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www.ildialogo.org Non ridurre gli ideali dell'Europa alle necessità della finanza,a cura di Giuliano Ciampolini

Non ridurre gli ideali dell'Europa alle necessità della finanza

a cura di Giuliano Ciampolini

avvenire.it
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Papa Francesco:
TRATTATI DI ROMA PAPA FRANCESCO RICEVE LEADER EUROPEI
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huffingtonpost.it
"Non ridurre gli ideali dell'Europa
alle necessità della finanza
"
di Redazione
L'Europa deve evitare la "tentazione di ridurre gli ideali fondativi dell'Unione alle necessità produttive, economiche e finanziarie"; piuttosto deve puntare "ai valori", mettendo al centro "l'uomo". Lo ha detto Papa Francesco parlando ai leader europei nella Capitale per celebrare il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma. Nell'allungamento della vita, ha spiegato il Pontefice, "60 anni sono oggi considerati il tempo della piena maturità. Un età cruciale in cui si è chiamati a mettersi in discussione. L'unione europea è chiamata oggi a mettersi in discussione, a curare gli inevitabili acciacchi che vengono con gli anni. E a trovare nuove vie". Papa Francesco ha aggiunto: "Non c'è pace dove manca lavoro o prospettiva di un salario dignitoso. Non c'è pace nelle periferie delle nostre città dove dilagano droga e violenza".
"Non ci si può limitare a gestire la grave crisi migratoria di questi anni come fosse solo un problema numerico, economico o di sicurezza - ha sottolineato Bergoglio -. La questione migratoria pone una domanda più profonda, che è anzitutto culturale. L'apertura al mondo implica la capacità di 'dialogo come forma di incontro' a tutti i livelli, a cominciare da quello fra gli Stati membri e fra le Istituzioni e i cittadini, fino a quello con i numerosi immigrati che approdano sulle coste dell'Unione. Non ci si può limitare a gestire la grave crisi migratoria di questi anni come fosse solo un problema numerico, economico o di sicurezza".
Il Papa ha continuato: "Quale cultura propone l'Europa oggi? La paura che spesso si avverte trova, infatti, nella perdita d'ideali la sua causa più radicale. Senza una vera prospettiva ideale si finisce per essere dominati dal timore che l'altro ci strappi dalle abitudini consolidate, ci privi dei confort acquisiti, metta in qualche modo in discussione uno stile di vita fatto troppo spesso solo di benessere materiale".
"Al contrario, - ha detto il Pontefice - la ricchezza dell'Europa è sempre stata la sua apertura spirituale e la capacità di porsi domande fondamentali sul senso dell'esistenza. All'apertura verso il senso dell'eterno è corrisposta anche un'apertura positiva, anche se non priva di tensioni e di errori, verso il mondo. Il benessere acquisito sembra invece averle tarpato le ali, e fatto abbassare lo sguardo. L'Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo che merita di essere riproposto con passione e rinnovata freschezza e che è il miglior rimedio contro il vuoto di valori del nostro tempo, fertile terreno per ogni forma di estremismo".
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ranierolavalle.blogspot.it
venerdì 24 marzo 2017
COMINCIAMO IN 72
L’unica via per fronteggiare il terrorismo è di fare in modo che nessuno più, musulmano, nazionalista o impoverito che sia, abbia ragioni serie per odiarci
di Raniero La Valle

Cinque morti e quaranta feriti a Londra per fare uno sberleffo al Parlamento inglese che, con l’Europa o senza Europa, ha violentato e oppresso per secoli musulmani e popoli di ogni colore, sono troppi.
Trecentomila morti (fonte Osservatorio siriano per i diritti umani) e quattro milioni di profughi dalla Siria (fonte ONU UNHCR) per liquidare senza riuscirci Assad facendo finta di combattere contro lo Stato islamico, sono troppi.
Seicentocinquantacinquemila morti in Iraq (fonte Iraq Body Count) per arrivare a deporre e uccidere Saddam Hussein, sono troppi.
Settantadue vittime civili nella guerra della NATO (fonte Human Rights Watch), 1.108 uccisi e 4.500 feriti tra i civili (fonte Ministero della Salute libico al 13 luglio 2011) per deporre e uccidere Gheddafi, sono troppi.
Undicimilacentododici profughi fatti morire nel Mediterraneo dalla strage di Lampedusa all’estate del 2016 (fonte ONU UNHCR) perché l’Europa è una società chiusa in cui si può entrare solo come clandestini, sono troppi. Secondo il papa sono “una vergogna”.

Gli esecutori materiali di questi assassinii e stragi sono di tutte le nazioni e di tutte le religioni, abbastanza perché nessuno possa scagliare la prima pietra.
Perciò neanche le reazioni vittimistiche e ansiogene all’ennesimo attacco terroristico a Londra sono giustificate. Il segnale che ne viene è anzi di un indebolimento del terrorismo illegale, come quello dell’ISIS, che è in rotta sui fronti di guerra, da Mosul a Raqqa, non riesce più a reclutare, e per ora non sembra in grado di pianificare operazioni complesse in Occidente. Ciò non vuol dire affatto che il pericolo sia diminuito: perché anzi questo è un terrorismo che si propaga per via di cuore e di testa, e ogni singola persona fisica, generata all’odio per gli altri, può per sua imprevedibile scelta trasformarsi in una bomba, una mina, un missile, un’arma di distruzione di massa, senza neanche essere armata.

Perciò più che iniqua è insensata la reazione di chi dice: i musulmani ci attaccano perché odiano la nostra società aperta e ci vogliono privare dei nostri valori, ma noi manteniamo la nostra identità, la nostra magnanima apertura, e li sconfiggiamo con le nostre polizie, i nostri ministri degli interni più agguerriti e le nostre difese di sicurezza.
Ma quale società aperta dovremmo mantenere?
Che cosa c’è di più chiuso che l’Europa, che si barrica dietro i suoi mari e le sue frontiere, e preferisce naufraghi a immigrati?

In un mondo che continuiamo a mantenere così, una sicurezza superba e cercata in tal modo è una pura illusione.

L’unica via per uscirne è fare in modo che nessuno più, musulmano o nazionalista o impoverito che sia, abbia ragioni serie per odiarci, o per odiare le istituzioni predatorie dell’Occidente.
L’unico modo per riprendere l’interrotto cammino dell’incivilimento umano è di riconoscere che l’umanità è una, non ci sono popoli eletti e scartati, anche la discriminazione della cittadinanza va superata, ogni essere umano ha il diritto di andare a vivere dove vuole, e non solo in base all’assurda distinzione per cui si potrebbe fuggire da una dittatura ma non dalla guerra o dalla fame.
Abbiamo voluto la globalizzazione buttando a mare secoli di esperimenti per realizzare i migliori ordinamenti giuridici statali?
Ebbene, ma allora globalizzazione sia, e non solo quella del denaro e dei commerci; che sia la globalizzazione della libera circolazione delle persone, la globalizzazione del diritto e dei diritti, la globalizzazione degli irreversibili valori costituzionali e la fondazione, come si fece in un’analoga distretta storica a San Francisco, di una nuova comunità sociale internazionale di diritto.
Nessuno ci crede? Certo, con questo programma non si vincono, per ora le elezioni.
Ma cominciamo in settantadue, gli altri seguiranno.
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ranierolavalle.blogspot.it
17 marzo 2017
Dopo le elezioni olandesi
IL POPOLO C'E. AVANTI I LEADERS
Le scelte degli elettorati sono volte a conservare le conquiste della modernità. I popoli sarebbero pronti a seguire leadership che riaprano la strada del progresso storico
di Raniero La Valle

La sconfitta della destra xenofoba e razzista nelle elezioni legislative del 15 marzo in Olanda è una buona notizia sullo stato del mondo. Contro catastrofici sondaggi e previsioni, le pulsioni regressive rispetto ai valori della modernità hanno coinvolto una parte minoritaria, il 12 per cento, dell’elettorato di quel Paese. Ciò vuol dire che la post-modernità, intesa come un rovesciamento delle conquiste del Novecento [1], non è affatto una condizione comune della cultura di oggi, ma ne è una deriva o una tentazione ancora circoscritta.

Ciò appare chiaro se si confronta questo evento elettorale con altri, taluni apparentemente contraddittori, che lo hanno preceduto. Tutti infatti, se li si sa leggere, mostrano un buono stato di salute degli elettorati, i quali non sembrano affatto vittime dei deprecati populismi, ma piuttosto tesi a salvaguardare o a ripristinare proprio le grandi conquiste politiche e civili della modernità, che oggi un potere economico selvaggio e classi dirigenti mediocri o deviate stanno compromettendo.

Il risultato olandese in questo senso è eloquente: esso significa che la maggioranza del popolo non è affatto d’accordo con i muri, i reticolati, le detenzioni e le espulsioni degli immigrati. È la stessa cosa che hanno dimostrato i volontari austriaci e tedeschi che corsero al confine ungherese per soccorrere i profughi bloccati e portarseli con sé. È la stessa cosa che traspare dalle sofferte posizioni assunte dalla Merkel in Germania. È la stessa cosa che si manifesta nello spirito e nelle pratiche d’accoglienza di tanti italiani e che invece grida nelle proteste contro le ultime politiche repressive instaurate dal ministro Minniti e gli accordi efferati stipulati dal governo con la Libia.
Ma dove  il risultato elettorale olandese suona come una conferma dello stato di salute dei popoli, è proprio nel confronto con altre pur discusse elezioni.
È ovvio qui il richiamo al felice risultato del referendum italiano nel quale, respingendo le puerili trovate di Renzi, gli elettori hanno rivendicato il valore di una Costituzione accusata di essere vecchia di settant’anni e tormentata da disperati tentativi di restauro almeno da venti.

La Brexit
Meno ovvio è il paragone con il voto con cui gli Inglesi hanno scelto l’uscita dall’Europa. Si tratta di un risultato da molti giustamente considerato negativo, quanto alle sue conseguenze. Ma quanto all’elettorato che lo ha prodotto, esso ha mostrato una razionalità straordinaria, proprio in coerenza con lo stato di civiltà politica a cui in precedenza si era pervenuti. Una delle conquiste politiche e giuridiche più alte della modernità (e per primi proprio degli Inglesi) era stata l’elaborazione e l’attuazione del principio che ogni potere, per non essere prevaricante e al limite totalitario, ha bisogno di un contropotere. La democrazia è per l’appunto la scoperta che nessun potere (re, primi ministri o banchieri che siano) deve essere solo al comando. La dottrina costituzionale del potere è la dottrina dei limiti, delle garanzie, della pluralità e dell’equilibrio dei poteri. Ora, la globalizzazione capitalistica, così come è stata attuata nell’Unione Europea da Maastricht in poi, non ha affatto tenuto conto di questa concezione moderna e avanzata del potere, non ha previsto e non prevede la divisione dei poteri, lasciando che gli unici potenziali contropoteri siano quelli degli Stati ancora sovrani. Gli Inglesi, indisponibili a soggiacere a poteri senza contropoteri, non trovando o non cercando altra strada, hanno preso la decisione plateale di andarsene. Se non ci sono contropoteri gli unici argini di fronte all’Europa premoderna del potere unico, sono le sovranità: le ideologie sovraniste  prese in mano dalle destre europee sono la spia di questo nodo storico che è venuto al pettine, non sono la proposta di una riscossa politica, sono la denuncia di un’assenza.
Senonché questa reazione di protesta subito dimostra la sua fallacia, tanto è vero  che la Scozia reagisce programmando a sua volta un referendum per uscire dal Regno Unito e restare nell’Unione Europea, cioè per non buttare l’acqua col bambino e restare nella modernità.

Il voto contro la Clinton
Un’analoga lettura positiva si può fare delle intenzioni del voto nelle elezioni americane. Esse hanno prodotto una tragedia, che è la vittoria di Trump. Ma, come poi si è visto, la vera intenzione dell’elettorato nella sua maggioranza non era di promuovere le politiche e i deliri di Trump, ma di bloccare le politiche di Hillary Clinton che, sulla scia delle scelte “post-moderne” della governance americana dal primo Bush in poi, avrebbero spinto verso un’elefantiasi del potere globale, radicalizzato il confronto con la Russia e con la Cina, riattivato la devastazione del Medio Oriente e forse condotto alla guerra o alle guerre.
Il problema è che se gli elettorati, cioè i popoli, sono spinti da motivazioni che anche se istintive od oscure sono in gran parte buone o riconducibili al bene, tese a non perdere le conquiste già fatte e a tenere aperto il cammino della civiltà, le proposte elettorali tra cui essi sono costretti a scegliere sono spesso del tutto inadeguate a interpretare e poi realizzare queste intenzionalità positive, per la mancanza di leadership consapevoli e una generale decadenza o decomposizione delle attuali culture politiche. Di qui scelte temerarie e infauste di molti elettorati o il rifugio micidiale nel non voto. La prossima difficile prova cui sarà sottoposta questa analisi sarà la consultazione per l’elezione presidenziale del 23 aprile e 7 maggio in Francia.    
Però in questo incontro che si realizza nelle urne tra una positività da parte del popolo e una negatività o insufficienza  da parte delle leadership, l’elemento strutturale e duraturo è il primo, mentre le leadership sono contingenti, mutevoli e suscettibili di manifestarsi anche in modi imprevedibili e diversi. In una parola se oggi è difficile affidarsi alle leadership, si può tuttavia aver fiducia nei popoli.
Ciò dipende dal fatto che i popoli hanno un carisma che spesso i loro dirigenti, “i capi delle nazioni” e “i grandi” che le dominano ed esercitano su di esse il potere, come dice Gesù (Mc. 10, 42), non hanno.  
Secondo papa Francesco i popoli sono un “luogo teologico”. Perciò i pastori, i teologi, devono ascoltare il popolo. Come ha detto nel videomessaggio ai teologi riuniti presso l’università cattolica argentina nel settembre 2015: “Le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi c’interrogano. Tutto ciò ci aiuta ad approfondire il mistero della Parola di Dio, Parola che esige e chiede che si dialoghi, che si entri in comunione. Non possiamo quindi ignorare la nostra gente al momento di fare teologia. Il Nostro Dio ha scelto questo cammino. Egli si è incarnato in questo mondo, attraversato da conflitti, ingiustizie, violenze; attraversato da speranze e sogni. Pertanto, non ci resta altro luogo dove cercarlo che questo mondo concreto, questa Argentina concreta, nelle sue strade, nei suoi quartieri, nella sua gente. Lì Egli sta già salvando”[2].
Tutto questo dice che i popoli ci sono, che ancora sono ricchi di potenzialità positive, e se ben rappresentati possono prendere in mano e perseguire i tre grandi obiettivi che sono come le colonne d’Ercole attraverso cui bisogna passare per far ripartire il progresso della civiltà: una vera universalità dei diritti, con il diritto di migrazione e di stabilimento di tutti gli esseri umani in qualsiasi Paese della terra; il definitivo congedo delle religioni dal Dio violento e dei popoli dalle guerre e dalle violenze perpetrare in suo nome; la revoca della sovranità attribuita al denaro (al “capitale”) e la sua restituzione al popolo, unico sovrano, quale che sia il regime economico e sociale da questi prescelto Sono le tre questioni prioritarie, le tre “forze  frenanti” di cui ho parlato nell’articolo: “Il compito della politica? Sbloccare la civiltà”[3].
 Nell’attuale situazione, e per come essa è raccontata dai media, un futuro di questo tipo sembra una favola. Ma sembrava una favola anche l’abolizione della schiavitù, o l’eguaglianza tra uomini e donne, o la teoria della relatività generale, o quella dei quanti, e invece quelle cose si dimostrarono poi le uniche vere.
Così un’umanità unita, con ordinamenti comuni, nonviolenta e in se stessa sovrana può rivelarsi come l’unica vera.
Per passare a questa politica il popolo c’è, i popoli ci sono, dunque che si formino e vengano avanti i leaders.
                                                                                                         
Raniero La Valle
[1] Vedi  nel sito Chiesa di tutti Chiesa dei poveri: l’analisi di Giovanni Ferretti, “La cultura nel Concilio e nella Chiesa del Novecento”.
[2] Vedi  nel sito Chiesa di tutti Chiesa dei poveri: “La teologia deve farsi carico dei conflitti. Chi è il teologo? Siamo tutti teologi”.
[3] Vedi  nel sito Chiesa di tutti Chiesa dei poveri: “Il compito della politica? Sbloccare la civiltà”



Sabato 25 Marzo,2017 Ore: 21:03
 
 
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