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www.ildialogo.org L’Italia vista da Gerusalemme,di Paolo Farinella

L’Italia vista da Gerusalemme

di Paolo Farinella

[pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro (locale) domenica 27 giungo 2010, p. XVII con il titolo: «La lezione della Terra Santa e le miserie di casa nostra»]
Sono ritornato da Gerusalemme dopo 4 giorni di visita intensa attraversando in un baleno millenni di storia, di geografia, di memorie e contraddizioni. Con me erano tre cari amici. Avevo vissuto a Gerusalemme est, villaggio arabo di Bètfage, dal 1998 al 2003, durante il giubileo e la 2a intifada, frequentando lo Studium Biblicum, centro di ricerca, specializzato in scienze bibliche e archeologia. Ho percorso tutta la Palestina biblica. Gerusalemme mi ha rapito il cuore e la testa perché lì ho lasciato desideri, progetti, aspirazioni e sogni. Ritornarvi dopo 7 anni ha significato trafiggere il mio cuore di struggimento ad ogni livello. Molto è cambiato: la geografia, ora scarnificata da molti muri violenti, squarci a cielo aperto nella carne di viva nella terra di due popoli. I muri che circondano gli insediamenti ebraici e che chiudono i Palestinesi sono una reale prigione aperta dove tutti sono prigionieri: fisicamente e nell’anima. Un muro, qualsiasi muro, ha sempre due versanti: di qua e di là. Non c’è scampo per nessuno.
Visitando la geografia dell’«Emmanuele/Dio-con-noi», cioè la fisicità di un Dio che si può incontrare e sperimentare attraverso la memoria della storia che si fa salvezza, cioè annuncio di liberazione per un mondo di giustizia tra eguali in dignità e onore, ho pensato alla nostra condizione di occidentali, piccini e anacronistici. Non mi è mancato affatto Berlusconi e la sua Italietta che ancora lo tollera, nonostante sia il governo della delinquenza organizzata scientificamente. Dalla prospettiva di Gerusalemme, l’Italia e l’Europa sono meno di un bruscolino che si perde nell’immensità della Storia che corre verso un «punto Omèga» che solo gli spiriti liberi sanno contemplare, anche se non possono descrivere perché le parole sono insufficienti a dirne la pienezza e l’utopia. Papi e cardinali, visti dal «Monte di Sion», punto di convergenza di tutti i popoli e di tutte le nazioni, scompaiono nel loro anacronistico modo di «stare» nel terzo millennio perché attorno alla «Città santa» è un brulicare di contraddizioni, di aspirazioni e di profezie che si realizzano: chi ha orecchi ascolta e comprende, chi non ha cuore vede e si scandalizza.
Con me erano altri tre amici cari e insieme abbiamo condiviso il caldo a 45° all’ombra, l’emozione di Masàda, testimone dell’eroica resistenza degli Ebrei ai Romani; la depressione del Mar Morto, sempre più morto; Qumran e i suoi documenti, fondamentali per la storia e la fede; la strada del «buon Samaritano» e quella romana che Gesù percorse centinaia di volte da Sion alla Valle di Giòsafat o del Getsèmani; la tomba di David e il Cenacolo; le case bruciate e le cisterne della torre Antonia; il pinnacolo del Tempio della tentazione e il deserto di Giuda, luogo di siccità e di verità; il Muro di Erode o occidentale, volgarmente detto «Muro del Pianto», dove gli Ebrei sospirano il Messia; e poi Betlemme con il campo dei pastori da cui ebbe inizio la storia con protagonisti Dio, gli emarginati e la povertà. Un impatto notevole ha avuto per noi la Basilica infinita che custodisce il sepolcro, il calvario e le memorie della croce che danno un impulso nuovo e diverso ai racconti della passione riportati nei Vangeli.
Abbiamo constatato che nel 638 il califfo Omar, rispettosissimo dei luoghi cristiani, volle pregare a Betlemme, sul luogo della «Beatissima Vergine Maria, Madre del profeta Gesù»; e il suo discendente, Saladino, nel 1216 fece erigere una moschea accanto al sepolcro di Gesù per rispetto del luogo venerato dai cristiani: essendo della stirpe del Profeta Maometto, se vi fosse entrato, lo avrebbe automaticamente trasformato in moschea. Noi, anche a Genova, a distanza di quasi 1500 e 900 anni, stiamo annegando nell’inutile disquisizione tra «Moschea sì-Moschea-no», dando così la prova che abbiamo già rinnegato da tempo la fede cristiana e anche la civiltà.
Genova 28 giugno 2010.
Paolo Farinella, prete Genova


Martedì 29 Giugno,2010 Ore: 15:21
 
 
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