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www.ildialogo.org MONTI, L’IMU E IL VATICANO,di Elio Rindone

MONTI, L’IMU E IL VATICANO

di Elio Rindone

29.11.2012

Quando è troppo, è troppo!

Persino La Repubblica, quotidiano decisamente schierato a sostegno di Monti, ha pubblicato il 25 novembre u. s. un articolo del giurista Gianluigi Pellegrino, Lo strano modo di applicare il rigore, che critica con estrema durezza il governo perché “Contro un doppio parere del Consiglio di Stato.

Contro la Commissione Europea e contro una legge che il Parlamento aveva finalmente approvato, ha emesso un regolamento che può comportare un’esenzione totale dell’Imu alla Chiesa e comunque un gran caos applicativo buono per far passare in cavalleria il versamento 2012 e magari anche il 2013.

Ma perché stupirsi? Qualcuno pensava davvero che l’appoggio vaticano al governo fosse senza contropartita? Se passiamo dalla cronaca alla storia, possiamo constatare facilmente che le gerarchie ecclesiastiche non sono mai state indifferenti alle regalie elargite dal potere politico e anzi le hanno sempre pretese.

L’approssimarsi dell’anniversario dell’Editto di Milano del 313 d. C. ha riportato al centro dell’attenzione Costantino che, convinto di avere sconfitto nella battaglia di ponte Milvio il suo avversario grazie alla protezione della divinità dei cristiani, dà inizio, per favorire la nuova religione, a un’imponente politica di edilizia ecclesiastica. L’imperatore non solo fa costruire a Roma, Gerusalemme e Costantinopoli numerose chiese che potevano rivaleggiare per magnificenza con i templi pagani ma anche le provvede di risorse economiche per il sostentamento del clero.

Comincia così, grazie al sostegno imperiale, la trasformazione di una comunità che, prima perseguitata, diventerà sempre più ricca e potente: “nessuna religione aveva fino ad allora goduto di una legislazione così capillare e favorevole, coerentemente strutturata e destinata a facilitarne l’unità e l’espansione, privilegiando in particolare il clero e attribuendo ai suoi capi, i vescovi, una serie di poteri che finivano per assimilarli sempre più a degli importanti funzionari pubblici”(G. Filoramo, La croce e il potere, Bari 2011, p 131).

Ovviamente i vescovi gradiranno molto la politica dell’imperatore, e Agostino d’Ippona (354-430) ne tesserà un elogio entusiasta: “Il buon Dio [...] colmò Costantino, che non propiziava i demoni ma adorava lo stesso Dio vero, di tanti favori terreni quanti non si oserebbe desiderare. [...] Egli [...] fu sempre vittorioso nel dirigere e condurre le operazioni belliche, ebbe successo sotto ogni aspetto nell’eliminare gli usurpatori, morì già avanti negli anni di malattia e di vecchiaia e lasciò l’impero ai figli”(De civitate Dei, V, 25).

In tempi a noi più vicini, nel 1929, Benito Mussolini riesce a chiudere la questione romana, che si era aperta con la proclamazione dell’unità d’Italia. La Conciliazione tra Stato e Chiesa è indubbiamente un grosso successo per le due parti perché, da un lato, rafforza il regime e, dall’altro, riconosce al cattolicesimo uno statuto privilegiato.

Limitandoci agli aspetti economici, va ricordato che da anni le finanze vaticane erano ridotte in condizioni disastrose e Mussolini aveva sempre mostrato grande sensibilità per questo problema: già nel 1924, e di nuovo nel 1925, aveva considerevolmente aumentate la rendita dei vescovi e la congrua dei parroci. Ma ora, concluso l’accordo, l’Italia versa alla Chiesa addirittura un miliardo in titoli e 750 milioni in contanti, e inoltre restituisce alcuni edifici ecclesiastici di enorme valore da tempo incamerati, esenta da ogni tributo le retribuzioni dovute a salariati e impiegati della Santa Sede e rinuncia ad imporre dazi doganali sulle merci importate dalla Città del Vaticano.

Ancora nel 1938, all’approssimarsi del decennale dei Patti Lateranensi, il papa Pio XI sembra in stato euforico quando, in occasione di un discorso al Sacro Collegio, ci tiene ad esprimere la sua sincera gratitudine a Mussolini: “Occorre appena dire, ma pur diciamo ad alta voce, che dopo che a Dio, la Nostra riconoscenza e i Nostri ringraziamenti vanno alle eccelse persone – cioè il nobilissimo Sovrano e il suo incomparabile Ministro – cui si deve se l’opera tanto importante, e tanto benefica, ha potuto essere coronata da buon fine e felice successo”.

In effetti, la Santa Sede aveva tutte le ragioni di dichiarare la propria soddisfazione. Peccato che ‘l’incomparabile Ministro’, appena arrivato al potere, aveva subito manifestato le sue intenzioni non propriamente democratiche e, dopo l’assassinio di Matteotti avvenuto nel 1924, in un discorso alla Camera si era assunto la responsabilità politica, morale e storica del delitto.

Dettagli trascurabili, in fondo! Un omicidio si può perdonare a Mussolini come uno, anzi due, erano stati perdonati a Costantino. L’imperatore, infatti, ha decretato la morte prima del figlio, Crispo, e poi della seconda moglie, Fausta. Le ragioni del duplice delitto sono oscure: forse una relazione fra Crispo e la matrigna, o forse Fausta ha accusato falsamente il figliastro per liberare i propri figli da un pericoloso concorrente nella lotta per la successione e, una volta scoperta la menzogna, ne ha pagato le conseguenze. In ogni caso, una bella famigliola.

Monti, bisogna riconoscerlo, ha donato molto meno al Vaticano, ma non ha delitti da farsi perdonare. Solo qualche peccatuccio: una riforma che lascia gli ‘esodati’ privi sia dello stipendio che della pensione, una modifica dello Statuto dei lavoratori che rende più facili i licenziamenti, una lotta all’evasione più spettacolare che effettiva, un aumento della tassazione su chi le imposte le ha sempre pagate, uno stanziamento di risorse per l’acquisto di cacciabombardieri ma non per la cura dei malati di SLA, una serie di tagli lineari ai servizi pubblici essenziali mentre la riduzione dei privilegi dei parlamentari e del numero delle province resta ancora sulla carta, una legge anticorruzione che in realtà finisce col garantire l’impunità dei colletti bianchi…

Sinché le colpe di Monti si fermano a questo livello, la gerarchia ecclesiastica, è ovvio, può lodarlo con sobrietà e non può chiedere altre regalie. Il presidente del consiglio deve fare un salto di qualità nel peccare, e quindi nel donare, se vuole che di lui, come Pio XI di Mussolini, il papa possa dire: “un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”!

www.italialaica.it




Lunedì 03 Dicembre,2012 Ore: 16:30
 
 
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