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www.ildialogo.org La più antica testata della sinistra italiana per il NO,di L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

Referendum Costituzionale
La più antica testata della sinistra italiana per il NO

di L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI
La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu
Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894
Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo
Direttore: Andrea Ermano
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IPSE DIXIT
I "bravi ragazzi" e il gioco sul voto - «Per quei "bravi ragazzi" degli hedge fund e delle grandi banche d'investimento… nessun evento è negativo o positivo in sé. L'essenziale è che, attorno a ogni grande avvenimento (finanziario ma anche politico), si possa costruire un evento di rilievo globale per… il trading speculativo». – Alessandro Graziani
Lui piace - «Lui piace a certi poteri. Purché, nel fare il simpatico, porti avanti la distruzione della democrazia. Un sindaco che improvvisamente diventa premier senza neanche essere eletto, qualcuno che lo appoggia deve averlo... Dalle asserzioni di soggetti come Jp Morgan riguardo alle costituzioni mediterranee emerge il disegno di liquidare l'Europa "socialdemocratica" intesa come stile di vita.» - Amalia Signorelli
 
Il “governo tecnico” di Renzi - «Se vince il No, il "governo tecnico" di Renzi può tranquillamente andare avanti. Ha più di un anno per correggere la rotta. Lo chiamo “governo tecnico” tra virgolette perché nessuno ha mai votato la sua maggioranza… Ho visto un "di più" nella campagna del Sì che mi è andato di traverso: l'allarmismo, il promettere qualsiasi mancia, addirittura l'inno alle clientele… Se vince il Sì, temo che si vada subito alle urne, con l'Italicum in vigore. La strada delle elezioni prenderebbe velocità e porterebbe a un cambio della forma di governo sbagliato e pericoloso. Nascerebbe un governo del capo proprio nel momento in cui il mondo si riempie di capi problematici» - Pier Luigi Bersani
Si toglierebbe al Parlamento la decisione sullo "stato di guerra". – «Oggi in campo internazionale siamo ad un livello di guerra fredda molto vicino alla guerra calda tra blocchi contrapposti, come nel 1946, in Europa, in Asia e quindi in tutto il mondo. Gli equilibri stanno cambiando rapidamente e in modo pressoché incontrollato. Gli stessi Stati Uniti non sanno dove andare e domani forse scopriranno di non voler e non poter andare da nessuna parte… Come uomo, soldato e cittadino con oltre 46 anni di servizio nell’ambito di una istituzione fondamentale come le Forze Armate, deputate alla difesa della Patria, anche in guerra, non posso condividere una riforma che sottrae al Parlamento la decisione sulla più drammatica evenienza di uno Stato: la dichiarazione di guerra. La norma proposta indica infatti nel Governo, attraverso la sua ovvia e artificiosa maggioranza monocamerale, il responsabile di tale decisione.» - Fabio Mini
Le poche mani di domani - «Tra il '46 e il '48 c'erano i postumi d'una guerra civile, ma la Costituzione fu lo strumento della concordia nazionale. Oggi, al contrario, la riforma divide. Siamo in balia di apprendisti stregoni che ignorano quanto la materia sia incandescente… È stata approvata da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale. Fatto senza precedenti... L'articolo 1 dice che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Ebbene, questo Parlamento non è stato eletto secondo le forme ammesse dalla Costituzione. C'è stata un'usurpazione della sovranità popolare… Se vince il Sì non si apre la strada a una dittatura, ma alla riduzione della democrazia e all'accentramento del potere in poche mani. Non possiamo tuttavia sapere, oggi, quali saranno le "poche mani" di domani». – Gustavo Zagrebelsky
   
PERCHÉ NO
Salviamo la Presidenza della Repubblica !
Se passa la revisione Renzi-Boschi, ci possiamo scordare gli appelli al Capo dello Stato affinché intervenga a tutela della Costituzione.
di Felice Besostri
Da quando con leggi elettorali maggioritarie si sono create nel Parlamento italiano maggioranze artificiali e raccogliticce, non vi è stata più la rappresentanza dei cittadini e neppure della Nazione, come richiedeva l’art. 67 Cost. Vi è stata solo la subordinazione dei parlamentari alle oligarchie dei partiti, nei migliori dei casi, o a un capo-padrone negli altri casi.
  Dovevi ubbidienza a chi poteva candidarti nel collegio uninominale sicuro o al primo posto nel listino bloccato di recupero proporzionale con il Mattarellum (ma almeno restava un giudizio degli elettori del collegio) ovvero a chi ti collocava in posizione utile in liste bloccate regionali o, in pochi casi, provinciali con il Porcellum.
  Per giudizio praticamente unanime la qualità media dei parlamentari si è abbassata, perché il criterio della fedeltà era quello prevalente. Non parliamo della moralità: c’è stata una compravendita di senatori acclarata giudizialmente con l’autore salvato dalla solita prescrizione. In questo ultimo parlamento, il cambio di casacca, con passaggio dall’opposizione all’area governativa (il contrario è più raro) ha riguardato 146 deputati su 630 con 205 passaggi, mentre al Senato ben 117 senatori su 315 elettivi con 175 spostamenti: qualcuno ha fatto più di un cambio di gruppo parlamentare. Dovremmo togliere all’epoca di Agostino De Pretis l’etichetta del trasformismo o, quantomeno, non ritenerla una caratteristica esclusiva.
 
Felice Besostri, protagonista delle battaglie
democratiche contro l'Italicum e il Porcellum
Certamente certe inclinazioni individuali al compromesso per interessi personali ha giocato un ruolo in questo degrado della politica, ma quando tale inclinazione è favorita dalle leggi elettorali, viene meno ogni pudore. E persino l'ipocrisia, tributo del vizio alla virtù, viene abbandonata.
  Se bisogna essere fedeli a un capo, cui si deve la nomina a deputato o senatore, quando gli interessi non coincidono, occorre trovarne un altro, che garantisca la rielezione. Ciò è puntualmente avvenuto per i passaggi del 2008 nelle successive elezioni del 2013. Non farò i nomi, e men che meno i nomi dei soliti due, perché il fenomeno è stato ben più ampio.
  Ovviamente, non il solo sistema elettorale è responsabile di tutto ciò, ma anche l’allentamento dei vincoli ideologici, che sarebbe meglio chiamare di sentimento di appartenenza ad una comunità di valori. Non era tutto oro la militanza fideistica, la disciplina di partito “a prescindere”, ma l’allentamento seguito poi non ha portato a una militanza più consapevole e partecipata: ha portato a un individualismo esasperato, all’interesse personale assunto come metro di giudizio prevalente, quando non esclusivo.
  È vano pensare a società perfette, dove fosse risolto il paradosso della democrazia, che presuppone che la maggioranza abbia le virtù che di norma sono di pochi. Ma il rispetto dei valori costituzionali sì: il divieto di mandato imperativo si giustifica soltanto se il/la parlamentare cambia gruppo nel supremo interesse della Nazione, che ella/egli rappresenta ex art. 67 Cost. e soltanto perché il partito o lista che lo aveva eletto voleva impedirgli di adempiere le funzioni pubbliche “con disciplina ed onore”, come impone l’art. 54 Cost. Nessun’altra ragione giustifica il voltagabbana.
   Come antidoto a questo sprofondamento della rappresentatività nell’interesse personale occorre un sistema elettorale dove ogni parlamentare possa essere giudicato dai suoi elettori.
  Il voto uguale, libero e personale dell’art. 48 Cost. non è garantito dall’Italicum, che il Presidente della Repubblica ha promulgato con troppa fretta nel maggio 2015, senza ragione alcuna dal momento che prevedeva l’integrale applicazione soltanto a partire dal 1° luglio 2016. Il Presidente della Repubblica, e solo lui, è qui il garante della Costituzione fino all’approvazione della revisione Renzi-Boschi. Dopodiché Il Presidente della Repubblica sarebbe di fatto sminuito nei suoi poteri di nomina del Presidente del Consiglio pur previsti dal tuttora vigente art. 92 Cost., e sarebbe diminuito anche nel suo potere di sanzione con lo scioglimento la Camera che non osservi il principio di leale collaborazione degli organi costituzionali.
  Ma il Presidente della Repubblica sarà condizionato dal vincitore del premio di maggioranza alla Camera dei deputati. Il dominus della Camera, infatti, grazie all’irrazionale diminuzione dei Senatori a 100, si è di fatto assicurato la maggioranza del Parlamento in seduta comune. Questa maggioranza scenderà dagli attuali 476 ad appena 366, appena 26 voti parlamentari in più dei 340 assicurati dall’Italicum. In realtà la distanza è ancora inferiore se contiamo gli eletti nella circoscrizione estero nonché i consiglieri e sindaci del suo stesso partito nominati “senatori”.
  In questo modo, per la prima volta nella storia della democrazia italiana, un partito solo e il suo capo terranno sotto scacco il Presidente della Repubblica, grazie ad una maggioranza artificiale e drogata da una legge elettorale iper-maggioritaria.
  Di lì in poi non avrà senso elevare appelli al Capo dello Stato perché intervenga a tutela della Costituzione. Siamo noi che – domenica 4 dicembre – dobbiamo accogliere il suo silente appello e liberarlo da questo disegno del Presidente del Consiglio di mettere sotto tutela il Quirinale.
P.S.: Ho scritto al premier Renzi quanto segue: Caro Presidente, spero che i cittadini respingano la revisione costituzionale, che chiamare riforma è neolingua orwelliana... Spero in un NO anche per evitare che il Presidente della Repubblica sia posto sotto il controllo di un Presidente del Consiglio che, grazie al premio alla minoranza, impropriamente chiamato “di maggioranza”, andrebbe a controllare anche il Parlamento in seduta comune: la maggioranza assoluta del Parlamento, dopo la revisione, cadrebbe infatti da 476 a 366, molto, troppo vicino a 340 garantiti al vincitore di turno dall’Italicum (più i deputati eletti nella circoscrizione estero, in Val d'Aosta e Trentino-Alto Adige). Con osservanza.



Giovedì 01 Dicembre,2016 Ore: 22:55
 
 
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