua Prolusione al Consiglio Permanente della Cei apertosi a Roma lo scorso 26 settembre, ha duramente criticato, pur senza chiamarlo per nome – ma i riferimenti a fatti e circostanze erano inequivocabili –, il premier Silvio Berlusconi, al centro dell’ennesimo scandalo affaristico-sessuale, e il suo governo. Non c’è nulla di nuovo, queste cose le diciamo da tempo, si è giustificato Bagnasco: «Davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale?», ha retoricamente domandato. In effetti i vertici della Cei qualche parolina felpata qua e là l’hanno detta in questi anni, come nel “caso Noemi” (v. Adista n. 61/09), tuttavia i toni utilizzati in questa occasione sono stati assai più incisivi rispetto al consueto equilibrismo.

«Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro, ma intrinsecamente tristi e vacui», ha detto il presidente della Conferenza episcopale nella Prolusione, condivisa in maniera «unanime e convinta» anche dagli altri vescovi, ha tenuto a precisare mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei. Si moltiplicano «racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica», mentre, ha sottolineato Bagnasco, «chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda».

Il presidente dei vescovi ha tentato di temperare l’affondo, distribuendo le colpe a destra e a manca: «Non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto», la stampa non è esente da responsabilità per «la dovizia delle cronache» – eccessivamente morbose, sembra aggiungere fra le righe – e la magistratura esagera per «l’ingente mole di strumenti di indagine messa in campo». Ma ha poi ribadito: «Nessun equivoco tuttavia può qui annidarsi. La responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune». La questione morale «non un è un’invenzione mediatica», ha aggiunto “smentendo” il refrain di Berlusconi,  e contribuisce «a propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente», mentre «dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio». Occorre «purificare l’aria», ha dedotto. E il giorno successivo, intervenendo all’ambasciata d’Italia presso la Santa sede, presenti anche Letta, Frattini e Alfano, Bagnasco ha ulteriormente sottolineato che «l’unità del Paese si realizza solo attorno al “retto vivere”» e che occorre «correggere abitudini e stili di vita».

«Il presidente della Cei non si riferiva a noi», hanno immediatamente replicato i cattolici del PdL. Ma pochi giorni dopo (30/9) nove di loro – fra cui Formigoni, Gasparri, Lupi, Mantovano, Quagliariello, Roccella e Sacconi – hanno scritto ad Avvenire e, pur assegnando un «valore a tutto tondo» all’intervento di Bagnasco, sono stati costretti ad ammettere: «Ci rendiamo conto che alcuni comportamenti personali, pur mai esibiti, ma diventati clamorosamente pubblici grazie a un’intrusione violenta nel privato, sono sottoposti al giudizio pubblico», e «la Chiesa non può esimersi dal giudicare secondo la Dottrina e la morale cristiana». Tuttavia, puntualizzano, «non possiamo accettare che siano gli alfieri del laicismo più sprezzante, chi abitualmente dileggia la morale sessuale cattolica e vorrebbe una Chiesa muta e intimidita, a plaudire oggi alle parole dei vescovi italiani, utilizzate strumentalmente e applicate in modo unilaterale, con esclusivo riferimento al presidente del Consiglio.

Bagnasco non ha risparmiato nemmeno il governo, sebbene all’inizio di settembre fosse a Frascati, insieme a mezzo esecutivo, ad aprire la scuola di formazione politica dei giovani del PdL (v. Adista n. 65/11). Di fronte ad una crisi economica e sociale «vasta» e «devastante», sembra che non si voglia «riconoscere l’esatta serietà della situazione» e «amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l’impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali». Evidente l’obiettivo: le manovre economiche schizofreniche e antisociali approvate dalla maggioranza a colpi di fiducia. La «classe dirigente del Paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità: se non altro, per rispettare i cittadini e non umiliare i poveri», ha detto Bagnasco nella Prolusione. «Specie in situazioni come quella attuale, ci è d’obbligo richiamare il principio prevalente dell’equità che va assunto con rigore e applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili gli aggiustamenti più austeri»; inoltre, sul tema dell’evasione fiscale, è «difficile sottrarsi all’impressione che non tutto sia stato messo in campo per rimuovere questo cancro sociale». Infine la corruzione, «piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi, che la politica oggi è chiamata a severo esame. L’improprio sfruttamento della funzione pubblica è grave per le scelte a cascata che esso determina e per i legami che possono pesare anche a distanza di tempo. Non si capisce quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati di affari che, non previsti dall’ordinamento, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare». (luca kocci)



Martedì 04 Ottobre,2011 Ore: 14:58
 
 
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