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www.ildialogo.org Lettera al PD,di Mario Pagliaro

Politica - l'opinione
Lettera al PD

di Mario Pagliaro

Il punto di vista di un radicale sulla crisi del PD


 Spet.le PD...no!....Preg.mo PD...no!...uhm...Caro PD,

non so se finalmente o per caso ma Berlusconi non è più il nostro Primo Ministro. Faccio fatica a spiegare alle mie bimbe che resta comunque un deputato, perché non capiscono cosa faccia un deputato. Non oso rispondere alla domanda: "e adesso, questo Monti... è bravo?", perché tra le attenzioni che un padre deve avere, c'è quella di non rischiare di perdere credibilità per interposta persona.

Mi sono svegliato convinto di dovermi sentire più sollevato. Non dovrei, credo, più veder contusi i mie zebedei dalla retorica su quanto sia più pericoloso Berlusconi, della inattività dei retori. I troppi condizionali, però, continuano a farmi tremare e credere probabile, che per altri vent'anni i miei zebedei, saranno incastrati dalle parole di altri mitici magistrati, ostinati sindacalisti, solidali cristiani, rivoluzionari delle poltrone, laici fedeli, statalisti dell'impresa e obiettivi dell'informazione che mi vorranno spiegare... quanto sia stato più pericoloso Berlusconi del loro attivismo.

Ergo, per cui, là onde, caro PD (consentimi l'afflato confidenziale), ti scrivo, pur non conoscendoci bene, non essendoti mai stato presentato. Una mia pecca questa, a cui mi condanno da adolescente, quando perdevo opportunità con le ragazzine cui anelavo, credendo necessario per dimostrare volontà di rispetto, essere presentati da persone rispettabili. Una categoria verso cui dimostro troppo rigidi criteri di selezione. Per questo, confesso, con te ho voluto essere più audace. Fui tra i primi a tesserarsi nelle tue fila. Lo credevo un passo utile/necessario per parlarci. Ma non ti sei mai accorto di me, ed io di quella tessera che lasciai nei tuoi cassetti.

Ora, trasportato dal senso di liberazione che i miei zebedei vorrebbero provare, ti scrivo per dirti che... di Berlusconi non mi è mai importato nulla, che le falci ed i martelli sono strumenti utili solo a stipendiati statali in pausa caffè, che il sindacato, dopo il Vaticano, è la categoria più conservatrice di potere che l'Italia conosca, che i cassa-integrati sono invidiati dalle migliaia di laureati troppo poveri per fare i contadini, troppo vecchi per diventare artigiani e poco raccomandati per avere incarichi pubblici. Ti scrivo, anche per farti sapere che se vengo ingaggiato da un imprenditore per una consulenza di un giorno o di un anno, dopo averla svolta, il mio pensiero è quello riuscire ad essere pagato quel che ho chiesto, non di farmi pagare il pulmann per andare a cantare "bellacciao" chiamandomi "precario".

Quel che mi preme spiegarti, adesso, è l'assoluta sterilità dei riferimenti elettorali che continui a credere vitali e l'enorme potenzialità che avresti se, invece di rivolgerti alle categorie del banale post-bellico, di riempirti di giovani "figli di padri", donne "mogli di mariti", funzionari in part time da un lavoro che non hanno mai fatto o guadagnato, facessi uno sforzo. Non nella ricerca dei "nuovi poveri" che, per inciso, non sono quelli che occupano le case popolari o perdono lavoro da fabbriche che non dovrebbero mai essere nate. Questi, nella stragrande maggoranza, al Sud, sono parassiti che hanno fatto piaceri a politici e sindacalisti parassiti o avuto piaceri da camorristi a cui dovranno restituire. Nemmeno sforzarti di pensare ai dipendenti pubblici, gli unici al mondo a credere che una giornata duri sei ore e il mese si concluda il 27.

Capisco e comprendo (prendo con me) che, per chi crede si debba inseguire il Potere per poi amministrare, questi siano i serbatoi più facili da raggiungere. Perché sono quelli pieni di interessati a conservare gli status quo, perché quelli che "..rind'o mbruoglio...mbruoglio aiutimi!" ma, soprattutto, perché gli unici con tempo pagato per farsi rappresentare e sicurezze raggiunte per avere qualcosa da difendere. Ma sono pure i serbatoti che non ti hanno mai dato nulla, anzi, quelli che per essere contati ti hanno costretto a patteggiare con i De Mita, perdere con i Berlusconi, ricattare dalle chiese, accettare i Di Pietro, aver paura dei Grillo.

Lo sforzo che ti chiedo, quindi, è altro: riflettere sulla insulsa, retorica funzione che gli italiani "per bene" vorrebbero che la politica assolvesse: "dare risposte".

Un'abitudine tutta borbonica, trasversale ai luoghi ed ai servilismi, mascherata da elegante richiesta di efficienza, che si fa bella del recto, nascondendo il verso. "Avere gente cui rispondere", è conseguenza di "avere gente che chiede". Tralascio i paralleli antropologici tra la sfera politica totalitaria e quella religiosa del verbo "chiedere", ma più pragmaticamente, vorrei farti rilevare come, il fare attenzione a dare risposte giuste, significa per forza di cose, limitarsi ad analizzare coloro che sanno chiedere meglio, ovvero, gridare di più. Ecco perchè prendo con me la tua eterna attenzione ai gruppi di potere, metalmeccanici o fideisti poco importa. In continuità con le destre illiberali, che almeno lo fanno con trasparenza, tu, hai protratto la tua storia cattocomunista nella convinzione di avere più probabilità di vittoria potendo contare, misurare a priori i consensi. Per questo hai ritenuto, anche tu, funzionale inseguire, accontentare, comprare le dichiarazioni o almeno le intenzioni di voto dei gruppi di potere contrapposti a quelli che non riuscivi a raggiungere.

Così, come Gennaro, il mio cagnolino meticcio che si mordeva magnificamente la coda, inseguendosi in tondo, sono 60 anni che fai le stesse cose degli "altri" ritenendoti diverso. Bombe e tangenti comprese.

Essendo la prima volta che ti scrivo, perché non ti attardi in pregiudizi nei miei confronti, mi preme rassicurarti di alcune cose che so crearti emozione: tra i preferiti del mio browser è assente qualunque riferimento a Grillo. Di lui conservo solo un dvd comprato ma, da sempre, conservato nel suo cellophane, perché arrivato il giorno dopo che "colui" riunì Sergio D'Elia a Cirino Pomicino, nella lista dei pregiudicati da cui liberare il Parlamento.

Non deve suonarti strano o  blasfemo, quindi, questo mio scrivere. Essendo (credo lo creda anche tu) finito il tempo di potersi illudere che anche l'ignavia possa avere un senso, e le opportunità siano cose diverse dagli opportunismi, ti richiamo alla tua potenziale utilità, non nel giudizio sulla quantità di monetine da tirare agli ex premier, ma nel confessare di essere consapevole, anche tu, che anche questo nuovo governo non metterà mano ad una nuova legge elettorale maggioritaria.

Ergo, per cui, là onde, prima di ritrovarti a nominare parlamentari che, nella prossima legislazione, si lamentino di operare in un Parlamento di "nominati", metti mano alle primarie!

Oggi, al massimo domani, magari ieri. E non per il candidato premier, per quello il tuo statuto era ed è chiaro, ma per riempire le liste dei candidati che quel premier dovranno far eleggere. L'indignazione corrente rende di moda credere che "il pesce puzza dalla testa". Può essere..., non lo so! Certo è, che quella che proprio non riesco a sopportare, invece, è la puzza dei piedi. Perché è tra questi che vivo e che trovo calpestati i miei diritti e le mie speranze.  

Vedi, ad esempio, qui ad Avellino, se non sopravviene un gesto nuovo, veloce, drastico, garibaldino, non resterà che aspettare che un manipolo di cellule dormienti, create da De Mita e solo apparentemente sfuggite al suo controllo, mi propongano liste di facce nuove, divise per grado di aspettativa: il rampante che deve mettere a frutto le aspettative del padre, il professionista che ha avuto troppo per negare richieste esplicite, l'ex giovane politico di professione che pur di rientrare nei debiti si accontenta di qualsiasi cosa, il giovane giornalista che aspira al posto di addetto stampa, l'ex addetto stampa che aspira alla poltrone di un ente, quello che dalla poltrona di un ente, finalmente, vuole diventare assessore, il sindaco che vuole diventare parlamentare, il senatore che aspira al ministero.... Come direbbe un mio "amico" mi aspetta la contrapposizione tra "buoni a nulla" e "capaci, veramente, di tutto".

Lo sforzo di cui parlo, alla fine, è quello di accompagnare me, e gli altri milioni come me che nn sei mai riuscito a contare (né prima e né dopo un'elezione), perché non si vendono, non si fanno vedere indignati, non si fermano il primo maggio come il quindici agosto, semplicemente vivono, restando fuori dai cori, e per questo, senza essere sentiti.

Quelli che, come me, sono stanchi di Ballarò, non si galvanizzano per Santoro, si deprimono con Report perché non riescono a capire come si possano chiamare "scoop" disastri gastrici che, noi, viviamo, raccontiamo e avversiamo tutti i giorni. Noi siamo quelli che non evadono, non guadagnano, non delegano e che agiscono, ma senza conseguenze. Forse, perché troppo poco giovani, troppo poco brillanti, troppo poco utopici, troppo poco Renzi, troppo poco Monti, troppo normali, insomma.

Viviamo, in prima persona, l'incapacità di capire come tu riesca a dribblare ricette semplici, pur di affannarti in cose utili solo a rassicurare i gruppi del potere che ti ostini a credere tuo. Due anni fa, ti fu suggerito di anticipare le richieste europee e innalzare l'età pensionabile delle donne a sessantesette anni. Giocando d'anticipo si sarebbe potuto ammortizzare "l'impopolarità antiproletaria" acquisita, con una concreta dimostrazione di maturità e con la richiesta di destinazione dei fondi ottenuti a favore del potenziamento di asili nido e presidi per le donne lavoratrici. Ancora una volta ti imbarazzasti, contando i voti supposti della Cgil e.... oggi saremo costretti ad accontentare comunque l'Europa, con il danno che i soldi ricavati andranno per i debiti acquisiti.

Potrei continuare all'infinito nel novero degli autolesionismi "tafazziani" a cui ti condanni, nell'utopia di accattivarti questa o quella lobby catto-proletaria. Cilici che nemmeno la Binetti si augurerebbe,... già...la Binetti.

Trovo, allora, più costruttivo scuoterti, ricercando soluzioni tra quelli come me, che non amano questo paese in cui sono costretti a vivere e, per questo, sono diventati gli unici che abbiano la necessità di riuscire a cambiarlo in meglio. Quelli che si dicono del PD solo perché nello statuto ancora esiste la macchina delle primarie, l'unica, vera differenza tra te, "sedicente" forza riformatrice ed il resto.

Nella speranza che tu riesca a leggere questa mia, prima che le tue burocrazie la capiscano, e che non usi gli "I like" per contare quanta importanza dargli, ti auguro la buona vita necessaria ad aiutarmi nelle mie azioni.

P.S.

In caso contrario, non ti offenderai se anche per te, come per altre cose inutili, auspichi una veloce fine. 

Mario Pagliaro



Mercoledì 16 Novembre,2011 Ore: 09:44
 
 
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