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www.ildialogo.org A Tertenia, con gli autotrasportatori in protesta,di Giovanna Mulas

A Tertenia, con gli autotrasportatori in protesta

di Giovanna Mulas

GIOVEDÌ 26 GENNAIO 2012
Ieri sono stata per qualche ora con gli amici autotrasportatori in protesta nella zona di Tertenia.
Tra auto di polizia e carabinieri, il gelo di una campagna agreste di gennaio, i camion vengono lasciati per adesso ai lati della strada, in fila indiana, ai fini di consentire il passaggio agli altri automobilisti.
Parlo con padri sostenuti dai gruppi indipendentisti, parlo con ragazzi che lamentano la quotidiana sopravvivenza alla vita, la totale assenza di sindacati e istituzioni in genere, la mancanza di coscienza di buona parte della popolazione ché non ancora toccata dal fango e il suo odore.
Mancanza di scambio di elementi tra governati e governanti: classe politica alfa già casta, non in grado anche solo di fermarsi ad ascoltare.
Dimentica, questa casta, del virtuale che rappresenta agli occhi degli uomini veri, dei lavoratori veri: casta di burattini senza filo, commessi viaggiatori, mancati piazzisti, rappresentanti di chi oramai non ha più bisogno di essere rappresentato, marionette di un teatro col sipario già calato, come le braghe, sulle vergogne, e per fortuna nostra, agli occhi del mondo.
L’isola è in ginocchio, il malessere è forte e lo respiro come mio da anni, lo conosco e rispetto: e vigorosa, prepotente quanto il diritto alla vita e al lavoro è la dignità di questi uomini e le loro famiglie.
Penso, in ansia per i miei figli e i giovani, tutti figli nostri, alle crescenti rappresentazioni fasciste di violenza caotica, che non resteranno senza conseguenze, penso alla superficialità, al costante sottovalutare la situazione degli omuncoli da circo televisivo, gli opinionisti dal sorriso facile, strafottente.
Gli stessi parlamentari borghesi, virtuali e corrotti, che ghignano senza credere, loro per primi, alle cazzate che sparano, offese costanti all’intelligenza del popolo.
AlicI Delle Meraviglie, bianconigli scaduti e affondati in quella poltrona fuori dal mondo, promossi da media complici mentre la polizia manganella chi andrebbe protetto, chi ha fame, chi urla, chi solo, davvero, fa Stato.
 
Io mi rifiuto di vedere un’Italia alla Capitan Schettino. La nave è già affondata e ancora cadrà: rappresenterà un bene per troppi, la caduta. Ma le masse popolari non sono e non devono essere un capitan schettino: la loro potenza, seppure ancora inconsapevole, non va sottovalutata, va temuta. L’italiano è quel pescatore che, ferito dalla violenza del poliziotto, ha saltato la barricata, ha spezzato un bastone e, furioso per le chiare ingiustizia e repressione, si è difeso.
Pure è un bene, per ora, che quel bastone si fermi ad una barricata messa su dalla polizia-Stato, è un bene che non vada oltre, per ora. Ma presto anche quella barricata cadrà, è fisiologico che cada.
E’ in quel momento che vedremo, voglio, l’italiano vero: orgoglioso, pieno della sua Patria, dell’essenza stessa di Patria, persa da troppo tempo o forse mai conosciuta, comunque schiacciata da indegni.
Pieno dei suoi diritti di Uomo, suoi semplicemente perché uomo, la cui reazione di passione diventa comprensione e quindi conoscenza.
Vedo, voglio, una Patria dove l’ultima delle madri di famiglia possa fare il ministro dell’economia e devo dire che la vedrei molto bene, nel farlo. Senza lacrime di coccodrillo lo farebbe, e non un figlio rimarrebbe senza un piatto.
Certamente lavorerebbe in un’ottica di bene comune quella madre, orizzontale.
Concreta e molto, molto lontana da Alici e bianconigli.
 
 Leggi dal blog ufficiale
 


Venerd́ 27 Gennaio,2012 Ore: 12:40
 
 
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