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www.ildialogo.org Referendum: chiudete le TV e leggete il testo della riforma,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Referendum: chiudete le TV e leggete il testo della riforma

di Giovanni Sarubbi

Sulla questione referendum e sulla nostra scelta di indicare il voto per il NO, abbiamo ricevuto due email a cui vogliamo rispondere pubblicamente. Le riportiamo di seguito entrambe. La prima è di un lettore che non conosciamo, la seconda proviene dal mondo delle comunità cristiane di base da parte di un amico di cui pubblichiamo spesso le riflessioni. Le riportiamo entrambe senza indicare i nomi degli autori affinché ci si concentri sul merito delle questioni da loro poste. Ecco le due email.
La prima:
Gentile redazione , perché ci viene a mancare la democrazia votando per il SI ? Penso che questa platea, quella de Il Dialogo avrebbe fatto meglio a non schierarsi, dopo decenni che si aspettava una riforma. Questa non è il massimo? può essere, ma prima - pur essendo d'accordo che bisognava fare qualcosa- nessuno si è mosso, solo ora a criticare, come dicendo che ci viene a mancare una fetta di democrazia. Al di là di ogni modo di pensare, non mi è piaciuto lo schieramento di parte.
Lettera firmata
 
La seconda proveniente dal mondo delle comunità di base:
Ricevo volentieri gli articoli, le riflessioni che mi arrivano.
Volevo però fare alcune considerazioni sull’atteggiamento che ho notato circa il Referendum. Si tende a parteggiare apertamente per il NO con giudizi molto pesanti su chi è propenso a votare per il SI’: Si usano parole come fascismo, golpe, dittatura, deriva autoritaria; torna Pinochet, la democrazia affonda …Si dice di parlare “senza odio senza violenza e senza paura”. Non mi sembra. La citazione echeggia il famoso detto di Tacito di ben altro tono: all’inizio degli Annales lo storico si ripromette di scrivere “sine ira et studio: senza animosità e pregiudizi”. Ora gli interventi che mandate sono diretti a un pubblico molto vicino alle Comunità di Base, cristiani critici, gruppi impegnanti nel sociale, di sinistra diciamo. Dovete responsabilmente sapere che tra di noi siamo equamente divisi tra il Si e il No.
L’altra sera nella Comunità del ……. abbiamo fatto un incontro per capire meglio. Una metà pendeva per il No una metà per il Sì. Naturalmente nessuno ha cambiato idea. Ma c’è stato rispetto e ascolto. Eravamo molto attenti a non demonizzare o offendere l’altro. Alla base c’era una stima reciproca e un tentativo di comprendere le ragioni dell’altro.
Non siamo Berlusconiani o leghisti, non abbiamo poltrone da difendere. Spesso non ci sentiamo rappresentati dai partiti. Lavoriamo generosamente e gratuitamente nel sociale, per accogliere i profughi, nel carcere vicino ai detenuti, per la difesa dell’ambiente, per una città migliore, per il lavoro ai giovani, contro la guerra e per la difesa dei popoli impoveriti ecc. Non è che sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono. Tutto ci tiene uniti. Sappiamo che la questione è complessa. Ciascuno di noi fa una scelta sofferta ma consapevole. Siamo gente che legge, si informa e riflette. Non ci dobbiamo offendere. Dividere, metterci uno contro l’altro, creare confusione: è ciò che vogliono. Accettiamo di essere diversi non cadiamo nella trappola del sindacato CGIL o dell’ANPI che si dichiarano per una parte ufficialmente, quando la base è divisa equamente tra il Si e il No.
Non vado oltre. Di parole se ne spendono fin troppe.
Mi sembra che la linea da tenere sia quella dell’’ultimo pezzo arrivato “Tutte le domande sul referendum..”
Saluti cari
della Comunità di base del ….
La richiesta di entrambe le lettere è in sostanza quella di essere, come giornale, neutrali rispetto al referendum. Siamo divisi, la base a cui voi vi rivolgete e che vi legge e vi diffonde è divisa e il vostro schierarsi da una parte mina la nostra unità. E poi non ci dobbiamo offendere reciprocamente. Questo in sostanza il senso delle due lettere. La seconda lettera aveva, significativamente, proprio il titolo “parole che ci dividono”, con riferimento a quelle che sostengono il NO.
Innanzitutto votare al referendum costituzionale non è come votare per le elezioni politiche in cui si è chiamati a scegliere tra più partiti e candidati. In queste occasioni, come giornale, abbiamo sempre mantenuto una sostanziale neutralità, pur essendo noi schierati idealmente a sinistra. Sulle nostre pagine rifiutiamo tutto ciò che è razzista, violento o inneggiante allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e alla superiorità di una religione sulle altre. Siamo per il dialogo e contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Ma il referendum costituzionale è un’altra cosa. Schierarsi per il Sì o per il No non è come schierarsi per uno dei tanti partiti oggi esistenti. E questo perché la COSTITUZIONE è bene comune di tutti gli italiani, nessuno escluso, e quindi tutti hanno il diritto ed il dovere di schierarsi e di dire la propria sul merito della proposta, con un Sì o con un No, perché in gioco non sono i destini di questo o quel partito, di questo o quel leader o presunto tale. In discussione ci sono le regole fondamentali del nostro essere una comunità nazionale.
Non potevamo quindi rimanere a guardare come se il fatto non ci riguardasse. Rivendichiamo quindi il diritto/dovere di intervenire e di schierarci. E lo abbiamo fatto, pubblicando decine e decine di contributi a cominciare dall’appello per il no del Centro Gandhi onlus di Pisa (vedi link), ai tanti contributi di Raffaello Saffioti (vedi link per uno dei primi o qui per l’ultimo proprio di poco fa), o a quelli dei cattolici del no nel referendum costituzionale(vedi link), o a quelli autorevolissimi di Raniero La Valle (vedi link), o di Augusto Cavadi (vedi Link).
Nel primo articolo dell’amico Saffioti prima citato, egli sottolineava il fatto che «voteremo per la costituzione non per il governo». Egli rilevava come, era il maggio scorso, «Più che discutere del destino della nostra Costituzione, si discute del destino del Governo». Egli sottolineava tutta un’altra serie di vizi di fondo della riforma proposta dal governo, che si basano sostanzialmente sulla distruzione nella coscienza e nelle conoscenze dei cittadini dei contenuti della nostra Costituzione. E perciò invito tutti a leggere quell’articolo insieme a quello pubblicato proprio poco fa.
E sotto alle domande dei nostri due amici lettori c’è proprio il frutto avvelenato di una campagna referendaria impostata fin dall’inizio, dal premier Matteo Renzi e dal governo, come un voto sulla sua persona e sul suo governo, ma anche come un voto contro la Costituzione di cui viene dato un giudizio totalmente negativo, una cosa che bloccherebbe l’Italia, antica e superata. Da rottamare insomma!
Ricordate quel «se perdo mi dimetto»? Non fu un errore, fu una scelta precisa, un modo per costringere le persone ad una scelta obbligata, a prescindere dai contenuti concreti che la modifica della Costituzione realizza. È in quel momento che è nata la rottura e la contrapposizione. Immagino che Renzi abbia brindato quando vari esponenti dei partiti di opposizione abbiano abboccato alla sua provocazione e stiano, ancora in questi giorni, conducendo una battaglia per il NO sullo slogan della cacciata del governo. Cosa che è il miglior regalo che si potesse fare al governo.
E la scelta di Renzi è tutta impregnata di quella logica maggioritaria che oramai ha contagiato tutta la nostra vita politica e che ha contagiato anche grandi fette di quella che una volta si chiamava “sinistra”.
Capisco bene quindi lo smarrimento del nostro primo lettore quando ci chiede di spiegargli «perché ci viene a mancare la democrazia votando per SI»? C’è, nella sua domanda, il senso di una completa perdita dei punti di riferimento costituzionali, il non saper distinguere la democrazia dal suo esatto contrario. La grande maggioranza della popolazione non sa più che cosa significhi democrazia, che cosa significhi Costituzione, quali sono i diritti che essa garantisce e attraverso quali strutture essi si realizzino. Essendoci questa ignoranza di fondo ecco la scelta di basare la campagna elettorale sullo scontro pro o contro Renzi ed il suo governo.
Ma forse un aneddoto può spiegare più di molte parole.
Nei giorni scorsi mi sono trovato, casualmente, a discutere con alcuni esponenti delle nostre forze di polizia secondo le quali, parole testuali, «se vince il Sì non voteremo più» e che «il nostro paese va incontro ad una forma di dittatura». E non lo dicevano, dal loro punto di vista, come se si trattasse di un fatto negativo ma come di una realtà di cui prendere atto, di un fatto tutto sommato positivo e ineluttabile. Le forze dell'ordine hanno capito l'aria che tira. E noi?
Anche l’idea che «da decenni si aspettava una riforma» è figlia della stessa logica maggioritaria. Chi aspettava la riforma della Costituzione e quali erano i contenuti di tale riforma? Forse l’aspettava, così come l’ha proposta Renzi, la JP Morgan che, come ci ricorda l’amico Augusto Cavadi nell’intervento prima citato, «raccomanda di ridurre costituzionalmente nei Paesi mediterranei il tasso di democrazia e di "socialismo"». Hanno talmente distrutto la democrazia nel nostro paese che non sappiamo più che cosa essa sia.
E sulla legge elettorale, chi voleva una legge elettorale iper-maggioritaria come il porcellum prima e l’italicum poi? E quando mai il sistema elettorale maggioritario ha prodotto regimi democratici?
E anche l’idea del «bisognava fare qualcosa- nessuno si è mosso, solo ora a criticare, come dicendo che ci viene a mancare una fetta di democrazia», è figlia della impostazione del referendum come scontro pro o contro il governo e di una completa ignoranza di che cosa sia una Costituzione e di che cosa significhi riconoscersi nei suoi valori e nelle istituzioni che essa definisce. Perchè bisognava fare necessariamente qualcosa? È la Costituzione responsabile di tutti i mali del nostro paese? È la Costituzione responsabile della disoccupazione o del fatto che le imprese italiane delocalizzino all’estero i loro stabilimenti? .
La divisione è dunque nei fatti ed è sui contenuti di una legge di modifica della Costituzione che la stravolge completamente e ne distrugge alla base i valori.
Che si usino toni forti è connaturato all’oggetto del contendere perché questo referendum, per molti aspetti e ci piaccia o no, è simile a quello del 1946 fra monarchia e repubblica.
«Non ci dobbiamo offendere». Dice la seconda lettera.
A noi i toni forti non spaventano. Ci interessano i fatti oggettivi. E se una proposta stravolge la nostra legge fondamentale è lecito oppure no chiamarla golpista? Noi pensiamo di si. E chiamare le cose con il loro nome non è offendere. Ed è per questo che invitiamo tutti a riflettere sulla sostanza della riforma proposta che ha spaccato persino lo stesso PD. Non credo si possa addebitare a noi o al fronte del NO, peraltro molto composito, questa spaccatura che è legata alla natura stessa della riforma su cui come cittadini dovremo esprimerci.
Io non ho molto da aggiungere alle argomentazioni per il NO che hanno espresso su queste pagine i molti autorevoli amici che ho prima citato. Personalmente ho deciso di votare NO molti mesi fa dopo aver letto il testo della Costituzione proposto dal governo. Invito tutti a fare altrettanto. Chiudete le TV, procuratevi il testo della modifica e leggetelo attentamente confrontandolo con il testo della Costituzione ancora vigente. Vi accorgerete subito che c’è una differenza abissale tra la Costituzione approvata nel 1947 e quella che verrebbe fuori dalla vittoria del Sì. Quella del 1947 si capisce tutta, dalla prima all’ultima parola. Chiunque sappia leggere e scrivere può comprenderla e applicarla. Quella proposta da Renzi & C. è scritta in lingua marziana, è incomprensibile e non bisogna essere esperti di diritto per capire che una Costituzione incomprensibile può essere solo fonte di contenzioso giudiziario a livello Costituzionale. Ed un legge che produce intrinsecamente contenzioso è una pessima legge e lo è tanto più se essa è addirittura la madre di tutte le leggi. E tanto a me è bastato per dire un NO deciso che ha trovato poi il consenso della redazione e il supporto di tanti e tanti amici di lunga data.
Quando ci si vuole portare in un burrone è necessario dividersi da chi ci spinge a tale scelta. È una scelta di sopravvivenza. E dividersi è spesso una scelta dolorosa. Noi continueremo comunque ad essere amici con chi è caduto nel burrone e ad aiutarli a venirne fuori e a proseguire insieme la nostra vita comune.
Giovanni Sarubbi



Domenica 27 Novembre,2016 Ore: 16:34
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Mauro Matteucci Pistoia 28/11/2016 18.57
Titolo:
Ciao Giovanni,
                  condivido parola per parola la nobilissima risposta che hai dato alle due lettere. In particolare vorrei ribadire, come cristiano anch'io impegnato nel sociale, che mi sento idealmente vicino a Dossetti e a La Pira (nobilissimi padri costituenti) e del tutto estraneo ai percorsi di Renzi, Boschi e degli altri del PD, che hanno proposto questa "riforma costituzionale". Il rispetto per posizioni diverse va da sé, ma credo che l'arroganza del potere - che si è dimostrata ad abundantiam nel monopolio dei media da parte del premier e del governo - vada sempre contrastata con fermezza. Una nota: non mi sembra che l'ANPI sia equamente divisa tra il SI' e il NO, se il documento di adesione al NO da parte del Congresso Nazionale è stato votato quasi all'unanimità! Per quanto ne so qualcosa di simile è avvenuto anche nella CGIL. Aldilà della propaganda e di facili buonismi, come cristiani bisogna dire la verità. Non diceva forse Gesù: "Il vostro linguaggio sia Sì, Sì, No, No"?
Mauro Matteucci

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