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www.ildialogo.org Edonismo "tollerato",di Fulvio Ferrario

Edonismo "tollerato"

di Fulvio Ferrario

Roma (NEV), 2 febbraio 2011 – Proponiamo in anteprima un editoriale di Fulvio Ferrario che verrà pubblicato sul prossimo numero del settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi “Riforma” (www.riforma.it). L’autore è docente di teologia sistematica alla Facoltà valdese di teologia di Roma.

"Che cosa dice, sugli italiani, la tolleranza nei confronti dell’edonismo di Silvio Berlusconi?"

A chiederselo è il sito del New York Times, nell’ambito di un dibattito dal titolo Decadenza e democrazia in Italia. A parte il termine "edonismo", piuttosto improprio, nella sua eleganza, per indicare una vicenda di lenocinio, la domanda non solo è pertinente, ma anche più interessante di quelle relative ai dettagli (spesso definiti "piccanti": in realtà semplicemente disgustosi) del cosiddetto "Rubygate".

Accanto alle quotidiane menzogne, infatti, il presidente del Consiglio (e del Milan; e di molto altro) ripete una verità: che egli è stato regolarmente eletto e che, a quanto pare, una consistente componente dell’opinione pubblica ritiene che il suo comportamento non sia incompatibile con la carica che egli ricopre. Di più: negli ultimi sedici anni, sia dal governo, sia dall’opposizione, egli è stato l’indiscusso protagonista della vita politica del Paese, determinandola con una costanza e un’intensità probabilmente uniche nella storia della Repubblica. Le innumerevoli vicende giudiziarie nelle quali è stato coinvolto, gestite sia attraverso una copiosa produzione di leggi su misura, sia mediante un uso disinvolto del proprio potere mediatico, non sono state ritenute, dai nostri concittadini, motivo sufficiente per revocargli la fiducia. Anzi, gli analisti concordano nell’affermare che il suo personale fascino (sono riluttante a utilizzare il termine, dopotutto biblico, di "carisma") è stato decisivo anche per la vittoria di esponenti locali del suo schieramento, trascinati dall’"effetto Silvio".

Il punto non è tanto l’"edonismo" né, per paradossale che appaia l’osservazione, il "solo" lenocinio, qualora fosse provato. Tutta l’epopea berlusconiana è attraversata da scandali, malversazioni, conflitti istituzionali di ogni specie, amicizie nazionali e internazionali imbarazzanti, compravendita di deputati, spettacolari gaffe diplomatiche e dichiarazioni catastrofiche, evidentemente dovute al supremo disprezzo di ogni norma e consuetudine di correttezza, non solo politica. Alcuni che oggi criticano, anche aspramente, questo "stile" lo hanno reso possibile, ad esempio votando per quasi tre lustri le leggi ad personam. E, appunto, il popolo sovrano lo ha avallato con il voto e con la rinuncia all’indignazione. È chiaro che esiste anche un’Italia che si ribella, ma lo è altrettanto la sterilità di questa reazione, a fronte di una maggioranza di italiani che ciondola tra indifferenza, ammiccamento e vera e propria approvazione.

Singolare anche l’atteggiamento di esponenti di rilievo della gerarchia cattolica. Dopo essersi compiaciuti della difesa dei "valori cristiani" (cioè: lotta dura senza paura al testamento biologico, alle unioni diverse dal matrimonio, alla procreazione assistita, difesa del crocifisso nei luoghi pubblici, ruolizzazione dei professori di religione, promozione della scuola privata mentre si fa a pezzi quella pubblica, ecc. ecc.) da parte di chi governa il Paese, essi si inquietano ora per "notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro"; subito dopo, però, notano che "qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine" (così il card. Bagnasco): insomma, Berlusconi è un birbantello, ma anche questi giudici potrebbero occuparsi d’altro. Che cosa unisce la "difesa dei valori cristiani" alla pseudodemocrazia da lupanare? Uno slogan come "meglio donnaiolo che gay"? O la conversione della "nipote di Mubarak" (impagabile, anche questa trovata!) dall’islam al cattolicesimo?

In questo clima, l’Italia celebra i centocinquant’anni della propria unità. Sembra che il lavoro necessario per "fare gli italiani" sia ancora parecchio. Come possono, gli evangelici, contribuirvi? Se l’allusione (che è a una celebre espressione del teologo Karl Barth) non fosse sproporzionata allo squallore delle circostanze, direi: pregare, leggere e predicare la Bibbia, fare diaconia, "come se nulla fosse accaduto", insieme ad altri cristiani, più critici di quanto lo siano i loro capi. Una società così narcotizzata non si risveglierà in breve, qualunque cosa accada nel prossimo futuro, e non saranno le nostre filippiche, compresi i miei articoli, ad accelerare il processo. Nel tragicomico sfascio morale del paese, dove le uniche regole, giuste o sbagliate che siano, le detta Marchionne nell’assenza di qualunque progetto politico, una sia pur modesta, ma decente, testimonianza cristiana costituisce probabilmente, per quanto ci riguarda, la forma più efficace di resistenza.



Venerd́ 04 Febbraio,2011 Ore: 15:41
 
 
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