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www.ildialogo.org Alcuni fatti gravi accaduti questa settimana,di Giorgio Langella

Alcuni fatti gravi accaduti questa settimana

di Giorgio Langella

Una riflessione sul pestaggio dei lavoratori della AST e il processo d'appello per la morte di Stefano Cucchi.


01 novembre 2014
Forse non ce ne rendiamo conto, ma, questa settimana, sono successi fatti che dimostrano come la situazione del nostro paese stia deteriorandosi. Cosa che dovrebbe suscitare, per lo meno, una rivolta delle coscienze.
Il 29 ottobre i lavoratori delle acciaierie di Terni (AST – ThyssenKrupp) sono stati brutalmente picchiati dalla polizia mentre si recavano in corteo verso il ministero dello sviluppo economico. Stavano manifestando, con i loro rappresentanti sindacali e il segretario nazionale della FIOM Landini, per difendere il diritto costituzionale al lavoro. Un diritto che dovrebbe essere garantito dalle istituzioni repubblicane che hanno, appunto, il dovere di promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto. La violenza che gli operai delle acciaierie di Terni hanno subito è il risultato di una politica rozza fatta da un governo diretto da un personaggio che non può sapere cosa significa perdere il posto di lavoro perché mai o poco ha lavorato. Una politica che privilegia gli annunci ad effetto, le “sagre” mediatiche, le parole vuote, gli slogan. Una “politica dell'apparenza” che ha scelto di stare dalla parte dei padroni e di quel capitalismo cialtrone che ha devastato e sta divorando le risorse necessarie per la rinascita economica e industriale del nostro paese. Lo hanno fatto con le privatizzazioni selvagge e le delocalizzazioni, chiudendo le fabbriche, licenziando, comprimendo i salari e rendendo sempre più precari lavoro e futuro di ognuno. Lo hanno fatto con le speculazioni finanziarie, evadendo ed esportando immensi capitali nei paradisi fiscali, corrompendo e facendosi corrompere, inquinando e devastando il territorio. E, adesso, gli stessi che hanno favorito il declino industriale e produttivo del paese, comandano i lavoratori della polizia di picchiare quei lavoratori che alzano la testa e protestano perché non vogliono essere loro sudditi.
Quello che è successo a Roma non è un caso. È la scelta, ormai chiara, di limitare qualsiasi diritto, di reprimere in qualsiasi modo (con le buone e con le cattive) il dissenso, di cancellare l'opposizione con leggi elettorali fatte per favorire se stessi, di rendere opaca la democrazia fino a trasformarla in una dittatura che qualcuno potrà anche chiamare “dolce” ma che in questi giorni ha cominciato a mostrare il suo vero volto.
Questa è la politica del governo Renzi. Un governo incapace di risolvere i veri problemi del paese, ma capacissimo di elargire elemosine per ottenere consenso (questo sono gli 80 euro dati a una parte di lavoratori o quelli promessi alle neo mamme) e, quando il falso sorriso o le battute dell'ex sindaco di Firenze non bastano più, di usare il manganello. La violenza contro i lavoratori che si è vista a Roma, non è casuale. È stato solo un episodio, forse il più evidente, di una strategia ben precisa. Vedendo la disposizione delle forze dell'ordine, il loro assetto di fronte a cittadini che protestavano a viso scoperto e mani nude, non si può pensare che qualche singolo “tutore dell'ordine” abbia perso la testa per incompetenza o fatalità. Qualcuno deve avere programmato cosa fare. Qualcuno deve avere ordinato il pestaggio. Qualcuno che ha il potere di controllare e dirigere. In questi casi, il dubbio che il ministero e il governo non solo sapessero ma che abbiano dato ordini di agire reprimendo con l'uso della forza una manifestazione pacifica come quella in corso a Roma, è più che legittimo. La “sagra” della Leopolda e le successive dichiarazioni di esponenti del partito di maggioranza hanno ben dimostrato che la scelta di campo di Renzi e del PD è quella di attuare una politica liberista che individua nelle organizzazioni dei lavoratori (e nei lavoratori stessi) i nemici da punire e schiacciare.
Domenica, sempre alla Leopolda di fronte alla delegazione degli operai di Terni, Matteo Renzi aveva promesso l'intervento del governo nella vertenza che vede coinvolti gli oltre 500 lavoratori in pericolo di licenziamento e tutta la città di Terni. L'intervento promesso da Renzi è stato un pestaggio, lo si è visto, il 29 ottobre, in tutta la sua violenza.
Venerdì 31 ottobre c'è stata la sentenza d'appello per la morte di Stefano Cucchi: tutti assolti. Il presidente della corte ha dichiarato: "Il giudice penale deve accertare se vi sono prove sufficienti di responsabilità individuali e in caso contrario deve assolvere”. In questo caso, però, i fatti che hanno portato alla morte (si dovrebbe dire, nonostante la sentenza, all'assassinio, perché questo è stato) di Stefano risultavano essere chiari. È chiaro che Cucchi fu arrestato perché in possesso di alcuni grammi di droga. È chiaro che dal momento dell'arresto fu preso in consegna da apparati dello Stato. È chiaro che aveva segni sul corpo che evidenziavano percosse o colpi. È chiaro che, per le precarie condizioni nelle quali versava, fu portato in ospedale dove avrebbe dovuto essere curato. È chiaro che, in quell'ospedale dove era sotto sorveglianza, morì. È, infine, chiaro che Stefano Cucchi non si è suicidato. Riassumendo, un cittadino viene arrestato e dopo qualche giorno passato sempre sotto il controllo (e, quindi, la tutela) di apparati dello Stato, muore. La logica direbbe che, di questa morte, qualcuno dovrebbe essere responsabile. Ma così non è. Visto che le prove non sono sufficienti (a detta dei giudici) per condannare individualmente qualcuno, nessuno ha colpa. Cucchi, in definitiva, è morto da solo, senza motivo. Così, per caso.
Il 31 ottobre è stata scritta una pagina oscura della giustizia italiana. Una sentenza che pone molti interrogativi e che può e deve essere contestata.
Perché responsabili della morte di Cucchi ci sono e ci sono state (ma è un eufemismo) leggerezze nella conduzione delle indagini. “Leggerezze” accompagnate da coperture e dal silenzio omertoso di chi sapeva. Perché, certamente, qualcuno conosce la verità e sa come a Stefano Cucchi sia stata tolta la vita.
La massima vicinanza e solidarietà deve essere data alla famiglia Cucchi che si è vista negare il diritto di ottenere giustizia e di conoscere come e perché Stefano sia stato ucciso. Ma è bene rimarcare il fatto che processi e sentenze di questo tipo sono indice di un trattamento dispari tra imputati appartenenti a “caste” più o meno protette e vittime “normali”. Differenze che emergono in tutta la loro crudele ingiustizia specialmente quando le vittime sono “persone comuni” che avrebbero voluto continuare a vivere la loro vita senza nuocere a nessuno.
Le manganellate agli operai della AST – Thyssenkrupp di Terni e la sentenza che assolve tutti per la morte di Stefano Cucchi sono facce di una stessa medaglia. Sono esempi di un sistema che sta diventando sempre più cattivo. Un sistema per il quale i lavoratori e i cittadini normali (che possono avere problemi personali o meno, ma non per questo possono essere considerati colpevoli di alcunché) contano sempre meno di fronte a un potere arrogante che cancella i diritti costituzionali.
Siamo in piena emergenza democratica.



Lunedì 03 Novembre,2014 Ore: 19:02
 
 
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