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www.ildialogo.org Democrazia e antidemocrazia,di Rosario Amico Roxas

Democrazia e antidemocrazia

di Rosario Amico Roxas

Discutere fatalisticamente del PD coinvolge il destino stesso della Democrazia, essensdo il PD l’ultimo baluardo contro i rischi dell’antidemocrazia.
La nascita dell’anti-politica (interpretata da sedicenti partiti politici privi di ogni supporto ideologico, come la Lega, 5 stelle e la stessa FI) ha messo in grande evidenza un fattore che viene furbescamente ignorato, si tratta dell’anti-democrazia che si è impadronita del nostro paese.
Emerge l’urgenza di un’anti-politica perché l’anti-democrazia ha alterato tutti i rapporti che dovrebbero essere intangibili in una democrazia parlamentare.
Il Parlamento ha esaurito il proprio potere, previsto dalla Costituzione, per limitarsi ad essere la sede dove si offre una parvenza di legittimazione democratica alle scelte di una sola persona, peraltro con grandi benefici per i componenti quella che è stata definita “una casta”.
Dalla democrazia siamo passati al “regime della maggioranza”; basta disporre dei bussolotti sufficienti per avere la maggioranza perché ci si possa sentire legittimati e sostenuti dalla Costituzione. Il dibattito parlamentare serve solo all’ostruzionismo, alla negazione, non più al miglioramento delle leggi oppure alla promozione di iniziative popolari.
Il ruolo dei partiti è stato esautorato; in questa tornata elettorale il partito che sosteneva di poter vincere le elezioni non esiste, non c’è, non è stato costituito. E’ stato inventato dal predellino di un’auto in piazza San Babila dallo stesso che si è auto-investito leader e come tale pone e dispone a suo piacimento; quindi un groviglio di contraddizioni propagandate da un comico che si è autoinvestito da governante. E infine la Lega creata da Bossi, nata scissionista e diventata con Salvini l’espressione di ipotesi prive di soistanzialità.  Caso più unico che raro, si sono presentati per vincere le elezioni tre o quattro leader senza partito, ma con una aggregazione di persone estemporanea, suggerita solo dall’interesse individuale.
Come potrebbe mai avere a cuore le sorti del paese un’accozzaglia simile di lanzichenecchi che sta ad attendere la pioggia di privilegi che dovrebbe investirli ?
Quando si parla di democrazia si deve sempre distinguere tra retorica politica e concreto coinvolgimento collettivo. Nelle democrazie un buon barometro dello stato di salute è costituito dal tasso di partecipazione elettorale. Ora, potrà anche sembrare esagerato, ma la bassa partecipazione degli elettori, oggi così diffusa, indica tre fatti:
  • Primo: la salute “elettorale” della nostra democrazia è pessima, dal momento che un sistema che perde elettori rischia di perdere anche legittimità.
  • Secondo: la depoliticizzazione è ormai un fenomeno di massa. E non c’è da gioire, perché una democrazia composta solo di individui dediti al “particulare” e ad assumere decisioni in base ai sondaggi, senza predisporre nessuna programmazione nel breve, medio e lungo termine, rischia di trasformarsi in fiera degli egoismi individuali.
  • Terzo: per i due quarti degli elettori l’esercizio della libertà di voto è divenuto un peso. E purtroppo una democrazia in cui la libertà politica è disprezzata rischia, prima o poi, di aprire le porte al “buon tiranno“.

 Il problema è più vasto di quanto appare e ha radici ben più profonde. In primo luogo, le nostre sono democrazie “consumistiche”: l’elettore è interessato a difendere solo il suo livello di consumi, cosa che provoca l’esigenza dei sondaggi per carpire i mutamenti delle esigenze e provvedere a soddisfarle per guadagnare i consensi immediati, al presente, permettendo la nascita di una democrazia non prevista da nessun politologo: la democrazia dei sondaggi. Tutto ciò che esula dal mantenimento di un certo tenore di vita, come i grandi problemi costituzionali, morali e religiosi, non è tenuto in alcuna considerazione.
In secondo luogo, dietro l’ “assenteismo” elettorale c’è la cultura del disimpegno politico, così massicciamente diffusa a scopo preventivo dai cultori mediatici del divertentismo capitalistico. E con buoni risultati, purtroppo. Recenti ricerche mostrano che solo un giovane su cinque crede nella funzione democratica del voto. Quanto agli adulti è noto che tre su cinque ritengono i politici e i partiti poco affidabili.
La vera risposta sarebbe far crescere la democrazia diretta, anche dal punto di vista propositivo.  Varrebbe la pena di tentare, soprattutto per sottrarsi alla nostra attuale condizione di figli di una democrazia minore. Come? Ripartendo dal basso, dal mondo del lavoro e dal pianeta produttivo.  
Rosario Amico Roxas



Domenica 25 Marzo,2018 Ore: 19:30
 
 
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