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www.ildialogo.org Il cattolicesimo "identitario" e i silenzi della Chiesa,<em>di Fabio Pizzul</em>

Chiesa e Lega
Il cattolicesimo "identitario" e i silenzi della Chiesa

di Fabio Pizzul

L’analisi del rapporto tra Chiesa e Lega, prima confinata tra le questioni imbarazzanti o inconfessabili, sta conoscendo negli ultimi tempi un risveglio significativo. Ne sono prova i due bei volumi di Paolo Bertezzolo Padroni a Chiesa nostra, Emi [v. Adista n. 48/11] e Renzo Guolo, Chi impugna la croce (Laterza), al centro di un incontro organizzato a Milano dall’associazione Città dell’uomo lo scorso 24 ottobre.

Indagare il rapporto tra Chiesa e Lega non è facile. Da un lato perché la Lega si conferma come un movimento cangiante e irregolare, caratterizzato da una forte fedeltà al leader, ma anche da una grande capacità di adattamento e di allergia al principio di non contraddizione. Dall’altro perché la Chiesa è da sempre, anche nelle sue espressioni più legate al territorio, capace di metabolizzare critiche e spigolosità in nome di un appello all’inclusività e alle buone relazioni con tutti. Eppure il rapporto con la Lega non può essere derubricato a necessario rapporto istituzionale con chi gestisce la cosa pubblica sul territorio o fa politica in senso più generale.

Se tra comunità cristiana e partiti, dopo la fine dell’unità politica dei cattolici, c’è stato una sorta di patto a distanza che ha preso atto della distinzione (non sempre rettamente intesa) tra le due sfere di influenza, la Lega ha più volte esplicitamente disatteso questa tendenza dichiarandosi apertamente, come ben raccontano i due volumi citati, alternativa alla Chiesa. La maggior parte delle forze politiche ha sempre preso atto, vuoi per sfruttarla, vuoi per criticarla, dell’oggettiva influenza e del radicamento territoriale della Chiesa cattolica. La Lega no.

Il movimento di Bossi si è proposto prima di costruire un pantheon neo pagano alternativo alla Chiesa; è passato poi alla definizione di un cristianesimo identitario e tradizionalista, per finire con il dare indicazioni riguardo quella che debba essere la retta dottrina cattolica. La Lega si propone come movimento fortemente esclusivo e ha l’ambizione di modellare la realtà a propria immagine, ivi compresa la Chiesa cattolica, che deve risultare coerente alla propria visione. Ne nasce così quello che potremmo definire un rapporto distorto, con la Lega che sceglie, secondo criteri meramente utilitaristici, quali aspetti della dottrina e quali esponenti ecclesiastici è bene ascoltare e quali invece è necessario combattere.

Dall’incontro milanese, soprattutto negli interventi di Luigi Pizzolato (docente dell’Università Cattolica di Milano) e del prevosto di Gallarate (Va), don Franco Carnevali, è emerso come la cultura della Lega abbia molti aspetti esplicitamente anti-cristiani, e come le sue tesi e le sue azioni siano difficilmente conciliabili con l’opera della comunità cristiana e, prima ancora, con il Vangelo. La Lega però gode di larghe simpatie e di ampio consenso anche all’interno del mondo cattolico. Se è difficile spiegare questa fortuna a partire da considerazioni dottrinali e teoriche, lo è, mi pare, molto meno se si parte da elementi legati al vissuto concreto di molti cristiani, soprattutto se non particolarmente impegnati nelle attività pastorali parrocchiali o di qualche aggregazione.

Le parole d’ordine leghiste paiono ormai essere diventate pane quotidiano per molti che si considerano cattolici. Concretezza, identità, buon senso, difesa di quanto conquistato con fatica, aggressività, rispetto formale: sono elementi che caratterizzano l’azione della Lega e che si pongono in contrasto con altri termini come alterità, cattolicità, profezia, spiritualità, prossimità, mitezza, interiorità. In molte comunità e in molti cattolici, soprattutto in territori a forte radicamento leghista, è facile trovare più consenso sul primo che sul secondo elenco. Uno scivolamento verso tematiche e atteggiamenti più tolleranti nei confronti di prese di posizione che, a rigore, dovrebbero essere considerate profondamente contrarie allo spirito del Vangelo.

Molto chiara è, in questo senso, la vicenda della difesa del crocifisso e la battaglia per la sua esposizione nei luoghi pubblici. Per la Lega il simbolo cristiano per eccellenza diventa segno identitario ed esclusivo, ma questo non sembra turbare molti cattolici che vedono anzi in queste battaglie una garanzia per poter difendere la propria tradizione.

Nella strategia leghista l’atteggiamento di chi non tollera contaminazioni o compromessi diventa volontà di marchiare con il proprio brand ogni attività e ogni proposta, secondo uno spirito spiccatamente identitario. È possibile per la Chiesa trovare forme plausibili di convivenza con una forza politica che intende sostituirsi alla sua azione? Dalla Lega arrivano approvazioni o censure, indicazioni su come la Chiesa cattolica dovrebbe comportarsi e su quale debba essere considerata la tradizione autentica a cui ispirarsi. Può essere questo compatibile con la dimensione ecclesiale che  emerge dal Concilio? La Lega si pone in contrasto con buona parte del magistero post conciliare e ritiene non solo possibile, ma addirittura necessario, scegliere una parte del cattolicesimo. Le relazioni “diplomatiche” sono inevitabili, ma può la comunità cristiana spingersi oltre?

La Lega dà l’impressione di agire con criteri più vicini al marketing che a una reale considerazione del significato dei simboli che decide di adottare. Appare anche evidente uno scivolamento semantico verso profili che sconfinano spesso nella strumentalizzazione. La Lega non perdona gli altri, ma è molto indulgente con se stessa. Il principio di non contraddizione e la coerenza tra enunciati e comportamenti non appartengono alla cultura leghista, ma questo non pare essere un ostacolo in un contesto nel quale prevale ormai la dimensione mediatica e formalistica. La Lega ha tutto il diritto di continuare sulla strada intrapresa, soprattutto se il consenso popolare continuerà a non mancarle. Da parte della comunità ecclesiale occorre però una seria riflessione sul perché certi atteggiamenti facciano ormai breccia anche al proprio interno. Il decennio pastorale dedicato all’educazione e, in senso più ampio, alla formazione delle coscienze, mi pare possa essere un’occasione propizia anche per riflettere su questo versante.

* Giornalista, consigliere regionale per il Pd in Lombardia; già presidente diocesano dell'Azione Cattolica Ambrosiana

Articolo tratto da
ADISTA
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Mercoledì 09 Novembre,2011 Ore: 13:15
 
 
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