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Quando la Chiesa rincorre Cesare. Catechismo e berlusconismo secondo Fulvio Giorgi

Dal n. 41 del 2011 dell’agenzia “Adista” la recensione a firma Ingrid Colanicchia di un articolo di Fulvio Giorgi


Massone, neoliberista, con una dubbia «regolarità di vita familiare», insomma tutt’altro che il rappresentante ideale per una Chiesa che voglia essere fedele al proprio magistero. Eppure in questi mesi diversi sono stati i vescovi che hanno tentato di mettere una pezza sui vari scandali che hanno riguardato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Da mons. Rino Fisichella – che tentò di minimizzare la barzelletta sessista con bestemmia finale affermando che andava «contestualizzata» (v. Adista n. 77/10) – al vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri (che dichiarò che per la Chiesa conta più quanto un governante si impegna per il bene comune che la sua condotta individuale, v. Adista n. 19/11) è tutto un susseguirsi di alibi, giustificazioni, al punto da far domandare a Fulvio De Giorgi (professore all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) se non si stia pensando di mettere mano al Catechismo per salvare il presidente del Consiglio. E proprio così, Cambiare il catechismo per salvare Berlusconi?, De Giorgi titola un suo intervento pubblicato sul numero di marzo-aprile di Appunti di cultura e di politica – la rivista fondata dalla Lega democratica nel 1978 e ora edita dall’associazione Città dell’Uomo fondata da Giuseppe Lazzati – in cui, partendo da Manzoni e dalle sue Osservazioni sulla morale cattolica per arrivare a don Primo Mazzolari, mette in luce «le contraddizioni in cui cade l’uomo di Chiesa che si spende troppo per Cesare».

«Nel dopoguerra – scrive De Giorgi – i vescovi italiani sentirono il dovere di offrire indicazioni morali chiare per orientare i cattolici nella scelta dei candidati da votare nelle elezioni. Oltre alle questioni relative ai programmi» mettevano l’accento, in un documento della Cei del 1958, su «indicazioni di natura personale, che si possono considerare (a meno di smentite) sempre valide». Tra queste, «la non appartenenza a sette massoniche»; «la formazione genuinamente cattolica sia per l’indirizzo generale del pensiero sia con particolare riguardo alla soluzione dei problemi sociali e ai rapporti con la gerarchia e la dottrina della Chiesa nella vita privata e pubblica; l’integrità della vita morale e la regolarità di vita familiare con esclusione anche, almeno per i nuovi candidati, di dicerie seppur difficilmente accertabili; l’onestà e il disinteresse, sicché non sia facile, né l’avidità né il compromesso e sia eliminato il timore di ricatti; la coscienziosità scrupolosa di amministrazione, contro la quale starebbe anche il fatto di spendere il denaro pubblico sia pure in opere di beneficenza e di culto, ma nel solo distretto dei propri elettori per assicurarsi il voto; la capacità, competenza e valida preparazione alla vita politica e amministrativa». Criteri che Fulvio De Giorgi prova ad applicare a Berlusconi, «come politico, e al suo governo»: «1. Berlusconi aderì alla massoneria, loggia coperta P2. 2. La soluzione dei “problemi sociali”: il liberismo e il neo-liberalismo del governo Berlusconi sono contrari alla dottrina sociale della Chiesa. 3. Si fa riferimento alla vita morale privata e alla “regolarità di vita familiare”: non si chiedono sentenze di condanna, basta un sospetto, un’ombra, cioè anche solo “dicerie seppur difficilmente accertabili”. 4. Significativo il “timore di ricatti”. 5. Si condanna il voto di scambio. L’elettorato cattolico non “si compra”. 6. La competenza: non si mettono in lista giovinette o giovinetti senza “capacità, competenza e valida preparazione alla vita politica e amministrativa”».

Sembra strano, dunque, che «qualche vescovo ora proponga un’innovazione forte dell’insegnamento morale della Chiesa». «Contestualizzando storicamente i “contestualizzatori” e i vescovi innovatori, appare che queste proposte derivano, in realtà, da un preminente interesse e obiettivo politico, rispetto a orizzonti spirituali e a priorità pastorali. Si profilerebbero così – prosegue De Giorgi – ancora una volta, un errore politico e un danno pastorale. Come spesso accade quando la Chiesa fa politica. Perché, evidentemente, sul piano ecclesiale e pastorale appare incomprensibile il filtrare il moscerino e ingoiare il cammello (Mt 23,24): si è filtrato il moscerino del cattolicesimo democratico (da Prodi alla Bindi) e si ingoia il cammello del cattolicesimo berlusconiano». «Si può, come ha fatto e cerca di fare il presidente del Consiglio, cambiare una legge ed eliminare un reato, si possono stabilire nuove regole processuali per salvare imputati eccellenti, si può perfino tentare di modificare la Costituzione per un beneficio ad personam. Più difficile, mi pare, è cambiare il Catechismo. Ora, al di là della politica, molti cattolici pensano che proprio questo sia oggi in gioco: non perché sono oscurantisti e sessuofobi, ma perché avvertono gli effetti devastanti del materialismo pratico (individualista, socialmente egoista, spesso sessuomane). Siamo davanti ad un “disastro antropologico” dovuto al trionfo di tale materialismo pratico e dei suoi “valori” (denaro, potere, sesso, successo, visibilità mediatica) rispetto all’umanesimo plenario che valorizza le beatitudini evangeliche (povertà, mitezza, fame e sete di giustizia, misericordia, purezza, umiltà). Da che parte stanno – è la domanda conclusiva di De Giorgi – il presidente del Consiglio, il suo stile di vita, i messaggi che lancia l’impero mediatico che a lui fa capo?».



Mercoledì 08 Giugno,2011 Ore: 16:13
 
 
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