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www.ildialogo.org ILVA Taranto - salute e lavoro,di Lidia Menapace

ILVA Taranto - salute e lavoro

di Lidia Menapace

Volevo quasi fare un racconto del 25 luglio 1943, visto che nessuno ne parla,. ma sono travolta da quel che succede, che sembra avere insieme una logica perversa e una impressionante illogicità, il massimo della contraddizione. E se voglio trovare il fatto, l'evento che simboleggia tutto ciò, non posso che parlare dell'Illva di Taranto.
Dunque. la magistratura emette una ordinanza che impone la chiusura delle acciaierie di Taranto, a motivo delle responsabilità penali dei suoi padroni e dirigenti, otto dei quali vengono arrestati: si potrebbe invocare come precedente la sentenza contro la Thyssen Krupp o quella sull'amianto a Casale, anzi quest'ultima è ancora più simile: le condizioni nelle quali si lavora in certe fabbriche e nelle città che le ospitano sono mortifere e uccidono. Quando la magistratura interviene, certo blocca un processo che era già in corso da decenni, ma almelo blocca e lo dichiara delittuoso, non casuale o incidentale, o inevitabile come una calamità detta appunto naturale.
A Taranto viene bloccato un impianto che è la più grande acciaieria del mondo -dicono i giornali- ed esiste da 50 anni, che fu di stato e poi è stata venduta e che adesso deve chiudere il suo cammino di morte. Ma naturalmente non si può chiudere una fabbrica che ha 22.000 dipendenti tra diretto e indotto, una fabbrica che è la maledizione e il pane della città.
La rabbia è inevitabile, lo sconcerto pure, ma la risposta della popolazione sembra straordinariamente matura e democratica: ho sentito con le mie orecchie al Tg3 notte operai e cittadini, sindacalisti ed ambientalisti analizzare la situazione con grande passione ed equilibrio, dicendo che la fabbrica non deve chiudere, ma deve cominciare subito e continuare ad inquinare sempre meno.
Bisogna assolutamente appoggiare questa esigenza del tutto razionale e sostenere le forze che in quella direzione si impegnano. E ogni volta, di fronte a bisogni o eventi del tipo citato, bisogna sforzarsi di trovare soluzioni complesse, del tipo enunciato a Taranto, si tratti della docenza universitaria, degli/lle insegnanti inidonei, delle donne precarie, dei comuni depredati.
La risposta di Taranto sembra la realizzazione del motto di Rosa : la strada della rivoluzione o dell'alternativa é " lo sciopero generale a oltranza nel corso del quale i soggetti costruiscono la nuova società". L'analisi deve essere spietata e l'azione coordinata, decisa, progettata ed eseguita dagli e dalle interessate. Lo si vede anche dal fatto che quando ci sono enti locali sani o enti autonomi dotati di poteri, è possibile rifiutare le ricette approssimative feroci e rozze del governo "tecnico" e dare risposte articolate ed economicamente ragionevoli e persino meno dispendiose: lo testimonia la resistenza delle province autonome di Bolzano e Trento, che difendono la loro autonomia politica e normativa,difendendo anche il livello di vita e dei servizi costruiti.
Per costruire l'alternativa è decisivo mettere sempre insieme la protesta motivata e la lotta con l' impegno costruttivo , l'attivazione di nuove relazioni sociali: la strada che serve anche a superare il populismo semplificatorio alla Grillo e ad avviare l' alternativa in tutta la sua complessità.


Sabato 28 Luglio,2012 Ore: 17:00
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
GIOVANNI PIPINO FOSSANO 29/7/2012 17.44
Titolo:Province autonome
Il pane o la malattia? Certo la situazione è grave e senza lavoro con si campa (almeno per i cittadini "normali"), e lo so avendo un figlio sposato che ha perduto il lavoro. Tuttavia mi sembra semplicistico il riferimento alle due Province autonome. Anche quelle godono di privilegi che Regioni ordinarie non hanno. Con l'avvento delle Regioni, tutte avrebbero dovute essere uguali, ma le soluzioni all'italiana consentono Regioni a Statuto speciale ed altre, come la Sicilia più speciale delle altre, a cui si aggiungono le province Bolzano e Trento (anche se con altre "teste", come dimostrano i fatti. A quando un'Italia equa e solidale?

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