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www.ildialogo.org L'impegno del dialogo,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
L'impegno del dialogo

di Giovanni Sarubbi

Digiuniamo insieme a musulmani nei prossimi venerdì di Ramadan


'O sàzio nun crére a 'o diùno. (Chi è sazio non crede a chi è digiuno.)
Antico proverbio napoletano
Negli ultimi due venerdì ho digiunato, dall’alba al tramonto, astenendomi sia dal cibo che dalle bevande, così come fanno i musulmani in questo che per loro è il nono mese del calendario islamico. È il mese di Ramadan, il mese dedicato al digiuno, uno dei cinque pilastri dell’Islàm. Nell’ultimo venerdì 17 giugno, a questo digiuno si sono aggiunti i cristiani caldei perché, come ha affermato il Patriarca Caldeo «le armi ammazzano, la preghiera e il digiuno per la pace fanno miracoli».
Non è la prima volta che personalmente digiuno durante il Ramadan musulmano. La mia prima volta è stata il 14 dicembre del 2001. Era l’ultimo venerdì del mese di Ramadan che in quell’anno capitò a cavallo tra il mese di novembre e quello di dicembre. Avevamo da poco iniziato la campagna per la istituzione della giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico. L’iniziativa era nata immediatamente dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, quelli che diedero inizio ufficialmente a ciò che Papa Francesco ha poi chiamato “Terza guerra mondiale a pezzi” e che noi, immediatamente, chiamammo semplicemente “terza guerra mondiale”. Giovanni Paolo II, che allora era il Papa regnante della Chiesa Cattolica, pur gravemente malato, era fortemente contrario ad ogni ipotesi di guerra. Diversamente la pensavano i cardinali che “gestivano” la sua malattia e la chiesa, come poi si è visto successivamente. Ed è in questo clima che Giovanni Paolo II lanciò l’appello a tutti i cristiani del mondo a digiunare, insieme ai musulmani, nell’ultimo venerdì di quel ramadan in segno di pace e di vicinanza ai fratelli musulmani.
Da allora, e per molti anni, fino al 2008 (poi la data è stata fissata al 27 ottobre di ogni anno), abbiamo tenuto la giornata del dialogo cristiano-islamico nell’ultimo venerdì di ramadan, durante il quale decine e decine di cristiani hanno digiunato seguendo l’esempio di quel 14 dicembre del 2001.
Non li abbiamo mai contati. Non sappiamo quante persone si sono unite ai musulmani durante il loro Ramadan a digiunare insieme ad essi. Sappiamo che ci sono stati e che sono stati molti. Certo non è un fenomeno di massa, con milioni e milioni di persone coinvolte, ma è sicuramente un fenomeno diffuso che ha travalicato i confini nazionali, come dimostra il caso del Patriarcato Caldeo di Siria, e che è molto frequente in tutte quelle realtà dove il dialogo tra cristiani e musulmani è una pratica costante e di antica data e di cui non viene data alcuna notizia.
Si perché cristiani e musulmani sono fratelli, hanno la stessa radice abramitica insieme agli ebrei. I musulmani, come rilevò il documento del concilio Vaticano II “Nostra Aetate”, venerano Gesù “come profeta” e “onorano la sua Madre Vergine Maria, e talvolta pure la invocano con devozione”. “Così pure – continua la Nostra Aetate – essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno”. Ed è per queste cose “la chiesa guarda con stima i Musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, Misericordioso e onnipotente”.
Ecco, il digiuno, una pratica divenuta praticamente sconosciuta ai cristiani del nostro tempo. Una pratica che però unisce ebrei, cristiani e musulmani perché è presente in tutte e tre le religioni abramitiche.
E così quest’anno ho voluto estendere quello che finora per me si era limitato al digiuno nel solo ultimo venerdì del Ramadan. Mi sono riproposto di digiunare in tutti i 4 venerdì del Ramadan e i primi due sono andati in porto, con il secondo confortato dalla notizia dell’appello del Patriarcato Caldeo a digiunare lo scorso venerdì 17 “per la pace”.
Il Ramadan è un mese variabile rispetto al nostro calendario Gregoriano e quindi la durata del digiuno è variabile perché si effettua dall’alba al tramonto che, nel mese di giugno, è di circa 15 ore. Quindici ore che sono dure da passare, soprattutto quando fa molto caldo e si soffrono contemporaneamente i morsi della sete e della fame.
Siamo oramai così abituati ad abbuffarci di tutto che non riusciamo più a capire il senso di una pratica, quella del digiuno, che vuole rimetterci con i piedi per terra, che ci vuole far condividere la nostra condizione di esseri umani con tutti gli altri esseri umani, e soprattutto con gli ultimi della terra.
Chi non sa più che cosa sia soffrire la fame e la sete, non riuscirà a capire nulla di coloro che fanno questa drammatica esperienza tutti i giorni della loro vita. E si tratta di alcuni miliardi di persone.
E nei due venerdì che ho digiunato, il momento per me più bello è stato quando ho avvertito i primi morsi della fame e della sete o il dover rinunciare al caffè dopo pranzo, che per noi napoletani è una specie di rito sacro.
E il tutto è stato condito dalla lettura di alcuni testi. Nel primo venerdì ho letto la Sura XXI del Corano, quella dei Profeti. Una sura che mette in evidenza le tradizioni comuni tra cristiani e musulmani anche per quanto riguarda i profeti che sono gli stessi. Dalla Sura XXI abbiamo tratto il versetto che è stato indicato come riferimento per la prossima giornata del dialogo cristiano-islamico, la quindicesima, che si celebrerà il prossimo 27 ottobre. Ed è un versetto che riguarda il profeta Giobbe che definisce Dio “il più misericordioso dei misericordiosi”. E sempre nella Sura XXI è richiamato anche il profeta Zaccaria di cui abbiamo citato, sempre nell’appello per la XV giornata, una sua frase, tratta dalle scritture ebraico-cristiane, che invita i credenti a praticare «una giustizia vera» e ad avere «amore e misericordia ciascuno verso il suo prossimo».
Nel secondo venerdì ho riletto un libro a me molto caso, il «Tu non uccidere» di don Primo Mazzolari. Un libro radicalmente contro la guerra, scritto nel 1955 e che sembra scritto ieri, tanto è forte il suo spirito profetico.
Digiuno e riflessione, ecco il binomio che credo possa aiutarci a trovare idee per la pace e a proporre iniziative che diventino pratiche quotidiane di milioni di persone. Chi è sazio si bea della propria sazietà fisica e spirituale. Chi ha solo certezze e nessun dubbio è prigioniero del proprio mondo ed è una persona spiritualmente morta. Chi soffre la fame e la sete, è stimolato invece ad uscire fuori dalla sua condizione e impegna le sue energie a sollevarsi dalla sua condizione di schiavitù.
I teorici della guerra sfornano idee a getto continuo per sostenere la loro orribile creatura. Abbiamo il dovere, come uomini e donne di volontà buona, di produrre altrettante idee che promuovano la pace.
E nei prossimi due venerdì durante i quali digiunerò ancora, continuerò con questo binomio. Digiuno e riflessione. E continuerò a leggere scritture bibliche e coraniche per trovare le comuni radici per la pace. È lo “sforzo del dialogo”, il cercare ciò che unisce e reinterpretare ciò che apparentemente divide.
E mi permetto di chiedere, a quanti insieme a me condividono l’impegno costante per la pace, a fare altrettanto e a condividere le proprie riflessioni e a vivere il loro digiuno insieme ad altri. Se siamo in molti ad impegnarci per la pace il nostro sogno potrà diventare realtà.
E questo è il mio modo di pregare, che per me non è ripetere formule liturgiche ma impegno materiale e spirituale a fianco dei miei fratelli e sorelle con i quali condivido la stessa umanità.
Giovanni Sarubbi



Domenica 19 Giugno,2016 Ore: 17:49
 
 
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