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www.ildialogo.org Chi più ne ha più ne metta,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Chi più ne ha più ne metta

di Giovanni Sarubbi

La notizia che 140 soldati italiani saranno dislocati in Lettonia, ai confini con la Russia, nell’ambito di un contingente della NATO in funzione anti-russa, ha fatto rizzare i capelli in testa a tantissimi italiani che ricordano la partecipazione dell’esercito italiano alla Campagna di Russia della Seconda Guerra mondiale. Fu un massacro. 1792 furono i morti e i dispersi, 7858 i feriti e i congelati[1] del solo Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR).
Le analogie, a parte i numeri, con la situazione del 1941-1943 sono molte. Oggi come allora le truppe italiane fanno parte di una coalizione alla cui testa c’è una paese con vocazioni imperali: ieri la Germania Nazista, oggi gli USA. Oggi, come nel ‘41, l’operazione militare della NATO, a cui parteciperà l’Italia, avviene nel quadro di una guerra mondiale iniziata l’11 settembre del 2001 e via via cresciuta nel mondo e ora giunta anche in Europa. C’è qualche folle dalle parti di Washington e nella NATO che “sogna” una nuova guerra contro la Russia, come ai tempi di Napoleone o di Hitler e Mussolini. Gli orrori del passato e delle due guerre mondiali che hanno insanguinato il secolo scorso sembra non abbiano insegnato nulla a nessuno.
Ma quello che è andato in scena nei giorni scorsi non è una cosa nuova. Negli ultimi anni i soldati italiani sono stati già dislocati nei paesi baltici nell’ambito di “esercitazioni” della NATO che, come tutte le esercitazioni che si tengono ai confini di paesi considerati nemici, sono vere e proprie dimostrazioni di forza, esibizioni muscolari per impressionare i nemici. Come ai primordi della presunta “civiltà umana”.
Come diciamo oramai da 15 anni, l’Italia è in guerra e lo è da quel maledetto 11 settembre del 2001 con la decisione dell’allora governo Berlusconi di mandare il nostro esercito in Afghanistan a seguito delle truppe USA. Siamo in Afghanistan dal 2001 con un contingente militare, anche consistente, che oggi è di 950 soldati.
Quello che la grande maggioranza degli italiani ignora è che l’Italia ha oggi in atto ben 28 missioni militari in 19 paesi in Africa, Asia, Europa per un totale di circa 6350 soldati. Siamo presenti in
Africa: Libia(300),Somalia(110), Gibuti(90), Egitto(80); Mali(10), Antipirateria UE Atalanta(180), MIADIT 6 SOMALIA E GIBUTI (52);
Europa: Mediterraneo(850), EUNAVFORMED (880), Kosovo(550);
Asia: Libano (1100), Afghanistan (950), Turchia (125), TFA AL MINHAD (80)[2.]
Siamo in Libano dal 2006, In Kossovo dal 1999, da quando l’Italia, c’era il governo D’Alema, partecipò attivamente alla guerra in quel paese con propri mezzi militari ed il proprio esercito.
L’Italia è in guerra da allora, certo non in proprio ma sempre sotto l’ombrello protettivo della NATO che è sempre più un cartello di predoni guerrafondai al servizio delle mire imperiali degli USA.
Immagino le critiche che mi pioveranno addosso per questa ultima affermazione. Ma essa non può essere confutata in alcun modo, da chicchessia, se ci si attiene ai dati di fatto reali, che sono quelli legati all’economia e alle scelte politiche che gli USA hanno fatto nel mondo a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, a cominciare dalla scelta scellerata e disumana del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki.
Che ci fanno i soldati italiani in Lettonia e nei 19 paesi indicati? A quale idea delle relazioni internazionali essi rispondono? Sono essi ispirati allo spirito dell’art. 11 della Costituzione sul “ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”? Domande retoriche le mie. Siamo già molto oltre il livello di guardia, siamo già nel baratro della guerra di cui stiamo pagando da una ventina di anni i costi. Costi in termini di morti, quelli dei soldati italiani uccisi e quelli che i soldati italiani hanno ucciso in proprio o collaborando ad uccidere insieme alla coalizione di cui facciamo parte; ma anche costi economici, perché le guerre costano caro, e se si spendono soldi per le armi e le guerre ne consegue la riduzione o l’azzeramento dei principali servizi pubblici (sanità, scuola, trasporti, sicurezza del territorio) e la precarietà del lavoro e la distruzione di tutti i diritti dei lavoratori. Si, perché la guerra distrugge anche posti di lavoro e distrugge anche l’economia in generale favorendo solo quella legata alle industrie belliche. Industrie che in Italia sono un centinaio (112 e 50mila occupati) ma che succhiano il 73% delle risorse del Ministero per lo sviluppo economico[3], a fronte del comparto delle PMI (piccole e medi imprese) che conta 134mila aziende con 3,9 milioni di occupati a cui vanno le briciole. Si favorisce la guerra e si distrugge l’economia che tiene in vita l’intero paese.
Come vogliamo chiamarla questa politica? E come vogliamo chiamare chi sostiene questa politica? Io i nomi li ho e sono molto vecchi ma sempre attuali. La politica si chiama imperialismo[4] e i suoi sostenitori sono imperialisti, guerrafondai, assassini, predoni, ladri. E chi più ne ha più ne metta. E si tratta di una politica legata ad una idea dell’economia come esclusivo soddisfacimento della ingordigia di pochi ultraricchi (sempre più pochi) ai danni della intera collettività. Anche questo sistema ha un nome preciso e si chiama oggi capitalismo, che domina la scena mondiale da oramai tre-quattro secoli. E, visto i risultati, sarebbe il caso di farla finita.
Giovanni Sarubbi

NOTE
[2]Fra parentesi la consistenza numerica dei contingenti militari. Fonte Ministero della Difesa http://www.difesa.it/OperazioniMilitari/Pagine/RiepilogoMissioni.aspx
[3]Il Fatto quotidiano: Stabilità, il 73% dei fondi del Mise per lo sviluppo delle imprese finisce ai programmi di armamento della Difesa in http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/26/stabilita-il-73-dei-fondi-del-mise-per-lo-sviluppo-delle-imprese-finisce-ai-programmi-di-armamento-della-difesa/2240083/
[4] imperialismo Politica di potenza e di supremazia di uno Stato tesa a creare una situazione di predominio, diretto o indiretto, su altre nazioni, mediante conquista militare, annessione territoriale, sfruttamento economico o egemonia politica. Dal punto di vista dottrinale l’imperialismo poggia sull’idea che i popoli più forti abbiano di imporsi su quelli più deboli. Da Enciclopedia Treccani on-line http://www.treccani.it/enciclopedia/imperialismo/



Domenica 16 Ottobre,2016 Ore: 14:53
 
 
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