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www.ildialogo.org INDIGNAZIONE A SENSO UNICO,di Elio Rindone

INDIGNAZIONE A SENSO UNICO

di Elio Rindone

Hanno suscitato nei giorni scorsi l’indignazione di gran parte dell’opinione pubblica italiana gli insulti di carattere violento e sessista che, anche se molto frequenti nella rete, hanno avuto un’eco particolare sui giornali perché rivolti alla presidente della Camera (mentre lo schiaffo dato in aula da un questore, incaricato di mantenere l’ordine, a una deputata dell’opposizione è passato quasi sotto silenzio).
Indignazione ovviamente più che giustificata, a una condizione però: che non ci si limiti alla preoccupazione per la diffusione di atteggiamenti pericolosi e spregevoli o al disprezzo del borghese benpensante, che si sente a posto con la propria coscienza, nei confronti di chi sembra oggettivamente privo di un minimo senso di umanità. Ritengo, infatti, che sia anche necessario cercare di capire le cause di un fenomeno che certo non è esclusivamente italiano ma che nel nostro Paese sembra riguardare un numero particolarmente consistente di cittadini.
Anzitutto, chi si nasconde dietro l’anonimato per sfogare in rete la propria volgarità e la propria rabbia? È difficile credere che si tratti di persone particolarmente colte e benestanti, appartenenti ai ceti sociali più elevati: queste hanno ben altri mezzi economici e stili comunicativi ben più persuasivi per far valere il proprio punto di vista. Probabilmente si tratta di persone appartenenti agli strati meno garantiti della popolazione, che non hanno ricevuto un’istruzione adeguata, che vivono in condizioni di degrado morale, che non trovano lavoro o lo hanno perduto o che, a causa del protrarsi della crisi, vedono frustrata l’aspettativa di un miglioramento del loro tenore di vita.
Se questa fosse la realtà, sarebbe giusto dare a questi uomini e a queste donne l’intera responsabilità della loro violenza sessista o razzista, senza tentare di comprenderne le ragioni? Possiamo essere sicuri che le parole xenofobe di certi politici, i gesti volgari da loro sdoganati, l’immagine della donna-oggetto diffusa da spot martellanti, il modello di carriera e di successo vigente nella società del bunga bunga non abbiano prodotto i loro effetti più devastanti proprio alla base della piramide sociale?
Per limitarci agli ultimi decenni, in effetti, le classi dirigenti, e in particolare le autorità politiche, non di rado attive nel dare pessimi esempi, hanno fatto poco o nulla per elevare il livello culturale e civile della popolazione. Eppure, stando all’articolo 3 della nostra Costituzione, spettava proprio a loro il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
E com’è possibile, per chi ha un modesto lavoro, sviluppare la propria umanità, mantenere la famiglia e curare l’istruzione dei figli se il salario viene abbassato progressivamente a livelli di mera sussistenza, in base alle sole leggi del mercato e in dispregio dell’articolo 36 della Costituzione, che afferma che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”?
In una società in cui aumentano le distanze tra ricchi e poveri, la disoccupazione giovanile raggiunge sempre nuovi record, la corruzione e l’evasione fiscale non sono efficacemente contrastate mentre si susseguono i tagli, con riduzione delle ore di lezione, alla scuola pubblica (delegittimata come agenzia educativa e sostituita da una televisione che dispensa banalità), con l’ovvia conseguenza di un crescente degrado civile e culturale, cosa ci si può aspettare che emerga dalla pancia del Paese: la raffinatezza dei letterati dell’Arcadia e dei poeti del dolce stil novo?
Ecco perché ritengo che, prima di storcere il naso di fronte ai miasmi che vengono dal basso, sarebbe opportuno esprimere un severo giudizio sulla nostra borghesia che, disponendo di risorse economiche e culturali di cui altri sono privi, ha forse responsabilità ben maggiori, perché spesso nasconde dietro maniere signorili (o quasi!), un uso appropriato dell’italiano (beh, non sempre!), un linguaggio politicamente corretto (non esageriamo!) idee e sentimenti non dissimili da quelli che rimprovera a chi non conosce l’arte di mascherarli in pubblico.
Perché i vizi della borghesia non suscitano almeno altrettanta indignazione? Ma è ovvio: perché giornalisti e opinion makers ne condividono mentalità, interessi e status sociale e perché non è piacevole, secondo il detto evangelico, vedere la trave che è nel proprio occhio, mentre è molto gratificante pensare che gli altri sono brutti, sporchi e cattivi! Alla radice dei mali italiani, allora, c’è forse la mancanza di una classe borghese con una propria cultura e una propria moralità, che le darebbero l’autorevolezza necessaria per influenzare positivamente lo stile di vita e il modo di sentire dell’intera nazione.
Proprio questa era l’amara conclusione cui, quasi duecento anni fa, era giunto Leopardi: “Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico di tutti i popolacci” (Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani, composto nel 1824 ma pubblicato postumo nel 1906). E contro questa borghesia benestante e soddisfatta di sé, composta di benpensanti chiusi nel loro egoismo, conformisti di destra, di centro e di sinistra, ciechi di fronte alle ingiustizie, insensibili alle sofferenze altrui, intenti a sfruttare la cosa pubblica, pronti a impartire ai figli lezioni di menefreghismo, di servilismo e di opportunismo si scagliava, circa mezzo secolo fa, anche Pasolini che, nel film La ricotta, pronunciava, per bocca dell’attore Orson Welles, questo giudizio sugli italiani: “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.
Puntare il dito, orgogliosi della propria superiorità morale, contro la violenza e la volgarità di tanti internauti senza dire mai una parola contro la borghesia che manda al potere quei politici che garantiscono i suoi privilegi piccoli o grandi e contro quelle classi dirigenti che sono le vere responsabili della crisi di una società sull’orlo del collasso è, dunque, troppo facile, e anche un po’ ipocrita. Quanto servirebbero all’Italia di oggi la lucidità e la franchezza di un Leopardi o di un Pasolini!



Giovedì 13 Febbraio,2014 Ore: 19:48
 
 
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