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www.ildialogo.org "Storie italiane": storie di ordinario razzismo,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
"Storie italiane": storie di ordinario razzismo

di Giovanni Sarubbi

Di nuovo questa mattina, 27 dicembre 2017, la “pornografia del dolore” è andata in scena su RAI1 nella trasmissione “Storie Italiane”[1]. L’anno della RAI si chiude come peggio non si potrebbe. Di nuovo donne piangenti e storie “dolorose” date in pasto al pubblico televisivo dalle 10 alle 11 del mattino, senza rispetto né per i diretti interessati, né per chi ha dovuto subire quel dolore, pur essendo parte in causa, senza potersi difendere o dire la sua. Di nuovo i cosiddetti “esperti” a discutere e ad urlare su fatti su cui occorrerebbe ben altro tipo di informazione a cominciare da una corretta educazione sessuale e sanitaria. E anche questa volta i cosiddetti “esperti” hanno svolto il ruolo di chi sguazza e grida sentenze sui dolori degli altri per costruire consenso attorno ad un determinato argomento su cui si vuole realizzare una qualche legge che scardini un’altra legge esistente.
Argomento della trasmissione quello del cosiddetto “diritto dei figli adottivi a conoscere le loro origini biologiche”, con una serie di casi di persone impegnate in tale ricerca. La trasmissione è andata in onda il 27 dicembre ma è stata registrata un mese fa come è tipico di gran parte delle trasmissioni TV che si occupano di storie di questo tipo. Ciò che è andato in onda è dunque il frutto di un meticoloso lavoro di montaggio che non ha lasciato nulla alla improvvisazione.
Si è trattato di una trasmissione faziosa, che ha diffuso, e anche questo è una costante di tali tipi di trasmissioni, una serie di cose inesatte o false o forzate ingigantendo i numeri del fenomeno e che ha impedito alle voci critiche, che pure erano state invitate a partecipare, di poter liberamente esprimere le proprie posizioni in materia.
Partecipavano alla trasmissione alcuni personaggi noti, come la ex Giudice minorile Melita Cavallo, e meno noti, con l'immancabile prete, la psicologa, l’avvocato, la presidente della associazione dei Figli adottivi e Genitori Naturali (FAEGN), il rappresentante di un “Osservatorio Minori” e quello del rappresentante dell’Associazione Nazionale Famiglie adottive e affidatarie (ANFAA). Quest’ultima, in collegamento da Torino, è stata usata per tutta la trasmissione come “asino da bastonare”, come si dice in gergo, e che perciò è stata interrotta ripetutamente nel corso delle poche volte che l’hanno fatta intervenire. In studio erano concentrate tutte le persone favorevoli alla cosiddetta “ricerca delle origini biologiche”, in collegamento da Torino l’unica persona contraria. Tutta la trasmissione ha sponsorizzato una legge, approvata solo alla camera e che ora è saltata, con la fine della legislatura, che vuole aggirare la normativa che vieta alle persone abbandonate alla nascita e non riconosciuti di accedere per 100 anni al nome di chi li ha partorito. Una norma che garantisce e tutela l’anonimato delle partorienti. (Per maggiori informazioni vedi link)
Durante la trasmissione si è più volte affermato che la norma dei “100 anni” sarebbe stata abolita, cosa smentita dalla rappresentante dell’ANFAA, ma che contemporaneamente ci sono solo pochi tribunali per i minorenni, in particolare quello di Roma, dove si sta praticando quello che la legge non ancora approvata dal Parlamento prescrive. Ad affermarlo, fonte non sospetta, la Giudice Melita Cavallo. In sostanza alcuni giudici stanno forzando la mano, anche in assenza di una norma legislativa che li autorizzi in tal senso, e stanno spingendo altri giudici minorili a fare altrettanto. Ma non tutti la pensano allo stesso modo. La rappresentante dell’ANFAA ha tentato di dire che la norma dei 100 anni non è stata abrogata ma inutilmente, ha prevalso la voce contraria di quelli che erano nella studio. Incredibile che durante l’ultimo intervento della rappresentate dell’ANFAA si senta distintamente la giudice Cavallo affermare “non la dobbiamo far parlare”, a dimostrazione della faziosità di fondo che ha caratterizzato la trasmissione.
Altro elemento incredibile, portato a sostegno del “diritto alle origini biologiche”, è quello che ha fatto riferimento ad un non meglio identificato “corredo biologico”, di cui i bambini abbandonati avrebbero bisogno, e a ragioni di salute che giustificherebbero il diritto a conoscere le “proprie origini”. Si sono ripetuti una serie di luoghi comuni a sfondo razzista sul sangue e sul DNA che non hanno alcun riscontro con la realtà. La cronaca di tutti i giorni, ma anche una corretta informazione sanitaria, smentisce ad esempio che una mamma cosiddetta “biologica” possa necessariamente donare il proprio sangue o il proprio midollo spinale o un proprio rene al bambino da essa partorito. Dipende dal gruppo sanguigno del nascituro che, come dovrebbe essere noto, dipende da quello del maschio che l’ha inseminata. Le cronache e i social network, sono piene a tale proposito di appelli alla ricerca di donatori compatibili di midollo osseo anche e soprattutto di persone non adottate.
Cosa è dunque il “corredo biologico”?
La trasmissione è stata anche, ma anche questo è una costante delle trasmissioni che propagandano la “pornografia del dolore”, una palese violazione del codice etico del giornalisti italiani. Sono stati trasmessi infatti ripetutamente immagini di bambini e neonati che, secondo il codice etico dei giornalisti italiani, non possono essere trasmesse in chiaro. Ma sono stati anche trasmessi i dati sensibili delle persone adottate presenti in studio ognuno dei quali può portare al riconoscimento delle donne che hanno partorito in anonimato, violando la loro riservatezza e la loro vita.
Assurdo poi elevare a “diritto” qualcosa che è il frutto di una società malata che vede i bambini adottati, soprattutto se hanno un colore della pelle diverso da quello dei loro genitori, come bambini di serie “D”, figli senza diritti da offendere ed emarginare, con i cosiddetti “genitori adottivi” visti e giudicati come “genitori non veri”, genitori falsi, posticci, descritti in genere come egoisti e bugiardi, che non dicono “la verità” ai figli adottivi. E proprio verso la fine della trasmissione la giornalista intervista una mamma adottiva domandandole “come fa ad essere come una mamma vera” con tutti i figli adottivi che ha in casa. Come se fra le “mamme vere” ci fossero solo sante e persone dedite interamente ai figli e non anche persone menefreghiste, egoiste e dedite solo a se stesse.
La verità è che la grande maggioranza delle persone vive un profondo razzismo nei confronti delle persone adottate di cui si parla in genere come di “figli del peccato” o “figli di puttana” o figli di “donne sconsiderate”. C’è chi vorrebbe mettere al collo di tutti i bambini adottati il cartello “io sono un bambino adottivo”, in modo che tutti possano metterlo alla gogna, come succede per i bambini provenienti dalla adozione internazionale.
Anche dopo l’approvazione della legge sulle adozioni del 1983 che ha profondamente innovato la materia, c’erano vecchi avvocati che sconsigliavano l’adozione con la frase: “Ma perché vuole pigliarsi i problemi degli altri?”. I bambini abbandonati considerati impuri, affetti da malattie e tare mentali, indegni di essere accolti e vissuti come figli della umanità di cui ognuno di noi fa parte.
La maggioranza delle persone scoprono di essere adottate perché c’è una società che è profondamente razzista nei confronti dei bambini, come dimostra fra l’altro la mancata approvazione dello “jus soli” che colpisce proprio i bambini. Le storie raccontate anche nella trasmissione odierna lo confermano. “Tu non hai diritto all’eredità perché sei stata adottata”, ha raccontato il primo caso riportato dalla trasmissione. Come dire: “Non hai il nostro sangue che è perfetto mentre il tuo è infetto e di dubbia origine”.
E la cosa più assurda è che i sostenitori della ricerca delle origini sono sponsorizzati da associazioni in gran parte legate al mondo cattolico, con gruppi di preghiera attivi nelle ricerche e che violano costantemente la privacy e la dignità delle persone. Quello stesso mondo cattolico che è alla base di tutti i drammi che stanno dietro gli abbandoni alla nascita[2]. E il prete presente in studio lo ha confermato con un secco sì di adesione a questo “diritto alla ricerca” che non cambierà nulla della vita delle persone adottate, né cambierà in alcun modo il loro “corredo biologico”. Chiunque ci ha generato siamo tutti uguali, tutti con gli stessi diritti umani tutti “nati da donna”, tutti concepiti nello stesso identico modo e passati per la stessa porta per venire alla luce.
Questa ricerca spasmodica che si vorrebbe addirittura trasformare in legge ha in realtà alla base un profondo razzismo nei confronti delle persone adottate, che la società continua ad esercitare nei loro confronti e che non calmerà affatto i loro dolori. Quella stessa società che prima ha giudicato negativamente le donne che li hanno partorito poi li spinge a ricercarle perché altrimenti non sarebbero “normali come gli altri”. Ma non c’è alcuna differenza da colmare, c’è solo una cultura razzista da sradicare.
Ed il sì del prete è tanto più assurdo considerando che il primo articolo del Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata”[3]. L’adozione dovrebbe essere un concetto radicato in un paese cattolico ma non è così. Abbiamo una realtà impregnata di dottrine razziste basate sullo “jus sanguinis” fascista che impregna la nostra cultura giuridica e sociale molto al di la di quello che ragionevolmente si potrebbe pensare.
Le ripetute storie sulla “ricerca delle origini” mi hanno fatto venire a mente un famoso quadro che si intitola proprio “L’origine del mondo”, un dipinto a olio su tela di Gustave Courbet, realizzato nel 1866 e conservato nel Museo d'Orsay di Parigi. Wikipedia . Un quadro che consiglio vivamente di guardare e che vi cambierà profondamente.
Ecco più che organizzare ricerche, e quindi spendere soldi su soldi per pagare avvocati, detective e quant’altro gira attorno a questo mondo, spendete i soldi per andare in pellegrinaggio a Parigi a visitare il Museo d'Orsay e fermatevi un po’ di tempo ad ammirare la bellezza della “natura”, come la chiamavano dalle mie parti le donne del popolo. Di li siamo passati tutti e la vostra madre “bio” non ha fatto eccezione con voi. Ed è perciò che siamo tutti uguali, imperatori o ultimi della Terra.
Giovanni Sarubbi
NOTE
1Per rivedere la trasmissione vedi il seguente link: raiplay.it
2Vedi ad esempio il film Magdalene su ciò che avveniva nei confronti delle “ragazze madri” nella cattolicissima Irlanda.
3Catechismo Chiesa Cattolica, Edizioni PIEMME, pag. 13



Mercoledì 27 Dicembre,2017 Ore: 20:15
 
 
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NON AVENDO LA TELEVISIONE NON HO POTUTO VEDERE LA TRASMISSIONE CUI FA RIFERIMENTO GIOVANNI SARRUBBI DELLA CUI BUONA FEDE NON DUBITO AFFATTO.
VORREI PERO' CHE IL GIORNALISTA TENESSE PRESENTE CHE CHI AVVERTE IL BISOGNO DI CONOSCERE I PROPRI GENITORI - SE NON E' POSSIBILE  IL PAPA' - ALMENO LA MAMMA, PROVIENE DAL FIGLIO ADOTTATO.
C' E', INFATTI, IN COLUI CHE E' STATO ADOTTATO UN PROFONDO DESIDERIO DI RISALIRE SALLE PROPRIE ORIGINI.
DI RIAPPROPRIARSI DELLA PROPRIA STORIA.
DI SENTIRSI RICONOSCIUTI COME FIGLIO DA CHI GLI HA DATO LA VITA.
DI GIUNGERE A CONSIDERARSI - GIACCHE' MOLTI FIGLI ADOTTATI SI CONSIDERANO FIGLI ABBANDONATI E QUINDI DI SERIE B - FIGLI A TUTTI GLI EFFETTI.
FIGLI RICONOSCIUTI DA COLORO CHE MAGARI STANNO SOFFRENDO PER AVER DOVUTO UN GIORNO - A CAUSA DI VICISSITUDINI GRAVI E DOLOROSE, RINUNCIARE A LORO.

CORDIALI SALUTI

MARIA GRAZIA PALESTRA

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