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www.ildialogo.org Possibile che la storia non ci abbia insegnato nulla?,di <strong>Giovanni Sarubbi</strong>

Editoriale
Possibile che la storia non ci abbia insegnato nulla?

di Giovanni Sarubbi

Giovanni Sarubbi
S
ono tempi duri, tempi che ci costringono a maneggiare, socialmente, materiale puzzolente e ad avere a che fare con gente cattiva e intrinsecamente violenta. Con gente che parla di uccidere gli altri, il diverso, sia esso il migrante o il nero, o il musulmano o il rom, come se si trattasse di andare a fare una scampagnata al mare o in montagna, o a bersi una birra con gli amici. Basta dare un’occhiata a ciò che scrivono sui social-network i fan di determinati personaggi politici che hanno fatto della cosiddetta “sicurezza” il tema principale della loro politica.
Che lo faccia un ubriaco al bar è nella logica della sua ubriachezza. L'alcol fa sragionare e fa dire mostruosità.
Che parlino così e abbiano parlato così per anni uomini politici di rilievo nazionale senza che le loro idee e le loro azioni siano state contrastate né sul piano politico né su quello giudiziario non è affatto normale. Ed è questa assenza di reazione che ha portato alla diffusione di un atteggiamento razzista e ad omicidi sempre più efferati, come quello ultimo del migrante maliano Soumaila Sacko.
Ma c’è di più. Oltre all’assenza di reazione, che data per lo meno dal 1996, anno del primo governo Prodi, c’è stata la completa accettazione delle idee e della propaganda della destra estremista, su temi quali quello dell’immigrazione e dell’islam, da parte del cosiddetto “centro sinistra”, tanto che l’ultimo ministro dell’interno, Marco Minniti del PD, è stato persino elogiato dal suo successore, Matteo Salvini, che certo non può definirsi un campione della tolleranza, della pace e della nonviolenza, checché lui ne dica. Il “centro sinistra” ha fornito alla destra tutti gli argomenti e tutte le normative per poter fare meglio la propria sporca politica, fin dal 1996. Oltre al danno anche la beffa.
E così anche noi, come gli uomini e le donne di tutti i tempi passati, siamo interpellati dagli eventi della storia ad assumere decisioni per dare un futuro alla nostra umanità, a cominciare dalla nostra comunità nazionale.
Come resistere a tanta cattiveria che non è più solo verbale? Possiamo credere che siano solo parole, goliardate come per anni è stato detto giustificando l'ingiustificabile, anche di fronte agli omicidi e alle stragi? E come dimenticare, la storia lo insegna, che le parole sono pietre e che non vanno mai usate come arma o per incitare all’odio perché le conseguenze sono devastanti? Possibile che la storia non ci abbia insegnato nulla?
Ciò che oggi stiamo vivendo è una storia già vista. È già successo in Europa subito dopo la prima guerra mondiale di cui quest’anno si celebrano i 100 anni dalla sua conclusione.
All’epoca i grandi industriali e le monarchie regnanti si arricchirono con le spese militari che sono state stimate in 186 miliardi di dollari dell’epoca. Oltre nove milioni di giovani furono uccisi. Solo in Italia ci furono circa un milione e duecentomila soldati morti.
Mentre a est nasceva la speranza di un mondo nuovo con la rottura dello zarismo e la costruzione della prima società socialista in Russia, a ovest la crisi che seguì alla guerra portò al fascismo in Italia e poi al nazismo in Germania e poi alla immane distruzione della seconda guerra mondiale. Guerra chiama guerra.
In Italia si formò un blocco sociale costituito dagli imprenditori e dagli agrari del nord e dalla piccola borghesia e dal sottoproletariato del sud che il fascismo di Mussolini usò per prendere il potere, utilizzando sia le vie legali sia quelle illegali della violenza squadristica. La violenza e il razzismo non sono mai fenomeni spontanei, vengono realizzati da precisi gruppi sociali per sostenere precisi interessi economici e politici.
Se ognuno potesse rileggersi la storia di quel periodo credo che anche i più ciechi vedrebbero le similitudini con la situazione attuale.
Anche oggi c’è una guerra mondiale in atto dal 2001 e c’è quindi una crisi economica mondiale devastante. Decine di migliaia di miliardi sono stati spesi per questa guerra. Svariati milioni sono le persone già morte in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Palestina, nei tanti paesi africani in guerra. E si tratta per lo più di civili, non di militari, a differenza della Prima Guerra Mondiale.
Anche oggi al governo di questo paese è andato un blocco sociale costituito dalle piccole e medie imprese industriali e agrarie del nord, che si è saldato con il sottoproletariato del sud che è alla fame, con i grandi industriali alla Marchionne che per ora stanno a guardare. Tanto sanno benissimo che nessun governo della piccola borghesia metterà mai in discussione il loro potere e la loro egemonia politico-economica. Ed infatti i regali ai grandi industriali sono già in viaggio con la flat-tax.
Come negli anni ‘20 del secolo scorso, anche l’attuale blocco sociale è stato reso possibile dalla insipienza della cosiddetta “sinistra”. Oggi come un secolo fa la sinistra è stata corrotta sia da un punto di vista ideologico sia da un punto di vista materiale. Hanno privato le classi diseredate sia del vangelo sia del marxismo e gli hanno fatto credere che la povertà sia colpa loro e non dei ricchi e gaudenti.
Mussolini, da socialista che era, si fece letteralmente comprare dai grandi industriali del nord che gli fornirono fiumi di denaro per organizzare il movimento fascista.
Nulla di nuovo sotto il sole. Anche il tema della corruzione è vecchio quanto il mondo, fin dai tempi del piatto di lenticchie con il quale Giacobbe comprò la primogenitura dal fratello Esaù (cfr. Genesi 25,19-34).
Sul tema della corruzione dei “gruppi dirigenti” della sinistra, sono state scritte parole di fuoco da parte di Lenin e dello stesso Gramsci. Lenin scriveva che: «Lo stato borghese ammette operai e socialdemocratici nelle sue istituzioni, nella sua democrazia solo ed unicamente in modo da setacciarli eliminando i rivoluzionari; prenderli per fame trasformandoli in burocrati; li corrompe: ‘voi li istruite noi li compriamo’. Oltre alla corruzione aperta pratica quella più raffinata, fino alla adulazione; li ‘occupa’, li sommerge di ‘lavoro’, li soffoca sotto mucchi di ‘carte’, con l’aria putrescente delle ‘riforme’ e delle riformucce; li corrompe con il benessere piccolo-borghese della vita filistea, ad un livello sopportabile di ‘cultura’ e di raffinatezza»[1]. Chi ci ricorda oggi questa frase fra i tanti dirigenti della cosiddetta “sinistra” che si sono venduti l’anima ai Marchionne di turno? Gramsci, nei “Quaderni dal carcere”, parla del trasformismo come di «Un aspetto della funzione del dominio» ma i riferimenti alla corruzione politica sono ampi e diffusi nei suoi scritti. Vedi ad esempio Il popolo delle scimmie, articolo pubblicato su “L'Ordine Nuovo”, 2 gennaio 1921, dove Gramsci afferma che «Il fascismo è stata l'ultima rappresentazione offerta dalla piccola borghesia urbana nel teatro della vita politica nazionale» e descrive la piccola-borghesia, che è stata la base sociale del fascismo, come «una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti»[2]. Sembra scritto ieri perché descrive il blocco sociale costituitosi attorno all’attuale governo, formato di strati sociali depauperati, quelli del sud, che però sono al tempo stesso complici di quelle forze politiche corrotte che da decenni imperversano nella politica italiana e che ora hanno solo cambiato nome, si sono riciclati. Tant'è che si sono affidati, per le cose che realmente contano, quali l’economia o la politica estera, sempre allo stesso personale politico. Anche questo è già storicamente successo.
Complessivamente la sinistra negli anni ‘20 non riuscì a sviluppare un’analisi corretta di ciò che stava accadendo, se non dopo la presa del potere del fascismo nel gennaio del 1926 al Congresso di Lione del PCd’I (Partito comunista d’Italia poi divenuto PCI) con Gramsci segretario.
Siamo oggi allo stesso punto, con la difficoltà che non abbiamo né un Gramsci, né un partito come il PCd’I in grado di indicare una via di uscita e di resistere per vent’anni alla violenza fascista e così porsi poi alla testa della lotta di liberazione.
Il personale politico che abbiamo a sinistra mi ha fatto ricordare in questi giorni un episodio dei Promessi sposi, quello dell’incontro fra il cardinale Federigo e l’Innominato che è preceduto da un siparietto che vede protagonista il cardinale stesso e il suo “cappellano crocifero” che gli annuncia l’arrivo dell’Innominato. Questo cappellano sconsiglia fortemente il cardinale dall’incontrare l’Innominato descrivendolo come un ribaldo della peggiore specie, mentre il Cardinale gli dice di farlo entrare subito, e il cappellano a ribattere più volte per dissuaderlo, con il cardinale che tronca gli sforzi del suo cappellano con una esclamazione: «Oh, che disciplina e codesta, che i soldati esortino il generale ad aver paura?». Ci sono cioè, nelle organizzazioni politiche della sinistra, dei veri e propri “tappi organizzativi”, che bloccano qualsiasi iniziativa e qualsiasi presa di coscienza.
Si tratta di un fenomeno diffuso in tutti gli ambiti sociali e in tutte le organizzazioni che più sono verticistiche più sono piene di quelli che, con linguaggio religioso, possiamo chiamare “tappi dello spirito”, che stanno lì a bloccare, mediare, impedire qualsiasi movimento. Persone che a lungo andare determinano la crisi e la morte delle organizzazioni politiche, sociali o religiose che siano di cui fanno parte. Come sta avvenendo purtroppo oggi sotto i nostri occhi. Renzi, per esempio, è uno di questi tappi.
“Tappi organizzativi” che sono ammalati gravi di “cretinismo istituzionale” o “parlamentare” che dir si voglia”, che non riescono a vedere al di la del proprio naso e che non riescono a contrastare alcuna idea perché non hanno idee e che, essendo prigionieri di una logica istituzionale, si presentano come uomini di potere, spesso senza neanche rendersene conto.
Come dico spesso, e i miei quattro lettori lo sanno, non ho soluzioni in tasca. Ma di certo non credo ai supereroi. La salvezza dell’umanità dipenderà dalla presa di coscienza di ogni essere umano. Non abbiamo bisogno, per dirlo in termini religiosi, di un potente messia liberatore, ma di un intero popolo che sposi collettivamente l’idea messianica. Tutti insieme possiamo salvare la nostra umanità partendo dagli ultimi, i più deboli, i più poveri, quelli che non hanno nulla da perdere. Come diceva Gesù di Nazareth e molto più tardi il buon vecchio Marx.
Giovanni Sarubbi
NOTE
1Vladimir Lenin, cit. in Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione, Roma, Savelli, 1977, vol. IV pag. 219
2Antonio Gramsci, Socialismo e fascismo – L’ordine nuovo 1921-1922, Einaudi 1974, pag 9



Domenica 10 Giugno,2018 Ore: 19:57
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Mauro Matteucci Pistoia 11/6/2018 19.47
Titolo:La cassa elettorale

Il tuo articolo, Giovanni, sembra duro, ma in realtà coglie l'aspeto pietrificante della Medusa, fatto di opportunismi, di miserie e di disumanizzazione. Quanto avviene in queste ore con i migranti, sballottati come cosesulla nave Aquarius, ne è la dimostrazione. II peggio è che l'opinione pubblica approva...
Mauro Matteucci 
 

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