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www.ildialogo.org COSA SCRIVEVA FIORENTINO SULLO SULLA COSTITUZIONE ITALIANA E SULLE POSSIBILI RIFORME DA APPORTARE,di Nino Lanzetta

IL REFERENDUM SULLA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE.
COSA SCRIVEVA FIORENTINO SULLO SULLA COSTITUZIONE ITALIANA E SULLE POSSIBILI RIFORME DA APPORTARE

di Nino Lanzetta

Come avrebbe votato, se fosse stato ancora con noi, il vecchio e saggio Fiorentino Sullo al referendum di ottobre sulla riforma della Costituzione? La domanda nasce spontanea e la curiosità è legittima in quelli che hanno imparato a conoscere il suo pensiero politico ed hanno letto i suoi scritti, (articoli di giornale, libri, interventi alla Camera dei deputati, discorsi, interviste). Non è facile rispondere sia perché il protagonista ci ha lasciato da quasi quindici anni e, nel frattempo, la politica è molto cambiata, sia perché, anche da vivo, da anni non partecipava più al dibattito politico. E’ stato ed è rimasto, insomma, un politico della prima Repubblica, uno che ha contribuito a scrivere la Costituzione ed un protagonista di quella politica che ci portò al “Miracolo italiano”. Allora perché la domanda? Perché ci incuriosisce “immaginare”, alla luce del suo modo di aver inteso e praticato la politica, la possibile risposta, nella convinzione che la sua analisi non sarebbe stata per nulla superficiale o, peggio, strumentale, ma finalizzata al bene e all’interesse generale senza vincoli di convenienza politica, di condizionamento intellettuale o, peggio, di favorire un partito che si scrive da solo, o con la sua maggioranza, norme che varranno per tutti e per un lungo periodo. Ma perché chiedercelo per Sullo e non per tanti altri politici del passato? Sostanzialmente perché Sullo ha avuto una visione da statista ed è stato uno dei padri costituenti ed i suoi primi interventi in Assemblea hanno riguardato la Costituzione, con argomentate riflessioni pertinenti ed acute ed ha proposto anche alcuni emendamenti. Sullo non ha fatto parte, forse per la giovanissima età, della Commissione dei 75 dove avveniva la stesura provvisoria dell’articolato che poi veniva portato, discusso ed approvato in Aula.Non aveva ancora 25 anni quando fu eletto – contro ogni previsione- all’Assemblea costituente in un collegio (Salerno, Avellino, Benevento) molto vasto e nel quale erano presenti per l’Irpinia ben 69 candidati: Salvatore Scoca, Giovanni Castagnetti, Giuseppe Mario Ciampi, Raffaele Intonti e Francesco Venditti per la DC e personaggi del calibro di Francesco Amatucci, Francesco De Marsico, Alfonso Rubilli, Umberto Nobile, Alfredo Covelli, Giorgio Amendola, Ireneo Vinciguerra per gli altri partiti. Non furono eletti Carlo Muscetta e Guido Dorso che, in rotta con il partito d’azione, si era presentato con una propria lista in un collegio della Puglia. Fiorentino Sullo, che era il più giovane deputato eletto, nella seduta di insediamento del 25 giugno 1946, funse da segretario sedendo accanto al nonagenario Vittorio Emanuele Orlando.
Intervenne più volte in seduta plenaria su argomenti che riguardavano i rapporti giuridici, le regioni, i comuni e il Parlamento. Nella seduta del 24 aprile 1947 intervenne sul tema delle istituzione delle regioni. Fu un convinto regionalista, al contrario di De Gasperi che fu antiregionalista e ne rallentò l’istituzione. Nelle regioni vedeva non soltanto un decentramento funzionale, ma anche uno strumento di formazione e di rinnovamento della classe dirigente. Propose numerosi emendamenti sull’organizzazione dei partiti prevedendone il riconoscimento della loro personalità giuridica, sull’obbligatorietà del servizio militare, sull’art, 119 (comuni, province e regioni), e su altri temi. Qualche suo emendamento venne accettato dall’Aula. Ha scritto che la Costituzione fu il risultato di “un confronto tra le posizioni della nuova cultura cattolica, impersonata soprattutto da La Pira, Dossetti, Lazzati e Fanfani, e il gruppo dirigente comunista che si era formato intorno a Togliatti” e ancora: “Fu approvata una Costituzione per il cui svolgimento nel tempo si faceva perno, esclusivamente o quasi, sull’azione parlamentare, riducendo al minimo le funzioni dell’esecutivo.” La Costituzione si inquadrava in una visione pluralistica della società. “Pluralismo vuol dire riconoscimento della presenza effettiva di multiforme forze, di organizzazione, di organi amministrativi, e in un delicato gioco di contrapposizione, anche di organi statutari e istituzionali.” (La Repubblica probabile – Garzanti 1972 – pag.314/316).
Riteneva (non dimentichiamoci che scriveva nel 1972!) che l’attuazione della costituzione fosse avvenuta in tre fasi: la prima (che va fino al 1955 - Presidenza Gronchi -) nella quale si fece di tutto per svuotarla dalle innovazioni introdotte; la seconda (settennato di Gronchi fino al centrosinistra) durante le quale si istituirono le Regioni ed il CNEL); la terza, il periodo del centro sinistra. Riteneva e prevedeva che la Costituzione potesse evolvere, non ritenendola immodificabile nel tempo senza dover, tuttavia, distorcerne l’impostazione ed i principi che l’avevano improntata.
Sulla repubblica presidenziale manifestava perplessità sugli abusi che: “- un uomo solo, o ancora peggio, un uomo circondato da una corte – potrebbe operare in virtù di un potere assai diretto e cogente.” (op. cit. pag. 320). Comunque riteneva “che le costituzioni non si ribaltano a freddo, senza fatti drammatici nel paese.” Riteneva che il Presidente della Repubblica avesse troppi poteri e non ci fosse bisogno di ampliarli. “Una modifica costituzionale che sottragga al Presidente della Repubblica decisioni specifiche in materia di difesa e di giustizia sarebbe un bene” (pag. 326). Ne auspicava l’elezione diretta pur affievolendone i poteri.
Sull’ Esecutivo, per un sua maggiore funzionalità, Sullo proponeva: “il rimedio di adottare un sistema di delega legislativa, tradizionale, seppur limitata a taluni settori e vincolata nel tempo, in maniera che il governo debba rendere conto di quello che fa, ma senza le pesanti limitazioni che l’attuale legislazione delegata comporta. Si potrebbe ricorrere sempre ad una supervisione di legittimità affidata alla Corte costituzionale a richiesta di un gruppo di parlamentari anche nel corso dell’iter legislativo” (pag. 329)
Sul senato riteneva che non avesse senso la ripetizione del dibattito nelle due camere (contro il ruolo paritario era anche Sturzo, che pure era senatore a vita) reputando che sarebbe stato sufficiente conservargli talune funzioni di controllo, specie sugli Enti pubblici. Ma il bicameralismo “è diventato un caposaldo del sistema parlamentare … per la sua stessa natura impone delle differenziazioni tra le due camere, e da esse dipende, in definitiva, l’efficienza o meno del suo funzionamento”. Si potrebbe “riservare esclusivamente alla camera dei deputati la votazione di fiducia … prevedere una discussione di ripensamento sulle leggi al senato come revisione rispetto alle valutazioni della camera dei deputati, salvo il diritto di conferma della Camera a maggioranza assoluta; attribuire in via esclusiva alcune incombenze che potrebbero toccare la politica estera del paese, il controllo sulla Pubblica Amministrazione e la vigilanza sugli Enti pubblici”. Sulla sua composizione: “ non ci sarebbero difficoltà per “regionalizzare” il senato né per introdurre una rappresentanza del mondo del lavoro (lavoratori dipendenti, imprenditori, lavoratori autonomi) ed un più largo accesso a uomini di cultura, di scienza … ne potrebbe derivare un’assemblea di riflessione, caratterizzata dal numero ristretto dei membri e da un più intimo collegamento con i nuclei territoriali di popolazione, e capace di recare un contributo di maggiore ponderazione e di più consapevole aderenza alla realtà.” (pag. 322 e segg.) Un Senato delle associazioni e degli enti territoriali, come aveva tentato di proporre in sede costituente! Solo un terzo dei componenti sarebbe dovuto essere nominato dai Consigli regionali che avrebbe dovuto comprendere anche i sindaci delle maggiori città italiane. Si sarebbe potuto abolire il CNEL e far entrare al senato una parte dei suoi membri.
Altre possibili innovazioni avrebbero potuto riguardare i ministri non parlamentari; i sottosegretari che avrebbero dovuto fare da collegamento dell’azione dei ministri ed il Parlamento; modifiche al CSM, che era stato pensato come raccordo tra la Magistratura e gli altri poteri dello Stato e non solo con funzioni preminenti di autogoverno della magistratura; il sistema giudiziario soprattutto nel potere inquirente; sui mass media, sulla stampa e sulla Rai-tv; sull’organizzazione dei partiti politici e dei sindacati e sulla programmazione: “Non si possono fare cosiddette grandi riforme espropriando i terreni (e pagandoli a caro prezzo) o nazionalizzando l’industria elettrica a vantaggio degli industriali elettrici, e lasciare le grandi industrie italiane alla mercè di imprenditori tradizionali, o anche di un solo imprenditore, con l’emarginazione dei lavoratori. La monocrazia (o la oligarchia) dell’impresa italiana è preoccupante. Gli effetti negativi sono pagati dalla collettività nazionale.” (pag. 340) che tradotto nell’attuale era della preminenza del mercato e della finanziarizzazione dell’economia potrebbe significare non soccombere ai poteri forti del mercato e delle banche e togliere diritti ai lavoratori allargando la forchetta della disparità e della povertà.
In conclusione, Sullo avrebbe condiviso la riforma Renzi Boschi e votato SI al referendum? A rileggere alcune modifiche che avrebbe voluto fossero apportate al Senato, sembrerebbe di sì. Ma se si fa un’analisi un poco più approfondita ci si accorge che il Senato che ipotizzava non è quello immaginato dalla riforma, scritto malissimo e pasticciato (e Sullo le leggi le sapeva scrivere!) pieno di incognite e dai poteri e competenze poco chiare e difficilmente esplicabili. Alcune idee della riforma sono sicuramente le sue, ma mancano di una organicità complessiva e sicuramente non disegnano una Costituzione, come Sullo la immaginava: che conservasse la sua impostazione di democrazia parlamentare e, combinata con una pessima legge elettorale, non offrisse anche solo la possibilità di un uomo solo al comando e limitasse la rappresentanza popolare.
NINO LANZETTA



Sabato 06 Agosto,2016 Ore: 21:42
 
 
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