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www.ildialogo.org Mass-media: pornografia, ancora pornografia!,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Mass-media: pornografia, ancora pornografia!

di Giovanni Sarubbi

La stagione invernale dei mass media, iniziata lo scorso 11 settembre, è cominciata come peggio non poteva. Siamo stati di nuovo sommersi dalla “pornografia del dolore” di cui oramai siamo costretti ad occuparci da tempo. La “TV fognatura”, di cui abbiamo più volte parlato, continua ad imperversare e quotidianamente le TV scaricano sui cittadini non informazioni ma valanghe di dolori variamente conditi.
Nelle ultime due settimane due sono stati i casi violenti e dolorosi scaricati sui cittadini. Il primo è quello dello stupro di Rimini avvenuto nel mese di agosto; il secondo è quello dell’omicidio di una ragazza di 16 anni avvenuto in provincia di Lecce. In entrambi i casi i mass media, TV, carta stampata, Internet, hanno raggiunto un livello di depravazione mai visto prima, con il codice deontologico dei giornalisti stracciato e calpestato più e più volte.
Sul primo caso il 6 settembre il quotidiano Libero pubblica qualcosa che ci è difficile definire “articolo giornalistico”. Libero pubblica i verbali delle deposizioni delle due donne stuprate, con tutti i particolari, anche quelli più duri violenti e vomitevoli. Già il titolo è orripilante e non lo riproduciamo per non contribuire anche noi alla sua diffusione. Le due perone stuprate sono state violentate di nuovo enne volte, una per ogni persona che ha letto quella mostruosità. Se in un verbale di interrogatorio su un fatto violento è normale che vi siano i dettagli di ciò che è successo, perché questo serve alle indagini, non è affatto normale che questi dettagli finiscano sui giornali perché così facendo si viola la dignità umana delle persone violentate, le si violenta di nuovo e si da la possibilità a chi vive di violenza di continuare a perpetrarla e a godere. È dimostrato, inoltre, che diffondere i dettagli delle violenze le amplifica e le moltiplica, stimola l’emulazione e distorce la percezione del pericolo perché fa crescere nella società il livello di paura.
E a firmare quello che non è un articolo ma un “abominio giornalistico” è stata una donna, a dimostrazione di come l’appartenere al genere che da sempre ha subito violenza sessuale non garantisce che chi appartiene a quel genere faccia argine e rifiuti di collaborare con chi è portatore di una ideologia violenta, che interpreta il giornalismo come strumento di oppressione delle persone.
Sul secondo caso protagonista della diffusione della “pornografia del dolore” è stata la nota trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto” del 15 settembre scorso. Durante tale trasmissione sono stati trasmessi 11 minuti di dolore puro. L’inviata della trasmissione, sotto gli occhi della telecamera, ha raccontato ai genitori del ragazzo omicida che il loro figlio era stato arrestato dopo aver confessato l’omicidio della ragazza, con corredo di urli strazianti e dolori indicibili. Undici minuti di quella che decine di telespettatori, questi si in diretta, hanno immediatamente classificato come “pornografia del dolore”.
La trasmissione di quelle immagine è stata fatta passare come avvenuta “in diretta”. Anche io in un primo momento avevo creduto a questa versione. In realtà quelle immagini non lo sono. L’inviata di Rai3 ha chiarito poi su un sito internet che in realtà si tratta di immagini registrate tagliate e montate con cura, come avviene in tutte le trasmissioni “in diretta” di tutte le TV. E la cosa rende ancora più grave la scelta di mandare in onda quelle immagini che, come hanno scritto molti telespettatori commentandole su twitter, hanno fatto perdere alla RAI “la sensibilità del servizio pubblico”, asservendola allo spettacolo televisivo come in una “qualsiasi trasmissione trash(spazzatura)”.
Di nuovo c’è che questa volta queste trasmissioni non sono passate inosservate ed è un dato estremamente positivo. Sia per il caso dello stupro di Rimini, sia per l’omicidio di Lecce ci sono stati numerosi giornalisti, molte donne, e lo stesso Ordine dei Giornalisti, che hanno diffuso comunicati e scritto articoli, questi sì si possono chiamare articoli, che hanno condannato senza appello le scelte editoriali di Libero e di “Chi l’ha visto”.
Siamo oramai in molti a parlare di “pornografia del dolore” e a ribellarci a questo stato di cose che sta devastando la mente di milioni di persone, trattati come spazzatura e violentati ogni giorno nella loro dignità.
E credo sia ora il caso di spiegare perché si parla di “pornografia”. Cosa è che rende l’informazione che ci viene riversata addosso paragonabile a “pornografia” e perché le TV sono diventate “TV fognatura” e ciò che viene trasmesso può essere assimilato ad un filmato pornografico.
Si tratta ovviamente di una analogia. Con tale espressione cerchiamo di descrivere la realtà che viene subita dai cittadini Italiani, ma non solo italiani perché è un fenomeno globale, paragonandola al mondo della pornografia propriamente detta.
La pornografia propriamente detta è una “Trattazione o rappresentazione (attraverso scritti, disegni, fotografie, film, spettacoli, video ecc.) di soggetti o immagini ritenuti osceni, fatta con lo scopo di stimolare eroticamente il lettore o lo spettatore”. Questa è la definizione di pornografia della Enciclopedia Treccani. È pornografico ciò che è osceno, che deforma e amplifica oltre ogni misura qualcosa al solo fine di stimolare sessualmente, ma anche emotivamente, ed oltre ogni limite le persone.
La sfera sessuale, e tutti possono comprenderlo anche senza una laurea in psicologia, è la parte più intima e profonda di ogni essere umano. La sfera delle emozioni è altrettanta intima e delicata. Tutto ciò che stimola abnormemente queste parti scuote profondamente le persone e produce su di essi traumi e/o reazioni che hanno effetti deleteri a lungo termine. La pornografia propriamente detta fornisce una overdose di stimoli sessuali che, come tutte le overdose (dose eccessiva), può avere effetti devastanti sulle persone. L’overdose di droga o di alcol provoca la morte; ma anche una overdose di cibo può provocare effetti deleteri sull’organismo sia a breve che a lunga scadenza, vedi diabete, colesterolo, infarto … .
Tutte le overdose sono violente perché rompono l’equilibrio fisico o psichico delle persone. La pornografia propriamente detta è sempre intrisa di violenza e diffonde dolore perché alla sua base c’è lo sfruttamento dei corpi degli uomini e donne che si prestano, per denaro, a questo tipo di attività che è oramai diffusissima, soprattutto attraverso Internet, e nella quale ci si può imbattere anche senza volerlo.
Chi fa pornografia, sia quella propriamente detta, sia quella del “dolore” di cui stiamo discorrendo, difende il proprio prodotto. Una di queste "pornografe", anche qui una donna, ha difeso la scelta di Libero dicendo che “la pornografia, filmata o scritta, ha lo scopo di provocare un piacere” e sarebbe quindi lecita mentre i loro "articoli", diffondendo per l’appunto dolore, non potrebbero essere assimilati alla pornografia. Ma non c’è piacere nella pornografia anzi c’è solo violenza. Per vedere i film pornografici bisogna considerare la donna come un vero e proprio oggetto che si può sottoporre a tutti i tipi di sevizie possibili per il proprio “piacere”, senza limiti di alcun tipo. Bisogna acquisire la “cultura dello sballo” e del piacere egoistico e fine a se stesso, che tutto mercifica e tutto prostituisce. Altro che piacere.
Come avviene nelle trasmissioni o negli articoli che noi definiamo “pornografia del dolore” che si occupano prevalentemente di fatti di cronaca con forti componenti sessuali, quali lo stupro o i femminicidi, che sono in genere impregnati di questioni legate alla sessualità delle persone.
Non è strano ma anzi molto significativo che chi tutti i giorni diffonde “pornografia del dolore” giustifichi la pornografia propriamente detta e la consideri una cosa normale. Le due pornografie sono strettamente correlate, una spalleggia l’altra.
La sessualità tira, fa vendere copie, alza gli ascolti. Lo sanno bene i produttori di pubblicità commerciale che riempiono i loro messaggi pubblicitari di riferimenti sessuali espliciti, per vendere sottilette di formaggi, torte, automobili, materassi o poltrone. Credo di non esagerare dicendo che non esiste alcuna pubblicità priva di riferimenti sessuali espliciti.
Oramai ci si può imbattere in materiale pornografico propriamente detto dappertutto. Su internet si può capitare anche per errore su siti internet truffaldini che hanno link nascosti che rimandano a contenuti pornografici a pagamento definiti “per adulti”. E in quelle che sono delle vere e proprie truffe on-line sono coinvolte le società telefoniche che forniscono i servizi di rete e che non bloccano tali contenuti preventivamente. Ma pornografia viene venduta da tutte le TV a pagamento.
Ma le TV e i mass-media fanno pornografia anche quando si occupano di questioni come la guerra, o la politica, o tutto ciò che riguarda il mondo del lavoro. Ma sono pornografici anche tutte quelle serie TV americane che tutti i giorni raccontano del lavoro indefesso che gli agenti segreti degli USA compiono nel mondo per difendere la “nostra civiltà occidentale”.
Disinformare, distorcere la realtà, mentire spudoratamente facendo passare come “trasmissione in diretta” ciò che è stato registrato e preparato accuratamente fotogramma per fotogramma, è “pornografia”, è depravazione, è una offesa alla dignità e ai diritti delle persone, è ingannare le persone e renderle incapaci di vedere la differenza fra il bene e il male, fra la realtà e la finzione. Come fa la pornografia propriamente detta che mistifica la natura della sessualità e la trasforma in una cosa sporca e intrisa di soldi, trasformando le pornodive in modelli di riferimento per le giovani donne. Sì, siamo anche a questo!
I mass-media italiani, lo diciamo da tempo e lo ribadiamo, sono la vera questione democratica del nostro paese. Sono diventati un pericolo per la nostra democrazia. I mass-media ci rendono schiavi, nessuno pensa più che la pornografia sia un fatto sbagliato, viene diffusa cultura pornografia a tutte le ore del giorno in tutte le sue varianti.
Ci auguriamo che tutti quei giornalisti e giornaliste e tutti quei cittadini che hanno reagito duramente rispetto ai due casi di “pornografia del dolore”, su cui ci siamo intrattenuti, continuino la loro battaglia e rifiutino sempre di più di essere complici di un sistema mass-mediatico iniquo e violento. Ne va della nostra esistenza come uomini e donne liberi e come umanità. La cultura dello sballo, la pornografia diffusa in tutti i gangli della vita sociale serve ai pochi che detengono il potere politico-economico-militare che non vogliono perdere anche a costo di distruggere l’intera umanità.
E allora che nessuno si lasci più coinvolgere da trasmissioni spazzatura. Che il dolore ritorni ad essere un fatto privato, da vivere in compostezza, senza telecamere, con rispetto per le vittime e i loro familiari.
Giovanni Sarubbi



Domenica 17 Settembre,2017 Ore: 20:27
 
 
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