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www.ildialogo.org Medici business-man: il vero cancro della sanità italiana,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Medici business-man: il vero cancro della sanità italiana

di Giovanni Sarubbi

Un amico di Avellino, che mi conosce come giornalista, mi ha chiamato e mi ha raccontato una storia riguardante la sanità nella nostra provincia. La trascrivo semplicemente così come me l’ha raccontata. Ecco la sua storia.
«Ciao Giovanni, non se ne può più. Da un po’ di tempo ho problemi di prostata e devo fare una visita urologica. Sono andato dal medico di base che mi ha prescritto la visita specialistica. Con la ricetta sono prima andato in farmacia per tentare di prenotarla presso la struttura della ASL. La farmacista mi ha proposto date a tre o quattro mesi, per di più in ambulatori posti a 50-60 km. Sarei dovuto andare ad Ariano Irpino (60 km), figuriamoci. Anche la farmacista mi ha detto che forse era meglio se provavo all’ospedale. Lei però non poteva prenotarlo perché il servizio di prenotazione, fra l’altro a pagamento (1 euro), era previsto solo con la ASL che è cosa diversa dall’ospedale. Il giorno dopo mi metto al telefono e cerco di prenotare la visita. Sono stato complessivamente oltre un’ora al telefono. Una prima telefonata è durata più di mezzora, poi è caduta la linea. Una musichetta insistente mi faceva capire che dovevo attendere ma nessun messaggio vocale mi chiedeva di farlo. Ho allora chiamato l’URP (Ufficio relazioni con il pubblico) e anche qui nessuna risposta. Ho chiamato ad un altro numero indicato come informativo e qui mi risponde subito qualcuno. Gli spiego la situazione e dopo un po’ riesco a sapere che il numero dell’URP non è quello indicato sul sito internet dell’Ospedale e mi da i numeri giusti. Chiamo e dopo un’altra decina di minuti mi rispondono. Una voce femminile mi dice che probabilmente le linee sono occupate e che loro non sanno che dirmi perché il servizio di prenotazione è appaltato ad un call center esterno all’ospedale. Ho cominciato ad arrabbiarmi e ad imprecare contro le privatizzazioni che ci hanno ridotti in braghe di tela. Ci hanno martellato con l’idea che “privato è bello” con il risultato che i servizi sono scadenti e i prezzi sono più che raddoppiati. Provo a chiamare allora il servizio A.L.P.I. (L'attività libero professionale intramuraria) che mi ha risposto subito. Non ci ho visto più. Mi sono messo ad imprecare contro i medici dell’ospedale che facevano i lavativi durante l’orario normale di lavoro per poter fare a pagamento le attività ambulatoriali passate come straordinario. Ho chiuso la telefonata. Poi ho richiamato di nuovo il CUP. Se nessuno mi avesse risposto ero deciso ad andare dai carabinieri a denunciare l’azienda ospedaliera. Da un lato per le prenotazioni normali lunghe attese, dall’altro per l’ALPI risposta immediata. Dopo altri venti minuti di attesa, sempre con questa musichetta che ossessivamente usciva dal telefono, finalmente mi rispondono. Gli dico che sto telefonando da un’ora e l’operatore mi dice che sono stato fortunato perché di solito ci vogliono anche più e più ore. Mi dicono che la prima data utile era a fine marzo 2018, cioè circa sei mesi. Mi metto a discutere con l’operatore, lo faccio animatamente perché non se ne può più, ma questa volta cerco di spiegarmi senza imprecare. Gli dico che se ho un cancro alla prostata può darsi che fra sei mesi sarò morto o giù di lì. Impreco si contro il direttore sanitario ma lo faccio con garbo. Non so se le mie imprecazioni e il mio dire “su di giri” abbiano avuto effetto sull’operatore ma sta di fatto che egli mi dice che la stessa visita si può fare anche in un altro reparto e mi prenota a 5 giorni. Non credo alle mie orecchie. Ovviamente accetto. Poi non so cosa mi capiterà. Ti farò sapere. Nel frattempo mi chiedo se sia possibile che la nostra sanità sia ridotta in tali condizioni e se è normale che i cittadini debbano essere costretti ad imprecare come ho fatto io per ottenere ciò che dovrebbe essere un loro sacrosanto diritto».
Questa la storia del mio amico così come me l’ha raccontata. È una storia che ho ascoltato più e più volte. In genere le persone con cui ho avuto a che fare non si arrabbiano come questo mio amico. Forse se si arrabbiassero tutti come lui qualcosa cambierebbe e i medici capirebbero che non possono abusare del potere che hanno sulla salute delle persone. Di solito di fronte a prenotazioni a 6-7 e anche 9 mesi le persone ricorrono immediatamente a specialisti privati o all’ALPI con costi  esorbitanti che si aggirano su 150 e anche 200 euro che spesso sono anche senza fatturazione. Ma ad Avellino c’è la possibilità di aggirare tutto il sistema di prenotazioni e ottenere visite e analisi immediate. Basta conoscere qualcuno dento l’ospedale e si bypassa tutto.
Più e più volte decine di persone mi hanno detto nomi e cognomi dei medici, anche primari, che sono soliti far passare i pazienti che giungono in ospedale prima dal loro studio privato, a botte di 250 euro a visita, per poterli poi trattare in sede ospedaliera. Ma quando gli ho chiesto di mettere per iscritto le loro denunce sono scappati via, e vi assicuro che è brutto per un giornalista sapere di una malefatta ma non poterla denunciare pubblicamente. Come diceva Pasolini, "so ma non ho le prove".
E se si tratta di una cosa complicata o dove il rischio di fallimento è alto, soprattutto nel campo della chirurgia, gli stessi professori presunti “luminari” passano la mano per non macchiare il loro “nome”. E io personalmente ne posso essere un testimone vivente.
Il malato è l’ultima cosa. La sanità è diventato un business infame perché si realizza sulla pelle dei pazienti e la grande maggioranza dei medici pensano solo al soldo e a quanto riescono a trarre da una specifica patologia o dalle mode emergenti, vedi per esempio la chirurgia estetica. E non è una cosa nuova.
Il giuramento di Ippocrate nella maggioranza dei casi è pura ipocrisia. I medici alla Gino Strada e gli infermieri di Emergency, che pure ci sono nelle strutture pubbliche, sono una minoranza e sono anzi spesso emarginati e vilipesi dai loro colleghi business man. Ne ho conosciuto molti di questi medici che fanno onore alla loro professione e per tale motivo non posso tacere di fronte ad una sanità preda di ladroni che pensano esclusivamente ai loro beceri interessi economici. Questi ladroni in camice bianco dimenticano che anche essi si ammaleranno e moriranno come capita a tutti gli esseri viventi. Conviene ogni tanto ricordaglielo, anche gridando e imprecando come ha fatto il mio amico. Se tutti si impegnassero contro il malaffare non saremmo poi costretti a usare maniere draconiane per far rispettare i diritti di tutti, soprattutto dei più deboli e miseri. E sono proprio i più deboli economicamente i primi a pagare che oramai non si curano più e stanno morendo anche per malattie banali che sono però diventate costose. Il tutto a fronte di spese folli per la sanità che finiscono però nelle solite tasche, quelle delle industrie farmaceutiche e dei medici business man che sono diventati il vero cancro della sanità italiana.
Giovanni Sarubbi



Giovedì 19 Ottobre,2017 Ore: 12:19
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Giuseppe Fanelli Manocalzati 21/10/2017 12.47
Titolo:CODARDI
Caro Giovanni,
capisco il tuo stato d'animo, perché più volte mi sono imbattuto in persone che segnalano abusi ( nel mio caso a danno degli animali o della natura) e concludono con la famosa frase "non fare il mio nome".
E' gente, codarda, ignava e vigliacca che a mio avviso non ha il diritto di lamentarsi perchè con i propri atteggiamenti danneggia l'intera comunità, che a dire il vero, neanche merita tanta considerazione.
Mi son sfogato.
Giuseppe Fanelli.

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